Può una donna essere processata due volte per lo stesso crimine
MARIA BERTOLETTI TOLDINI: LA STREGA CHE NON LO ERA?
Redazione Inchiostronero
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Può una donna essere processata due volte per lo stesso crimine, a tre secoli di distanza? A Coredo, in Trentino, qualcuno ha deciso di riaprire un caso chiuso nel 1716, quello di Maria Bertoletti Toldini, condannata a morte con l’accusa di stregoneria e infanticidio. Ma fu davvero colpevole? Oppure fu vittima di una giustizia viziata dal pregiudizio, dall’ignoranza e dalla paura?
Nel 2024, un gruppo di storici e giuristi ha deciso di rievocare quel processo, applicando il diritto dell’epoca per capire se, oggi, la sentenza sarebbe la stessa. Ma cosa succederebbe se Maria venisse ricondannata?
La sua storia: chi era Maria Bertoletti Toldini?
Di Maria Bertoletti Toldini sappiamo poco, come di tante donne processate per stregoneria nei secoli passati. Il suo nome è rimasto legato agli atti di un tribunale, ai verbali di un processo che ne decretò la morte. Ma dietro a quelle poche righe ufficiali c’era una vita, una quotidianità fatta di gesti semplici e relazioni umane, prima che la paura e la superstizione trasformassero la sua esistenza in un incubo.
Maria nacque nel XVII secolo in Val di Non, una valle trentina immersa tra boschi e montagne, dove la vita era scandita dal lavoro nei campi e dai rigidi dettami della religione. Rimase vedova senza figli, condizione che all’epoca poteva rendere una donna vulnerabile agli sguardi sospettosi della comunità. In un’epoca in cui il matrimonio e la maternità erano considerati il destino naturale di ogni donna, una vedova senza eredi era spesso vista con diffidenza: senza una famiglia numerosa a proteggerla, diventava una figura isolata, più esposta alle malelingue.
Si risposò con Andrea Toldini, da cui prese il soprannome di Toldina, come spesso accadeva alle donne che, dopo il matrimonio, perdevano persino il diritto a essere chiamate con il proprio nome. Non sappiamo molto della loro unione, ma è possibile che il secondo matrimonio non le avesse garantito la sicurezza sperata. Coredo, il piccolo borgo in cui viveva, non era un luogo facile per chiunque fosse considerato “diverso” o non perfettamente integrato nelle rigide dinamiche della comunità.
Coredo e il clima dell’epoca: superstizione e paura
Il Trentino del Seicento era una terra segnata dalla povertà, dalle malattie e dal controllo religioso. Il potere era diviso tra il Principato Vescovile di Trento e il Sacro Romano Impero, e la Chiesa aveva un ruolo determinante non solo nella vita spirituale, ma anche in quella sociale e politica. La religione non era solo una questione di fede, ma un vero e proprio strumento di ordine pubblico: chi si discostava dai comportamenti considerati “giusti” poteva essere guardato con sospetto, e le accuse di stregoneria erano spesso il risultato di tensioni interne alle piccole comunità.
Le donne sole, le guaritrici, le levatrici o semplicemente quelle con una personalità forte potevano facilmente diventare bersaglio di accuse infamanti. Bastava poco: una lite con un vicino, un raccolto andato male, una malattia improvvisa tra i bambini del paese. La necessità di trovare un colpevole per le disgrazie collettive si incanalava spesso contro le donne più fragili socialmente, e Maria Bertoletti Toldini rientrava perfettamente in questa categoria.
Una donna comune, una storia straordinaria
Maria non era una nobildonna né una figura di rilievo, ma una donna del popolo, e forse proprio per questo la sua storia è così significativa. Fu accusata di stregoneria, come molte altre prima di lei, in un’epoca in cui bastava poco per essere sospettate: una parola di troppo, un comportamento anticonvenzionale, un’antipatia da parte dei vicini.
