In Europa, il settore culturale e creativo rappresenta il 4,2% del Pil

MERITOCRAZIA ITALIA: LA CULTURA COME

FATTORE DI SVILUPPO ECONOMICO


In Europa, il settore culturale e creativo rappresenta il 4,2% del Pil ed è il terzo con più impiegati, dopo edilizia, ristorazione e comparto alberghiero, con circa sette milioni di persone impiegate (il 3,3% della popolazione attiva).

Lo riporta Meritocrazia Italia, in una nota dedicata appunto all’economia della cultura. Un settore che vede l’Italia in una situazione paradossale, con il maggior potenziale mondiale accompagnato dalla totale incapacità di metterlo a frutto in modo intelligente, sostenibile ed economicamente vantaggioso. “Con la cultura non si mangia”, frase attribuita a Tremonti che l’ha smentita. Ma che resta lo slogan di troppi assessori alla Cultura sparsi da Nord a Sud, Isole comprese. Dimostrando un’ottusità di fondo della politica, ottusità che si accentua a destra, senza troppe differenze regionali.

La questione – spiegano a Meritocrazia Italia – è stata solo recentemente oggetto di studio e attenzione da parte degli economisti.
I primi tentativi di collegare tra loro sviluppo della Società e sviluppo di arte e cultura sono da ricondurre a quello che è stato definito il materialismo culturale. Secondo questo approccio, sarebbero arte e cultura a influenzare la crescita di ogni comunità, e non il contrario.

L’economia della cultura è una disciplina ancora più recente. La prima presa di coscienza che prezzo e denaro non fossero fattori di svilimento della cultura ma strumenti per promuoverla e nobilitarla come fertile terreno di sviluppo economico e sociale si posiziona a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.

Secondo la Commissione europea, vi sarebbe una stretta associazione tra patrimonio culturale e industrie culturali e creative. Infatti, molto spesso gli edifici storici rappresentano il luogo ideale per lo sviluppo di imprese che operano nel settore. Tra l’altro il restauro e la rigenerazione di un edificio storico creano lavoro e contribuiscono all’economia locale, ma, a differenza di altri tipi di costruzioni, producono anche un ambiente attrattivo per le altre attività economiche, non solo quelle dell’industria turistica. Inoltre, il mantenimento di edifici storici contribuisce al miglioramento delle qualità della vita della zona e il senso di appartenenza.

Ma il crescente ruolo della cultura è accompagnato da un continuo cambiamento degli strumenti di comunicazione, laddove esiste la capacità di comprendere il mutamento in atto.  “Si pensi, per fare un esempio tra tutti, allo smart museum, al museo diffuso e al talent garden”, precisano a Meritocrazia Italia.

Il percorso verso uno Smart Museum è l’innovazione per il futuro

“Secondo le stime riportate nel Rapporto Symbola – prosegue la nota – la cultura ha sul resto dell’economia un effetto moltiplicatore pari a 1,8: in altri termini, per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,7 miliardi prodotti, quindi, si traducono in altri 160,1, per arrivare a quei 249,8 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 17% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano”.

Un altro aspetto fondamentale nell’indagine sulla misurazione dell’impatto della cultura sullo sviluppo economico è il potenziale occupazionale del settore. Si assiste all’avvicinamento tra due mondi per lungo tempo separati e non comunicanti: la cultura diventa sempre di più una questione commerciale e l’economia è sempre più influenzata dalla cultura. In una società basata sulla conoscenza, si stanno sviluppando nuove forme di lavoro per il momento non ancora perfettamente definite e riconosciute e una nuova classe sociale, la cosiddetta creative class, nuovo fattore di sviluppo economico che permette di creare un ambiente caratterizzato da tolleranza, tecnologia e talenti. Sarebbero proprio questi tre elementi a rappresentare il fattore decisivo per la crescita economica.

Ciò che manca, in Italia, è però la consapevolezza della necessità assoluta di un altro elemento: gli investimenti. Che sono una cosa molto diversa dalle consuete regalie agli amici degli amici ed ai compagni di partito. E che sono anche molto diversi dagli oboli caritatevoli versati a stagisti sfruttati. D’altronde quando si ha a che fare con politici che hanno paura a scegliere, per ruoli di vertice nelle istituzioni culturali, esponenti della propria area ma colpevoli di avere più cultura personale del governatore e dell’assessore di riferimento messi insieme, diventa difficile illudersi sullo sviluppo del settore.

Enrico Toselli

 

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