“Un grido di rifiuto totale: il disprezzo verso sé stessi, l’identità, la civiltà e le radici che definiscono l’essere umano.”
L’OCCIDENTE CHE ODIA SE STESSO E L’UMANITÀ
di Marcello Veneziani
Io uomo maschio bianco, cristiano ed europeo, o se preferite occidentale, mi odio con tutto il cuore e la mente fin nel profondo.
Odio con tutto me stesso il mio corpo e il mio sesso, la mia identità, la mia civiltà, la mia nazione e la mia natura, odio la mia umanità e la storia da cui provengo. Conforta leggere uno dei rari pensatori viventi, un filosofo cristiano e uno storico delle idee, come si definisce Rémi Brague, che in una lectio magistralis tenuta a Madrid nei giorni scorsi, e pubblicata da Il Foglio, spiega “perché l’uomo occidentale odia se stesso”. Fa piacere leggere riflessioni a cui ci dedichiamo da anni, condivise da un’intelligenza libera e appassionata; analoga gratitudine dobbiamo a Pascal Bruckner e Alain Fienkelkraut, solo per citare altre due voci libere sullo stesso tema.
Brague, che ha studiato il pensiero antico e medievale e la filosofia araba, si sofferma su cinque punti nodali: l’immigrazione e la storia dell’occidente concepita solo come una serie di crimini verso l’umanità e il mondo; l’odio delle élite occidentali verso il cristianesimo e le istituzioni secolari della sua civiltà, che si allarga poi alla natura; l’odio nei confronti dell’uomo, considerato come il peggiore degli esseri viventi, il predatore più pericoloso. Queste forme di odio convergono, secondo il pensatore francese, nell’odio radicale verso se stessi, che è poi l’odio verso l’essere, la vita, il mondo secondo gli umani. E non inganni, avverte Brague, l’eccessivo amore verso se stessi di un’epoca che individualista ed egoista, narcisista ed egocentrica. Quel che chiamiamo amore è solo interesse e morbosità, pretesa di autodeterminazione radicale, presunzione di essere autocreato. Ma sotto questa buccia cova la malattia della sostituzione dell’umanità con la pianta, il robot, la creatura transgenica. L’uomo occidentale secondo il pensatore ha preso a odiare “i genitori e l’ambiente sociale, il suo paese con la sua lingua, la sua cultura e la sua storia”; il suo sesso, la sua età, È una forma particolare e perversa d’invidia, peccato diabolico, avverte Brague, e il diavolo è nemico dell’uomo. I presupposti teorici di questa propensione sono l’evoluzionismo e la teoria del caso, che è il contrario della libertà e della scelta, ma anche del destino e della provvidenza. Siamo quel che siamo per un frutto della lotteria combinato all’evoluzione della specie. I successi dell’uomo occidentale sono inaccettabili e immeritati perché fortuiti, frutto solo del caso. il filosofo respinge questa tesi, reputa che dietro i successi europei vi sia stato un lavoro profondo, un impegno di generazioni, una lunga e faticosa educazione e trasmissione di saperi. Invece prevale la convinzione opposta e la sua conclusione necessaria è il suicidio dell’uomo occidentale per espiare la colpa di aver colonizzato il mondo; e potremmo aggiungere del cristiano, di aver preteso con le missioni di volerlo convertire; e del maschio bianco di aver esercitato il suo ruolo, mortificando e sottoponendo non solo altri popoli ma anche il genere femminile. L’idea sottostante a questo spirito suicida che odia se stesso è in una serie di domande che sono poi negazioni: “Perché l’occidente prima di altre culture?
Perché l’uomo prima di altri esseri viventi? E, all’orizzonte ultima domanda: Perché l’Essere piuttosto che il Nulla?”. Da qui nasce l’attesa e l’auspicio della morte dell’uomo che porta a compimento la morte di Dio. Dalla morte di Dio si arriva alla morte dell’uomo. Per uscire da questo pericolo mortale, propone Brague, dobbiamo recuperare una visione positiva del nostro essere al mondo, mostrare gratitudine e non vergogna per quel che siamo, fino a recuperare la fede in un amore provvidenziale. O detto in altri termini, bisogna aver fede e amore nella creazione; la fede non è una sovrastruttura nebulosa, dice, ma il fondamento della nostra esistenza. Citando il Deuteronomio, Brague conclude: “Ho posto davanti a te la vita e la morte, a te spetta scegliere la vita”.
