La filosofia di Friedrich Nietzsche è dotata di una articolata coerenza interna. Di tale rigore filosofico la critica tutt’ora si sta impegnando a rendere conto

NIETZSCHE: UNA COSCIENZA CRITICA DELLA VITA OCCIDENTALE

Friedrich Nietzsche è uno dei vip della storia. Tra i motivi per studiarlo ancora, ne spiccano due. Primo: si è posto come la “coscienza critica” della storia della cultura e della civiltà occidentale. I filosofi sono individui che segnano la storia dell’umanità in due sensi: operano una trasformazione irreversibile e necessaria del pensiero in una certa epoca; da allora divengono per sempre fonte inesauribile di comprensione e, perciò, sempre attuali. Sicché continuare a studiare il pensiero di Nietzsche significa non solo non accettare passivamente la falsa convinzione che i fatti siano sciolti dalle idee, ma anche rinnovare l’attenzione sul nesso tra la dimensione storico-vitale e il pensiero filosofico. Secondo: Nietzsche scrive liberamente, pensa liberamente, svincolato da qualsiasi compromesso, in solitudine. Una personalità del genere, preso atto della sua biografia, risulta circonfusa da un’aura di fascino e mistero che la rende sfuggente ed enigmatica, quindi istruttiva.  

La ricezione di Nietzsche

«Enfant prodige et terrible», la straordinarietà di Nietzsche è dovuta soprattutto allo sforzo personale di pensare sempre in modo radicale, ciò che è proprio della sua rarissima capacità extra-professionale di indagare per conto proprio unitamente l’arte e la filosofia del passato come vita e come scaturigine della civiltà europea e del suo destino. Le affermazioni che Nietzsche si autoriferisce non sono parossismi di un megalomane, ma interpretazioni storico-culturali e storico-filosofiche pronunciate in una insospetta inattualità. 

La filosofia di Friedrich Nietzsche è dotata di una articolata coerenza interna. Di tale rigore filosofico la critica tutt’ora si sta impegnando a rendere conto (un tentativo magistrale in questa direzione fu compiuto da Martin Heidegger). La storia della ricezione dell’opera nietzschana è travagliata e costellata da giudizi estranei al discorso filosofico (è un filosofo nazista, la sua è una filosofia aristocratica, è un misogino, ecc). Dagli anni ’60 con la Nietzsche Renaissance è stata raggiunta una esegesi testuale – e soprattutto una revisione testuale – tali da renderci in grado di avvicinarci in modo filosoficamente più attento alle sue opere (si pensi agli studi di LöwithDeleuzeDerridaBatailleJaspersKlossowski). A partire dagli “anni della riscoperta” alcuni motivi teorici e metodologici nietzschani hanno influenzato certa filosofia contemporanea in modo unico: da Foucault a Sloterdijk. L’edizione critica Colli-Montinari del 1964 ha facilitato il ri-esame critico e lo studio del suo pensiero.

Ripercorriamo alcuni punti per fornire una immagine del Nietzsche uomo e studioso, senza alcuna pretesa di approfondimento filosofico esteso o esaustivo. 

Friedrich Nietzsche tra filologia e filosofia

Il giovane Nietzsche si forma nella «veneranda scuola» di Pforta (Ecce Homo, §1)(L.C.): un ginnasio d’èlite. Nel 1865 inizia gli studi di filologia classica a Lipsia, grazie ai suoi lavori scientifici da studente viene chiamato come professore di filologia greca, all’Università di Basilea. Tiene la sua prolusione, dopo di che passa in modo fulmineo dall’essere un laureando ad essere un docente universitario. È il 1869. Nel periodo di Basilea, Nietzsche sviluppa tutte le basi teoriche fondamentali della sua futura filosofia. Una osservazione del 1875 su quello che, di fatto, era il settore scientifico cui apparteneva, risulta importantissima: 

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]La posizione del filologo di fronte all’antichità è ispirata dall’intenzione di rintracciare nell’antichità ciò che è tenuto in gran conto dalla nostra epoca. Il punto di partenza giusto è quello inverso, consiste cioè nel prendere le mosse dalla comprensione della follia moderna e nel guardare all’indietro: in tal caso molte cose urtanti dell’antichità si presentano sotto la luce di una profonda necessità [/stextbox]

