Il concetto di nazione è frutto della percezione di chi vi abita

Vecchia città russa Koltesk

ORIGINE DELLA RUSSIA E UCRAINA

La Rus’ di Kiev

Destinata ad essere oggetto di speculazioni storiografiche, la Rus’ di Kiev nacque attorno al IX secolo d.C., quando tribù vichinghe si insediarono nella pianura sarmatica imponendosi e mescolandosi alla popolazione autoctona. Ancora oggi la sua memoria storica, strumentalizzata e politicizzata, è contesa tra le nazioni eredi di quello che fu il primo stato slavo orientale


Il concetto di nazione è frutto della percezione di chi vi abita: la società segue una traiettoria determinata dalla concezione che ha di sé stessa. Quando però questa percezione viene strumentalizzata per costruire un disegno politico e strategico, si tende a semplificare il racconto di epoche storiche decisamente più complesse. È quanto succede con l’interpretazione della Rus’ di Kiev, il cui lascito viene reclamato da Russia, Ucraina e Bielorussia: le nazioni eredi della Rus’.

Data l’importanza storica che la Rus’ di Kiev riveste nello sviluppo della coscienza nazionale di questi tre stati, è importante contestualizzare le varie interpretazioni prodotte dalla storiografia, potenzialmente influenzata dalle esigenze strategiche perseguite nei diversi periodi storici.

‘Il canto del saggio Oleg’, edizione a doppia pagina del 1899 Foto: Fine Art Images / Heritage

Rus’ e slavi

Nella seconda metà dell’Alto Medioevo le steppe euroasiatiche erano popolate da diversi gruppi etnici che condividevano alcuni tratti distintivi: il nomadismo, una notevole permeabilità culturale ed etnica e un’endemica volatilità politica. La zona appariva come un mosaico tribale altamente frammentato, costellato da comunità scarsamente coese. Tra le varie popolazioni che abitavano la regione, quella slava sembra completare il proprio processo di etnogenesi – la formazione come popolo – tra il V e il VI secolo d.C.

Nelle fonti dell’epoca, gli slavi vengono descritti come gruppo disomogeneo, incapace di autodeterminarsi senza un contributo esterno. Questo scenario di disunità politica favoriva le diverse scorrerie di popoli stranieri, agevolate dalla conformazione del territorio: una immensa pianura percorsa da grandi fiumi e priva di rilievi orografici. In questo contesto nebuloso si generò nel IX secolo d.C. la Rus’ di Kiev, quando tribù vichinghe, dette Rus’, si stanziarono nella pianura sarmatica imponendosi e mescolandosi agli autoctoni slavi e finnici.

Ma cosa vuol dire rus? Secondo la teoria più accreditata, rus’ è il termine con cui i popoli slavi chiamavano le popolazioni scandinave, conosciute in Europa con l’appellativo di vichinghi, normanni o norreni e come variaghi presso i bizantini. Tuttavia, questo termine non proviene dalla lingua slava, ma fu mutuato dal balto-finnico. Con rus’, tutti i popoli del Baltico alludevano alla regione corrispondente alla Svezia che tutt’oggi è denominata Ruotsi in diverse lingue baltiche. Il termine Ruotsi, da cui Rus’, deriverebbe dall’antico norreno rôdhr, poi rods-mennletteralmente “gli uomini che remano”.

L’origine della Rus’ di Kiev

La fonte principale sull’origine della Rus’ di Kiev è la Cronaca degli anni passati, un documento slavo scritto tra il 1100 e il 1125 da Nestore di Kiev che include la narrazione degli eventi intercorsi tra l’850 e il 1100. Secondo la Cronaca di Nestore i vichinghi sottomisero intorno all’859 le tribù della pianura sarmatica. Successivamente, nell’862, gli autoctoni riuscirono ad affrancarsi dal giogo vichingo ma, fallendo nei tentativi di autogoverno, si videro costretti a chiedere a coloro che li avevano invasi di tornare per amministrare le loro terre.

