”Masashi Kishimoto è il noto mangaka giapponese che ha dato vita all’universo di Naruto.
NARUTO: UNA RIFLESSIONE SOCIOLOGICA
Masashi Kishimoto è il noto mangaka giapponese che ha dato vita all’universo di Naruto. Un autore che ha iniziato a pubblicare nei lontani anni ‘90, non dimenticando gli espedienti e le radici culturali del Giappone antico. Un processo di fascinazione continuo, che ha saputo accentuare la validità della storia nel corso del tempo. Sono settantadue i volumi Tankōbon della narrazione che stanno proseguendo anche in Boruto: Naruto Next Generations. Diventato un prodotto culturale e pop d’eccellenza, vanta di oltre 250 milioni di copie vendute in tutto il mondo, seguite da film, fanfictions, forums, gadgets e produzioni letterarie.
L’attenzione mediatica che fortunatamente non vede mai l’alba ha dato vita a un interesse crescente da parte dei fans e dei consumers diventati anche prosumers con le creazioni di amv, storie originali e doujinshi non a scopo di lucro. In tre punti si analizzano alcuni elementi centrali dell’opera, sfruttando l’analisi sociologica.
Uno degli elementi che più colpisce in un’analisi culturale sul prodotto è il villaggio della Foglia. Esso, nonostante si muova in una prima modernità, rispetta i valori antichi dei ninja e degli Shinobi. È suddiviso in tante piccole zone con caratteristiche territoriali che determinano i personaggi: si vedano Zabuza, Kisame o addirittura lo stesso Naruto.
Questi personaggi appartengono a vasti territori suddivisi in cinque Paesi che a loro volta ospitano dei villaggi. La geografia costruita in Naruto è vasta ed esaustiva. All’inizio della narrazione, quando conosciamo il nostro protagonista, il Villaggio della Foglia è costituito da tanti piccoli clan e da un’autorità importante chiamata Hokage. La pace nel villaggio, seppur falsa e ricolma di soprusi e intrighi, avviene per mezzo di una solidarietà nella collettività.
Esattamente come nella nostra società, la pace viene mantenuta attraverso un’esercitazione del potere subdola e passata in sordina come sacrificio necessario per il bene comune. Le forze della polizia speciale, per esempio, non nutrono alcuno scrupolo nell’eliminazione di un avversario e spesso non ci si chiede se sia giusto o sbagliato. Anche il sistema scolastico, per così dire, alla Foglia si erge sul falso ideologico della meritocrazia. Non considerando, però, le difficoltà di alcuni bambini che potrebbero incontrare nell’allenamento per conseguire il titolo di Genin.
È calzante la differenza tra Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha. Mentre il primo non gode di un’adeguata forma di socializzazione primaria, accompagnata da genitori o tutori, il secondo pur avendo assistito allo sterminio del proprio clan innesca un percorso.
Naruto: la scuola e l’educazione sono un processo continuo
Durante la lunga linea narrativa e l’arco del racconto uno dei rapporti più controversi si annoda attorno alle figure dei due personaggi principali: Sasuke Uchiha e Naruto Uzumaki. Entrambi si ritrovano orfani a seguito di diversi eventi traumatici, ma subiscono un destino completamente diverso, nonostante l’autore li sovrapponga sempre come simili quasi assimilabili come lo yin e lo yang.
Il primo conoscendo le brutture della guerra, predestina un cammino di sacrifici e di protezione nei riguardi di coloro che ama, Sasuke è indotto a odiare chi ha sterminato la sua famiglia: il fratello maggiore. Ma tutto ciò che raccontano nel villaggio, non è altro che una mera illusione una congettura creata per mandare avanti una visione più ampia e legata al potere.
Naruto, Sasuke e… Durkheim
La tragedia di entrambi i bambini resi orfani, sarebbe potuta mutare. La visione non è altro che un esercizio del pensiero, allenato attraverso il processo continuo della formazione. Gli individui non possono ascoltare solo gli altri, ma dovrebbero scegliere un percorso via ninja, in questo caso, fornita dalla socializzazione primaria e secondaria e con delle esperienze critiche che ne permettano la scelta più consona.
Ne consegue che, con due storie simili, la strada intrapresa e l’insieme valoriale di concetti e sentimenti, permettono l’avanzamento dei singoli all’interno delle comunità. Sasuke si allontana dai suoi amici non solo perché desidera vendicare il suo clan, diventare l’eroe che libera il fardello del dolore ma è anche un bambino tipicamente asociale, abituato a diffidare dei compagni perché deve diventare il migliore.