Il giovane Friedrich Nietzsche non si riconosceva nella sua professione, perché la sua attività intellettuale – già dal ginnasio – era tesa ad un compito ben diverso: comprendere la vita stessa dell’umanità occidentale nella sua evoluzione rintracciata nelle opere artistiche e filosofiche degli antichi. La riflessione genealogica è attiva in Nietzsche sin dall’adolescenza. Tutto al contrario del filologo, che non sa dedurre e trovare relazioni, ma applicare un metodo scientifico che mostra solamente l’assenza di entusiasmo per i problemi teorici del passato e verso le idee escogitate per risolverli, che tradisce incapacità di comprenderle e conoscerle davvero: «Esprimendomi in forma mitica, la Filologia è un aborto di un concepimento della dea Filosofia con un idiota o un cretino» (Epistolario, I, §595)

Friedrich Nietzsche (circa 1875)

Il filologo, metonimia dell’uomo di scienza, non pensando per conoscere da sé il mondo greco, si limita ad assumere una interpretazione precostituita della grecità come armonia, razionalismo, serenità, ottimismo, proporzione, avvalorata da certa filosofia che si muove sulle tracce dell’intellettualismo socratico-platonico. Per Nietzsche questa visione dello spirito greco antico è idealizzata, e perciò unilaterale e parziale. Prima di diventare dominio razionale delle passioni e armonia, la grecità arcaica è lotta tra due istinti, due fisiologiche forze vitali opposte e sempre in relazione conflittuale, in cui la razionalità filosofica è assente: l’ebbrezza illimitante e il pensiero fantasioso-creativo. Mentre i filosofi cercavano una soluzione a questa primitiva contesa, oscillazione di rozzezza e pensieri poetici, riuscendo a superarla solo mediante la fuga nel lógos (che in questi anni Nietzsche chiama «pathos della verità»); l’arte tragica produceva la propria soluzione concreta, incarnata, estetica. 

L’eredità del mondo greco

Ciò su cui qui si vuole attirare l’attenzione è la circostanza singolare per la quale un giovane e geniale professore di filologia dell’Università di Basilea, nella seconda metà dell’800, decide di occupare le proprie lezioni sviluppando corsi universitari sui filosofi greci, impostandoli in un modo tale da valicare di gran lunga i limiti scientifici della sua disciplina e rivelandosi un abile esegeta filosofico. È, infatti, il periodo del corso sulla Filosofia nell’epoca tragica dei Greci,(L.C.) in cui Friedrich Nietzsche matura un primo punto di vista sulla figura del filosofo che si ritrova nella Genealogia della morale (1887)(L.C.) e soprattutto in Al di là del bene e del male (1886)(L.C.). Nietzsche studia il contesto in cui la storia dell’umanità ha subito una generativa e inarrestabile rivoluzione psichica, culturale, e scientifica.

Nell’approfondimento della grecità, Nietzsche capisce che nel DNA dell’uomo greco antico c’era l’enzima per risolvere problemi decisivi della natura umana. La creazione del mondo degli dèi olimpici quale «bella e artificiosa illusione» nasceva da uno «stato di necessità» quella di sfuggire dall’horror vacui dell’esistenza prodotto dalle pulsioni. I greci, per Nietzsche, sono il popolo che è giunto ad avere una forza spirituale sufficiente per sottrarsi alla brutalità della vita e della natura, ma con ciò si impose un particolare impiego scientifico del pensiero, in un contesto in cui «una vita scientifica era un paradosso» dal momento che «un popolo sano come i Greci la conosce in piccola misura» e osserva gli «albori della conoscenza scientifica con sguardi ebbri» (Quaderno, P 1 6 A, 1867-68)

Mentre molti dei suoi contemporanei ritenevano quello razionale l’unico modo di vivere, Nietzsche lo considera come un particolare modo di vivere, che non è sempre esistito, e che deve essere messo in questione e analizzato sino alla sua radice. Il fatto che l’esame scientifico come comportamento morale e visione del mondo venne, ad un certo punto, prodotto dai Greci non vuol dire che lo spirito Ellenico coincida interamente con esso. Nell’antica Grecia si impose, però, una visione razionale della realtà talmente potente e persuasiva da oscurare e rimuovere la ‘verità’, ovvero il lunghissimo passato irrazionale dei millenari istinti pulsionali. In questa ricostruzione sta la grande scoperta che Nietzsche formulerà bene nel primo utilizzo dell’espressione “volontà di potenza” (Così parlò Zarathustra, 1883)(L.C.) ovvero che “i valori vitali” siano faticose conquiste storiche frutto di modifiche e rimozioni di aspetti di sé che un popolo ha deciso di cancellare per non venire meno e per accrescere sé stesso.

