«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte…»

 

Morte dell’arte, e degli ideali

 

Nella stagione estiva le masse, intrappolate nell’ozio frenetico dell’estate, sprofondano nelle suadenti acque salate, simbolo della psiche non ancora redenta, e così si lasciano sfuggire i segni che questo tempo, con paterna insistenza, continuamente propone. In questi giorni, si è consumata la deriva di un progetto politico dal breve transito, e questo potrebbe portare a scenari davvero inquietanti; tuttavia le suddette masse non sanno cogliere i risvolti profondi e tantomeno prepararsi alle contromisure, anzi, tutt’altro! Preoccupate soltanto di restare a galla sperano che la corrente non gli sia contraria e restii a qualunque mossa subitanea e ispirata, si contentano di non affondare. E si badi bene che per masse intendiamo tutti coloro che in una maniera o nell’altra vivono pienamente integrati nella modernità o anche solo in qualche suo aspetto! Ma procediamo per gradi.

In questi giorni, si è consumata la deriva di un progetto politico dal breve transito, e questo potrebbe portare a scenari davvero inquietanti; tuttavia le suddette masse non sanno cogliere i risvolti profondi e tantomeno prepararsi alle contromisure, anzi, tutt’altro!

 

Il Numero della Bestia è 666, dipinto di William Blake.

 

«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia, o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei».

Così si legge nel tredicesimo capitolo del libro dell’Apocalisse. Tre volte il numero 6, tre volte il numero dell’uomo, creato appunto nel sesto giorno. Premesso che i significati di tale testo, come dell’intera Scrittura, sono molteplici e complementari, e i più misteriosi e prolifici vanno sempre ricercati penetrandone i simboli, è senz’altro di stringente interesse il fatto che vengano associate due immagini come il marchio dell’uomo senza più alcuna dimensione verticale, ma ridotto a pura essenza animale e psichica – il 666 – e l’atto del comprare e vendere, ultima falsa libertà del grande mercato infernale. Del resto, l’uomo che si è eletto a Dio e ha inabissato le sue facoltà più alte a strumenti di falsa conoscenza, perenne eccitazione e spasmodico agire, non può che trasformare la sua casa in un mercato. Qui vige la legge dello scambio e della contrattazione, del compromesso e dell’interesse personale, l’omologazione conquista inesorabile il trono a spese della genuina creatività e gli ideali sono sotterrati come cenere ormai spenta.

E allora ci preme di parlare trepidanti dell’arte e del suo ruolo “salvifico”: ruolo a cui, ahimè, essa pare aver abdicato da tempo. L’arte è attività sacra. La sua materia principale è il simbolo, richiamo verso le realtà che qui intravediamo solamente «come in uno specchio». Fine ultimo dell’arte è manifestare il senso profondo della Vita – e di ciascuna Vita – mostrando attraverso l’armonia delle forme e dei suoni, le misteriose leggi che governano l’universo tutto. Essa non è spiegazione, ma nemmeno semplice sentimento; essa è invero una piccola epifania. E l’effetto che essa suscita su chi ha la giusta disposizione interiore è di alleggerire l’anima preparandola così all’incontro finale.

Trittico del Giardino delle Delizie Hieronymus Bosch
1480-1490 circa.

L’arte ha sempre “giocato” con l’Eterno, e le derive sociologiche, politiche, o esistenziali sono soltanto marcescenza di questi tempi ultimi. Derive che, esaltate dalla stoltezza dei moderni, privano l’arte del suo precipuo fine, della sua misteriosa utilità. Essa è infatti l’unica fra le attività dell’uomo che si rivolge esclusivamente all’ideale; da quest’ultimo sgorga e a quest’ultimo fa ritorno. Certamente anche l’atto speculativo o la meditazione mirano al medesimo scopo, e anche in modo più diretto, ma l’arte plasma la materia, si fa atto visibile, concreto, sociale nel suo significato più comune. Il vero artista è inabitato dal daimon (1) creatore. La sua arte diviene perciò anche monito e sprone costante per l’umanità per ricercare, per quanto possibile, l’ideale in ogni faccenda mondana, il senso ultimo, nascosto sotto la coltre delle apparenze.

Se vi è un’epoca che, per quanto sommersa di artisti, è priva di genuina arte, è questa. Se vi è un’epoca che non riesce neppure più a pensare per ideali, figuriamoci quindi a farsi agire da essi, è questa. Questa è l’epoca del grande mercato, dove tutto è contratto e accordo, dove nulla si rischia perché la consuetudine del presente è sempre meglio di un futuro tutto da scrivere. È l’epoca dove i saggi che vagano tra le rovine del mondo, vengono additati come pazzi profeti di sventura.

In questo scenario politico e sociale di disarmante gravità ci si barcamena tra frasi di circostanza e richiami al “moderatismo” pur di non rompere i legacci a cui siamo docilmente assuefatti. Servirebbero altresì eroi, sapienti e geni, mentre ci inginocchiamo davanti ai mediocri. Siamo una massa che non sa farsi popolo. Senza vera arte si muore, e noi forse abbiamo già chiuso gli occhi.

 

NOTE

(1) Socrate non era ateo, ma anzi affermava di credere in una particolare divinità, figlia degli dei tradizionali, che egli chiamava dàimon. “ch’ei m’avviene un che divino e demoniaco, come disse nella querela anche Meleto, pigliandosene gioco. Ed è una cotale voce, che, sino da fanciullo, sento io dentro. E tutte le volte che io la sento, mi svolge da quello che son per fare: sospingere, non sospinge mai”

(Apologia XIX)

 Per gentile concessione:

 Fonte: Il Pensiero Forte

Immagine: The Renaissance Masters of Dark Art.

Carica ulteriori articoli correlati
Carica altro Massimo Selis
Carica altro CULTURA

2 Commenti

  1. Francesca Rita Rombolà

    6 Settembre 2019 a 11:19

    Mi batto per l’Arte, la vera Arte, da moltissimo tempo. Sono stata umiliata e derisa spesso per tale motivo… eppure ho continuato a perseguire l’Arte camminando da sola in un deserto spaventoso. Oggi non so più se riesco ancora a farcela. Forse non per molto comunque in quanto resistere ha un prezzo davvero alto da pagare e la situazione non sembra migliorare anzi. Sento però che alla fine l’Arte non può che emergere dall’abisso e scuotere l’uomo o quel che ne resta…

    Vorrei fare i complimenti a Massimo Selis per l’articolo interessante.
    Grazie, perchè qualcuno è ancora “vivo” e fa udire una flebile voce umana.

    rispondere

    • Massimo Selis

      10 Settembre 2019 a 13:11

      Gentile Francesca, ti ringrazio per le tue parole. Purtroppo oggi ci si accontenta di un mare di “creativi” perché si ha invero paura degli artisti, quelli veri, intendo! Ma l’artista può molto poco senza un mentore e dall’altra parte senza un pubblico che ancora non abbia smarrito la giusta “disposizione interiore” per lasciarsi penetrare e lacerare dalla bellezza. La grande arte può cambiare la vita, a volte, ma oggi, nel mae agitato di questi tempi, ci si accontenta di galleggiare. Questo però non significa che un’artista debba tradire se stesso, per cui ti incoraggio a non abbandonare la rotta, anche se so che non finiranno certo le tempeste. Un caro saluto.

      rispondere

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *