“La prassi di tacciare di hitlerismo i propri avversari fa pena… (Luciano Canfora)

Luciano Canfora

MA IL CANFORA MESSO A TACERE È UN ALTRO


A Luciano Canfora che ha definito Giorgia Meloni “nazista nell’anima”, vorrei dedicare questa citazione di uno studioso serio e lucido, antichista pure lui, di pari livello e pari fama: “La prassi di tacciare di hitlerismo i propri avversari fa pena, è una forma grottesca nonché un’arma spuntata”. Giusto, chi l’ha detto? Il professor Luciano Canfora… Lo ha scritto in un Dizionario politico minimo, (1) appena uscito da Fazi. In effetti ha ragione lo storico Luciano Canfora sul denigratore Luciano Canfora: l’uso di attaccare gli avversari o chi non la pensa come noi, definendoli nazisti è improprio, penoso, grottesco e per giunta inefficace. Nel caso specifico, si può avere il peggior giudizio su Giorgia Meloni, su vari piani e per vari motivi; ma ritenerla nazista, nell’anima per giunta, mi pare una sciocchezza assurda. La stessa accusa di nazista aveva rivolto nei suoi toni allucinati la prof. Donatella Di Cesare addirittura al cognato Lollobrigida. Anche lei fu querelata ma è stata assolta. Si può dare del nazista a chi volete voi, non è diffamazione ma libertà di espressione. A patto che il mittente sia di sinistra e il destinatario di destra.

In questi giorni di vittimismi falsi e fruttuosi, il nome di Luciano Canfora è stato associato a quello di alcuni cialtroni e palloni gonfiati. Ma l’insulto di Canfora alla Meloni è stata una défaillance un po’ vanesia, una deviazione schizoide; una vocina lo ha posseduto. Ma Canfora, come dicevo citando il suo alter ego, è uno storico serio e lucido; e non bisogna giudicare nessuno solo da una frase o un episodio prescindendo da tutto il resto e dal contesto. Canfora non è da confondere con quella compagnia di giro di falsi martiri a cui è stato accostato.

Del resto, pochi ricordano che il professor Canfora è rimasto all’antica, e non solo nel senso dei greci e dei romani, ma nel senso che è rimasto comunista e conserva un buon ricordo di Lenin, di Stalin e Mao. Anche nel Dizionario le citazioni dei sullodati capi del comunismo sono favorevoli e abbondanti.

Il vero silenziatore calato su Canfora, nonostante sia citato e riverito dal circo mediatico italiano, riguarda ben altro. Pochi ricordano infatti i giudizi di Canfora sulla Russia e sull’Ucraina, sugli Stati Uniti e l’Unione europea, sulla sovranità, sulla sinistra e sul capitalismo. E le valutazioni storiche e politiche che fa e che ci offre questo Dizionario, curato da Antonio Di Siena. Ormai lo storico antichista si cimenta con più frequenza sui temi d’oggi che sugli studi classici (a parte qualche chicca, come l’ultima pregevole Vita di Lucrezio).

L’Italia, dice Canfora, “ha ceduto quasi del tutto la propria sovranità e si ritrova governata da remoto, da un’élite molto potente”. In realtà, osserva, “la cessione di sovranità non avviene a favore di un immaginario popolo europeo unito” ma è “esclusivo appannaggio di élite non elettive che dettano legge sulle grandi, medie e piccole cose”.

Canfora elogia la sovranità e nota che solo in Europa viene disprezzata; critica la “sinistra della Ztl”, come lui stesso la chiama, che preferisce difendere i nuovi diritti civili perché riguardano i benestanti; e trascura i diritti sociali. Ritiene che viviamo una nuova schiavitù attraverso la mano d’opera giunta dai paesi poveri, grazie alla globalizzazione e alla decolonizzazione, e grazie all’arma del debito che ricatta stati, popoli e singoli. Ritiene l’Occidente uno “pseudoconcetto” perché indica un’adesione ideologica e politica a un sistema di potere; reputa evanescente l’Unione europea. Rimpiange il tempo in cui l’antifascismo e il 25 aprile erano appannaggio esclusivo della sinistra e dei comunisti in particolare e dà ragione a Berlusconi che definì sovietica la nostra Costituzione, anche se per lui questo è un titolo di merito. Stigmatizza l’uso retorico che oggi si fa dell’antifascismo e della Costituzione. Cita senza problemi l’allievo gentiliano Ugo Spirito e il ministro fascista Carlo Alberto Biggini, riconosce alcune realizzazioni sociali del fascismo e della cogestione, e ammette il grande e duraturo consenso popolare; e senza dirlo sposa la tesi di Gentile del fascismo come un comunismo graduale e paziente, diluito nel tempo e nello spazio. Riconosce che la Repubblica sociale non aveva contro il popolo italiano ma solo una combattiva minoranza. Ritiene che l’attacco di Mussolini all’Etiopia fosse del tutto coerente al colonialismo occidentale. Quando accusa Mussolini di cinismo assoluto nelle sue giravolte, doppiezze e compromessi con l’establishment, descrive la stessa parabola di Togliatti. A proposito di Togliatti, con qualche contorsionismo, Canfora riconosce che censurò Gramsci; ma se sul piano filologico quelle censure sono imperdonabili, sul piano politico “vanno capite”. Riconosce che a sua volta Gramsci non demonizzò il fascismo ma lo storicizzò.