Socrate

Con la filosofia di Socrate, per Nietzsche, l’apollineo viene perfezionato in ratio e la forza passionale dionisiaca definitivamente bandita dalla vita come fonte di ogni male: è la nascita della fredda e debilitante logica scientifica e del “rammollito” e superficiale “buon senso” (Su verità e menzogna in senso extramorale1873). La nascita di una metafisica della causalità, dello scopo, che Friedrich Nietzsche sostituirà con la filosofia dell’amor fati. Nietzsche si impegna a mostrare che il razionalismo della filosofia greca classica non è che un punto di arrivo, una conquista e una vittoria del popolo greco, che nasce dalla necessità: «Il fanatismo con cui tutto il pensiero greco si getta sulla razionalità tradisce una situazione di emergenza: si era in pericolo, si aveva un’unica scelta: o andare in rovina – o essere assurdamente razionali» (Crepuscolo degli idoli, §10)

Ancora più esplicitamente, egli scrive:

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]«la paura delle bestie selvagge, è questa la paura che più a lungo fu coltivata nell’uomo, compresa la bestia che egli tiene chiusa in sé e che egli teme. Questa vecchia paura, raffinata, spiritualizzata, si chiama oggi scienza!» (Così parlò Zarathustra, IV, Della Scienza) [/stextbox]

La prigionia degli istinti

Ciò che imprigiona istinti vitali e pulsioni, per rendere la vita serena e libera, si tramuterà nella prigionia degli “spiriti liberi” incatenati da un imperante razionalismo onnipresente e anti-vitale sino alla «fine dell’errore più lungo». Nel suo attacco al «mondo vero» come «menzogna», restando al di fuori del discorso filosofico vero e proprio, si può dire che Nietzsche voglia evidenziare come ciò che si è soliti celebrare come paideia, elevazione, miglioramento della vita, libertà, virtù, felicità, in prospettiva genealogica, si è rivelata l’origine della ‘decadenza’ e di una cattiva civilizzazione dell’uomo occidentale. Il Nietzsche critico della storia della civiltà europea giunge a questa ‘prospettica’ valutazione negativa della filosofia classica greca, che però, nella condizione in cui è sorta, a sua volta, è espressione dell’espansione della vita, di quella vitalità che «respinge da sé ciò che vuole la morte, e lo uccide» (La Gaia Scienza, §26)(L.C.)

La filosofia platonica, che distrugge il dionisiaco nell’uomo e nella vita, degradando l’impeto irrazionale che travalica i limiti sovraordinati di tutte le cose a dannosa e bestiale irrazionalità, fonte di schiavitù, stupidità, e ignoranza è agli antipodi delle idee filosofiche che sta maturando Friedrich Nietzsche. Si scontrano due visioni opposte di libertà e di errore. Nel 1866 Nietzsche scrive un appunto in merito allo stato della filologia del suo tempo nel quale esorta i “colleghi” ad incentivare la lettura di Platone. Perché? Visto che già nel corso sui preplatonici il nome di Platone compare vicino al termine “maledizione” e che la critica compiuta di Platone è datata 1888. Nietzsche colloca la filosofia di Platone in una precisa fase teorica della genesi della civiltà europea e della storia delle idee, e insieme ad Euripide, e poi al protocristianesimo paolino, le origini di tutto ciò che vi è di cattivo e malato nella vita moderna.

Busto di Euripide al Museo Pio-Clementino (Roma) [Wikipedia]

«L’Ellade tutta è tomba di Euripide; ma conserva le ossa
la terra macedone, dov’egli raggiunse il termine della vita:
sua patria è l’Ellade dell’Ellade, Atene. Per aver dilettato
molto con la sua poesia, da molti riceve lode.»

