Alla vigilia di nuovi tentativi di pace, la NATO colpisce con azioni che sanno di sabotaggio. Mentre l’Ucraina perde terreno, si alza la posta in gioco con attacchi che sfiorano la triade nucleare russa, rivelando un conflitto sempre più oscuro e manipolato.
NATO: TERRORISMO ED ELUSIONE
Il Simplicissimus
Alla vigilia di ogni fragile tentativo di pace, un’ombra si muove implacabile: la NATO, secondo l’autore, interviene in modo subdolo e destabilizzante, orchestrando attacchi mirati che affossano ogni possibilità di dialogo. In un contesto in cui l’Ucraina arretra e la Russia consolida le sue posizioni, l’intensità degli attacchi aumenta, sfiorando uno dei cardini dell’equilibrio nucleare russo. Il recente raid su aeroporti strategici ha danneggiato alcuni bombardieri Tu-95, ma i danni si rivelano meno gravi di quanto raccontato da Kiev e dai media filo-occidentali. Il racconto si addentra nel cuore di una guerra asimmetrica dove la realtà si confonde con la propaganda, e dove la mano invisibile dell’Occidente – tra droni telecomandati e quinte colonne – sembra operare all’interno del territorio russo, sfruttando vecchi legami e nuove tecnologie. In un’analisi lucida e provocatoria, l’autore mette in discussione la narrazione dominante e solleva interrogativi inquietanti sulla frammentazione del potere in Occidente, sull’affidabilità dei colloqui internazionali e sul rischio crescente di una deflagrazione globale causata non da governi, ma da apparati paralleli fuori controllo. (Nota Redazionale)
Come sempre alla vigilia degli incontri per cercare di mettere in piedi colloqui di pace, la Nato interviene con attentati terroristici in maniera da far saltare i colloqui. E man mano che le truppe ucraine perdono terreno si alza la posta degli attacchi che questa volta hanno cercato di colpire, oltre a linee ferroviarie, una gamba della triade nucleare russa, provocando numerosi danni. Ma è bene dirlo fin da subito: le cifre non sono certo quelle che i pagliacci di Kiev megafonano a beneficio della Nato e che purtroppo vengono riferite anche in siti non mainstream, perché proprio dai video diffusi dagli ucraini appare chiaro che sono stati danneggiati solo 5 bombardieri Tu-95, non si sa se in maniera da non poter essere recuperati o meno. Tuttavia pare che tre abbiano subito danni relativamente lievi e possano essere recuperati. La Russia ha in servizio 58 di questi aerei e nel più grande raid missilistico contro le installazioni militari ucraine ne sono stati usati solo sei visto che ognuno di loro può trasportare otto missili da crociera Kh-101, dunque la capacità di attacco russo rimane praticamente intatta.
Però, sebbene solo due dei cinque attacchi pianificati contro aeroporti russi siano andati a segno, è evidente che esiste un problema che ha poco a che fare con l’Ucraina. I droni usati hanno un raggio di azione di 30 chilometri, quindi, è chiaro che l’operazione ha richiesto delle quinte colonne o dei facilitatori all’interno del territorio russo e queste quinte colonne sono quelle allevate dai servizi anglosassoni durante l’era di Gorbaciov e di Eltsin. Inoltre è molto probabile, per non dire certo, che i droni siano stati attivati a grande distanza da un segnale remoto inviato da satelliti occidentali, magari vai a sapere da Starlink. Proprio questo rende del tutto inaffidabile qualsiasi colloquio con l’Occidente, che sembra ormai frazionato anzi fratturato in diverse aree di potere ognuna delle quali ha le possibilità di agire per provocare un conflitto globale. L’amministrazione Trump nega di essere stata a conoscenza dell’attacco, ma diciamo che è una smentita rituale poco credibile, ma nel remoto caso fosse sincera dimostrerebbe che Washington non controlla pienamente la situazione e ci sono pezzi di amministrazione che agiscono per contro loro.
Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha avuto una conversazione al telefono con il Segretario di Stato americano Marco Rubio: di tale colloquio si sa poco, ma da alcune indiscrezioni sembra che il segretario abbia espresso le condoglianze per i recenti attacchi ai treni nelle regioni russe di Bryansk e Kursk, il che ovviamente corrisponde alla secolare tattica anglosassone di lanciare il sasso e nascondere la mano. Di una cosa però possiamo stare certi: la Russia non reagirà emotivamente e mentre attacca lungo tutto il fronte l’esercito di Kiev, sempre più preso dal panico, c’è da attendersi una sorta di Armageddon entro pochi giorni. A mio modesto parere, ma non sono uno stratega, né ho cognizione dei rapporti reali e sottopelle tra le parti, farei in modo da impedire a Zelensky di muoversi da Kiev, anche ammesso che si trovi là, cosa della quale dubito, distruggendo gli aeroporti della città e anche quelli più vicini, assieme a strade e ferrovie. Con il duce dentro il suo bunker le cose cambierebbero di molto e lo strepito occidentale si farebbe flebile o patetico perché la fine si annuncerebbe in maniera comprensibile a tutti, persino agli imbecilli che tengono per l’Ucraina non avendo capito nulla, ma soprattutto non volendo capire perché è questa la difesa psicologica del servilismo globalista.
Ad ogni modo appare evidente che la Russia avrò molti problemi per trattare con gli occidentali, perché palesemente parlano con due o tre voci diverse, quella delle amministrazioni diciamo così ufficiali e quelle delle concrezioni di potere reale a geometria variabile che comprendono finanza e apparati dello Stato. Se una parte cerca di arrivare alla pace l’altra fa in modo che non ci si arrivi. Se poi gli ucraini muoio e anche i russi chi se ne frega. Ma tutto questo è al contempo una dimostrazione di debolezza perché mette in luce la crisi del sistema neoliberista al suo stesso interno che genera instabilità continua. È certo un problema per Mosca, ma lo è ancora di più per Washington, Londra e le altre capitali.
