Ottant’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Occidente si guarda allo specchio: tra bugie fondative, silenzi strategici e una pace armata, il bilancio è tutt’altro che glorioso.

L’OCCIDENTE COMPIE OTTANT’ANNI E SI RIARMA
di Marcello Veneziani
Nel saggio “L’Occidente compie ottant’anni e si riarma”, Marcello Veneziani riflette sul significato storico, culturale e politico dell’Occidente contemporaneo. Nato dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, modellato sotto l’egida degli Stati Uniti, l’Occidente ha rappresentato per decenni un’idea dominante, spesso confusa con la democrazia, la libertà e la pace. Ma qual è il prezzo e quale la verità di questo mito? Veneziani demistifica due grandi narrazioni del dopoguerra: che i nazionalismi abbiano ostacolato l’unità europea e che l’asse USA-Europa abbia garantito la pace nel mondo. La realtà è più sfaccettata e meno consolante: l’Unione Europea è nata solo dopo la caduta del Muro, nonostante le retoriche unitarie, e la pace è stata garantita solo a casa propria, mentre nel resto del mondo – ex colonie comprese – l’Occidente ha spesso agito da spettatore complice o da attore bellicoso. La narrazione dei diritti umani si rivela, in quest’ottica, uno strumento selettivo, usato per giustificare interventi militari in contesti favorevoli e ignorato di fronte a crimini perpetrati da potenze inviolabili come Cina e URSS. Con uno stile chiaro ma penetrante, Veneziani smonta le certezze del mondo occidentale e invita a una riflessione profonda: che cosa resta di quel progetto culturale e politico oggi che, per festeggiare il proprio compleanno, l’Occidente torna a riarma(r)si? (Fonte Redazionale)
L’Occidente, come lo abbiamo conosciuto noi, esiste da ottant’anni. E per il compleanno accende 80 candelotti esplosivi. Nacque sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, appena conclusa nel 1945, e fu presto identificata con l’americanosfera, all’ombra degli Stati Uniti. Alcuni paesi ebbero una dignità maggiore, in primis la Gran Bretagna, anche se il suo Impero cedeva lo scettro agli Usa; poi la Francia, con le sue residue colonie; le altre erano ridotte in stato di minorità perché perdenti come la Germania e l’Italia, o perché frenate da regimi autoritari, come la Spagna e il Portogallo, o perché più piccole. A gettare le basi dell’Europa unita furono statisti cristiano-democratici come Schumann, Adenauer e De Gasperi, più Monnet. Quando raccontano che l’Europa fu fatta a Ventotene, confondono un gruppo di volenterosi utopisti e il loro manifesto con l’azione concreta ed efficace di stati e statisti.
Sull’Europa oggi si raccontano due bugie. La prima è che a ostacolare l’unione europea furono i nazionalismi: è un falso, perché nel dopoguerra l’unico nazionalismo democratico in campo, quello francese di De Gaulle, era favorevole all’Europa, anzi all’Europa delle patrie. La controprova è che l’Unione Europea si è fatta solo quando crollò l’Impero sovietico dopo il Muro di Berlino, tra il 1989 e il 1991; non c’era più il nemico incombente a est e dunque gli Usa non avevano più pretesti per ostacolare l’alleanza.
La seconda bugia è che l’Europa con gli Usa ha garantito per ottant’anni la pace. (vedi elenco) Tra paesi europei è vero, ma nel mondo e nelle sue ex colonie sono scoppiate decine di guerre, anche devastanti, con il concorso attivo o indiretto degli Stati Uniti, il paese più belligerante del mondo. L’Occidente non ha battuto ciglia quando sono stati calpestati e invasi alcuni paesi, come quelli dell’Europa orientale sotto il tallone sovietico. E non ha mosso un dito in molti massacri e genocidi: cosa ha fatto l’Occidente, così interventista in Medio Oriente nel nome dei diritti umani, quando in Cina venivano massacrati milioni di cinesi? Nulla, è irrealistico solo pensarlo. Allora diciamo che i diritti umanitari sono stati difesi, o sono stati eletti a pretesto, per attaccare e invadere paesi isolati, ma si faceva finta di niente quando a violarli erano potenze come l’Urss e la Cina.
(Fonte Redazionale)