Quando scrissi L’amore necessario, lo figurai in nove gradi ma sostenni che prima di ogni altra forma di amore, viene l’amore per la vita, il piacere di essere al mondo e di essere quel che siamo, insomma la gratitudine di essere vivi. L’odio verso se stessi porta a morire prima di morire, a detestare la vita reale nel nome di una vita possibile, che si rivela impossibile, comunque irreale. Non sono possibili altri amori senza l’amore per la vita e per l’essere.
Tornando a Brague, e scendendo per strada, vedo ovunque manifestarsi questa ideologia/odiologia fondata sull’autodisprezzo, sulla negazione della realtà, della vita, della natura e poi della storia, della cultura, della tradizione, della civiltà. Sia che si parli di ambiente e di pianeta da salvare (dall’uomo), sia che si parli di civiltà, di storia e di religione da cancellare, sia che si parli di immigrati da accogliere e di connazionali da colpevolizzare; sia che si parli di maschi da sradicare e punire, riducendo il maschile a maschilista, la famiglia a patriarcato, l’amore a violenza, il legame a sopruso; qualunque argomento si affronti c’è sempre questo atto preliminare di contrizione e di autodisprezzo, di abdicazione e sostituzione del noi con loro, del sé con l’altro, dell’umano e del naturale con l’inumano o l’artificiale. L’autocritica può giovare ma l’autolesionismo fa solo male.
Posta la questione e impostata la risposta, resta naturalmente la domanda una e trina di sempre su come si risponde, da dove si comincia, e con chi. A una mentalità culturale così diffusa come si reagisce, con un’altra mentalità di segno opposto? Ma dov’è, qual è, chi la esprime e la diffonde? Nell’attesa speranzosa di risposte adeguate, accontentiamoci di porre le basi preliminari: aver coscienza della situazione, denunciare la distorsione, avviare il primo grado di risposta a livello personale. E per cominciare, ritrovare un po’ di dignità per essere all’altezza delle nostre eredità.
Approfondimenti del Blog
Dunque approfondiamo perché, secondo il filosofo Rémi Brague, l’uomo occidentale “odia se stesso”
1. La perdita di senso trascendente
Brague sostiene che l’Occidente ha smarrito il senso del sacro e della trascendenza, un pilastro che storicamente ha dato coerenza e significato alle società. La modernità, con il suo razionalismo e il rifiuto della tradizione religiosa, ha portato a un vuoto esistenziale. Questo smarrimento spinge l’uomo occidentale a interrogarsi sul valore stesso della propria civiltà, spesso arrivando a una critica negativa.
2. La colpa storica
La storia dell’Occidente è segnata da episodi di colonialismo, guerre e sfruttamento che hanno avuto conseguenze devastanti per altre culture. Brague evidenzia come molti occidentali si sentano oppressi da un senso di colpa collettivo per le ingiustizie perpetrate in passato. Questo porta a un rigetto della propria eredità culturale, vista come fonte di oppressione piuttosto che di progresso.
3. Il mito del progresso
Il filosofo sottolinea come l’Occidente abbia costruito la sua identità sull’idea di progresso continuo. Tuttavia, quando il progresso tecnologico e scientifico si accompagna a disastri ecologici, alienazione e crisi sociali, l’uomo occidentale inizia a dubitare del valore stesso della sua civiltà. L’autocritica si trasforma in odio verso la cultura che ha permesso tali sviluppi.
4. L’umanesimo radicale
Brague critica l’umanesimo radicale, che mette l’uomo al centro dell’universo eliminando qualsiasi riferimento al divino o a principi morali universali. Questo approccio, pur celebrando l’autonomia umana, ha prodotto una cultura incapace di dare risposte soddisfacenti ai problemi esistenziali. L’uomo occidentale si trova quindi ad affrontare una crisi di identità.
