Sinceramente questa polemica, dei due studenti musulmani…

Dante e Virgilio negli Inferi, Eugene-Auguste-Francois Deully 1897 – Pittura

MAOMETTO ALL’INFERNO


Sinceramente questa polemica – quella di due studenti musulmani esentati dallo studio di Dante – più va avanti, meno mi convince. Sembra tanto una sorta di carota agitata davanti agli asini. Asini di destra che scendono baldanzosi in campo, manco fossero tanti Rinaldi, per difendere il Poeta nostro. Che, per lo più, manco hanno mai non dico studiato, ma almeno sfogliato.

La Camera degli asini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E asini di sinistra, prefiche e vestali del politically correct. E odiatori di tutto ciò che può passare per identitario, tradizionale… fascista. E Dante, si sa, era un bel reazionario. Un po’ più a destra di Gengis Khan. Destra quella vera, intendo. Di cui, ormai, si sta perdendo ogni traccia.

Comunque non mi convince perché gli studenti in questione sarebbero di una Terza Media. E credo che ben pochi insegnanti azzardino, oggi, la Commedia con ragazzi di quell’età. Per sensibilità e cultura personale, i più preferiscono la scalcinata prosa di Saviano, gli onanismi letterari degli scribi alla moda. O la Vispa Teresa…

Dante il Libro della Scala (Kitab-al-Miraj,

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se anche si parlasse del triennio liceale, dove la Commedia è (in teoria) obbligatoria, i conti, però, non mi tornerebbero.

Perché l’unico passo dell’opera che potrebbe offendere un Musulmano, sarebbe il canto XXVIII dell’Inferno. Dove il Poeta incontra Maometto. Squartato dall’inguine al collo. Perché seminatore di discordia e causa di divisioni. Scismi.

Ed è un canto che, per lo più, non viene né letto, né tantomeno spiegato.

Anche qui non per delicatezza nei confronti dell’Islam. Ma perché alla maggioranza degli insegnanti non piace. Difficile. Duro, sia come immagini che come concetti.

Io, però, sino a che ho insegnato, quel canto infernale, il XXVIII, l’ho quasi sempre spiegato. Perché è un canto importante. Sotto molti profili.

Non solo per la potenza gotica delle immagini, ma anche perché ti fa comprendere come Dante, e la cultura della sua epoca vedessero l’Islam.

Amos Nattini Inferno, canto xv

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non come un qualcosa di alieno, estraneo. Piuttosto come uno scisma. Il più grande scisma che avesse ferito la Cristianità, strappandole buona parte dell’Oriente e l’Africa. Ovvero province fondamentali dell’Impero Romano.

Che era, poi, il riferimento fondamentale per Dante. Che non avrebbe compreso definizioni come Europa o, peggio ancora, Occidente. Il mondo era diviso tra ciò che era stata Roma, il suo impero e le sue province. E ciò che a Roma era rimasto estraneo. Quindi… i barbari.

E per Dante – che si fondava su dotti padri della Chiesa – Maometto, il Profeta Mohammed, non era un barbaro, ma uno scismatico. Ovvero… uno di noi che aveva, però, con le sue idee, seminato discordia. Causato divisione. Ma comunque partecipe della nostra stessa cultura. Che si fonda sulla tradizione greco-romana.

Non che Dante fosse tenero con arabi e musulmani. Il suo trisavolo, Cacciaguida, fondatore della sua casata, era morto in una Crociata. Per mano di “quella gente turpa”. Ma, se per questo, era ancora meno tenero con pisani e genovesi…

Quel che conta è che non vedeva la Conquista Araba e poi le nostre Crociate come uno scontro tra civiltà diverse, fra loro aliene e irriducibili. Ma come un conflitto fratricida. Tra genti che appartenevano allo stesso ceppo. Che partecipavano degli stessi fondamenti culturali. Conflitto sanguinoso, certo. Ma che mirava a fare prevalere una visione specifica di una idea e tradizione comune. Non all’annientamento culturale dell’avversario.

E in questo, volevo dire ai miei allievi, Dante era molto, decisamente molto più tollerante di noi moderni, così civili e democratici.

Perché, secondo lui, si potevano dare mazze ferrate sulla testa dei musulmani. Ma considerandoli, sempre e comunque, dei fratelli che sbagliano. L’altra faccia della nostra stessa realtà.

Maometto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non per nulla mette tra i grandi sapienti del Limbo due filosofi musulmani, Avicenna e Averroè. E tra le grandi anime non cristiane addirittura il Saladino. Il condottiero arabo – in realtà curdo – che strappò Gerusalemme ai cristiani.

Pensateci… noi abbiamo trattato in modo molto meno generoso, sui nostri Media, il Presidente iraniano Raisi, dopo la sua morte. Per non parlare di Saddam Hussein, prima di impiccarlo.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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