Le guerre americane sono state quasi sempre sciagurate: dovevano esportare pace, democrazia, libertà e diritti umani ma di solito hanno moltiplicato morti, miserie e sofferenze tra i popoli, lasciando il più delle volte regimi peggiori di quelli abbattuti. Il capitolo più disastroso è stato il Medio Oriente. Se ci limitiamo a guardare quel mondo dopo la caduta dell’Urss e con l’avvento degli Stati Uniti gendarme unico e arbitro del mondo, ci rendiamo conto della catena di errori, stragi umanitarie, bombe pacifiste, regimi fantoccio e poi regimi fondamentalisti e fanatici. La follia dell’attacco all’Iraq nel 1991, dopo averlo sostenuto e sobillato contro l’Iran; con migliaia di morti civili, distruzione di siti storici e città, sanzioni dolorose anche sui medicinali, embargo e moria dei popoli; poi il nuovo attacco sulla base di una diceria sugli arsenali militari iracheni rivelatasi infondata (un altro esempio di guerra preventiva), la condanna a morte di Saddam e le fazioni in lotta. E quanto terrorismo ha esportato quella guerra e le altre al seguito. L’elenco è lungo: dopo l’Afghanistan, e il Libano, fu il caso della Primavera Araba, un vero disastro caldeggiato dall’Europa e dagli Stati Uniti, con l’annuncio di rivoluzioni democratiche e l’avvento di regimi fondamentalisti; e la Libia, la Siria, e via dicendo. I bestiali conflitti locali non venivano frenati ma aggravati dai conflitti calati dall’alto, via aerea, dal democratico e pacifista mondo euroamericano. Il criterio generale fu quello di abbattere regimi autoritari che tenevano a freno fanatici e tribù, col risultato di lasciare poi il campo a conflitti tribali, guerre civili permanenti, forze integraliste, gruppi terroristici. Da Al Quaida all’Isis furono terrorismi formato globale, esportati da noi. L’11 settembre fu per gli Usa quel che il 7 ottobre è stato per Israele. Ma apparve un attacco al mondo occidentale intero. In realtà la prima ondata di terrorismo globale colpì soprattutto l’America, ma le ondate successive si accanirono con l’Europa. E nel frattempo, la pacifica Europa, che faticosamente si allargava ad Est, era coinvolta in un conflitto lacerante sul versante serbo-slavo dell’Europa, a cui partecipammo anche noi italiani (governo d’Alema-Mattarella). Altro che pax europea.

Abbiamo coniato una serie di espressioni per giustificare guerre e aggressioni, che di solito non hanno avuto effetti positivi: interventismo umanitario, guerra giusta, esportazione della democrazia e dei diritti, bombardamenti chirurgici, guerra preventiva… I nostri avi più bellicosi dicevano si vis pacem para bellum, se vuoi la pace prepara la guerra, ovvero sii pronto in caso di conflitto; ora siamo oltre: in nome della pace fai la guerra, fai il processo alle intenzioni dei paesi che reputi canaglia e per evitare eventuali stragi e distruzioni, fai tu stragi e distruzioni. Uccidi perché lui nella sua mente ti vorrebbe uccidere, precedi la sua (supposta) intenzione uccidendolo, non badando se nella carneficina capitano civili, famigliari, bambini, donne, vecchi, ospedali, mercati, campi profughi.
L’Iran possiamo detestarlo per gli ayatollah e i pasdaran, per il suo regime e per la follia di imporre con la forza, la paura e il carcere, il rispetto della fede e dei costumi tradizionali. Ma è un paese militarmente debole, isolato nell’Islam e nel mondo circostante perché non è sunnita; ha perso pure gli ultimi alleati, è malvisto dai paesi arabi, può contare solo su una (parziale) protezione russa e forse cinese. Non lancerebbe mai un ordigno letale perché sa che sarebbe la sua fine, la sua distruzione; userebbe quelle armi finali solo se è sul punto di essere distrutto. Minaccia con parole grosse, annuncia apocalissi ma si capisce che le invoca ad Allah, perché di suo non ce la fa; risponde alle aggressioni con azioni più dimostrative, e quando colpisce, avvisa spesso i colpiti (anche agli Usa). Parla di reazione proporzionata, nonostante gli annunci di catastrofe. Insomma, anche se realmente odia Israele e l’America, l’Iran non ha i mezzi per distruggere i suoi nemici, sa che sarebbe sopraffatto e distrutto.

