”Chi scrive queste note sa pochissimo di teologia
NON AVRAI ALTRO IDOLO ALL’ INFUORI DI ME
Non avrai altro idolo all’infuori di me. Con Pachamama cercano la fede che hanno perduto? La frontiera è varcata: è nato un nuovo culto verso la Madre Terra. Se Gesù non è Dio il Vaticano dovrebbe per coerenza chiudere i battenti
Chi scrive queste note sa pochissimo di teologia. È un credente cresciuto nel cattolicesimo, che, pur tra mille dubbi alimentati da un mondo incomprensibile, aspira ad essere un operaio nella vigna del Signore. In questo spirito, accettò con pazienza il disarmante “buona sera” con cui Jorge Mario Bergoglio salutò il popolo cristiano dopo la sua elezione a romano pontefice. È poi passato alla perplessità, allo sconcerto, infine al disgusto e – con una parola desueta – allo scandalo per quanto avviene nella Chiesa cattolica, una volta madre e maestra.
Nelle ultime settimane il confine tra innovazione e rivoluzione è stato oltrepassato. Il sinodo dell’Amazzonia ha trascinato con sé quanto restava del depositum fidei. Non parliamo delle polemiche relative al celibato, all’ordinazione femminile o al diaconato per viri probati, padri di famiglia di notoria moralità. Sono questioni importanti, ma non riguardano il nucleo della fede. La frontiera che temiamo sia stata varcata è quella del panteismo e dell’idolatria. In Amazzonia, simbolo dello sfruttamento del Creato per motivi economici, è nato un culto nuovo, quello verso la Madre Terra. “La sapienza dei popoli ancestrali afferma che la madre terra ha un volto femminile, i loro culti meritano di essere conosciuti nella loro relazione con il bosco e la madre terra”, recitano i documenti approvati.
Per il semplice fedele, per il quale madre è la Madonna, “vergine madre figlia del tuo figlio” e il Padre ha il nome antico e venerabile di Dio, è uno scioccante panteismo(1). Tornati a Roma, i turisti amazzonici sono riusciti ad andare oltre, portando a San Pietro, tra piume e danze tribali, la statuetta di una divinità animistica andina, Pachamama(2), la madre terra, figlia di Inti, il Dio Sole, dea della fertilità e dell’agricoltura. Un idolo è stato introdotto nel tempio più importante della cristianità ed ha ricevuto l’omaggio del papa. Sgomentano le parole del teologo brasiliano Paulo Suess, secondo cui “anche se fosse stato un rito pagano, ciò che è accaduto è stato un servizio di adorazione”. Hanno adorato un feticcio cui si attribuiscono capacità soprannaturali – dare fertilità, propiziare buoni raccolti – anziché Dio.
Sono cristiano vecchio, esclamava orgoglioso Sancho Panza; cerchiamo di esserlo anche noi. Restiamo ai Dieci Comandamenti, le tavole della legge dettate da Dio sul monte Sinai. Il primo è assolutamente chiaro, drastico: non avrai altro Dio all’infuori di me. Nel libro biblico dell’Esodo (20-2,17) Dio impone di non “fare scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire”. Il popolo ebraico chiedeva ad Aronne di costruire un vitello d’oro davanti al quale inginocchiarsi e offrire sacrifici. L’idolatria è una malattia spirituale, in termini cristiani un peccato contro Dio, un atto di sfiducia nei confronti del creatore. Il primo comandamento è rovesciato. Non avrai altro idolo all’infuori di me, esigerà Pachamama inorgoglita dell’omaggio papale.(cfr 1)
Speriamo nella misericordia divina, tanto amata da Bergoglio, affinché perdoni gli autori di atti che lasciano senza fiato. Strana misericordia, quella di un Dio che non giudica più il bene e il male da egli stesso distinti nei comandamenti e ispirati nel cuore dell’uomo. Capita di sentire critiche ai comandamenti, anche da parte ecclesiale, accusati di stabilire una sequenza di divieti. Intollerabile, per l’uomo moderno, non essere Dio e giudice di sé stesso, ma le Tavole insegnano che nell’uomo coesistono il bene e il male. Dio stesso lo ha detto, con una premessa solenne: io sono il Signore, non avrai altro Dio all’infuori di me. Ha separato il bene dal male, non ha posto sul trono nessuna madre terra o Gaia. Non c’è nessuna religione universale, né ammette sincretismi, New Age, tanto meno il naturalismo, il panteismo che fa della natura – ex creato – la madre da idolatrare.(cfr 2)
Pachamama è un idolo, come quello del marinaio Queequeg di Moby Dick, che non si separava mai dal suo piccolo Yojo(3), adorato come una divinità. È questo il presente della Chiesa impegnata a
chiedere scusa a tutti. Quale conclusione può trarre l’uomo della strada, se una grande agenzia spirituale con duemila anni di storia implora perdono per tutto? È ovvio che la Chiesa abbia commesso errori, è formata da uomini, ma se si scusa battendosi il petto, chiunque ha diritto di pensare che ha sempre torto. Perché dunque prestarle orecchio? Ora afferma una sorta di equivalenza delle fedi. Nella dichiarazione firmata ad Abu Dhabi, Bergoglio ha sottoscritto che tutte le religioni sono “volontà di Dio”. In termini umani, è evidente che le diverse civiltà hanno prodotto una loro idea di Dio, uno specifico percorso verso la trascendenza. Il cristiano sa però, poiché è (era?) parola di Dio, che Gesù è via, verità e vita.
