Sono un dato di fatto l’intolleranza e la prepotenza del movimento lgbt+

MA DA DOVE NASCE L’INTOLLERANZA DEL MONDO LGTB+?

«L’Origine du Monde». Gustave Courbet (1866). Museo d’Orsay di Parigi

Sono un dato di fatto l’intolleranza e la prepotenza del movimento lgbt+ e, più in generale, di quella mentalità “aperta” che in nome della difesa delle minoranze e della lotta alla discriminazione rovescia un’ombra di profondo sospetto sui vincoli umani di parentela, di famiglia, di amicizia, di religione, per non parlare di quelli di popolo.

Sarebbe bene che tutti rispettassero le diversità, che siano religiose, razziali, culturali, di sesso, di orientamento di vario genere, ma non viviamo in un mondo ideale, perciò spesso è necessario intervenire in soccorso di chi soffre l’ingiuria del maltrattamento solo perché dotato di un’identità “altra”; e il nostro sistema giuridico non lascia nulla di intentato in questo senso.

I costumi cambiano, ciò che sembrava normale nell’800 ora non lo è più, quindi bisogna tener conto di questi cambiamenti perché altrimenti la società vivrebbe una schizofrenia che renderebbe la vita sociale particolarmente difficile.

Ma la pressione esercitata dal movimento lgbt+ non ha niente a che fare con il riconoscimento di sacrosanti diritti, esso nutre solo l’ingorda pretesa di sottomettere ai propri desiderata l’intera società al punto che laddove, per esempio, si configurano le naturali (e biologiche) identità di madre e di padre queste non possono essere menzionate perché si adopererebbe un linguaggio discriminatorio nei confronti di chi non è né madre né padre biologico, per cui meglio le algide e neutre diciture “genitore 1” e “genitore 2”. Secondo questi deliri non si dovrebbe più usare la parola donna in riferimento alle mestruazioni ma il generico “persone che hanno le mestruazioni”, e se non si usano queste assurde perifrasi il rischio è il linciaggio mediatico (e non solo) da parte del fanatismo arcobaleno, come è accaduto alla scrittrice J. K. Rowling;(P.I.) oppure il posto di lavoro, come è accaduto alla docente di filosofia presso l’Università del Sussex Kathleen Stock (lesbica e femminista) che ha dovuto lasciare la sua cattedra solo perché lei pensa che conti di più il sesso biologico dell’identità di genere «quando si tratta di leggi e politiche», che i trans non dovrebbero accedere a prigioni, rifugi o spogliatoi femminili, o che ai minorenni non dovrebbero essere somministrati i bloccanti della pubertà.

Ma da dove nasce questa perversione, che non si limita alla semantica ma ormai ha risvolti concreti nella vita della quotidianità di tutti? Be’, in buona parte nasce da quando si è cominciato ad affermare l’idea che l’identità pubblica sia fondata sul sesso. Secondo questa impostazione non si è più quel che si è in relazione alla propria posizione nella società ma in relazione alla propria dimensione sessuale intorno alla quale si costituisce quella specializzazione del politicamente corretto che possiamo definire eroticamente corretto (lo sdoganamento politico si ebbe grazie a Bertinotti con la candidatura di Luxuria nelle liste di Rifondazione comunista).
Una degenerazione che nasce dall’erosione del confine tra pubblico e privato, erosione iniziata da quando si è andato affermando che il personale è politico. Come scrive Frank Furedi, quando il personale si fa politico nemmeno la più intima dimensione della vita umana può evitare di restare impigliata nella rete della politica. E accade, come ironizza K. Blinnie, che gli studiosi sociali, accademici e non si tengono occupati con riflessioni sulla “politica dei peli pubici”.

E così passo dopo passo è diventato centrale il tema dell’orientamento sessuale, un’ossessione intorno alla quale si pretende di costruire una nuova intelaiatura sociale. E chi non ci sta è omofobo. Dove l’accusa di omofobia diventa uno strumento di lotta politica. Diventa omofobo chiunque osi non condividere i “nuovi diritti” (matrimoni dello stesso sesso, utero in affitto, identità di genere…). Come se il pastore, che nella solitudine dell’ovile sfogava le proprie pulsioni sessuali sulla pecora, non solo rivendicasse il riconoscimento del proprio “orientamento” sessuale, ma addirittura pretendesse che intorno a tale “orientamento” si conformassero nuove relazioni nella sua comunità di appartenenza (mi scuso per l’esempio pecoreccio).

Antonio Catalano

 

 

Copertina: dipinto di Gustave Corbet, “L’origine del mondo

Fonte: Arianna Editrice del 6 novembre 2021

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