Una prospettiva scientifica su come nascono le idee che cambiano il mondo
NEUROBIOLOGIA DELLA CREATIVITÀ
di Vincenzo Coraggio
Introduzione
Che significa creatività? Che cos’è? Una domanda che ci accompagna da secoli, sulla sua definizione ma soprattutto sembra sempre essere una qualità che ricerchiamo in diversi ambiti: nella nostra vita personale, nel nostro partner ma anche in ambito lavorativo e ovviamente artistico. Andiamo a vedere a livello neurobiologico come si traduce questo concetto così complesso e criptico di cui si sa così poco e non in maniera certa.
Definizione
Come sempre cerchiamo di partire dalla definizione di creatività, un concetto che nel corso della storia dell’umanità ha avuto delle evoluzioni sul come essere intesa o valutata.
Secondo la Treccani, quindi, un’idea viene definita creativa se porta a un salto di “qualità” rispetto allo stato precedente del sapere e/o della tecnica, comportando un’introduzione di nuove concezioni e soluzioni sotto diversi punti di vista come quelli filosofici o scientifici, ad esempio.
In ambito artistico assume più la sua radice di creazione ovvero di “creare” un qualcosa di nuovo che prima non esisteva.
Dal punto di vista psicologico invece il focus è sul processo di conoscenza che avanza, non tanto per l’accumulo di dati ma per improvvisi mutamenti di prospettiva e punti di vista.
Da sottolineare però la differenza con il Problem Solving, un concetto molto più settoriale e ordinario in quanto rientra nei processi quotidiani dell’esperienza dell’essere umano, cercare una soluzione a dei compiti che si affrontano nella maniera più semplice ed efficace possibile.
Nell’ultimo periodo storico è stato introdotto il concetto di pensiero divergente ovvero la capacità di generare risposte originali, inusuali ed efficaci nei confronti di un compito o problema. Questo tipo di pensiero viene spesso correlato all’immaginario comune di creatività che si contrappone al pensiero convergente che invece si basa su una risposta dettata dalla logica, le conoscenze e le strategie precedentemente apprese. [2]
Basi neurobiologiche
Ci sono moltissimi studi, soprattutto con l’avvento delle neuroscienze cognitive, riguardanti la creatività ma al momento è difficile trovare una teoria unificata delle basi neuroanatomiche per quanto riguarda la creatività.
Partiamo subito con lo sfatare il mito della lateralizzazione cerebrale per quanto riguarda la parte creativa.
L’idea che le persone creative usassero per lo più l’emisfero destro mentre le persone razionali logiche quello sinistro, appare oggi come una teoria semplicistica e non corrispondente alla realtà.
Studi recenti infatti hanno dimostrato, tramite diverse tecniche di neuroimaging come elettroencefalogramma (EEG), risonanza magnetica funzionale (fMRI) e tomografia a emissioni di positroni (PET) che le aree attivate durante il qualsiasi impegno in un processo creativo, coinvolgono memoria, attenzione, controllo, monitoraggio delle prestazioni.
Principalmente si è evidenziato una maggiore attivazione della corteccia prefrontale come risultato di una complessa interazione tra i processi cognitivi “ordinari” ed emozione. [3][4]
© Fonte
Nonostante in tutti i vari studi si nota quest’attivazione prefrontale, non è ancora chiaro quali aree nello specifico siano coinvolte, non vi è un insieme specifico di regioni cerebrali coinvolte in tale processo, piuttosto sembra che ci sia un’attivazione ampia e diffusa nell’intero cervello [5]
Ruolo della dopamina
Alcuni studi realizzati su persone affette da malattia di Parkinson sembrano mostrare un ruolo cruciale della dopamina nella creatività. La dopamina è una sostanza chimica, ovvero un neurotrasmettitore, coinvolta principalmente nel controllo delle emozioni e degli impulsi e nelle normali funzioni motorie. Questo neurotrasmettitore, carente nei malati di Parkinson, quando viene innalzata grazie all’effetto dei farmaci dopaminergici produce un aumento della produzione creativa. [6][7]
Infatti, nella maggior parte dei casi somministrando una terapia dopaminergica si è notato un aumento delle attività creative, aumentando le proprie attività artistiche rispetto al passato, una volta cominciata la terapia. Questo però non è l’unico fenomeno osservato. Andando ad agire sui recettori dopaminergici, coinvolti anche nella regolazione degli impulsi, questi farmaci hanno anche causato comportamenti privi di freni inibitori e tendenti all’ossessività.