Non sappiamo se le parole di Francesco siano eretiche, ma spaventa il relativismo sulla bocca del successore di Pietro, come l’ordine di insegnarle nelle università pontificie, creando una commissione per diffondere un’equivoca dottrina. Ma si sa, adesso la profezia vale più della dottrina. Peccato che non si vedano all’orizzonte profeti, ma attivi decostruttori dell’impianto che ha attraversato i millenni e vertebrato la nostra civiltà. Le fedi sarebbero equivalenti: basta il senso di Dio, il sentore vago di un Oltre per essere nel giusto. Nel giusto rispetto a che cosa?
La verità cristiana è semplice: l’uomo è creatura fatta a immagine e somiglianza di un’entità creatrice, Dio, che ha inviato il suo figlio per “la nuova ed eterna alleanza” con l’umanità. Osteggiato dal potere, Gesù è stato crocifisso ma ha vinto la morte risorgendo, ed il suo regno non è di questa terra. Ogni essere umano è suo figlio e può partecipare all’eternità, se si attiene al Bene che il Creatore gli ha ispirato o direttamente insegnato, a partire dal primo comandamento. Dio non è un feticcio, pretende l’esclusiva. Niente Yojo del buon Queequeg, nessuna Pachamama, tanto meno a San Pietro. Le statuette sono poi state portate in una chiesa romana, dove si sono svolti strani riti magico idolatrici denominati “momenti di spiritualità amazzonica”. Gettate nel Tevere da alcuni cattolici, sono ricomparse (miracoli della foresta pluviale) non senza che il vescovo di Roma si scusasse con chi si fosse sentito offeso dall’asportazione degli idoli. Nessuna scusa nei confronti dei fedeli umiliati.
È in via di elaborazione ufficiale un rito amazzonico (perché non neozelandese o altoatesino?), che dà ragione a un laico come Ernesto Galli Della Loggia: “dilaga una sinistra volontà della Chiesa di confondersi con il mondo. L’ideologia etica dei diritti umani ha prodotto “un’indistinta prospettiva mondialistico-buonista. Il cattolicesimo romano con la sua consustanziale ambizione universale si è così trovato di fronte alla sfida interamente inedita di qualcosa che di fatto ambiva a stargli alla pari, che gli stava alla pari. Si è trovato a fare i conti con una sorta di morale anch’essa universale, d’ispirazione naturalistica e di tono fortemente laico, il cui effetto era, ed è, di porre in subordine ogni specifico discorso religioso”.
L’inseguimento affannoso si è concluso: la chiesa raggiunge il mondo, ma diventa inutile, un’organizzazione caritatevole tra le altre, il cui quid pluris, il trascendente, è dimenticato. Dio è rimosso, non è nemmeno un convitato di pietra, ma il fastidioso elefante in cristalleria. C’è, ma negano la sua presenza, in attesa di estrarre il cartellino rosso ed espellerlo dal campo per gioco pericoloso. Troppo esigente, la pretesa di essere unico, addirittura redentore. La vita eterna, l’immortalità dell’anima, i novissimi della tradizione, sono cancellati. Meglio le piume di qualche tribù, il feticcio della madre terra: più che profezia, è il travestimento estremo di chi non crede più.
