Dire che la situazione attuale sia confusa…
LO STATO, CONFUSO, DELLE COSE
Dire che la situazione attuale sia confusa, sarebbe quasi dire una banalità. Anzi utilizzare un vero e proprio eufemismo. Anche perché, siamo sinceri, i grandi Media, televisivi e di stampa, italiani, non contribuiscono certo a fare chiarezza.
Come quando titolano “Attacco dell’Iran a Israele”, e fingono che questa sia una sorpresa, che Israele vivesse in pace e tranquilla… e che quei pazzi ayatollah, di punto in bianco, si siano fatti venire i fumi di guerra. E abbiano attaccato, senza alcun motivo.
Ora, a chiunque abbia un minimo di informazioni, e quel tanto di discernimento per metterle in riga, le cose risultano alquanto diverse.
Il governo di Netanyahu ha deciso di regolare i conti in modo definitivo con i suoi, principali, nemici. Ovvero con tutto il fronte sciita e addentellati vari.
Cominciando con Hamas a Gaza, e rapidamente trasformando quella che, a tutta prima, sembrava come una, logica, ritorsione agli attentati del 7 ottobre dello scorso anno. E facendone un attacco sistematico, volto a neutralizzare tutta la Striscia.
Operazione faticosa e, probabilmente, più lenta del previsto. Cosa che, però, non ha impedito al governo Netanyahu di allargare, rapidamente, il raggio d’azione. Colpendo le rocche palestinesi in Cisgiordania, pur non controllate da Hamas. E attaccando con forze aeree le basi dei guerriglieri Houthi nello Yemen. Con una durezza cui questi, pur provati da anni di guerra contro la coalizione saudita, non erano adusi.
Ma l’attacco israeliano è stato soprattutto diretto contro il Libano. E non solo contro le basi di Hezbollah nel sud. È tutto il Paese dei Cedri che è stato, rapidamente, coinvolto e sconvolto dai raid sistematici dell’aviazione israeliana. Ed è verso il Libano che si stanno concentrando le migliori brigate di Israele. Aviotrasportate e corazzate. Che lasciano pensare ad un prossimo, molto prossimo, intervento diretto. Quanto in profondità, e, soprattutto, quanto devastante per il Libano è difficile dire. Ma non certo immaginare.
Ora, è evidente che queste azioni delle forze israeliane hanno un obiettivo principale. E definitivo. Teheran. E il regime, o governo che dir si voglia, controllato dagli ayatollah.
Contro il quale lo stesso Netanyahu si è pubblicamente speso, con un appello televisivo al “popolo iraniano”. Ovvero a quegli ambienti della società iraniana che mal sopportano il controllo sul governo degli ayatollah. O che vedono in una guerra troppi rischi per la crescita economica del paese.
Appello che è stata mossa molto, decisamente molto abile. Dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che quella di Netanyahu è strategia certo rischiosa, ma ben ragionata. Tutt’altro che furia cieca.
Per altro, il leader israeliano è già riuscito nell’intento di coinvolgere Francia e Gran Bretagna nelle azioni della sua aviazione. E la stessa Washington si è dichiarata al suo fianco. Pronta ad intervenire contro l’Iran in modo massiccio. Con una flotta che, di fatto, corrisponde a gran parte della potenza bellica in questo momento a disposizione degli Stati Uniti.
Certo, il problema è rappresentato da Russia e Cina.
Pechino preoccupata che un attacco americano porti a un regime change in Iran. E, quindi, di perdere un fondamentale fornitore di gas e petrolio.
Di qui la, velata, minaccia dell’oligarchia cinese agli americani. Non esagerate… altrimenti…
Diversa la posizione di Mosca. Le cui relazioni, anche militare, con Teheran sono andate stringendosi in questi ultimi anni.
E che, quindi, sembra voler sostenere il governo iraniano in caso di conflitto. O, per lo meno, questo è quanto, al momento, appare.
Tuttavia, il primo interesse della Russia è, in questi momenti, la questione Ucraina. Un governo di Washington che abbandonasse Zelensky e la sua cricca al loro destino, certamente funesto, destino, spianerebbe i rapporti con Mosca. E, forse, aprirebbe la strada ad una operazione iraniana da parte americana.
Questo, naturalmente, è ciò che sperano Trump e gli ambienti a lui collegati. E su cui fa conto Netanyahu. Per poter, definitivamente, regolare i conti con Teheran.
Ma si tratta, sempre e comunque, di una ipotesi. Molto azzardata. Una scommessa, se vogliamo.
Della cui concretezza solo il tempo potrà dirci qualcosa.
Non molto tempo, per altro. Un mese o poco più. Fino alle nuove lezioni presidenziali americane.
Intanto, Bibi cerca di segnare punti. E mettere Washington, e il mondo, di fronte al fatto compiuto.