Esordio di Søren Sveistrup, danese, autore della serie tv The Killing, un thriller di grande livello, un’invenzione narrativa complessa, un’indagine per comprendere come un’ossessione perfetta può deviare la mente di un individuo. Un romanzo per stomaci forti: bambini spariti, omicidi che si rinnovano, donne e madri sole. Con (più di) un accento autobiografico.

«L’uomo delle castagne è un thriller potente e magistrale che si guadagna sul campo questi aggettivi grazie alla forza del racconto; capacità di generare e alimentare emozioni; tenuta della storia, che lungo le oltre cinquecento pagine riesce più di una volta a sorprendere» – Saverino Colombo, La Lettura

«Costruito intorno all’idea che il male non si vince con il male L’uomo delle castagne è un romanzo “cinematografico” fitto, ipotico e serrato con il merito di tenere alta la tensione fino all’ultimo inaspettato brivido: un primo piano che, di riga in riga, si stringe sempre più provocando turbamento nel lettore-spettatore.» – Nicola Lecca, Robinson

La trama del romanzo.

Un navigato agente di polizia, a una settimana dalla pensione, si ferma davanti alla fattoria di un vecchio conoscente, nei dintorni di Copenaghen. Qualcosa non va. Un maiale morto lasciato lì. Non si fa così, in campagna. Apre la porta d’ingresso, socchiusa, con due dita, come nei film. Per vedere una cosa che non avrebbe mai voluto vedere: sangue, un cadavere mutilato, altri corpi da scavalcare. Cammina fino all’ultima stanza, dove centinaia di omini fatti di castagne e fiammiferi – infantili, incompleti, deformi – lo guardano ciechi. Stravolto, si chiude la porta alle spalle, senza sapere che l’assassino lo sta fissando. Così si annuncia, spaventosa, la storia dell’Uomo delle castagne, un thriller di grande livello, il primo romanzo di Søren Sveistrup, autore della serie tv The Killing – il cult mondiale che ha appassionato milioni di spettatori – e sceneggiatore dell’Uomo di neve, il film tratto dal romanzo di Jo Nesbø. Un’invenzione narrativa complessa, un assassino disumano che si muove nel fondo di questo libro con una cupezza senza eguali, un’indagine condotta con angosciata bravura da due detective – uomo e donna, lui e lei – costretti a scendere mille gradini per comprendere come un’ossessione perfetta può deviare la mente di un individuo. Nemmeno Hitchcock. Perché poi un grande thriller nasce soltanto da un magnete, un chiavistello del male che attira, che vi attira inesorabilmente là, nella stanza degli omini che dondolano. Un capitolo vi lascerà il gusto di essere su una pista possibile e il seguente vi dirà di cambiare strada. Perché l’Uomo delle castagne ha pensato a tutto e ricorda ogni cosa. Gli altri, finti innocenti, hanno dimenticato.

 

Come inizia.

 

Per i miei amati ragazzi, Silas e Sylvester

 

Martedì 31 ottobre 1989

1

 

Le foglie rosse e gialle planano attraversando la luce del sole e sull’asfalto bagnato che taglia il bosco come un fiume scuro e lucido. Al passaggio dell’auto di servizio bianca vorticano a mezz’aria per un istante, poi si posano sui mucchi che aderiscono al ciglio della strada.

   Marius Larsen alza il piede dall’acceleratore e rallenta in curva, ricordando a se stesso che deve dire al servizio stradale del comune di passare a spazzare con le macchine. Le foglie che rimangono a terra troppo a lungo pregiudicano l’aderenza delle gomme e sono potenzialmente letali. L’ha già detto tante volte: fa l’agente da quarantuno anni, negli ultimi diciassette è stato a capo della stazione di polizia e ogni autunno deve tornare a far presente il problema. Ma nonoggi, perché oggi parlerà con sua moglie. Le farà «il discorso».

   Scorre nervosamente tra le frequenze dell’autoradio, ma non riesce a trovare ciò che cerca. Solo notizie su Gorbačëv e Reagan e congetture sulla caduta del muro di Berlino. È imminente, dicono. Può essere l’inizio di una nuova epoca.

   Lo sapeva da tempo che prima o poi avrebbe dovuto affrontarla, e ancora non se la sente. Ma ormai manca solo una settimana al giorno in cui sua moglie crede che lo manderanno in pensione, perciò è arrivato il momento di dirle la verità. Che non può fare a meno del suo lavoro. Che ha sistemato le cose pratiche e deciso di rimandare. Che comunque non è pronto a stare a casa, a guardare la Ruota della fortuna seduto sul divano, a raccogliere le foglie in giardino e giocare a nascondino con i nipotini.