La sua vicenda ci racconta di un tempo in cui le donne erano oggetto di controllo e repressione, in cui una semplice diversità poteva trasformarsi in una condanna. Ma la sua storia, così come quella di molte altre, merita di essere riscoperta, perché ci parla ancora oggi di giustizia, pregiudizi e diritti negati.
L’accusa e il processo del 1716
Maria Bertoletti Toldini fu accusata di stregoneria e infanticidio,(1) due dei crimini più abominevoli e temuti all’epoca. La sola accusa di stregoneria era sufficiente per distruggere la vita di una persona, ma l’infanticidio aggravava ulteriormente la sua posizione: la convinzione che le streghe uccidessero bambini per compiacere il demonio era profondamente radicata nell’immaginario collettivo del tempo.
Secondo i suoi accusatori, Maria avrebbe praticato arti oscure e causato la morte di bambini attraverso malefici e rituali. Non è difficile immaginare come queste accuse siano nate: in un’epoca in cui la mortalità infantile era altissima, le malattie si diffondevano senza spiegazione e la medicina era ancora primitiva, la necessità di trovare un colpevole diventava quasi un bisogno sociale. Se un bambino moriva improvvisamente, non era raro che qualcuno – spesso una donna già marginalizzata – fosse accusato di essere la causa del male.
Quali erano le prove contro Maria?
Oggi potrebbe sembrare assurdo, ma nella giustizia dell’epoca non servivano prove concrete per condannare una presunta strega. Gli elementi su cui si basavano le accuse erano fragili e spesso dettati da superstizioni, rivalità personali o dalla volontà di eliminare persone scomode. Ecco su cosa poteva fondarsi il processo contro Maria:
- Testimonianze di vicini e compaesani: Bastava il sospetto o la diceria di qualcuno per avviare un’indagine. Un contadino che aveva perso il raccolto, una madre che aveva visto il figlio ammalarsi improvvisamente, una lite tra vicini: qualsiasi evento negativo poteva trasformarsi in un’accusa.
- Confessioni estorte con la tortura: Uno degli strumenti più potenti dell’Inquisizione era la tortura. Le imputate venivano sottoposte a tormenti fisici insopportabili fino a quando non cedevano e “confessavano” qualsiasi cosa i giudici volessero sentire. Se Maria fu torturata, è possibile che abbia confessato crimini mai commessi, solo per porre fine alle sofferenze.
- Prove “fisiche” di stregoneria: Spesso i tribunali cercavano segni corporei che potessero indicare un patto con il demonio, come nei, cicatrici o qualsiasi imperfezione cutanea ritenuta un “marchio del diavolo”. Potrebbero aver esaminato il suo corpo per trovarne traccia.
- La sua condizione sociale: Vedova, senza figli e forse non perfettamente integrata nella comunità, Maria rientrava nel profilo tipico delle donne perseguitate per stregoneria. Non aveva nessuno a difenderla, nessun uomo influente che potesse intercedere per lei.
In un sistema giudiziario in cui l’accusata doveva dimostrare la propria innocenza (e non il tribunale la sua colpevolezza), il destino di Maria era segnato fin dall’inizio.
Il processo e la condanna a morte
Il processo del 1716 non fu probabilmente molto diverso da altri casi di stregoneria: le accuse furono discusse davanti a una corte che non cercava la verità, ma la conferma di una colpevolezza già presunta. Non ci fu una vera possibilità di difesa. Non ci furono avvocati, non ci fu il beneficio del dubbio.
Maria Bertoletti Toldini fu condannata a morte per decapitazione. Una scelta apparentemente “mite” rispetto al rogo – la punizione più comune per le streghe – ma comunque esemplare. La sua esecuzione doveva servire da monito per la comunità: un messaggio chiaro per chiunque fosse sospettato di comportamenti sospetti.
Immaginiamo la scena: il giorno dell’esecuzione, la gente del paese si raduna per assistere alla sua morte. Il boia, probabilmente un uomo della comunità, alza la lama e, con un colpo netto, mette fine alla sua esistenza. Il corpo di Maria non riceve onori né ricordi, il suo nome viene lentamente cancellato dalla memoria collettiva.