La cronaca prosegue affermando che tre nobili fratelli rus’, di nome Rurik, Sineus e Truvor, accettarono l’invito stanziandosi nella slavia orientale. Con la morte dei due fratelli minori, Rurik unificò le terre stabilendo Novgorod come capitale di quella che da lì in avanti verrà chiamata terra dei rus’.

Rurik 2. Igor di Kiev 3. Olga 4. Sviatoslav 5. Vladimir il Grande 14. Ivan IV. Ritratti tratti dal volume ‘Il costume antico’ di Giulio Ferrario. 1831 Foto: Fine Art Images / Heritage

Un’interpretazione plausibile della narrazione di Nestore di Kiev, specialmente se comparata alle vicende vichinghe in Inghilterra, illustra come verosimilmente i rus’ non vennero invitati a tornare in veste di federatori delle tribù finniche e slave, ma semplicemente riuscirono ad assoggettare nuovamente i locali approfittando dell’instabilità della zona. Queste due versioni non fanno altro che alimentare il dibattito storiografico sulla etnia dei fondatori della Rus’ di Kiev, da sempre acceso e politicizzato.

La storiografia russa, per esempio, ha sempre evidenziato l’importanza del ruolo autoctono slavo nella formazione della Rus’, servendosene per la nazionalizzazione del mito e del panslavismo spesso evocato dall’Impero Russo zarista.

Principati della Rus’ di Kiev dopo la morte di Yaroslav I nel 1054. Sullo sfondo i confini nazionali moderni dell’Europa​ Foto: SeikoEn, CC BY-SA 3.0, shorturl.at/axG07

Ascesa, splendore e declino

La storia politica della Rus’ di Kiev può essere frazionata in tre grandi periodi: l’ascesa (882-980), il culmine della potenza (980-1054) e il declino (1054-1240). Il primo segmento è inaugurato dal regno di Oleg (879-912) che, succeduto a Rurik in qualità di reggente di suo figlio Igor, regnò consolidando la cruciale via variago-greca che congiungeva il Mar Baltico al Mar Nero. Si trattava di un’autostrada fluviale, fondamentale per mantenere vivi i rapporti commerciali con l’Impero Romano d’Oriente, il soggetto più ricco e sofisticato dell’epoca. Oleg riuscì a conquistare Kiev nell’882, nominandola capitale e madre di tutte le città della Rus’. Il suo regno, così come quello del suo successore Igor (913-945), fu caratterizzato dall’espansione territoriale che portò l’esercito della Rus’ a scontrarsi con i vicini nomadi peceneghi e a cingere addirittura Costantinopoli, con la quale verrà intrattenuto un rapporto ambivalente tra l’alternarsi di conflitti e di commercio pacifico.

La Gran principessa Olga fa visita a Costantino VII. Miniatura tratta dal manoscritto ‘Madrid Skylitzes’. XI-XII secolo. Biblioteca Nazionale, Madrid Foto: Fine Art Images / Heritage

Ad Igor succedette sua moglie Olga (945-962), le cui gesta si fondono tra realtà e leggenda, polarizzate a tal punto da vederla descritta come sovrana sanguinaria ma anche santa. Reggente del figlio Svjatoslav, Olga consolidò il fragile potere statale sulle zone conquistate dai suoi predecessori, reprimendo ferocemente la tribù slava dei drevliani, suoi oppositori. Secondo le fonti, in seguito alla sua conversione al cristianesimo ortodosso Olga attenuò la sua ferocia, prodigandosi nell’opera, fallita, di diffusione della religione monoteista presso il suo popolo. Nel 962, Svjatoslav (962-972) ormai adulto, divenne il Gran principe di Kiev. L’assunzione di un nome slavo da parte di Svjatoslav e dei suoi successori conferma l’avvenuta slavizzazione dell’élite vichinga.

Le grandi campagne militari intraprese da Svjatoslav assicurarono alla Rus’ il controllo sull’intero corso del Volga e contribuirono significativamente alla definitiva unificazione delle tribù slave orientali. La morte di Svjatoslav, seguita da una guerra di successione tra i suoi tre figli, portò all’ascesa di Vladimir Il Grande (980-1015), che contribuirà a riservare alla Rus’ di Kiev una dimensione sacrale. Al suo regno si può fare risalire l’origine mitologica che, nel corso della storia, i popoli slavi attribuiranno alla Rus’ di Kiev.