   Sembra facile, quando ripassa il discorso nella sua testa, ma sa che lei non la prenderà bene. Si sentirà tradita, si alzerà da tavola e andrà a pulire la cucina, e dandogli le spalle gli dirà che lo capisce. Ma non lo capisce. Ecco perché dieci minuti fa, quando è arrivata la comunicazione via radio, ha detto alla centrale che se ne sarebbe occupato lui, per ritardare ancora un po’ quel faccia a faccia. Normalmente lo avrebbe scocciato, dover fare tutto il tragitto lungo i campi e attraverso il bosco fino alla fattoria di Ørum solo per dirgli di badare meglio alle sue bestie. Già parecchie volte in passato maiali o mucche avevano superato la recinzione, vagando per i campi del vicino finché Marius o uno dei suoi uomini non erano intervenuti per dire a Ørum di tenere d’occhio gli animali. Oggi invece la cosa non l’ha infastidito. Naturalmente aveva chiesto ai colleghi di telefonare a casa di Ørum e all’imbarco del traghetto, dove l’uomo ha un lavoro part time, ma visto che nessuno rispondeva, Marius ha preso la statale e si è diretto alla fattoria.

   Trova una stazione che trasmette vecchia musica danese. Il gommone rossoinvade l’abitacolo della vecchia Escort e lui alza il volume. Si gode l’autunno e la strada, il bosco con le foglie gialle, rosse e marroni mescolate ai sempreverdi. Il pensiero va alla stagione di caccia appena iniziata. Abbassa il finestrino, il sole getta le sue macchie di luce sulla strada filtrando tra le chiome degli alberi, e per un istante Marius dimentica la sua età.

   Quando arriva, il cortile è silenzioso. Scende e chiude lo sportello, e si rende subito conto che è passato tanto tempo dall’ultima volta che è stato lì. La grande fattoria appare trascurata, le finestre della stalla hanno i vetri rotti, l’intonaco sui muri della casa è scrostato e l’altalena abbandonata nell’erba alta sembra quasi ostaggio dei grossi castagni che circondano l’edificio. La ghiaia del cortile è disseminata di foglie e di castagne che scricchiolano sotto i suoi passi mentre si dirige verso la porta.

   Dopo aver bussato tre volte, chiamando il proprietario, Marius capisce che nessuno verrà ad aprirgli. Del resto non vede segni di vita. Tira fuori un taccuino, scrive un messaggio e lo infila nella buca delle lettere, mentre un paio di cornacchie sorvolano il piazzale scomparendo dietro il trattore Ferguson fermo davanti al fienile. Ha fatto tutta quella strada per niente, e oradeve andare fino all’imbarco del traghetto per trovare Ørum. Ma l’irritazione ha vita breve, perché nel tornare all’auto all’improvviso gli viene un’idea. Non gli capita molto spesso di avere dei lampi di genio, perciò dev’essere una fortunata coincidenza il fatto che abbia guidato fin lì invece di tornare direttamente a casa per parlare con sua moglie. Per farsi perdonare le proporrà un viaggio a Berlino. Una settimana, o almeno un fine settimana, non appena avrà un po’ di tempo libero. Potrebbero andarci in macchina, per sentire il vento della Storia, la nuova epoca, e mangiare knödel coi sauerkraut come avevano fatto una vita fa, la volta che erano andati in campeggio sullo Harz con i bambini. Solo quando è quasi arrivato alla macchina si rende conto che ci sono troppe cornacchie dietro il trattore. Saltellano freneticamente intorno a qualcosa di bianco, pallido e informe. Un maiale. Gli occhi spenti, il corpo che freme e si agita, come se provasse a spaventare le cornacchie, appollaiate a mangiare da un grosso foro di arma da fuoco sulla sua nuca.

   Marius apre la porta. L’ingresso è buio, percepisce un sentore di umidità e muffa, e di qualcos’altro che non sa definire.

  «Ørum, è la polizia.»

   Nessuna risposta, ma sente l’acqua che scorre in qualche punto della casa ed entra in cucina. La ragazza è un’adolescente. Avrà sedici o diciassette anni. Il suo corpo è ancora seduto al tavolo e quel che è rimasto del viso straziato da uno sparo è riverso su una scodella di fiocchi d’avena. Sul pavimento di linoleum, dall’altra parte del tavolo, c’è un altro corpo senza vita. Anche lui è un adolescente, ma un po’ più grande, con una ferita d’arma da fuoco al petto, la testa poggiata in modo innaturale contro la cucina a gas. Marius Larsen s’irrigidisce. Non è certo la prima volta che vede delle persone morte, ma mai in queste condizioni, e per un istante rimane immobile, poi estrae la pistola d’ordinanza dalla fondina appesa alla cintura.

   «Ørum?»