Per questo motivo non è stato possibile correlare direttamente la dopamina con l’attività creativa, l’aumento di tale attività potrebbe essere solo un sintomo della sindrome da disregolazione dopaminergica (DDS) causata dai farmaci. [8]
Nonostante ciò, non tutti i pazienti parkinsoniani, in seguito a un aumento della sostanza nel cervello indotta dai farmaci, mostrano una spinta alla produzione artistica, quindi gli effetti della dopamina sulla creatività non sono ancora chiari.
Una possibile spiegazione potrebbe arrivare da uno studio del 12.010 EU (2010 d.C.) in cui si va a considerare non tanto il ruolo della dopamina in sé, bensì l’attività del recettore D2 in particolare a livello del talamo.
Sappiamo che il talamo ha un’azione importante nel cervello dal momento che funziona come una sorta di filtro cerebrale, che setaccia le informazioni che arrivano nelle aree della corteccia responsabili, tra l’altro, della cognizione e del ragionamento.
Avere meno recettori D2 nel talamo, dall’effetto inibitorio, comporterebbe un grado minore di filtrazione del segnale e quindi un flusso maggiore di informazioni dal talamo alla corteccia. Le persone molto creative, in base ai test sulle capacità di pensiero divergente, hanno proprio mostrato una minore densità di recettori D2 nel talamo rispetto a chi, dai test, è risultato meno creativo. [9]
© Fonte
Anche se ancora non sono conosciuti gli effetti specifici della dopamina sulla creatività nel cervello sano, la densità dei recettori D2 potrebbe essere la spiegazione circa la vasta gamma di differenze creative che si riscontrano nelle persone.
Ruolo delle droghe(1)
Da sempre, e in molti casi anche in maniera dichiarata, moltissime persone dal mondo dell’arte, letteratura, ma anche scienza, hanno affermato di aver fatto usato di sostanze stupefacenti e che, grazie ai loro effetti, sono riuscite a dare una svolta al proprio lavoro.
La domanda sorge spontanea: c’è davvero una reale correlazione tra sostanze stupefacenti e creatività?
A partire dagli anni ’60 e con il movimento hippy, c’è stata una vera e propria guerra alle droghe che ha portato anche a un blocco nella ricerca e sperimentazione, impedendo quindi qualsiasi studio a riguardo, compresi quelli sulla creatività.
Solo recentemente si è vista un’inversione di tendenza nei confronti delle droghe e, pian piano, si stanno aprendo nuove frontiere di sperimentazione e ricerca su questo tipo di sostanze.
Ad esempio, uno studio del 12.014 EU (2014 d.C.) dall’università di Leida sull’utilizzo della cannabis nei confronti della creatività, ha dimostrato come il suo utilizzo possa non aumentare la creatività e, nei casi di abuso, addirittura essere controproduttivo.
Lo studio ha reclutato 54 persone fumatrici abituali di marijuana e le ha divisi in tre diversi gruppi. Due gruppi sono stati testati con marijuana a diverso contenuto di THC (il più noto principio attivo della cannabis), mentre al terzo è stato dato solo un placebo.
I due gruppi sono poi stati sottoposti a due semplici test di abilità cognitive, uno sul pensiero divergente (semplificando, la capacità di trovare un gran numero di soluzioni possibili a un problema) e uno sul pensiero convergente (anche qui, semplificando, la capacità di trovare l’unica risposta giusta a un problema).
Il gruppo con il dosaggio più alto di THC ha dimostrato una capacità più bassa rispetto agli altri di produrre le risposte ai test. Il gruppo a dosaggio più basso e quello a cui è stato dato solo un placebo, non hanno dimostrato differenze sostanziali in termini di capacità di risolvere i test. [10]
Se pensiamo però alla creatività e alle droghe, le prime immagini che ci vengono in mente sono sempre quelle del LSD e dei funghetti allucinogeni, le droghe psichedeliche che hanno caratterizzato un intero movimento socioculturale.
Uno studio del 12.014 EU (2014 d.C.) dell’Imperial College London ha testato 15 volontari, aventi avuto già esperienze con sostanze psichedeliche, con una dose di psilocibina: il principio attivo contenuto all’interno dei funghetti allucinogeni che mima l’effetto dell’LSD.
