”La storia dietro a Instadrama basterebbe a fare di questo piccolo romanzo un caso editoriale
NSTADRAMA. IL CASO EDITORIALE CHE NON C’È
CANCELLATO DA MASSE LOBOTIMIZZATE»
«Penso di aver innescato una piccola rivoluzione, una rivoluzione di uno squallore infinito, ma in un tempo squallido è possibile diventare grandi solamente facendo cose meschine».
La storia dietro a Instadrama di C. Palis (GOG Edizioni, 16,00€) basterebbe a fare di questo piccolo romanzo un caso editoriale di quelli che raramente si vedono nel nostro paese. Inviato dal suo autore in forma anonima alla GOG Edizioni, azienda celebre per il suo approccio anticonformista e ribelle all’editoria, il romanzo è stato pubblicato dalla casa editrice romana in virtù della sua solidità quanto della sua bizzarra origine, dopo numerosi (e fallimentari) tentativi di contattare il suo autore.
Il romanzo tratta la storia di un rapimento della durata di sette giorni. Uno scrittore, fallito e mentalmente disturbato, arriva alla conclusione che nel nostro attuale panorama culturale il talento non vale più nulla e solo la visibilità può veramente portarlo al successo. Lo scrittore decide quindi di ottenere il suo quarto d’ora di notorietà nella maniera più grottesca: rapire il figlio di una delle coppie di influencer più in vista d’Italia (seppur nel romanzo a ruoli invertiti è chiara la strizzata d’occhio alla coppia Ferragni-Fedez).
Instadrama potrebbe a primo acchito sembrare l’ennesima tirata sterile sul desolante panorama della celebrità e sui suoi risaputi meccanismi perversi, ma C. Palis evita con insolita maestria le facilonerie ideologiche e le predicazioni da pulpito (che ormai lasciano il tempo che trovano), tratteggiando con una penna squisitamente acida, provocatoria e al limite del nevrotico, il ritratto a colori extra-saturati di un essere umano tuffatosi a volo d’angelo nel delirio.
Un uomo che non cerca di lanciare messaggi o condurre battaglie politiche ed etiche contro un sistema chiaramente corrotto e degradante, bensì qualcuno che è disposto a compiere i gesti più ignobili per spostare quel riflettore, sfuggente ed elusivo, su di sé e rompere finalmente quello stato di alienazione in cui la sua coscienza, distrutta dal bombardamento iper-reale dei Mass Media, è sprofondata in un pozzo di ansie, tic e gesti ossessivo-compulsivi.
Il rapimento non è solo dunque un’analisi dell’anatomia deforme di ciò che oggi chiamiamo “successo” ma anche una possibilità offerta al lettore di osservare, attraverso la parabola del protagonista, il tremendo prezzo interiore che un essere umano al colmo della disperazione è disposto a pagare per poter anche solo sfiorare con la punta delle dita le vesti dell’unica vera valuta del mondo moderno: l’attenzione flebile, capricciosa e lobotomizzata delle masse internettiane.
Ci troviamo quindi di fronte a un romanzo che, in un altro mondo, quello in cui l’arte e la letteratura hanno ancora il compito di scuotere i fruitori dal torpore della loro quotidianità, sarebbe salito alla ribalta delle cronache e dei dibattiti culturali nostrani. Non si può fare a meno di notare l’ironia del fatto che la sua pubblicazione è purtroppo passata in un certo qual modo in sordina, relegata in un’ombra simile a quella in cui ha finito per ritrovarsi il suo sfortunato protagonista.
Forse lo sarebbe dovuto diventare, un caso editoriale, non solo per la sua curiosa origine o per il tema attualissimo e trattato senza alcuna banalità, ma proprio in virtù del fatto che l’arte sembra aver perso ormai da molti anni per strada queste sue qualità distruttive e perturbanti. Qualità che l’hanno resa il motore di mutamenti culturali e il carburante di incessanti riflessioni sulla natura della realtà in cui siamo immersi, quest’ultime trasformatesi in tempi recenti in ripetizioni orwelliane di slogan, chiacchiere da bar e mezze verità banali e ridotte ormai a stracci.
Non è un segreto che da molti anni siano tempi bui per la cultura italiana e occidentale e l’uscita da questa deprimente caverna sembra essere ancora così lontana da non dare spazio alle speranze di chi vorrebbe, possibilmente prima della propria dipartita, vedere il ritorno a scenari artistici più colorati, vivi e lontani dall’appiattimento estetico e ideologico degli ultimi quindici anni. Tuttavia, ogni tanto, una piccola luce di segnalazione come C. Palis e il suo Instadrama appare davanti a noi e, volente o nolente, ci ricorda qual è la direzione per poterne finalmente, un giorno, uscire.
Approfondimenti del Blog
“In un tempo squallido è possibile diventare grandi solamente facendo cose meschine”. Nella sua riflessione finale, lo scrittore fallito, protagonista di Instadrama, mostra tutto l’orgoglio misto a pessimismo che per le 186 pagine del romanzo guida le sue azioni. Un fallito, “vittima di un sistema” che non premia lo studio, la cultura, ma solo l’apparenza, le scemenze da social, e il vivere superficiale. Continua a leggere