Un Mondo Piccolo. Ma che contiene in sé più varietà di uomini, donne, passioni delle megalopoli

Don Camillo dal presbiterio manda un messaggio di conforto e di speranza alla popolazione sfollata dopo l’alluvione che ha colpito il paese di Brescello. Da “Il ritorno di don Camillo (1953)

MONDO PICCOLO

«Ogni pasticcio che sorgesse fra i rossi e i loro avversari naturali, diventava alla fine un fatto personale tra don Camillo e Peppone. E così don Camillo diventava il parafulmini sul quale si scaricavano le folgori dei rossi. E poiché don Camillo aveva due spalle formidabili, riusciva sempre ad arrangiare le cose senza guai grossi né per sé né per gli altri.» (Giovannino Guareschi, Don Camillo e il suo gregge)


Non c’è niente da fare… gira che ti gira, passano gli anni, passa la vita, cambiano tante cose… ma, poi, prima o dopo sempre lì torno. Al Mondo Piccolo di don Camillo e Peppone. A quel paese della Bassa avvolto dalle nebbie. Dove forti sono le passioni. Gli uomini semplici. E la vita scorre con il ritmo del Grande Fiume.

Giovannino Guareschi

Mi basta vedere qualche fotogramma degli, storici, film con Fernandel e Cervi, che spesso compaiono in fb. O pescare a caso, dalla mia caotica biblioteca, uno dei, tanti, libri di Guareschi. E leggerne qualche pagina…
Subito mi ritrovo lì.

Ognuno serba, nel fondo della mente (o del cuore, o dell’inconscio, fate voi) una terra, un paese ideale… Un luogo ove sogna di ritirarsi, un giorno. Una sorta di uscita dal mondo, di via di fuga dalla grigia, massiva, soffocante realtà quotidiana. Isole beate, tropici… paradisi naturali e fiscali… con eterna primavera, amache, cocktail, giovani indigene che ti sventagliano e danzano. L’immaginario più comune, e diciamo pure più banale della fuga dalla quotidianità.
Per me, però, non è mai stato così. Le spiagge sempre assolate, i cocktail, il mare mi annoiano. Anche nella fantasia. So bene che, nella remota ipotesi che tutto questo divenisse realtà, dopo una decina di giorni sarei già stufo… Però ci sono le indigene che sventagliano, dirà il Direttore. Mica ti annoierebbero quelle, no? O hai cambiato gusti?
Va bene, le indigene di certa oleografia hollywoodiana hanno un loro fascino patinato. Non lo nego. Però, anche in questo campo, ad essere sincero, preferisco altro. Donne più… autentiche. Insomma, per farla breve, più… nostre.

Fernandel nei panni di don Camillo Gino Cervi è il sindaco Giuseppe Bottazzi

Perché, vedete, il mio rifugio ideale è sempre stato, in certo qual modo, rappresentato dal Mondo Piccolo narrato da Guareschi. Non è una scelta intellettuale. Una presa di posizione da anacronista, una rivolta contro il mondo moderno… è, piuttosto, qualcosa che mi è venuto naturale. Che, sin dal primo libro di Guareschi, è sorto come impulso spontaneo. Insomma, potrei dire che è inscritto nel mio DNA… se credessi nel DNA.

Un Mondo Piccolo. Ma che contiene in sé più varietà di uomini, donne, passioni della megalopoli, della Grande Città di Vetro, narrata, in modo angosciante, nei racconti di scrittori come Paul Auster. O, ancora meglio, in film di cupo umorismo, come “Manhattan” di Woody Allen.
Fate mente alle storie, e soprattutto ai personaggi di Mondo Piccolo. Non solo, anzi non tanto a don Camillo e Peppone. Che sono due figure colossali, paradigmatiche, degne di confronto col don Abbondio manzoniano, o col Gesualdo del Verga.
Guardate le figure, i personaggi di contorno. Come lo Smilzo, luogotenente dinamico di Peppone. Che corre come un fulmine in bicicletta. E frena all’americana. Immancabilmente ribaltandosi. O il Bigio, il Brusco di poche parole. Comparse di un racconto, come Dario Camoni, il fascista. Il vecchio dottore. Desolina, la perpetua di don Camillo, i Filotti e quelli della Bruciata, che danno vita a un Giulietta e Romeo da strapaese. E con finale decisamente meno infausto.

In borgata Coutandin poco distante da Pinerolo si trovano i resti della casa rurale degli avi di Fernandel

E poi c’è il paesaggio. Non solo quello naturale, la Bassa delle nebbie e del Sole estivo che picchia come un fabbro. Ma anche, forse soprattutto, quello antropico. Il paese, le case, le osterie, la canonica e la Casa del Popolo. La chiesa, con l’altar maggiore in stile antico. E il grande Cristo che parla con don Camillo… passioni e fedi forti, anche se semplici. E un senso di umanità, e di comunità, ancora più forte.

Ecco, è sempre stato questo il mio sogno. Il luogo ideale dove trovare rifugio. Impulso (quasi) inconscio, che è, però, venuto definendosi nel tempo. Soprattutto in quello trascorso nelle spire caotiche della grande città.
E ora… beh, qui non è la bassa e ci sono le montagne. Diversa è la parlata, diverse, anche per l’epoca, le passioni. Ma di tipi umani diversi ce ne sono. E tanti. E vi sono tante storie da ascoltare. E cercare di narrare. Un mio, personale, Mondo Piccolo. Finalmente.

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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