Ma trecento anni dopo, il suo processo torna alla luce. E con esso, le ingiustizie subite da tante altre donne come lei.
Il nuovo processo: 300 anni dopo
Correva l’anno 1716 quando Maria Bertoletti Toldini venne condannata a morte. Ora, tre secoli più tardi, il suo caso viene riaperto. Nel 2024, un gruppo di storici, giuristi ed esperti di diritto medievale e moderno ha deciso di rievocare quel processo, non come un semplice esercizio di memoria storica, ma con un preciso scopo: stabilire se, persino secondo le leggi dell’epoca, la condanna fosse giusta.
L’iniziativa è affascinante e provocatoria al tempo stesso. Non si tratta di un tentativo di revisionismo storico fine a sé stesso, né di un gesto puramente simbolico, ma di un esperimento giuridico e culturale per comprendere il funzionamento della giustizia del passato e confrontarlo con il presente. Attraverso un processo simulato, con atti giudiziari e procedure basate sulle norme del tempo, si cercherà di stabilire se Maria avrebbe potuto avere una possibilità di salvezza anche secondo il diritto dell’epoca o se, al contrario, il verdetto era inevitabile nel contesto giuridico e sociale di allora.
Un esperimento di memoria storica e giustizia
Questo nuovo processo non ha solo un valore accademico, ma apre una finestra su questioni più profonde: quanto la mentalità dell’epoca ha influenzato la condanna? E quanto siamo realmente cambiati da allora?
L’idea che oggi si possa riesaminare un caso antico trecento anni, con strumenti storici e giuridici più avanzati, ci pone di fronte a domande scomode:
- Era inevitabile che Maria venisse condannata? Oppure, anche nel Settecento, avrebbe potuto esserci un esito diverso?
- Esistevano margini per un’assoluzione, o la sua sorte era già segnata nel momento in cui fu accusata?
- Se oggi Maria fosse processata con le stesse accuse, in una parte del mondo dove le donne sono ancora perseguitate per superstizione, quale sarebbe il verdetto?
In un mondo in cui la giustizia si evolve continuamente, ma dove le discriminazioni di genere e i processi sommari esistono ancora, questo esperimento ci obbliga a riflettere sulla persistenza di antichi pregiudizi in forme diverse e più moderne.
E se Maria venisse condannata di nuovo?
Uno degli aspetti più inquietanti di questo processo è la possibilità che il verdetto sia lo stesso di trecento anni fa. E se, applicando le stesse leggi e lo stesso contesto, Maria fosse ritenuta nuovamente colpevole?
Sarebbe una conferma di quanto la giustizia dell’epoca fosse intrinsecamente viziata e priva di qualsiasi equità. Ma potrebbe anche sollevare un’altra domanda ancora più provocatoria: quanto di quella mentalità sopravvive ancora oggi, in forme più sottili ma altrettanto pericolose?
Maria Bertoletti Toldini fu vittima di un sistema che non le concesse alcuna possibilità di difesa, in cui la sua condizione di donna sola e vulnerabile la rese il bersaglio perfetto. Se il nuovo processo confermasse la sua colpevolezza, sarebbe forse la prova definitiva di quanto la giustizia, all’epoca, fosse una questione di potere più che di verità.
Ma se invece venisse assolta? Sarebbe una riabilitazione tardiva, certo, ma anche un messaggio potente: il passato può essere riletto con occhi nuovi, e le vittime dell’ingiustizia possono finalmente trovare una voce, anche se dopo secoli di silenzio.
Il verdetto finale non cambierà il destino di Maria Bertoletti Toldini. Ma cambierà forse il nostro modo di guardare alla storia. E a noi stessi.
