”Una realtà si è abbattuta sulle favole climatiche
NON C’È PIÙ IL CLIMA ADATTO PER LE FAVOLE?
Bene stamattina che piove con una sgarbata insistenza, voglio parlare della raffica di realtà che si è abbattuta sulle favole climatiche e sul loro coté speculativo – politico chiamato Net Zero. Tratatatata come la mitragliatrice di una poesia di Marinetti che spara sullo squallido sipario delle menzogne miliardarie, in un crescendo di colpi che non risparmia niente della favola che ci raccontano come ai bambini. E si comincia con l’Artico dove il ghiaccio marino continua la sua straordinaria ripresa: l’8 gennaio il ghiaccio ha raggiunto il massimo degli ultimi 21 anni e cinque giorni fa il massimo da 24 anni: buone notizie, ovviamente, per gli orsi polari, ma pessime per chi vuole spacciare una visione di future gare di nuoto al Polo Nord per promuovere l’agenda Net Zero. Insomma, le modellazioni secondo le quali nel 2035 non ci sarebbe più stato ghiaccio nell’oceano artico – chiodo fisso dell’informazione climatica – si sono mostrate per quelle che sono, semplici ipotesi non prive del sospetto di manipolazione e comunque sempre lontane dai dati reali. La stessa cosa accade con un altro must del clima, ovvero con i coralli che dovevano scomparire e che invece sono in fortissima ripresa.
Questo problema delle “modellazioni” fasulle che spesso si presentano come il tappeto sotto cui nascondere i dati di realtà, sembra essere diventato il principale modus operandi non solo della scienza climatica, ma anche di Net Zero. Ed è questa la seconda pallottola della raffica: le pubblicità per l’espansione della Ultra Low Emission Zone (Ulez) di Londra facevano affermazioni fuorvianti sui livelli di inquinamento nella capitale e all’interno delle auto perché si basavano su stime modellistiche e non su dati reali come ha stabilito l’Advertising Standards Authority. Questo organismo ha stabilito che le affermazioni di Transport for London (TfL), il gestore delle zone Ulez, sono fuorvianti perché i livelli di biossido di azoto non erano basate su misurazioni della qualità dell’aria prese prima e dopo l’implementazione delle misure di abbattimento delle emissioni, ma su scenari puramente ipotetici senza alcun conforto dei dati. Il che ovviamente fa sospettare che tali dati non siano quelli aspettati e previsti, tanto più che Transport for London ha tutto l’interesse economico ad estendere le zone a basse emissioni e non è dunque un soggetto neutrale.
Ma veniamo alla terza pallottola che ci riguarda da vicino visto che il grande estimatore di cozze pelose, il governatore della Puglia, Emiliano vuole procedere all’esproprio di terreni vicino Cerignola per mettervi un parco eolico oltre ad affrontare il prezzo spropositato di impianti in mare aperto e per giunta in zone assai più profonde che richiedono piattaforme galleggianti. Questo attivismo che peraltro corrisponde a quello dell’Eni in fatto di eolico è forse dovuto al fatto che il gruppo ha perso una causa con i nativi americani e dovrà portar via 84 grandi pale da un parco installato circa dieci anni fa in Oklahoma? Insomma, dal fatto che adesso bisogna ricollocare queste pale? Di certo i nativi italiani non faranno causa. Ma non è il miserabile scenario nostrano dove sostenibile vuol dire tirare a campare, ciò che in questo caso interessa, bensì una notizia inaspettata e sorprendente che viene dalla Germania: studi su parchi eolici, mostrano come nelle zone interessate dai “mulini a vento” si notano aumenti della temperatura media notevoli, in alcuni casi di impianti molto fitti, si va oltre i 3 gradi a partire dalla costruzione delle pale, il che porta ad un aumento di 7,2 gradi in cento anni. Dunque, una crescita delle temperature molto più netta di quella ipotizzata (ma non provata, anzi già falsificata da studi di fisica) per la crescita di concentrazione della CO2.
Finora non si è compreso quale sia il meccanismo che porta a questi sorprendenti esiti nei parchi eolici, anche perché si tratta di un argomento tabù per le ragioni che tutti possono immaginare, ma sta di fatto che sistemi creati per contenere gli aumenti di temperatura, generano invece l’effetto esattamente contrario. Cosa niente affatto strana visto che si sono volute implementare in tutta fretta e su grande scala tecnologie e sistemi non ancora ben conosciuti e collaudati. Insomma, la questione climatica si complica e perde pezzi ogni giorno che passa, mentre via via si vanno ridimensionando i progetti Net Zero sia per i loro costi esorbitanti, sia per l’impossibilità di realizzazione concreta. Molte aziende si ritirano dal settore dopo aver collaborato a creare la sindrome climatica e anche alcuni governi come quello inglese, annunciano disinvestimenti, mentre come sappiamo il mondo dell’agricoltura è in rivolta. Il fatto è che non c’è più il clima adatto.
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