(Antologia Palatina, 7, 45)

Il ruolo della filosofia per Friedrich Nietzsche

Con La nascita della tragedia,(L.C.) Friedrich Nietzsche espone l’idea che la razionalità non è l’essenza della nostra natura e in generale della vita, sviluppando una repulsione per la dialettica, origine certificata della fiducia cieca nell’affidabilità della scienza, della svalutazione intellettuale dell’arte e dei sensi e dunque della decadenza dello spirito occidentale sotto il segno dell’evoluzione storica del pensiero razionale della logica scientifica, che soffoca gli “spiriti liberi”. Dal 1871 in poi Nietzsche è impegnato ad indagare l’origine del paradigma teorico occidentale, che insieme alla morale cristiana, rappresentano, rispettivamente, l’incapacità di agire senza ricorrere a sentimenti volgari e all’invenzione di una assiologia da comprendere per raggiungere virtù e felicità.  La disputa con Platone si gioca sul terreno della vita, l’accusa è di aver costretto la vera vita e la vera natura umana nell’ambito intellegibile del sovrasensibile, degradando tutto ciò che nella vita vi si distingue.

Platone parla ai giovani

Ma ecco l’aspetto che può dare un’idea sulla personalità di Nietzsche. Nonostante quanto aggressive e naïf possano apparire, allo studioso moderno, le sue critiche a Socrate e a Platone, essi sono per lui figure fondamentali della storia dell’umanità, e per questo li considera degni di essere presi in esame. A prescindere dalla critica filosofica in senso stretto e dal problema se Nietzsche abbia colto o meno il senso della filosofia platonica, egli evidenzia la grandezza del pensiero di Platone. Si capisce perché dedicò interi corsi universitari per conoscere i fondamenti teorici che hanno costruito la scienza filosofica, e quindi lo stile di vita dell’Occidente.

Questi approfondimenti filosofici che Nietzsche fa negli anni ’70 dell’800, sono una tappa essenziale della sua filosofia, in quanto lo studio dei filosofi antichi era, ai suoi occhi, fondamentale per conoscere la genealogia e misurare la forza dei pensieri e dei valori vitali che hanno attecchito. Nietzsche comprese che nella filosofia di un’epoca sono restituiti tutti i problemi esistenziali che affliggevano e gli sforzi teorici per risolverli. Dall’atteggiamento di Nietzsche si trae un grande insegnamento. Lo studio delle produzioni filosofiche non è vuota erudizione, ma deve essere mosso dall’istinto e dall’entusiasmo di capire la storia della cultura e della civiltà umana, attraverso la comprensione dei problemi teorici ed esistenziali e il modo di reagire ad essi, contenuti nella filosofia. Prima di criticare qualsivoglia cosa, persona, epoca, teoria filosofica, occorre meditare su di essi a lungo per comprenderli nel modo più profondo e chiaro possibile. E, cosa ancora più importante, studiando Friedrich Nietzsche si accede alla comprensione della rilevanza decisiva e venerabile che ricopre la filosofia nella storia dell’umanità. 

Lorenzo Pampanini

 

 

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Lorenzo Pampanini Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all’Università La Sapienza di Roma.

 

 

Libri Citati

 

  • Friedrich Nietzsche
  • Ecce homo
  • Come si diventa ciò che si è
  • A cura di Roberto Calasso
  • Biblioteca Adelphi, 23
  • 1969, 12ª ediz., pp. 178
  • isbn: 9788845900570
  • Temi: Filosofia

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RISVOLTO

Ecce homo è l’ultima opera compiuta di Nietzsche prima della follia, scritta, nelle sue grandi linee, in tre settimane di immensa esaltazione dell’autunno 1888, a Torino. La pubblicazione di questo testo fu ritardata dalla sorella fino al 1908 – e non è difficile intuirne la ragione: in poche pagine qui Nietzsche pone le esigenze estreme del suo pensiero, esaspera i termini dell’accusa e dell’affermazione; fra l’altro è la Germania, e soprattutto lo spirito dell’Impero germanico, a essere qui vittima di un attacco che per virulenza e acutezza non è stato finora superato. Ma dietro questa drasticità della formulazione, dietro il grandioso gesto teatrale che regge il tutto, molte cose sono da scoprire in questo testo misterioso, dove Nietzsche stesso vuole configurare il proprio destino, dove anche la sua arte labirintica dà una prova suprema – e non meraviglia che molti si siano spersi nei meandri di queste poche pagine. Di fatto, Ecce homo è stato sempre uno dei testi più dibattuti di Nietzsche, di esso sono state proposte le definizioni più discordanti: proclama cosmico? documento psicopatologico? autoritratto? pamphlet antitedesco? Certo è che quest’opera è un unicum e con essa deve confrontarsi alla fine chiunque si avvicini a Nietzsche: vi troverà un essere che con la sfrontatezza del buffone e del veggente annuncia cose che in buona parte aspettano ancora di essere capite. Il lettore troverà in questo volume anche un ampio saggio di Roberto Calasso dove la tradizionale interpretazione «degenerativa» degli ultimi scritti di Nietzsche viene capovolta sulla base di un’analisi penetrante dei documenti del 1888 e di una intuizione profonda del loro senso. Ecce homo è così inteso come una coerente e lucida conclusione del pensiero di Nietzsche, che da esso viene illuminato retrospettivamente. La stessa follia, suggerisce Calasso, sarebbe un rifugio quasi volontario, la «caverna» per chi ha pronunciato l’ultima parola, compiuto l’ultimo gesto.

