È tradizione consolidata che la Nato, esauriti momentaneamente i bombardamenti su civili…

L’INDUSTRIA DELLA BONTÀ


È tradizione consolidata che la Nato, esauriti momentaneamente i bombardamenti su civili retrocessi allo status di inevitabili effetti collaterali, invii sveltamente la Croce Rossa e l’Acnur.

Noi occidentali siamo fatti così: quando negli anni Cinquanta e Sessanta nelle nostre comode case hanno fatto irruzione docce e Badedas, sottoponiamo con altrettanta solerzia a opportuni lavacri postumi anche le nostre cattive coscienze, affidando le operazioni a enti specializzati in pietas un tanto al chilo, in carità pelosa e compassione al posto della solidarietà

Per anni sono state soprattutto le regioni a guida leghista quelle più virtuose: italiani brava gente che votavano le panchine proibite di Tosi, o le mense selettive o i muretti di Zanonato, il fine settimana si prodigavano per gli esclusi compresi gli stessi irregolari ad alto rischio di criminalità.

Si combinavano così la inossidabile fiducia nel sistema privato, efficiente, trasparente e operoso con la sfiducia nello Stato magna-magna, corrotto quanto maldestramente filantropico.

E d’altra parte non fu certo Proudhon a definire enti benefici e fondazioni, fin dai primi Canergie, Rockfeller, Kch, Bradley, la cui azione si ispirava al Gospel of Wealth, il pamphlet “vangelo della ricchezza” che loda le disuguaglianze come positivo effetto della civiltà: “Nessuna somma spesa da certe fortune in beneficenza, può compensare le iniquità nell’acquisirle”.

Via via il regime fiscale (quasi il 90% dei redditi delle organizzazioni benefiche Usa e non solo viene da guadagni e solo il 10% da donazioni) allargando la definizione di beneficienza a dismisura a coprire con opere compassionevoli inquinamento, delitti, soprusi, sfruttamento grazie alla trasmissione per intere generazioni della possibilità di godere di regimi esentasse, tanto che oggi salvo rari casi Bill Gates o Warren Buffet sono oggetto non solo di ammirazione, ma di gratitudine, non costituiscono scandalo bensì considerazione per l’impegno creativo di magnati che hanno scelto di contribuire al benessere sociale e morale della collettività

Ormai la bontà è un’industria privata perlopiù multinazionale che si deve uniformare alle regole della produttività, del profitto e del mercato. E in quanto tale deve recare il suo contributo alla realizzazione del Grande Reset: basta guardare ai buoni propositi introdotti dal duetto Conte e Draghi nella stesura del Programma nazionale di ripresa e resilienza in ogni settore del “sociale” viene affidato al Terzo Settore: assistenza, cura di bambini, anziani, invalidi e malati, asili, scuole per l’infanzia e “speciali”, portatori di handicap fisici o psichici e così via.

Nell’esaltare questo ruolo i filantropi del neoliberismo.(P.I.) affidano agli operatori privati della benevolenza una funzione decisiva in tutte le 6 Missioni del Piano:

1) Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura,

2) Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica,

3) Infrastrutture per una mobilità sostenibile,

4) Istruzione e Ricerca,

5) promuovere Coesione e Inclusione

6) Salute e le varie forme di sostegno, assistenza e cura ad esclusione del servizio pubblico nazionale, attraverso una “collaborazione” segnata dai valori della “co-programmazione e co-progettazione”, in particolare negli interventi volti a valorizzare i principi di inclusione e le attività di aiuto e cura.

Per la Missione 5 sono previsti in tutto 22,4 miliardi, di cui 11,17 per la parte su “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore”, nel cui contesto gli enti selezionati – comprese le cooperative – dovranno pianificare e realizzare secondo criteri di competenza ed efficienza progetti per migliorare il livello di inclusione sociale del nostro Paese. A essi viene affidato l’onere di porre riparo “alle tantissime forme di disuguaglianza emerse con la pandemia: centro e periferia, genere, garantiti e non garantiti, collocazione geografica, frequenza scolastica”.

Il piano chiama in “soccorso” dello Stato – arruffone e arraffone, inadeguato, negligente – “le forze migliori della società civile” per sanare questo vulnus di natura economica e soprattutto sociale, attraverso la gestione di progetti di housing sociale e il potenziamento dei servizi per i bambini, le famiglie, i disabili, gli anziani, i migranti e tutte le persone che vivono ai margini della società, anche riqualificando le nostre periferie, rendendole più vive e attrattive attraverso le attività quotidiane rigenerative degli enti del terzo settore. Draghi regnante erano stati approvati oltre 150 progetti di riqualificazione urbana su cui nel prosieguo del tempo verranno investiti 2,8 miliardi, mentre per migliorare la qualità abitativa le Regioni potranno spartirsi 2 miliardi da delegare ai Comuni.

Ma il terzo settore, le Ong e le ben più strutturate fondazioni, appendici operative di multinazionali del farmaco, sono state soprattutto individuate per svolgere un ruolo dominante nel campo della sanità: “le cooperative socio-assistenziali, ad esempio, potranno essere un baluardo della sanità territoriale fornendo assistenza e prestazioni sanitarie agli anziani e ai cittadini dei piccoli comuni”. Perciò nella missione 6 del PNRR è previsto un investimento complessivo di 7 miliardi di euro per i Servizi sociali e le Case di Comunità (2 miliardi); l’Assistenza domiciliare (4 miliardi); gli Ospedali di Comunità (1 miliardo).

Il sovrano e i suoi complici più o meno consapevoli della loro correità hanno ottenuto il primo dei risultati auspicati dal terrorismo pandemico, distruggere il sistema pubblico di cura, assistenza, sorveglianza e vigilanza, prevenzione, demolire la credibilità della scienza applicata e della professionalità degli addetti ai lavori, già avviliti da decenni di umiliazioni per dare un assetto definitivo al dominio incontrastato del mercato, dell’industria e della sua influenza incontrastabile che ha ormai la potenza di un credo religioso e morale cui è impossibile e illegittimo sottrarsi.

Ma non sarà ora che la collera ci renda cattivi?

Anna Lombroso

 

 

 

 

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