Tu solo hai parole di vita eterna, disse Pietro a Gesù. Favole, sentenzia la psicologia evolutiva, l’anima non è che “il fantasma in casa” di Steven Pinker, pura illusione cognitiva(L.M.). E se un giorno il Papa, proclamasse dal Vaticano che Dio non esiste? È il gioco razionalista di Marc Augé nel pamphlet Le tre parole che cambiarono il mondo(L.M.). Non ci siamo ancora, ma l’approdo al tribalismo spiritista è un passo decisivo, coperto da una parola difficile, acculturazione. Doctores tiene la iglesia, dottori ha la chiesa, recita un proverbio castigliano. Acculturazione significa assunzione della cultura altrui. Per il cattolicesimo, vuol dire rinuncia alla vocazione universale, ma soprattutto messa ai margini della verità.
La chiesa sembra vedere sé stessa come un’organizzazione tra le altre, rinunciando al ruolo magisteriale che le conferì Gesù. Egli stesso esce malconcio dalla neo Chiesa idolatrica: la sua vita è relativizzata, i racconti evangelici non sono sicuri, mancano le prove, il demonio con cui lottò nel deserto è una metafora del male. Chissà se il terzo giorno è risorto, “secondo le Scritture”, tanto poco scientificamente attendibili. Confusi, in crisi di fede, si rifugiano negli idoli. Resta, fulminante, l’intuizione di Gilbert Chesterton(4). “Da quando gli uomini non credono più in Dio, non è che non credano in nulla: credono a tutto.” Idoli ce ne sono in quantità: il denaro, il potere, il sesso, l’eterna giovinezza, le ideologie, la scienza, l’umanità.
Un altro idolo assai caro alla neo Chiesa è il migrante. Nessun dubbio sul rispetto dovuto a ciascun uomo, ma una follia settaria ha colto sacerdoti e prelati che, in nome dell’idolo-migrante, negano la qualifica di cristiano a chi difende la sua gente e non vuole, come dire, “acculturarsi”. Chiamano assassino (la misericordia, reverendi padri, la misericordia!) chi disapprova l’immigrazione di massa. Lo straniero, ridefinito “migrante” in ossequio al nomadismo liquido imperante, è un uomo, non un idolo da adorare o a cui baciare i piedi.
Pachamama è un rispettabile simbolo identitario di alcuni popoli, non un totem da recare in processione a San Pietro e porre a lato del Santissimo Sacramento. Tanto meno si possono organizzare veglie in suo onore, come è capitato in una parrocchia veronese, dove è stata letta la seguente preghiera: “Pachamama di questi luoghi (???) bevi e mangia a volontà quest’offerta, affinché sia fruttuosa questa terra.” Le è stato chiesto di far sì che i buoi camminino bene e il gelo non distrugga la semente, fino all’incredibile supplica finale: Sii propizia, sii propizia. Hanno cioè invocato una divinità che non è Dio. Probabilmente non lo sanno, nel fervore del neofita: Dio toglie il senno a chi vuol perdere.
Viene un groppo in gola: eresia, apostasia, idolatria, o una confusione tanto grande da accecare, un caos in cui ci si aggrappa a qualunque appiglio perché Dio è uscito dal radar. Non è morto: peggio, è sparito, è l’ipotesi non più considerata, come per il biologo evoluzionista Lamarck(5). Idolo, peraltro, è ogni oggetto, o immagine che sia adorata e venerata in quanto ritenuta una divinità o un suo simbolo. Per Bacone(6) gli idola erano i pregiudizi, le false credenze, i prodotti dell’ambiente. Auspicava una società ideale basata sulla scienza. Il suo idolo personale era la perfezione della città dell’uomo, come il cristianesimo secolarizzato.
Con gli idoli intronizzati e deposti sull’altare di Pietro, vince il relativismo. Pachamama è la madre terra di alcune popolazioni amerinde, altrove, con altrettanta legittimità, si adoreranno simulacri diversi. Simulacri, non di Dio, di un generico spiritualismo, del naturalismo, dell’animismo, dell’energia universale. Occorre chiedere lumi a papa Scalfari, l’esegeta massimo del pensiero di Jorge Mario Bergoglio. Temiamo che il vegliardo ateo abbia capito meglio di tutti il cammino della navicella di Pietro. Nell’ultimo articolo in cui si è occupato di chiesa, con il consueto tono ispirato del Maestro, ha fatto balenare l’ipotesi che il tifoso del San Lorenzo (la squadra di calcio argentina, non il santo delle stelle cadenti) non creda alla divinità di Gesù. La smentita, debole, per dovere d’ufficio, della comunicazione vaticana non ha convinto. Se avesse ragione Barbapapà, avremmo un pontefice non cristiano. Si spiegherebbero lo sfregio idolatrico, l’innamoramento amazzonico, la pastorale centrata sui migranti, il fastidio per la dottrina, le statuette e le invocazioni a pseudo divinità esotiche come Pachamama, figlia di Inti, il dio Sole.