   Prosegue per la casa, chiamando, la pistola puntata davanti a sé. Di nuovo, nessuno risponde. Trova un altro cadavere in bagno, e questa volta deve portarsi la mano alla bocca per non vomitare. L’acqua scorre dal rubinetto della vasca colma da un pezzo e fluisce verso lo scarico sul pavimento di granito mescolandosi al sangue. La donna nuda, che dev’essere la madre, giace a terra in posizione scomposta. Un braccio e una gamba non sono più attaccati al corpo. In seguito, il referto autoptico rivelerà che è stata fatta a pezzi con un’ascia, che l’ha colpita ripetutamente. Prima mentre era nella vasca da bagno, poi quando è strisciata fuori nel tentativo di fuggire. Ci sarà anche scritto che inizialmente ha cercato di difendersi con mani e piedi, che per questo motivo presentano vistose lesioni. La faccia è irriconoscibile perché l’ascia è stata usata anche per spaccarle il cranio.

   Marius Larsen rimarrebbe impietrito a quella vista, se non fosse per il movimento quasi impercettibile che scorge d’un tratto con la coda dell’occhio. Seminascosta dalla tenda della doccia gettata in un angolo s’intuisce una sagoma. Marius sposta la tenda con cautela. È un ragazzino. I capelli arruffati, dieci o undici anni circa. Giace in una pozza di sangue, ma un lembo della tenda gli copre ancora la bocca, e trema debolmente. Il poliziotto si china su di lui, sposta la tenda, gli prende il braccio inerme e cercail polso. Il bambino ha tagli su braccia e gambe, la maglietta e le mutande insanguinate, e accanto alla sua testa c’è un’ascia. Gli sente il polso e si alza di scatto.

   In soggiorno afferra con mani febbrili il telefono accanto al posacenere pieno, che si rovescia sulla moquette, ma quando chiama la stazione di polizia è abbastanza lucido da dare ordini precisi. «Ambulanza. Uomini. Subito. Di Ørum nessuna traccia. Muovetevi. Adesso!» Attacca e il suo primo pensiero è tornare dal bambino, ma gli viene in mente che manca qualcuno, perché il bambino ha una sorella gemella.

   Si guarda intorno e va verso l’ingresso, dove c’è la scala che sale al primo piano. Superando la cucina e la porta aperta del seminterrato si blocca di colpo e guarda giù. Un rumore. Un gradino che ha scricchiolato o qualcosa che grattava, ma adesso c’è silenzio. Con la pistola d’ordinanza in mano spalanca la porta e scende gli stretti gradini finché i piedi si posano cauti sul cemento. Dapprima gli occhi devono abituarsi all’oscurità, poi nota la porta della cantina aperta, in fondo al corridoio. Il corpo esita, gli dice che dovrebbe fermarsi lì, aspettare l’ambulanza e i colleghi, ma Marius pensa alla bambina. Quando si avvicina alla porta vede che è stata forzata. Serratura e chiavistello sono a terra, e Marius entra in una stanza illuminata solo debolmente dalle finestrelle sporche in alto. Eppure si accorge subito della piccola sagoma che si nasconde sotto un tavolo in un angolo. Si affretta in quella direzione, abbassa la pistola, si china e guarda.

   «Va tutto bene. È tutto finito.»

   Non riesce a vedere il volto della bambina, vede solo che trema e si ritrae in un angolo senza guardarlo.

   «Mi chiamo Marius. Sono della polizia e sono qui per aiutarti.»

   La bambina, terrorizzata, rimane lì, come se non lo sentisse, e Marius fa vagare lo sguardo nel locale, e piano piano capisce per che cosa l’hanno usato. Sente salire la nausea. Poi dalla porta aperta della stanza accanto scorge gli scaffali di legno. Non riesce a fare una stima, ma sono più di quanti possa contarne. Uomini e donne fatti di castagne. Animali, anche. Grandie piccoli, infantili e orribili, molti incompleti e deformi. Li osserva, osserva la quantità e la diversità, e le piccole figure sugli scaffali lo riempiono d’incertezza mentre il ragazzino entra dalla porta alle sue spalle.

   Per una frazione di secondo pensa che deve chiedere ai tecnici di controllare la porta della cantina, per capire se è stata forzata dall’esterno o dall’interno. Per una frazione di secondo pensa che qualcosa di terribile può essere uscito da lì, come gli animali che hanno superato la recinzione, ma quando si volta verso il ragazzino i pensieri gli baluginano davanti come nuvole confuse in mezzo al cielo. Poi l’ascia lo colpisce sulla mandibola e tutto si fa nero.