I volontari sono stati osservati poi alla fMRI e si è notato che queste droghe mettono in comunicazione diverse aree del cervello che normalmente non sono in diretto contatto il che potrebbe spiegare come gli effetti descritti da chi usa queste sostanze, portano il soggetto a vedere e percepire il mondo con uno sguardo nuovo e differente dal modo in cui lo osserva e percepisce in condizioni di sobrietà. [11]
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Questa ovviamente non è una prova di una diretta correlazione tra droghe psichedeliche e creatività, ma la capacità di poter osservare, provare e percepire il mondo attorno a noi in maniera differente dal normale porta un aumento della capacità di formulare un pensiero divergente.
Dissoluzione dell’ego
Ma è davvero l’effetto di una sostanza stupefacente a darci la capacità di formulare pensiero divergente? In realtà recenti studi nella ricerca psichedelica hanno evidenziato come la creatività, piuttosto che all’effetto allucinogeno della sostanza stessa, sembra essere più legata a una particolare condizione: la dissoluzione dell’ego.
La dissoluzione dell’ego si riferisce a un’esperienza temporanea in cui il senso di sé diminuisce, portando a un sentimento di unità con l’ambiente circostante o l’universo. Questo stato è spesso indotto da sostanze psichedeliche come la psilocibina o l’LSD, ma può verificarsi anche attraverso la meditazione, stati di flusso o altri stati alterati di coscienza.
La ricerca suggerisce che la dissoluzione dell’ego può migliorare la creatività abbattendo i rigidi confini del sé, consentendo un pensiero più fluido ed espansivo. Quando l’ego si dissolve, le persone possono sperimentare un maggiore senso di connessione, che può portare a nuove intuizioni e idee.
Questo effetto è in parte dovuto alla diminuzione dell’attività nella Default Mode Network (DMN) del cervello, ovvero una rete cerebrale di grande scala di regioni cerebrali interagenti, note per avere attività altamente correlate tra loro, distinte da quelle di altre reti del cervello. che è associata ai pensieri autoreferenziali e al pensiero egoico.
Riducendo questa attività, il cervello è libero di creare nuove connessioni e associazioni, favorendo il pensiero creativo.
Inoltre, la dissoluzione dell’ego è stata collegata a scoperte emotive positive e a una comprensione più profonda di sé stessi, che possono anche contribuire all’espressione creativa. Ad esempio, uno studio ha scoperto che gli individui che hanno sperimentato livelli più elevati di dissoluzione dell’ego e scoperte emotive durante esperienze psichedeliche avevano aspettative più elevate per gli effetti antidepressivi della psilocibina, il che suggerisce anche un potenziale miglioramento della flessibilità cognitiva ed emotiva, componenti chiave della creatività.[12][13][14]
Ruolo della noia
La noia, spesso vista come uno stato negativo, può in realtà essere un potente motore della creatività. Quando siamo annoiati, la nostra mente tende a vagare e questo stato di inattività può portarci a sognare ad occhi aperti e all’esplorazione di nuove idee. Alcuni studi suggeriscono che impegnarsi in compiti che inducono noia può innescare il cervello al pensiero creativo incoraggiandolo a cercare nuove esperienze e soluzioni. Questo fenomeno viene talvolta definito “sognare ad occhi aperti positivo-costruttivo”, che è associato a una maggiore immaginazione e apertura a nuove esperienze [15][16].
Tuttavia, il rapporto non è semplice. Una revisione approfondita degli studi sulla noia e sulla creatività nei contesti educativi ha trovato risultati contrastanti. Alcune ricerche sostengono l’idea che la noia possa stimolare la creatività, mentre altri studi suggeriscono che possa ostacolarla, a seconda di vari fattori come il contesto e le caratteristiche dell’individuo. La revisione evidenzia la complessità di questa relazione e la necessità di ulteriori ricerche per capire quando e come la noia potrebbe migliorare o compromettere i processi creativi. [17]
Inoltre, gli individui creativi possono provare meno noia in situazioni che normalmente annoierebbero gli altri. Questa resilienza contro la noia potrebbe essere dovuta alla loro capacità di impegnarsi più profondamente con i propri pensieri e generare associazioni più creative quando lasciati senza distrazioni [16].