Se Gesù non è Dio, il Vaticano dovrebbe, per coerenza, chiudere i battenti. La verità ultima o esiste e la Chiesa ne è depositaria, o ciascuno se ne può costruire una, rinchiudendola in un idolo personale. Intanto, milioni di persone non capiscono il linguaggio dei preti, il clericalese oscuro, infarcito di sociologismo d’accatto, lontano dalla chiarezza prescritta dal fondatore. Chiamiamo così Gesù per non dare giudizi: Dio, profeta, grande uomo, figura inventata, mai vissuta, il crocifisso un idoletto da taschino come Pachamama. Quando il popolo non capisce, fugge. Le chiese si svuotano tra chitarre, omelie politiche, sermoni incomprensibili, multiculturalismo e adesso invocazioni a divinità alternative.
Se la modernità è la storia del progressivo smarrimento dei valori cristiani in favore dell’egemonia dell’umanesimo, la post modernità a-cristiana rappresenta la completa dissoluzione e il fallimento dello stesso umanesimo. Il deserto spirituale, tuttavia, non è l’esito, ma una tappa della storia. Abbiamo bisogno non di idoli o di equivoche terre madri eco compatibili, ma di un nuovo medioevo, un’epoca di rifioritura spirituale e culturale. Bisogna tornare al reale, all’origine, all’umile ricerca della verità e del divino. È il pensiero di Gustave Thibon(7), il filosofo contadino, che la terra la calpestava senza invocare la figlia del sole, e dell’esistenzialista ortodosso Nikolaj Berdjaev.
C’è una lezione nel culto di Pachamama da parte di una chiesa estenuata. Cercano, senza trovarla nella redenzione, la fede che hanno perduto. Rovesciato Tertulliano(8), credo quia absurdum, credo proprio per il paradosso della fede, troppi cristiani non credono più per l’identico motivo, muti davanti alla scienza, alla tecnica, alla materia. E‘ smarrita la lezione di un grande cristiano, Lev Tolstoj: “un uomo senza fede è uno storpio spirituale e morale. Può vivere solo grazie agli adattamenti artificiali: i divertimenti, l’arte, la libidine, l’ambizione, la cupidigia, la curiosità, la scienza.” Idoli.
Roberto Pecchioli
NOTE
- (1) Il panteismo ((pan) = tutto e (theos) = Dio), vuol dire letteralmente “Dio è Tutto” e “Tutto è Dio”) è una visione del reale per cui ogni cosa è permeata da un Dio immanente o per cui l’Universo o la natura sono equivalenti a Dio. Definizioni più dettagliate tendono ad enfatizzare l’idea che la legge naturale, l’esistenza e l’universo (la somma di tutto ciò che è e che sarà) siano rappresentati nel principio teologico di un ‘dio’ astratto piuttosto che una o più divinità personificate di qualsiasi tipo. Questa è la caratteristica chiave che distingue il panteismo dal panenteismo e dal pandeismo. Ne deriva che molte religioni, pur reclamando elementi panteistici, sono in realtà per natura più panenteiste e pandeiste.
- [Il pandeismo (dal greco “tutto”, “completo”. latino “deus” = dio/divino) è una filosofia razionalistica della religione che unisce il panteismo ed il deismo. Letteralmente significa “tutto è dio/divino”; normalmente questo si collega alla convinzione che Dio sia coincidente con tutto l’esistente, l’intero universo o la natura.]
- (2) Pachamama (anche Pacha Mama o Mama Pacha) significa in lingua quechua Madre terra. Si tratta di una divinità venerata dagli Inca e da altri popoli abitanti l’altipiano andino, quali gli Aymara e i Quechua. È la dea della terra, dell’agricoltura e della fertilità. Motivazioni del culto. I motivi che spinsero a venerare Pachamama oltre a Inti (Dio Sole) sembra siano i seguenti: la mitologia incaica prevede una dualità: Inti divinità maschile e alta doveva avere una controparte femminile e bassa, il culto di Inti era in realtà riservato ad un’elite, mentre il culto di Pachamama era più legato al mondo rurale e, quindi, al popolo.