 

  • Friedrich Nietzsche
  • La filosofia nell’epoca tragica dei Greci e Scritti 1870-1873
  • Traduzione di Giorgio Colli
  • Piccola Biblioteca Adelphi, 277
  • 1991, 9ª ediz., pp. XIX-294
  • isbn: 9788845908668
  • Temi: Filosofia, Antichità classica

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RISVOLTO

Negli anni 1870-1873, fra i più creativi di Nietzsche, incontriamo una continua oscillazione fra il filosofo, il filologo, il polemista e il poeta. Partecipe di tutti questi volti è un ambizioso, grandioso progetto, rimasto incompiuto: questa Filosofia nell’epoca tragica dei Greci, che è il primo esempio di quell’approccio del tutto personale ai pensatori, da essere singolare a esseri singolari, che poi resterà caratteristico di Nietzsche. La brusca novità, il carattere provocatorio di tale impresa non potrebbero essere illustrati meglio che dalle parole poste da Nietzsche stesso in margine al testo: «Questo tentativo di raccontare la storia dei filosofi greci più antichi si distingue da altri tentativi simili per la sua brevità. Questa è stata raggiunta col ricordare, a proposito di ogni filosofo, soltanto un numero assai ristretto di dottrine, ossia con l’incompletezza. Sono state scelte tuttavia le dottrine in cui vibra ancora nel modo più forte l’elemento personale di un filosofo: per contro un’enumerazione completa di tutte le possibili dottrine tramandate, secondo l’uso dei manuali, ha in ogni caso il risultato di ridurre al silenzio l’elemento personale. Perciò sono talmente noiose quelle esposizioni: in sistemi che sono confutati può difatti interessarci ormai soltanto l’elemento personale, poiché questo è l’aspetto eternamente inconfutabile. Con l’aiuto di tre aneddoti, si può fornire l’immagine di un uomo: in ogni sistema io cerco di mettere in luce tre aneddoti, e getto via il resto».

 

  • Friedrich Nietzsche
  • Genealogia della morale
  • Uno scritto polemico
  • Traduzione di Ferruccio Masini
  • Piccola Biblioteca Adelphi, 167
  • 1984, 23ª ediz., pp. 172
  • isbn: 9788845905889
  • Temi: Filosofia

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RISVOLTO

Composta da Nietzsche nell’estate del 1887 e pubblicata agli inizi dell’inverno di quello stesso anno, la Genealogia della morale nacque come «scritto polemico», presentandosi all’insegna di una consapevole provocazione. Alcune delle più controverse teorie sociali di Nietzsche, come per esempio la contrapposizione fra morale dei signori e morale del gregge, vengono ampiamente esposte e argomentate in queste pagine. Ma ogni riferimento sociale rimarrebbe opaco se non lo si connettesse al suo presupposto metafisico: l’indagine sull’«origine dei nostri pregiudizi morali» presuppone l’interrogativo sull’«origine del male», a cui Nietzsche dichiara di essersi dedicato sin dal suo «primo giuoco d’infanzia letterario»: «a quel tempo, ebbene, com’è logico, resi l’onore a Dio e feci di lui il padre del male».

Nietzsche sapeva benissimo che questo suo scritto sarebbe suonato «urtante all’orecchio». Ma sapeva anche che, nella sua epoca come nella nostra, questo è inevitabile per ogni ricerca che metta radicalmente in questione la bontà dei buoni sentimenti e si offra quale amaro antidoto alle perorazioni di coloro che «a quel che pretendono non danno il nome di rivalsa, bensì di ‘trionfo della giustizia’». In quanto tale, con tutte le sue contraddizioni e dolorose tensioni, la Genealogia della morale rimane un saggio prezioso.