Conclusioni
In conclusione, al giorno d’oggi, ci è ancora impossibile definire la creatività e di conseguenza anche a osservarla e studiarla. Ci possiamo girare attorno, guardare il quadro d’insieme ma non avendo delle basi specifiche per questo processo e concetto diventa complicato poter affermare in maniera acclarata un qualsiasi tipo di tesi o ipotesi.
Di per certo è una dote che l’essere umano sfrutta da sempre per apportare dei benefici alla propria vita e sopravvivenza, dalle grandi innovazioni tecnologiche alle rivoluzionarie scoperte scientifiche, dalle grandi intuizioni nel mondo dei business alle meravigliose opere artistiche.
Quasi come fosse un vantaggio evolutivo per la nostra specie.
- Fonti
- [1] https://www.treccani.it/enciclopedia/creativita_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/
- [2] https://it.wikipedia.org/wiki/Pensiero_divergente
- [3] Dietrich A, Kanso R. A review of EEG, ERP, and neuroimaging studies of creativity and insight. Psychol Bull. 2010 Sep;136(5):822-48. doi: 10.1037/a0019749. PMID: 20804237.
- [4] Folley BS, Park S. Verbal creativity and schizotypal personality in relation to prefrontal hemispheric laterality: a behavioral and near-infrared optical imaging study. Schizophr Res. 2005 Dec 15;80(2-3):271-82. doi: 10.1016/j.schres.2005.06.016. Epub 2005 Aug 24. PMID: 16125369; PMCID: PMC2817946.
- [5] Dietrich, A. (2007). Introduction to consciousness. London, England: Palgrave Macmillan.
- [6] Walker RH, Warwick R, Cercy SP. Augmentation of artistic productivity in Parkinson’s disease. Mov Disord. 2006 Feb;21(2):285-6. doi: 10.1002/mds.20758. PMID: 16261619.
- [7] Kulisevsky J, Pagonabarraga J, Martinez-Corral M. Changes in artistic style and behaviour in Parkinson’s disease: dopamine and creativity. J Neurol. 2009 May;256(5):816-9. doi: 10.1007/s00415-009-5001-1. Epub 2009 Feb 25. PMID: 19240966.
- [8] Schrag A, Trimble M. Poetic talent unmasked by treatment of Parkinson’s disease. Mov Disord. 2001 Nov;16(6):1175-6. doi: 10.1002/mds.1239. PMID: 11748756.
- [9] Thinking Outside a Less Intact Box: Thalamic Dopamine D2 Receptor Densities Are Negatively Related to Psychometric Creativity in Healthy Individuals
- Örjan de Manzano ,Simon Cervenka,Anke Karabanov,Lars Farde,Fredrik Ullén https://doi.org/10.1371/journal.pone.0010670
- [10] Kowal MA, Hazekamp A, Colzato LS, van Steenbergen H, van der Wee NJ, Durieux J, Manai M, Hommel B. Cannabis and creativity: highly potent cannabis impairs divergent thinking in regular cannabis users. Psychopharmacology (Berl). 2015 Mar;232(6):1123-34. doi: 10.1007/s00213-014-3749-1. Epub 2014 Oct 7. PMID: 25288512; PMCID: PMC4336648.
- [11] Tagliazucchi, E., Carhart-Harris, R., Leech, R., Nutt, D. and Chialvo, D.R. (2014), Enhanced repertoire of brain dynamical states during the psychedelic experience. Hum. Brain Mapp., 35: 5442-5456. https://doi.org/10.1002/hbm.22562
- [12] https://www.binghamton.edu/news/story/4673/closing-the-i-research-takes-a-closer-look-at-the-experience-of-ego-dissolution
- [13] https://www.psypost.org/emotional-breakthroughs-and-ego-dissolution-boost-expectations-of-psilocybins-antidepressant-effects/
- [14] https://academic.oup.com/nc/article/2017/1/nix016/3916730
- [15] https://www.psychologytoday.com/us/blog/tracking-wonder/202206/the-unexpected-value-boredom-well-being-and-creativity
- [16] https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/10400419.2023.2227477
- [17] The association between boredom and creativity in educational contexts: A scoping review on research approaches and empirical findings, https://doi.org/10.1002/rev3.3470
Approfondimenti del Blog
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