Il suo clan è stato punito severamente per la mancanza di giudizio e una scarsa cooperazione diventata talmente deleteria da distruggere l’intero clan. Si prefigura ciò che Durkheim intendeva come una società che si impone sugli individui, privando loro di una scelta ma è altrettanto un errore di misure che costa caro al protagonista. Anche quando egli si accorge degli errori di interpretazione, nei riguardi del villaggio e che la vendetta è un costrutto sociale inutile continua a determinare situazioni anomiche.
Itachi Uchiha e George Orwell
Il personaggio di Itachi Uchiha è uno dei più apprezzati all’interno della saga. Nemico giurato, genio incompreso, assassino. Diventa il colpo di scena per eccellenza per permettere di comprendere quanto la realtà sia un concetto volitivo e mai afferrabile nel concreto. Lo shinobi ha subito delle forti scosse emotive da bambino, vivendo una delle quattro guerre presenti nel mondo ninja, che hanno causato la perdita di molte persone. Dopo tutta quella sofferenza, si è reso conto di voler porre fine a quelle menzogne e di sterminare addirittura il suo clan purché essi non mettessero in pericolo la vita di tutto il villaggio.
Un personaggio complesso che si fatica a comprendere. Ha illuso e ingannato il fratellino Sasuke, inducendolo a odiarlo giorno dopo giorno. Ma la verità è che il personaggio del criminale, si sgretola man mano che andiamo avanti nell’opera. Di mostruoso non c’è nulla se non pesi e contrappesi che purtroppo si presentano nel quotidiano. L’inganno è uno dei protagonisti principali dell’intera opera.
Al pari di un’opera orwelliana politica, lo sterminio del clan richiesto da un potente di Konoha dovrebbe avvenire per mettere la pace tra le genti. In parte è così, ma dietro questo grande bluff si cela la volontà dei singoli di avere contezza sugli eventi gravando sul bene comune. La complessità del personaggio non permette un’interpretazione univoca ma rende certa almeno una prima argomentazione servendosi degli argomenti di Max Weber attraverso la dotazione di senso dell’azione umana. Itachi agisce comprendendo i rischi di una guerra ulteriore, la blocca sterminando l’intero clan ma fallisce nelle letture, nel comprendere, il senso di quell’azione.
Itachi Uchiha e Michel Foucault
Il ragazzo rimane intrappolato nella cosiddetta gabbia d’acciaio, nel tentativo di comprendere la società e la sua struttura, affidandosi a vita e morte, finisce per essere risucchiato dalla responsabilità che deriva dalle scelte compiute. Non più magiche o legate a dei credi e delle tradizioni, soltanto soggiogata da potere e marchingegni ad essa collegati. Il personaggio comprende il fallimento, soltanto quando si rende conto che la cooperazione e il dialogo avrebbero potuto cambiare le sorti di molti personaggi. Un individualismo troppo incentrato sul miglioramento di una comunità che invece andava raggruppata e ascoltata.
Itachi è uno dei personaggi più saggi dell’intera narrazione. Nei dialoghi con altri personaggi, si vedano anche l’incontro principale con Kisame o il saluto finale con l’amato fratello, sfociano sempre nell’inganno e nella menzogna. I genjutsu, arti oculari presenti in Naruto e Boruto, non sono altro che inganni o allucinazioni create da chi sta compiendo l’azione. In questo senso, si potrebbe chiamare in causa Foucault che ne Il coraggio della verità afferma di dover far collidere parole e fatti. Molti personaggi si percepiscono al di sopra delle possibilità e si sentono in contrasto con il mondo esteriore ed interiore. Soltanto smascherando le ipocrisie o, quantomeno, individuandole ci si può avvicinare al filo della verità sempre teso.
Il successo di Naruto è dovuto ai tanti piccoli tasselli che costruiscono un’opera incredibile con personaggi unici cui potersi riferire in tante situazioni dell’esistenza. Masashi Kishimoto fornisce delle visioni molto interessanti, amicizie incomparabili e strutture cognitive, di senso, che difficilmente si leggono in giro. Tuttavia, questo breve articolo analizza, in modo frammentario, alcuni dei tanti aspetti che potrebbero essere letti in chiave sociologica.
Bibliografia
- Kishimoto Masashi, Yano Takashi ,2020, Itachi il giorno, Panini Comics
- Orwell George, 1984, Milano, Mondadori, 2019
- Smelser Neil, 2011, Manuale di Sociologia, Il Mulino
- Weber Max,2014, Sociologia del Potere, Pgreco
- Foucault Michel, 2016, Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France (1984), Feltrinelli
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