Molte altre cose ci sarebbero da dire su Israele, sugli arsenali atomici, su tutto il resto (e su chi da 40 anni ci dà lezioni d’occidente a suon di bombe e stragi di civili). L’unico tema da affrontare sul serio è quello del riarmo; visto che gli Usa non vogliono più pensarci loro, almeno così dice Trump nei giorni pari, a noi europei tocca riarmarci, col dubbio che serva davvero a prevenire la guerra o piuttosto a facilitarla. Come sarà la neoNato e fino a che punto dovremmo riarmarci per essere davvero competitivi con le potenze mondiali? Verso che tipo di guerra, con che tipo di dotazioni e di armi, sapendo che in Occidente costa tre volte di più armarsi rispetto al resto del mondo? Temo che questo riarmo sia tarato su un nemico superato, diverso da quello verosimile, che sia inutilmente costoso, inadeguato e alla fine serva più all’industria delle armi che alla sicurezza dell’Europa.

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🇺🇸 Interventi USA con motivazione “umanitaria”, “democratica” o “liberatrice”
1. Granada – Invasione (1983)
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Motivazione ufficiale: Ripristino dell’ordine democratico dopo un colpo di Stato marxista.
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Contesto reale: Timore di influenza cubana-sovietica nei Caraibi.
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Risultato: Occupazione rapida e installazione di governo filo-USA.
2. Panama – Invasione (1989)
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Motivazione ufficiale: Difesa dei diritti umani e arresto del dittatore Noriega.
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Contesto reale: Controllo del Canale di Panama e rimozione di un ex-alleato divenuto scomodo.
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Risultato: Nuovo governo sostenuto da Washington.
3. Guerra del Golfo – Iraq (1991)
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Motivazione ufficiale: Difesa del Kuwait e dell’ordine internazionale, prevenzione di crimini contro l’umanità.
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Contesto reale: Difesa di alleati e interessi petroliferi nel Golfo.
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Risultato: Distruzione dell’apparato militare iracheno, embargo decennale e crisi umanitaria.
4. Somalia – Intervento “umanitario” (1992–1994)
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Motivazione ufficiale: Missione ONU per portare cibo e ordine in un paese in guerra civile.
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Contesto reale: Fallimento dell’intervento militare diretto.
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Risultato: Ritirata dopo il disastro di Mogadiscio (1993), senza soluzione politica.
5. Jugoslavia – Bombardamenti NATO (1999)
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Motivazione ufficiale: Fermare i crimini contro i civili in Kosovo, difesa dei diritti umani.
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Contesto reale: Intervento senza mandato ONU, pressione geopolitica sulla Serbia.
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Risultato: Indebolimento della Serbia, installazione di protettorato NATO in Kosovo.
6. Afghanistan – Invasione (2001–2021)
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Motivazione ufficiale: Rispondere agli attacchi dell’11 settembre, liberare il paese dai Talebani, portare democrazia.
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Contesto reale: Controllo strategico dell’Asia centrale.
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Risultato: 20 anni di guerra, fallimento della “costruzione democratica”, ritorno dei Talebani.
7. Iraq – Invasione (2003)
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Motivazione ufficiale: Distruzione di armi di distruzione di massa, liberazione del popolo iracheno da Saddam Hussein.
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Contesto reale: Le armi non c’erano. Obiettivi: controllo energetico e ristrutturazione del Medio Oriente.
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Risultato: Caos settario, nascita di al-Qaeda in Iraq, poi dell’ISIS.
8. Libia – Intervento NATO (2011)
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Motivazione ufficiale: Protezione dei civili durante le rivolte anti-Gheddafi (Risoluzione ONU 1973).
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Contesto reale: Cambio di regime con implicazioni energetiche e geopolitiche.
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Risultato: Stato fallito, guerre tra milizie, traffico di esseri umani.
9. Siria – Intervento indiretto (dal 2011)
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Motivazione ufficiale: Sostegno ai ribelli “moderati”, lotta per la libertà contro un regime autoritario.
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Contesto reale: Tentativo di rovesciare Assad, contenere Iran e Russia.
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Risultato: Guerra devastante, milioni di sfollati, coinvolgimento di jihadisti.
10. Venezuela – Pressioni e operazioni coperte (dal 2018)
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Motivazione ufficiale: Ripristino della democrazia e dei diritti umani.
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Contesto reale: Pressioni economiche e appoggio all’opposizione filo-occidentale.
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Risultato: Crisi aggravata, popolazione colpita da sanzioni e instabilità.
11. Ucraina – Sostegno militare e intelligence (dal 2014, potenziato dal 2022)
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Motivazione ufficiale: Difesa della sovranità, libertà e autodeterminazione del popolo ucraino.
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Contesto reale: Espansione NATO, rivalità geopolitica con la Russia.
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Risultato: Guerra su larga scala, devastazione del paese, confronto globale NATO-Russia.
(Fonte Redazionale)
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