5. La “secondarietà” dell’Occidente
Secondo Brague, l’Occidente ha una peculiarità unica: è “secondario”. La sua cultura si è sviluppata assorbendo influenze da altre civiltà (ad esempio, la filosofia greca, il diritto romano e la religione giudaico-cristiana). Questo riconoscimento della “dipendenza” culturale ha portato a un’autocritica particolarmente accentuata.
Conclusione
L’autocritica è una caratteristica distintiva dell’Occidente, e in molti casi è un segno di vitalità culturale. Tuttavia, Brague avverte che l’autocritica può degenerare in autodenigrazione quando manca una solida base di valori su cui ricostruire l’identità collettiva. Egli propone un ritorno a una visione più equilibrata dell’eredità occidentale, capace di integrare la tradizione con le sfide contemporanee.
Ed ora alcune considerazione da libro di Brague “Le Propre de l’homme e Europe, la voie romaine.
Tali considerazioni si basano sull’analisi della cultura occidentale e dell’umanismo:
1. Idee principali in Le Propre de l’homme:
- Critica dell’umanesimo moderno: Brague sottolinea come l’umanesimo contemporaneo, fondato esclusivamente sull’uomo e privo di riferimenti alla trascendenza, sia insufficiente per giustificare la dignità e il valore umano. La modernità si è privata di un “punto d’Archimede”(*), ovvero un fondamento esterno e stabile, come Dio o i valori naturali, su cui costruire un’autentica antropologia.
- Domande radicali sull’umanità: L’autore si interroga su ciò che realmente significa essere umani. Mentre l’umanesimo tradizionale cerca di promuovere valori umani universali, Brague osserva che la società moderna fatica a giustificare l’importanza stessa della specie umana in un contesto dominato dal relativismo e dal materialismo.
-
-
- Autodistruzione culturale: L’uomo moderno, attraverso il progresso tecnologico e il rifiuto delle radici trascendenti, rischia di compromettere la propria umanità. Questo crea una cultura che non solo non difende i valori umani fondamentali, ma spesso li attacca o li ignora.(*)“Il “punto d’Archimede” è un concetto filosofico e metaforico che richiama l’idea di un punto di leva universale da cui, con le giuste condizioni, si potrebbe “muovere il mondo”. Deriva dal celebre principio enunciato dal matematico greco Archimede: “Datemi un punto d’appoggio e solleverò la Terra”. In filosofia, rappresenta una prospettiva assoluta o una posizione ideale da cui osservare e comprendere la realtà in modo oggettivo, al di là dei limiti soggettivi o contingenti.”
-
-
2. Idee principali in Europe, la voie romaine:
- La “romanità” come modello culturale: Brague esplora l’unicità della civiltà europea, che definisce come una cultura “secondaria”. La forza dell’Europa risiede nella sua capacità di assimilare e reinterpretare le tradizioni culturali di altre civiltà, come il diritto romano, la filosofia greca e la religione giudaico-cristiana.
- Identità europea fondata sull’umiltà culturale: A differenza di altre civiltà che si considerano autonome o originali, l’Europa è caratterizzata dall’umiltà di riconoscersi come erede di un patrimonio culturale complesso. Questo riconoscimento della “dipendenza” è visto non come una debolezza, ma come un punto di forza che ha permesso all’Europa di adattarsi e prosperare.
- Crisi dell’identità moderna: La modernità, rifiutando le sue radici culturali e religiose, ha perso la capacità di definire una visione chiara dell’uomo e della società. Secondo Brague, è necessaria una riscoperta delle radici europee per superare questa crisi.
Tematiche comuni tra i due libri:
- Trascendenza come necessità: Entrambe le opere mettono in evidenza l’importanza della trascendenza (che sia Dio o la natura) per dare senso e coerenza ai valori umani.
- Critica dell’autosufficienza moderna: L’idea moderna di costruire una civiltà autonoma basata solo sull’uomo è considerata insostenibile e fonte di crisi culturale.
- Riflessione sull’eredità occidentale: Brague invita l’Occidente a riconciliarsi con la sua eredità culturale, valorizzando i contributi del passato per affrontare le sfide del presente.