Non aspettiamo nessuno
NIENTE NOVITÀ, NON ASPETTIAMO NESSUNO
Non aspettiamo nessuno. Se dovessi riassumere in una frase il sentimento prevalente nel nostro Paese, il tratto comune e per certi versi la novità del momento, direi proprio così: non aspettiamo nessuno.
Ferragosto è il vero spartiacque tra l’anno vecchio e l’anno nuovo. Si spezza la sequenza dei giorni, finisce un periodo, un ciclo e ne comincia un altro. E nel giorno in cui si cominciano a riaprire gli occhi fino a risalire all’incipit di settembre, ci accorgiamo di questa novità: che non ci sono novità, non si aspettano arrivi, non attendiamo qualcuno o qualcosa che da qualche parte porterà cambiamenti, svolte, ad ogni livello.
Sul piano politico, che è poi il più vistoso, non cova nessuna novità nella pancia del Paese: tutti i soggetti in campo, dico tutti, sono stati al governo negli ultimi cinque anni, ogni partito ha avuto un ruolo di governo e di coabitazione, oltre quello periferico delle amministrazioni locali. E non c’è nessuna forza nuova, intonsa, che si profili in qualche angolo della realtà. Il leader più giovane guida il partito più vecchio, con una consuetudine di potere e di egemonia ormai proverbiali: dico Elly Schlein e il Pd. Antico sembra ormai il movimento 5 Stelle, che pure era il più giovane e radicale movimento di contropotere; oggi ha la conformazione di un camaleonte coi reumatismi, che si muove a scatti, anchilosato e mutante; ma non rappresenta la novità, semmai il più recente passato da cui vogliamo fuggire. Novità furono Grillo e Casaleggio, e poi Di Maio e Di Battista, ma Conte è tutto meno che una novità. Frattaglie sclerotizzate vegetano ormai da anni ai bordi della politica, da Calenda a Renzi, dai rossoverdi ai residui radicali. Centrini che non ce l’hanno fatta, movimentini da passeggio, tutto risaputo da tanti, troppi anni.
L’ultima novità, seppure non assoluta, era Giorgia Meloni, che veniva dall’opposizione al tempo delle ultime ammucchiate. Nel paragone con gli altri leader è ancora la più verace, non dirò genuina o sincera ma con una sua autenticità, proviene dalla vita politica anche sul territorio; usa un gergo politico ancora legato alla realtà e alle passioni, anche quando è fatto di slogan, non è un prodotto “artificiale” come la Schlein o Conte. Ma è al governo da due anni, ci abbiamo fatto l’abitudine a vederla nei vertici interni e nei consessi internazionali, non c’è più l’effetto novità, e la sua prima preoccupazione per restare in sella è rassicurare, fugare ogni possibile segno di frattura e di novità.
I suoi alleati sono ormai stagionati, i loro partiti sono vecchie conoscenze da almeno trent’anni. L’ultima novità risale ai loro fondatori, più di trent’anni fa. E minestre riscaldate sono ormai i tecnici al governo che periodicamente ricicciano in un paese eurodipendente e sbilanciato, sempre in bilico tra guerre bipolari e tregue inciuciose, tra scontentezza e rassegnazione. Che dovrebbero ogni volta trarci in salvo ma fanno solo manutenzione per conto di poteri sovrastanti.
A confermare al massimo livello il girare a vuoto della politica, i suoi circoli viziosi, è la presenza di un replicante al Quirinale: per la prima volta nella storia della repubblica abbiamo lo stesso Presidente del Consiglio per ben due mandati, quattordici anni. Il Mattarella bis è la prova più altolocata e schiacciante che il Pd non ha mai lasciato il Palazzo ed è nelle sedi istituzionali, anche internazionali. Il ritornello si è incantato, dopo il vecchio non arriva il nuovo ma lo stravecchio, ossia il vecchio che continua.
Insomma, non ci sono novità all’orizzonte, quel che può succedere è solo qualche avvicendamento di routine, cambi della guardia al Palazzo, staffette, turnazioni e rotazioni, non svolte o progetti innovativi. Non aspettiamo che arrivi nessuno da nessuna parte: da sinistra o da destra, dal centro o dall’Europa, dai tecnici o dall’antipolitica, dai verdi o da ogni altro colore.
C’è chi dice che una democrazia matura sia proprio questo, tutto avviene dentro il range prescritto, senza salti o fratture; la mano passa tra soggetti ben noti e collaudati, usato sicuro, senza mai fuoruscire dal programma, dalle direttive internazionali e dal pacchetto prestabilito. Però un paese si spegne quando non aspetta niente e nessuno, né da chi c’è già, né da chi vorrebbe subentrare al suo posto, semplicemente perché nel giro precedente era già lì, e dunque già sappiamo quanto valgono, cosa fanno e come si muovono.
Le ultime novità o new entry della politica, non possono produrre alcun tipo di svolta, rappresentavano solo curiosità d’assortimento delle offerte in catalogo: dico la Salis, Mimmo Lucano, Vannacci. Sono single senza voce in capitolo, che si perdono tra settecento e rotti europarlamentari, non possono incidere su nulla, non ne avrebbero la forza, prima ancora di chiederci se ne hanno il proposito e la capacità. Un nuovo movimento politico, con un minimo di prospettive, non si vede ormai da non so quanti anni.
Ma la politica è solo la punta dell’iceberg di un più profondo malessere sociale e civile, morale e psicologico che tocca l’animo e la vita degli italiani, o degli europei. Perché quel “non aspettiamo niente e nessuno” in realtà investe la cittadinanza anche in ambiti privati o nelle relazioni sociali e non risparmia le comunità a tutti i livelli. Questo stato d’animo potremmo riassumerlo in una espressione: demotivati. Siamo demotivati, perché delusi e in precedenza illusi da troppe aspettative, perché anziani, con una popolazione di pensionati ormai debordante, ma soprattutto abbiamo perso la vitalità e la vivacità che denotano le società giovani, intraprendenti, dinamiche.
Viviamo però nell’agiatezza e nella longevità, non ci mancano i conforti e i surrogati, non viviamo male e in modo così infelice. E poi vale sempre il proverbio “niente nuove buone nuove”. Però quel tarlo ci corrode, quell’assenza di aspettative, quella demotivazione che si legge nelle facce e nelle parole è il malessere maggiore che cova nella società del benessere. Dovrebbe essere quella domanda il punto di ripartenza: perché non aspettiamo nessuno che bussi alla porta, cosa è successo?