 

  • Friedrich Nietzsche
  • Al di là del bene e del male
  • Traduzione di Ferruccio Masini
  • Piccola Biblioteca Adelphi, 47
  • 1977, 31ª ediz., pp. XV-221
  • isbn: 9788845901980
  • Temi: Filosofia

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RISVOLTO

«Questo libro è composto di annotazioni da me fatte durante la nascita di Così parlò Zarathustra, o – più esattamente – durante gli intermezzi di quella nascita, sia per ristorarmi sia anche per interrogare e giustificare me stesso nel pieno di un’impresa estremamente ardita e densa di responsabilità». Così, in un abbozzo di prefazione per Al di là del bene e del male, Nietzsche scrive sulla composizione di questa sua opera. Un filosofo, che sente di non essersi ancora pienamente realizzato come tale, che ha parlato dei Greci, si è espresso come psicologo moralista, storico, è giunto infine all’effusione lirica di Così parlò Zarathustra, ma vuole anche cimentarsi sul terreno teoretico, mira, forse con un’intenzione sistematica, a legiferare sui princìpi dell’esistenza: è questo il Nietzsche dell’ultimo periodo, che con Al di là del bene e del male comincia appunto a manifestarsi. Si può anzi affermare che a un trasparente riaccostamento a Schopenhauer si accompagna in lui un recupero sostanziale, se pure in apparenza sconfessato, della metafisica. Infatti, la costruzione di un sistema della volontà di potenza prende inizio proprio in questo periodo, anche se Nietzsche si mostra tuttora riluttante a condurre un’impresa teoretica, o addirittura metafisica, e preferisce in modo esplicito continuare a condurre le sue micidiali scorribande di nomade negli àmbiti della morale, qui crudelmente dissezionata, della psicologia, della storia e della cultura.

 

  • Friedrich Nietzsche
  • Così parlò Zarathustra
  • Un libro per tutti e per nessuno
  • Traduzione di Mazzino Montinari
  • Opere di Friedrich Nietzsche, 21
  • 1968, 5ª ediz., pp. 502, Volume VI- Tomo I
  • isbn: 9788845900198
  • Temi: Filosofia

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RISVOLTO

Sull’origine di questo libro Nietzsche scrive in Ecce homo: «Racconto ora la storia di Zarathustra. La concezione fondamentale dell’opera, il pensiero dell’eterno ritorno, la più alta formula di affermazione che mai possa essere raggiunta – appartiene all’agosto dell’anno 1881; questo è annotato su di un foglio, in fondo al quale c’è scritto: “6000 piedi al di là dell’uomo e del tempo”. Camminavo in quel giorno lungo il lago di Silvaplana attraverso i boschi; presso una possente roccia che si levava in figura di piramide, vicino a Surlei, mi arrestai. Ed ecco giunse a me quel pensiero». L’intuizione folgorante si traduce però lentamente e gradualmente in forma di libro: le quattro parti di Così parlò Zarathustra riflettono altrettanti momenti di ispirazione «ditirambica» e sono, secondo l’espressione di Nietzsche, altrettante «opere di dieci giorni». La prima parte fu scritta all’inizio del 1883 a Rapallo e portata a termine nel giorno stesso della morte di Richard Wagner, il 13 febbraio; la seconda parte nel luglio dello stesso anno a Sils-Maria; la terza parte a Nizza nell’inverno 1883-1884; la quarta parte infine fu compiuta all’inizio del 1885, ancora a Nizza. Il sottotitolo: «Un libro per tutti e per nessuno» è enigmatico. In realtà Nietzsche, nonostante che l’opera si presenti esteriormente in forma letteraria e poetica, ha voluto fornire uno scritto filosofico, dove tuttavia si attua una riforma nell’esposizione della filosofia capace di assicurarle una più larga accessibilità. Così parlò Zarathustra è un serio tentativo, obiettivamente riuscito, di portare la filosofia su un piano essoterico, strappandola al tecnicismo e all’isolamento di cerchie senza risonanza. Questo tentativo di forzare la comunicazione di pensieri solitari e inaccessibili corre tuttavia il pericolo di ribaltarsi in un linguaggio mistico, rispetto a cui tutti gli accessi risultino preclusi. Tale possibilità costituisce la «tonalità minore» di Così parlò Zarathustra e giustifica la sua designazione come «un libro per nessuno». In una lettera del 1884 Nietzsche scrive: «Chissà quante generazioni dovranno trascorrere per produrre alcune persone che riescano a sentire dentro di sé ciò che io ho fatto! E anche allora mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che, ingiustificatamente e del tutto impropriamente, si richiameranno alla mia autorità. Ma questo è il tormento di ogni grande maestro dell’umanità: egli sa che, in date circostanze del tutto accidentali, può diventare con la stessa facilità una sventura o una benedizione per l’umanità. Quanto a me, voglio fare di tutto almeno per non offrire il destro a equivoci troppo grossolani; e, ora che mi sono costruito questo vestibolo della mia filosofia, devo di nuovo mettermi al lavoro e non stancarmi, finché l’edificio principale non stia pronto davanti a me».