- (3) Yojo. – Queequeg e la sua religione, in particolare quella relativa al suo idolo di legno Yojo, mi affascinavano per numerose ragioni. Dopo varie ricerche, sono stato in grado di supporre che Queequeg provenisse da una versione fittizia delle Isole Cook, in particolare l’isola principale Rarotonga, poiché la sua casa natale è stata chiamata Rokovoko o Kokovoko da Ishmael. Gli isolani credevano nella mitologia e in vari dei per la loro religione prima della conversione di massa fatta dai missionari cristiani. Uno degli dei principali per i Cook Islander era Tangaroa, il dio del mare. Il nome Tangaroa (insieme ad alcune varie ortografie) può essere visto ampiamente nelle Isole del Sud Pacifico come il dio del cielo e del mare. È visto come l’opposto di Tane, dio della terra, ed è quindi visto allo stesso livello. Tangaroa è anche considerato il padre di molte creature marine, che molto probabilmente include la balena. Nella foto sopra è un piccolo idolo di legno scoperto sull’isola di Rarotonga dal 18 ° al 19 ° secolo, ora esposto nel British Museum. L’idolo ha una forte somiglianza con Yojo, incluso il modo in cui l’idolo è stato tatuato.
- (4) Gilbert Keith Chesterton(1874-1936). È stato uno scrittore, giornalista e aforista britannico. Scrittore estremamente prolifico e versatile, scrisse un centinaio di libri, contributi per altri duecento, centinaia di poesie, un poema epico, cinque drammi, cinque romanzi e circa duecento racconti, tra cui la popolare serie con protagonista la figura di padre Brown. Fu autore inoltre di più di quattromila saggi per giornali. Amò molto il paradosso e la polemica, contribuendo inoltre alla teoria economica del distributismo. «Tutta la scienza, anche la scienza divina, è una sublime storia gialla. Solo che non è impostata per rivelare perché un uomo sia morto, ma il segreto più oscuro del perché egli viva.» (Gilbert Keith Chesterton, La mia fede).
- (5) Jean-Baptiste Lamarck, (Bazentin-le-Petit, 1º agosto 1744 – Parigi, 18 dicembre 1829), è stato un naturalista, zoologo, botanico, enciclopedista francese. Introdusse verso la fine del XVIII secolo il termine “biologia” ed elaborò la prima teoria dell’evoluzione degli organismi viventi basata sull’adattamento e sulla ereditarietà dei caratteri acquisiti, conosciuta come lamarckismo. Partecipò alla Guerra dei sette anni nell’armata al comando del duca de Broglie.
- (6) Sir Francis Bacon, (Londra, 22 gennaio 1561 – Londra, 9 aprile 1626), è stato un filosofo, politico, giurista e saggista inglese vissuto alla corte inglese, sotto il regno di Elisabetta I Tudor e di Giacomo I Stuart. Formatosi con studi in legge e giurisprudenza, divenne un sostenitore e strenuo difensore della Rivoluzione scientifica sostenendo il metodo induttivo fondato sull’esperienza.
- (7) Gustave Thibon (Saint-Marcel-d’Ardèche, 2 settembre 1903 – Saint-Marcel-d’Ardèche, 19 gennaio 2001) è stato un filosofo e scrittore francese. È stato definito “il filosofo contadino” (“le philosophe-paysan”). «Non desidero illuminare gli uomini con la mia luce, ma aiutarli soltanto a contemplare meglio il sole.»
- (8) Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (Cartagine, 155 circa – 230 circa) , conosciuto semplicemente come Tertulliano, è stato uno scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra i più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto con alcune sette ritenute eretiche, come quella riconducibile al prete Montano; per questo motivo fu l’unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene Adamantio, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa.
Fonte: Wikipedia.
FONTE: Yojo. Uno sguardo a Herman Melville
(ndr 1) STATUE ED IMMAGINI SONO IDOLATRIA? NO! ECCO IL PERCHÉ.
Dio non condanna le immagini, le statue o le sculture in sé stesse ma il loro uso e significato, tant’è che appena passato tale pericolo, Dio stesso comanda di fare immagini.
Sorpresi? Diamo voce alla Sacra Scrittura e sentiamo cosa il Signore dice a Mosè nel Libro dei Numeri: “Fai un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita” (Nm 21,8). Come vediamo, il serpente è un animale che striscia sulla terra e perciò stando al comandamento non poteva essere raffigurato, e invece Dio chiede di farlo, e Mosè lo fa di bronzo. Ma ecco che quando gli israeliti lo chiameranno Necustan e perciò lo adoreranno, Ezechia lo farà a pezzi e questo gesto viene lodato, perché si è trasformato in un mezzo per fare idolatria, e pertanto anche qui il problema non sussiste nella scultura in se stessa ma ancora una volta nel suo uso e significato.