Canfora poi deplora, seguendo il filosofo cattolico tradizionale Augusto del Noce, la trasformazione del partito comunista in partito radicale di massa. Definisce i progressisti, soprattutto americani, come degli “ignoranti pericolosi”; critica la cancel culture“L’unico internazionalismo che resiste è quello delle banche”.

Trattando del Medio Oriente, Canfora ricorda che Israele fu difesa e armata dall’Urss e alle origini si ispirò al socialismo; difende Nasser all’epoca definito fascista dagli stessi comunisti, rimpiange l’Olp di Arafat e nota come i palestinesi siano vittime dei due fronti, massacrati dagli uni e usati dagli altri come scudi umani e pretesti.

Sulla guerra in Ucraina Canfora dice che in realtà “è la guerra degli Usa alla Germania e all’Ue, messa in ginocchio e costretta a ubbidire e a spezzare i promettenti rapporti con la Russia”; oggi “il vero sconfitto è la Germania”. “La coesione del mondo occidentale si fonda solo sull’egemonia americana”. E nota: “si pretende che tra Ucraina e Russia ci sia un abisso. Ma la Russia è storicamente nata a Kiev”; comunque la guerra in Ucraina è cominciata più di dieci anni fa, con le sanguinose rivolte, la repressione della minoranza russa e il rovesciamento del governo legittimo con un golpe. Ma questo, osserva, non viene ricordato nella narrazione falsificata dei media “a reti unificate”.

Insomma, il Canfora antifascista e antiMeloni viene usato e incensato, ma l’altro Canfora, critico verso il mainstream e l’establishment, sinistra inclusa, viene silenziato. Lo elogiano quando delira, lo ignorano quando ragiona.

La Verità – 17 maggio 2024

 

 

 

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Descrizione

Un lessico essenziale in cinquanta voci per comprendere le grandi questioni politiche del nostro tempo.

«C’erano una volta i partiti politici. Costituivano – come fu detto – “la democrazia che si organizza”. L’articolo 49 della nostra Carta ne scolpisce il ruolo vitale. Ora ne è rimasta soltanto l’ombra, e il discredito della politica dilaga. Dunque la conoscenza critica e storica della realtà politica si impone come esigenza ineludibile. Questo piccolo libro vorrebbe dare una mano». – Luciano Canfora

“Antifascismo”, “Capitalismo”, “Costituzione”, “Democrazia”, “Guerra”, “Libertà”, “Occidente”, “Populismo”, “Potere”, “Propaganda”, “Sovranità”: sono solo alcune delle cinquanta voci che compongono questo Dizionario politico minimo di Luciano Canfora. Intervistato da Antonio Di Siena, il grande storico e filologo spazia dall’antichità al mondo contemporaneo, dalla politica alla storia, dalla filosofia alla cultura, per aiutare il lettore a capire la complessità di parole di cui si dà troppo spesso per scontato il significato. E, per il tramite di quelle, approfondire le principali questioni politiche del nostro tempo. Con straordinaria lucidità, competenza e chiarezza espositiva, in questo volume Canfora condensa oltre cinquant’anni di riflessione storico-politica, offrendo tanto ai suoi numerosi estimatori quanto ai “neofiti” un prezioso strumento di comprensione critica della realtà. In alcune voci parla il raffinato ed erudito accademico, in altre l’uomo, il pungente osservatore del mondo che non ha ancora smesso di interrogarsi su di esso. In tutte emerge con forza un pensiero schietto e disincantato, costantemente fuori dagli schemi, capace – anche grazie al costante richiamo al passato e alla grande conoscenza del mondo antico – di fornire una lettura alternativa del presente. Piccolo breviario laico contro il diffuso analfabetismo politico, Dizionario politico minimo è un testo destinato a diventare un punto di riferimento nel dibattito intellettuale.

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