 

 

  • Friedrich Nietzsche
  • La gaia scienza e Idilli di Messina
  • Traduzione di Ferruccio Masini
  • Piccola Biblioteca Adelphi, 54
  • 1977, 23ª ediz., pp. 364
  • isbn: 9788845903328
  • Temi: Letterature di lingua tedesca, Filosofia, Poesia

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RISVOLTO

Nell’agosto del 1881, in Engadina, «6000 piedi al di là dell’uomo e del tempo», Nietzsche ebbe la folgorazione dell’«eterno ritorno», il vero mistero filosofico della sua vita. Ed è di questo periodo l’elaborazione della Gaia scienza, libro che «rivela da cento segni la prossimità di qualcosa di incomparabile». Qui lo stile di Nietzsche sembra raggiungere la sua perfezione: all’implacabile spirito indagatore, a cui già si dovevano Umano, troppo umano e Aurora, si associa ora quello spirito della danza che attendeva di presentarsi nella figura di Zarathustra. Così la scienza diventa «gaia», e già nel titolo si offre il richiamo a «quella unità di ‘cantore’, ‘cavaliere’ e ‘spirito libero’ che differenzia quella meravigliosa e precoce civiltà dei Provenzali da tutte le civiltà equivoche». E insieme ora si afferma definitivamente in Nietzsche quella «riabilitazione dell’apparenza» che segnerà l’ultima fase del suo pensiero. Tutte le tensioni laceranti che sfoceranno nella follia sono già presenti in queste pagine, ma ancora sovranamente dominate. Sicché per un lettore che voglia avvicinarsi all’opera di Nietzsche, forse questo è il libro più consigliabile: muovendosi fra le sue pagine ripercorrerà quel labirinto che Nietzsche è stato.

 

 

  • Friedrich Nietzsche
  • La nascita della tragedia
  • Traduzione di Sossio Giametta
  • Piccola Biblioteca Adelphi, 48
  • 1977, 36ª ediz., pp. 214
  • isbn: 9788845901997
  • Temi: Filosofia, Antichità classica

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RISVOLTO

Con La nascita della tragedia, sua prima opera, pubblicata nel 1876, Nietzsche appare subito nella sua unicità, ponendo al pensiero e alla vita nuove esigenze e nuovi criteri. In queste pagine si rivela, in una splendida orchestrazione musicale, dove il respiro wagneriano regola il flusso di una prosa inaudita nella lingua tedesca, quell’intuizione totale della civiltà greca – non accertamento storico, ma al contrario intenzionale riconquista di potenti categorie, quali l’apollineo e il dionisiaco, e, dietro a esse, della perduta saggezza tragica – che aveva guidato Nietzsche agli studi classici e resterà poi per sempre la sua stella polare: qui tale intuizione si presenta in una sorta di «iniziazione letteraria, dove il rituale misterico è sostituito dalla parola stampata». Forma di per sé azzardata e dissestante, sicché appare inevitabile che il libro provocasse grande scandalo nel mondo accademico; così avvenne, e fu un grande filologo, Wilamowitz, ad attaccare direttamente Nietzsche. Ma, anche per quanto riguarda la realtà storica, si può dire che il tempo ha agito in favore di Nietzsche: in questi cento anni, di fatto, il rigore filologico non può vantarsi di aver raggiunto grandi certezze sulle origini della tragedia greca – e, nella tenebra abbagliante di quegli inizi, certe singole osservazioni di Nietzsche e soprattutto la caratterizzazione del dionisiaco, che Nietzsche qui ha descritto per la prima volta nella sua opera, restano indispensabile riferimento.

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