Ma proseguiamo: Dio dice ancora a Mosè di fare statue come quando gli ordina di mettere cherubini sopra il coperchio dell’arca: “Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio” (Es 25,19); essendo i cherubini degli angeli e pertanto esseri spirituali, come faceva a disporli sull’arca se non costruendo due statue? Anche qui il dato è evidente: Il comandamento non diceva di non farsi immagini di ciò che sta lassù nel cielo? Come vediamo qui gli angeli servono per ornare e solennizzare l’arca, così come oggi le immagini e le statue che troviamo nelle chiese cattoliche servono per ornare e conferire sacralità al luogo del culto, richiamando alla preghiera e all’adorazione di Dio.
Ma non è finita: Salomone non fa forse mettere nella cella del tempio due cherubini di legno di ulivo (cfr. 1Re 6,23-28)? Nella sua reggia non ci sono forse immagini, come le statue di 12 buoi in metallo fuso (cfr. 1Re 7,23-26)? Come spiegano i detrattori della Chiesa questi versetti?
Ma soprattutto: con l’Incarnazione di Gesù, l’immagine acquista un significato nuovo. Infatti nell’Antico Testamento Dio non era rappresentabile perché invisibile; ma ora Egli stesso si è reso visibile attraverso Cristo, il Quale dice: “chi vede me vede il Padre” (Gv 12,45). Inoltre San Paolo afferma che Gesù è “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Ed ecco spiegato anche il motivo del perché nei primi secoli Gesù viene raffigurato nelle sembianze del buon Pastore (il rappresentare Dio e i santi era già in uso tra i primi cristiani, tanto stimati dai testimoni di Geova e dai protestanti, perché ancora non “contaminati” dall’avvento di Costantino).
https://www.annalisacolzi.it/statue-ed-immagini-sono-idolatria-no-ecco-il-perche/
(ndr 2) «Il dio è giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, sazietà e fame, e muta come il fuoco quando si mischia ai profumi odorosi, prendendo di volta in volta il loro aroma. L’uomo ritiene giusta una cosa e ingiusta l’altra, per il dio tutto è bello, buono e giusto.»
Eraclito, fr. B 67 e fr. B 102.
Se il sacro è intriso insieme di fascino e terrore, gioia e paura, rispecchiando la complessità e l’ambiguità della vita, il cristianesimo ha trasformato Dio in solo bene, in sola giustizia. Il cristianesimo ha desacralizzato il sacro. Che importerebbe un Dio che non conoscesse né ira, né vendetta, né invidia, né scherno, né astuzia, né azioni violente… un Dio simile non lo si comprenderebbe, a quale scopo dovremmo averlo?, si chiedeva già Nietzsche. Togliendo a Dio la responsabilità del male, il cristianesimo l’ha rimpoverito, ridotto, violentato, rendendolo incapace di riempire il cielo della storia. Quel cielo che prima era immagine e interrogativo. Smarrite le tracce del sacro, attenuata con l’incarnazione la trascendenza di Dio, il cristianesimo si è ridotto ad agenzia etica.
Immagine: Nicolas Poussin Adorazione del vitello d’oro (1634)
(L.B.)
LIBRI MENZIONATI
- Le tre parole che cambiarono il mondo
- Marc Augé
- Traduttore: D. Damiani
- Editore: Cortina Raffaello
- Anno edizione: 2016
- Pagine: 94 p., Brossura
- L’ istinto del linguaggio
- Steven Pinker
- Editore: Mondadori
- Collana: Oscar saggi
- Anno edizione: 1998
- Formato: Tascabile
- Pagine: 504 p.
- Come funziona la mente
- Steven Pinker
- Traduttore: Massimo Parizzi
- Editore: Castelvecchi
- Collana: Oblò
- Anno edizione: 2019
- Pagine: 669 p., Brossura
Sabrina
23 Novembre 2019 a 18:44
Ooook… Ne so qualcosina anche su questo argomento. Ma non mi disturbo. Tanto i miei commenti, pur se redatti con la massima democrazia e con la voglia di un confronto, sono poi inevitabilmente censurati. È bello parlare con sè stessi?
Riccardo Alberto Quattrini
23 Novembre 2019 a 19:10
Carissima Sabrina, non può commentare un pezzo dilungandosi tanto a lungo. Altrimenti apra un blog suo e posti i SUOI articoli.