Il principe Vladimir sceglie una religione nel 988 / Una disputa religiosa nella corte russa. Johann Leberecht Eggink, 1822 Foto: Fine Art Images / Heritage

La conversione: dagli idoli pagani alla croce

Vladimir riuscì anche a rafforzare il legame della Rus’ con Costantinopoli: nel 988, attraverso una cerimonia intrisa di solennità, ordinò il battesimo di tutta la popolazione nelle acque del fiume Dnepr, a Kiev. La scelta fu probabilmente dettata più da considerazioni strategiche che da aderenza religiosa, e fu il primo passo per consolidare le relazioni con la capitale dell’Impero Romano d’Oriente. In seguito, il Gran principe avrebbe sposato Anna Porfirogenita, figlia dell’imperatore bizantino. L’arrivo a Kiev di sacerdoti al seguito di Anna favorì l’istituzione della Chiesa ortodossa determinando la diffusione del cirillico, un alfabeto ideato per diffondere la parola di Dio nelle terre slave, sancendo un ulteriore allontanamento tra la nuova Chiesa orientale e quella cattolica europea, ancorata all’utilizzo dell’alfabeto latino.

Negli anni successivi alla conversione dei rus’ e corrispondenti al governo di Jaroslav il Saggio (1019-1054), figlio di Vladimir, lo stato kievano raggiunse l’apice della sua estensione e della sua rilevanza politica, artistica e culturale per poi avviarsi verso un lento declino. Il diritto consuetudinario slavo di successione entrò in contrasto con il nuovo codice legislativo inaugurando una lunga serie di guerre civili che finirono per dilaniare la tanto agognata unità politica degli slavi orientali. Poco alla volta, la Rus’ finì per dividersi in una federazione di principati sempre più indipendenti.

Il battesimo degli abitanti di Kiev nel 988. Collezione privata Foto: Fine Art Images / Heritage

Nel XIII secolo d.C., le invasioni tataro-mongole dalle steppe orientali sancirono l’epilogo definitivo dello stato della Rus’ di Kiev. Dalla sua erosione si costituirono diversi principati, tutti derivanti da quella che era stata una grande entità statale slava e che distillarono, nei secoli a venire, una propria storia e cultura distinta.

Matteo Cartechini

 

 

 

 

Per saperne di più

Storia e geopolitica della crisi ucraina – Dalla Rus’ di Kiev a oggi. Giorgio Cella. Carocci, Roma, 2022.

 

 

 

 

Descrizione

Il presente volume, in un costante rimando tra eventi storici e attualità geopolitica, costituisce uno strumento prezioso per la comprensione delle complessità storiche che hanno nei secoli condotto all’odierno conflitto in Ucraina, ad oggi la più importante crisi politico-militare in Europa del XXI secolo. Una lunga traiettoria che dai tempi di Erodoto giunge sino ad Euromajdan, dove l’attenta ricostruzione storica si interseca con efficaci chiavi interpretative. L’autore fa inoltre emergere talune secolari persistenze geopolitiche proprie dei principali protagonisti dell’area: dalla Russia alla Polonia, dalla Germania agli Stati Uniti. Il volume permette inoltre di scoprire un mosaico culturale di grande interesse, un vasto campo in cui l’autore spazia in modo erudito lungo i secoli, gli eventi e i popoli di questo crocevia di religioni, imperi e identità: dal Regno dei Khazari alla Rus’ di Kiev, dai cosacchi ucraini alle storiche contese tra russi, polacchi e turchi, sino all’era post-sovietica e al processo di allargamento ad Est della NATO. Un’opera che costituisce un unicum negli studi di storia delle relazioni internazionali, cruciale per addentrarsi non solo nella storia dell’Ucraina e della sua crisi con Mosca, ma anche per una più generale comprensione della storia di quella periferia centro-orientale d’Europa che, come Giorgio Cella sottolinea, è stata nel corso della storia del vecchio continente troppe volte gravemente trascurata.
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