Lunedì 5 ottobre, oggi

2

La voce è ovunque nell’oscurità. Sussurra piano e la deride – la raccoglie quando cade e la fa vorticare nel vento. Laura Kjær non vede più. Non sente più lo stormire delle foglie sugli alberi, non percepisce più l’erba fredda sotto i piedi. L’unica cosa che è rimasta è la voce che continua a sussurrare tra un colpo e l’altro del bastone con la sfera in cima. Pensa che se smetterà di resistere forse la voce si zittirà, e alla fine non riesce più a muoversi. Percepisce troppo tardi contro il polso i denti affilati di qualcosa, e prima di perdere conoscenza sente il rumore elettrico di una sega che si avvia e comincia a tagliarle l’osso.

   Non sa per quanto tempo sia rimasta priva di sensi. C’è ancora buio. C’è anche la voce, ed è come se stesse aspettando il suo ritorno.

   «Va tutto bene, Laura?»

   Il tono è dolce e affettuoso, ed è troppo vicina al suo orecchio. Ma non si aspetta una risposta. Le hanno staccato per un istante quello che le avevano incollato sulla bocca e Laura Kjær sente se stessa implorare. Non capisce niente. Farebbe qualsiasi cosa. Perché lei, che cosa ha fatto?

   La voce dice che lo sa bene. È vicinissima, adesso, e glielo sussurra all’orecchio, e lei intuisce che non aspettava altro. Deve concentrarsi per distinguere le parole. Capisce cosa dice la voce, ma non riesce a crederlo. Il dolore è più feroce di tutti i tormenti messi insieme. Non può essere questo. Non deve essere questo. Respinge le parole come se appartenessero solo alla follia che la circonda. Vorrebbe alzarsi e continuare a combattere, ma il corpo cede e lei singhiozza istericamente. Lo sapeva da un po’, eppure non aveva voluto crederci, e solo ora che la voce l’ha sussurrato capisce che è vero. Vorrebbe gridare più che può, ma le viscere le stanno già salendoin gola, e quando sente il bastone accarezzarle la guancia si spinge con tutte le sue forze e precipita nel buio.

Martedì 6 ottobre

3

Fuori comincia a fare chiaro, ma quando Naia Thulin allunga la mano e lo porta dentro di sé lui sta ancora, lentamente, uscendo dal sonno. Lo sente dentro e inizia a muoversi avanti e indietro. Gli afferra le spalle e le sue mani si svegliano, ma piano e a tentoni.

   «Ehi, aspetta…»

   È ancora assonnato, però lei non aspetta. Era di questo che aveva voglia quando ha aperto gli occhi, e si muove con più insistenza, più forza, appoggiando una mano alla parete. Si rende conto che lui sta in una posizione scomoda e batte la testa contro il letto, e sente il rumore del letto contro il muro, ma non le importa. Continua e lo sente cedere, e quando viene lei gli artiglia il petto e avverte il suo dolore e il suo godimento, mentre entrambi si irrigidiscono.

   Per un attimo rimane sdraiata, ansimante, ascolta il camion della spazzatura nel cortile.

   Poi rotola via e si alza prima che le sue mani finiscano di accarezzarle la schiena.

   «È meglio se te ne vai prima che si svegli.»

   «Perché? Le piace quando sono qui.»

   «Forza. Alzati.»

   «Solo se venite a vivere da me.»

   Lei gli getta in faccia la camicia e scompare in bagno, mentre lui ricade sul cuscino con un sorriso.

L’autore. 

 

Søren Sveistrup.

Nato a Copenaghen nel 1968, è un autore, scrittore e sceneggiatore. L’uomo delle castagne è il suo romanzo d’esordio che in patria ha venduto 70 mila copie e che ore è tradotto in 28 Paesi. Sveistrup è creatore della serie televisiva danese The Killing (2007), che ruota attorno alle indagini sull’omicidio di una ragazza, e alle relazioni nella famiglia, nella comunità e nella vita politica locale; la serie è stata proposta in Italia su Rai4. Da The Killingè stato realizzato anche un remake americano andato in onda, dal 2011 al 2014, su Fox Television: in Italia è stato trasmesso su Fox Crime. Come sceneggiatore Sveistrup ha realizzato L’uomo di neve (2017), film tratto dal thriller di Jo Nesbø con Michael Fassbender che interpreta il detective Harry Hole; e Der kommer en dag (2016), basato su storie vere di soprusi compiuti nell’orfanotrofio di Godhavn.

 

 

  • L’ uomo delle castagne
  • Søren Sveistrup
  • Traduttore: B. Berni
  • Editore: Rizzoli
  • Collana: Rizzoli narrativa
  • Anno edizione: 2019
  • Pagine: 560 p., Brossura

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«FUGA DI UN FIGLIO DEL WEF»

La ribellione inattesa di un erede dell'élite globale …