Pinocchio affronta la fame e la povertà, scoprendo che il vero nutrimento nasce dalla speranza e dal sacrificio, trasformando il vuoto in crescita. 

 

NUTRIRSI DI SPERANZA: IL VIAGGIO DI PINOCCHIO TRA POVERTÀ E ABBONDANZA

di Riccardo Alberto Quattrini

Il momento in cui Pinocchio prova per la prima volta la fame segna un passaggio cruciale nella sua esistenza. La notte, simbolo del mistero e dell’ignoto, si fa palpabile e avvolgente, mentre lui si trova abbandonato nella dimora fatiscente di Geppetto. Qui, nel sottoscala buio e trasandato, dove la luce rarefatta filtra dall’alto, vive una condizione di povertà e desolazione che richiama le cosmogonie orfiche, pelagiche e neoplatoniche.


Intanto incominciò a farsi notte
e Pinocchio ricordandosi che non
aveva mangiato nulla sentì un
uggiolina allo stomaco.

La vita prorompente di Pinocchio trabocca fame e una fame esistenziale, abissale, primordiale. Una fame che si aggira dentro il “nulla”, un “grande nulla”. Pinocchio ci mette poco a conoscere e analizzare il mondo paterno tanto è informe e inconsistente. L’eroe non trattiene la fame ma la casa delle origini non trattiene l’eroe. È la fame che agisce scuotendo l’eroe di legno che dopo aver setacciato con dovizia il vuoto deserto di Geppetto, simile del tutto alla miseria di Mastro Ciliegia, superato il trauma del mondo come finzione nella pentola dipinta con il suo fuoco sul muro ora prende il coraggio di uscire a cercare del pane. Troverà invece un diluvio di acqua, vento e fulmini: il kaos delle origini appunto. Questo mescolamento degli elementi (una nottataccia d’inferno, il paese dei morti) ricorda il diluvio cosmico descritto da Nonno di Panopoli nelle sue Dionisiache in relazione al primo apparire di Dioniso nella sua arca.

In queste tradizioni, Notte e Penìa (povertà, mancanza) sono forze primordiali, generatori del cosmo stesso. Da un caos informe sorge l’Uovo, simbolo di potenzialità e creazione, da cui si sviluppa Eros-Phanes, la manifestazione del principio generativo. Pinocchio, in questo contesto, diventa l’incarnazione di questo processo di emersione dalla miseria: egli è la vita che sboccia dalla desolazione, il pulcino che si libra nel vuoto dopo la rottura del guscio.

La sua dimora, un agglomerato di spazzatura, irradia un senso di decrepitezza e abbandono, riflettendo un microcosmo di frustrazione e speranza. L’immagine del gatto che si aggira tra i rifiuti non è casuale, ma rappresenta la furbizia e l’astuzia, elementi spesso necessari per sopravvivere nel labirinto dell’esistenza. La presenza di un uovo, spezzato qui e ora, si fa portatrice di un messaggio profondo: l’unità originaria, simboleggiata dai Dioscuri, è stata irreparabilmente compromessa; eppure, da questo strappo si dispiega un universo di possibilità, un ciclo di vita, morte e rinascita.

Pinocchio, con i due gusci in mano, diventa simbolo della condizione umana. La sua lotta contro la fame è un riflesso delle sfide che ogni individuo deve affrontare: la ricerca di un senso, di una comunità, di un posto nel mondo. La cena diventa così non solo un pasto da consumare, ma un atto rituale carico di significato. È un sacrificio metallico, una rappresentazione della transizione da una condizione di impotenza a una di possibile realizzazione.

Il tema del nutrimento compare continuamente: nella carrozza della Fata foderata all’interno di panna montata e di crema con i savoiardi, nella Fata che gli dà due palline di zucchero, nel sale seminato nel Campo dei miracoli (come fa Odisseo nel suo strano rito per fingersi folle e non andare a Troia), nel fantasticare del burattino mentre aspetta il crescere dell’albero degli zecchini (una libreria tutta piena di canditi, di torte, di panettoni, di mandorlati…), nel Pappagallo che lo canzone dicendogli di essere dolce di sale ed evocando l’immagine dei fagioli e delle zucche. Anche dalla Fata il nutrimento non è mai lontano dalla dimensione del sacrificio e della morte in quanto le due palline di zucchero servono per invogliarlo a prendere la medicina amara, pena un’imminente morte e la stessa polverina bianca prodigiosa che la Fata scioglie nell’acqua rendendola amara gli funge anche da nutrimento in quanto gli ridona una salute piena di forza e vitalità.

Nel contesto contemporaneo, dove il denaro e il consumo sembrano dominare le relazioni e le esperienze umane, il sacrificio di Pinocchio ci invita a riflettere su ciò che realmente conta. Nonostante le tentazioni del materialismo, la vera ricchezza si trova nelle connessioni emotive, nel cibo condiviso e nelle storie che ci legano.

In questo panorama, la figura di Pinocchio si erge non solo come un personaggio fiabesco, ma come simbolo di una ricerca umana universale, che invita a esplorare il significato profondo della povertà e della ricchezza, della fame e della sazietà, del caos e della creazione. La cena diventa così un atto di generosità e connessione, un modo per ricomporre quell’unità spezzata e riscoprire la nostra umanità condivisa.

Riccardo Alberto Quattrini

 

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