Riflessione finale: perché questa storia ci riguarda ancora oggi
Maria Bertoletti Toldini è solo una delle migliaia di donne perseguitate, torturate e giustiziate con l’accusa di stregoneria nei secoli passati. Ma il suo caso non è solo un episodio lontano della storia: il meccanismo del capro espiatorio, la paura del “diverso” e la repressione delle donne considerate scomode sono dinamiche ancora presenti nel mondo di oggi.
La caccia alle streghe non è mai veramente finita. Ha solo cambiato volto.
- Quante donne, ancora oggi, vengono perseguitate per motivi religiosi, culturali o politici? In molti paesi, le donne accusate di stregoneria vengono ancora bruciate vive o lapidate. In altre parti del mondo, le moderne “streghe” sono le giornaliste, le attiviste, le dissidenti politiche: donne che osano alzare la voce e vengono ridotte al silenzio con la violenza, la prigione o l’isolamento sociale.
- Quante vengono giudicate e condannate senza prove, solo perché non conformi agli stereotipi della loro epoca? Oggi il tribunale non è più solo quello delle aule di giustizia: il giudizio pubblico si consuma sui social, nei media, nei luoghi di lavoro. Una donna può ancora essere etichettata come pericolosa, eccessiva, immorale o “poco di buono” solo per il suo modo di vestire, di parlare o di vivere la propria indipendenza.
- Quanta strada abbiamo fatto davvero nella lotta contro i pregiudizi di genere? Certo, oggi le donne hanno più diritti rispetto al passato, ma esistono ancora discriminazioni, violenze e stereotipi che limitano la loro libertà. Il sospetto e la paura verso le donne che sfidano il sistema non sono scomparsi: in alcuni casi, sono semplicemente diventati più sottili.
Il passato non si può cambiare, il futuro sì
Il processo del 1716 non può essere riscritto. Maria Bertoletti Toldini non potrà mai ottenere giustizia. Ma il processo del 2024 può diventare un’occasione per ricordare, riflettere e imparare.
Riabilitare Toldina non significa solo riconoscere un torto del passato, ma prendere posizione contro ogni forma di ingiustizia ancora presente nel nostro tempo.
Forse, più che riabilitare una donna morta trecento anni fa, dovremmo assicurarci che nessun’altra donna debba subire un destino simile.
Perché la vera giustizia non sta nel riscrivere la storia. Sta nel fare in modo che non si ripeta.

Approfondimenti del Blog

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Bibliografia e Fonti
Se vuoi approfondire la storia di Maria Bertoletti Toldini e il contesto storico della caccia alle streghe, ecco alcune fonti utili:
🔎 Libri e saggi sulla caccia alle streghe e sulla giustizia dell’epoca
- Giovanni Kezich, Il libro delle streghe (2019) – Un’analisi della caccia alle streghe in Trentino e in altre zone d’Europa, basata su documenti storici.
- Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (1996) – Un approfondimento sul ruolo della Chiesa nei processi per stregoneria.
- Luigi Del Grosso Destreri, Streghe e inquisitori nel Ducato di Milano (2005) – Un’indagine storica sui processi per stregoneria nel Nord Italia.
- E. William Monter, Frontiers of Heresy: The Spanish Inquisition from the Basque Lands to Sicily (1990) – Un’analisi comparativa sui processi inquisitori in Europa.
Articoli e ricerche su Maria Bertoletti Toldini
- Paolo Di Stefano, La strega Toldina torna a processo, Corriere della Sera, 7 gennaio 2024.
- Archivio storico del Trentino – Documenti e atti processuali relativi ai processi per stregoneria nel Principato Vescovile di Trento.
Fonti storiche
- Atti processuali dell’epoca conservati negli archivi del Museo Storico di Trento e negli Archivi Diocesani.
- Malleus Maleficarum (1487) – Il tristemente famoso manuale inquisitorio usato per identificare e processare presunte streghe.
Questa bibliografia fornisce un punto di partenza per chi volesse approfondire la storia della caccia alle streghe e il caso di Maria Bertoletti Toldini nel contesto più ampio delle persecuzioni dell’epoca.