Comici, ideologi e la nuova guerra europea

OBERKOMMANDO DER EUWEHRMACHT

Il Simplicissimus

“Oberkommando der EU-Wehrmacht” è una riflessione sarcastica e inquieta sull’ultima deriva dell’Unione Europea: la corsa al riarmo, travestita da necessità strategica ma vissuta come un nuovo giocattolo da intellettuali da salotto, mummie ideologiche e giullari di corte. In un crescendo di paradossi e di amare constatazioni, l’autore smaschera l’insensibilità e il cinismo con cui si parla di guerra, trasformata in spettacolo, mentre il conto – in carne e sangue – sarà pagato, come sempre, dai più deboli. Tra richiami culturali e immagini forti, il testo invita a non abbassare la guardia di fronte alla trasformazione dell’Europa da comunità di popoli a comando militare, dove la follia travestita da razionalità strategica trova i suoi più entusiasti sostenitori non nei generali, ma nei comici e negli opinionisti.


Lasciamo pure che giullari, mummie e aspiranti maître à penser della domenica si divertano con l’idea della guerra e con il nuovo balocco per speculatori che sarebbe il riarmo europeo. Immagino la soddisfazione di un Benigni che vede realizzata nella realtà La vita è bella, visto che tratta come un gioco un dramma che naturalmente non riguarda tanto i megafoni di questa follia, quanto i poveracci che si troveranno a pagare in corpore vili le armi per una guerra di cui sono già perdenti, ci sia o non ci sia un reale scontro. E naturalmente, nella nuova atmosfera anti Trump e anti Putin si ricomincia a parlare di un esercito europeo, una sorta di minotauro, che dovrebbe aggregare le forze armate di molti Paesi dove si parlano lingue diverse, dotati di diverse concezioni tattiche e strategiche e con sistemi d’arma coerenti con esse, ancorché in gran parte di derivazione americana. Insomma, un’armata Brancaleone che dovrebbe essere contrapposta all’esercito più forte del mondo.

Mentre i pagliacci ci prendono in giro con le loro parole d’ordine e con le sciocchezze che propinano, si sta sviluppando una specie di corsa a chi dovrebbe guidare questo fantomatico esercito europeo e così Francia e Germania si stanno scontrando su questo punto in una nobile contesa. In gara c’è anche la Gran Bretagna che ad onta del fatto di non essere più nella Ue e di avere forze armate ridotte a non più di 72 – 76 mila uomini, è il Paese più guerrafondaio, più ostile alla Russia come se avesse ancora un impero e ha da offrire la propria deterrenza nucleare. Qui va subito sgomberato il campo dagli equivoci: tale deterrenza esiste solo sulla carta perché il Regno Unito dispone di soli quattro vecchi sottomarini in grado di lanciare missili americani Trident, tutti di vecchio tipo. Il tentativo di montare le nuove versioni di quest’arma è stato un totale fallimento, per due volte i test sono falliti e nel secondo lancio avvenuto l’anno scorso c’è mancato poco che il missile cadesse sulla testa del ministro della difesa. Un po’ meglio va la Francia, ma tutto questo ha poco senso perché senza i sistemi Isr gestiti dagli Usa, entrambi i Paesi non dispongono di sistemi di allerta precoce e i missili ipersonici russi piomberebbero su di loro subito dopo eventuali allarmi. Insomma, si tratta di arsenali nucleari il cui vero scopo è quello di non essere usati.

Detto questo, vediamo un po’ quale potrebbe essere il nucleo di un esercito europeo, lasciando perdere le insensate proposte di Draghi su un nugolo di traduttori in tempo reale da arruolare, è soltanto un’idea ridicola di un uomo ridicolmente sopravvalutato. La conclusione è che un sistema militare europeo non potrebbe che essere guidato dalla Germania. Questo perché sia Italia che Francia hanno alcune regioni di fatto bilingui da cui potrebbero essere tratti ufficiali di collegamento (come effettivamente avvenne ai tempi dell’Asse), il tedesco è una lingua molto diffusa in Slovenia e in Croazia, nelle regioni occidentali della Polonia che un tempo appartenevano alla Germania, nella parte sud dello Jutland e lo stesso dicasi della Repubblica Ceca e della Slovacchia. In Romania esiste un nucleo abbastanza numeroso di parlanti tedesco, così come nelle regioni occidentali dell’Ungheria. Ciò accade anche nell’area fiamminga (Olanda e Belgio dove, peraltro, il tedesco è una delle lingue ufficiali del Paese), in cui comunque l’idioma è abbastanza affine al basso tedesco, il dialetto parlato nel nord della Germania. Per la precisione, la definizione di alto e basso non fa riferimento alla latitudine, come spesso avviene in Italia, ma alla reale configurazione del territorio e così il basso tedesco è quello delle vaste pianure del nord, mentre quello alto viene parlato nelle regioni montuose, in gran parte quelle del sud adiacenti al sistema alpino, quindi Svevia, Baviera, Baden e ovviamente Austria, insieme alla Svizzera.

Prima che mi venga la tentazione di analizzare meglio tutto questo, è evidente che se un esercito europeo deve comunicare in azione, il tedesco è una scelta obbligata visto che ogni altra lingua è meno diffusa e conosciuta all’interno dell’Ue a meno di ricorrere all’inglese che in ogni caso proporrebbe una nuova e imbarazzante sudditanza nei confronti degli Usa. Del resto il parlamento di Berlino, già qualche anno fa, ha redatto un documento che suggeriva la creazione di una specie di esercito europeo gestito dalla Germania da inviare nei punti di crisi internazionale. E non è certo un caso che sia l’unico ad apprezzare il piano di riarmo della von der Leyen e ad applicare la clausola della salvaguardia per aumentare le spese militari. Naturalmente tutto questo sarebbe l’antitesi di una Unione europea che di fatto sarebbe del tutto dipendente dalla Germania, più di quanto non lo sia già. Insomma, dovunque ci si volta la Ue regala deliri e veleni. Sarebbe ora di disintossicarci.

Redazione

 

 

 

 

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