Israele non recede dalle sue scelte

ORIZZONTI NEBBIOSI


Israele non recede dalle sue scelte. Continua a colpire. E colpire duro. In Libano, nel pieno centro di Beirut, anche nelle zone non controllate da Hezbollah.

Nel sud del Libano, cercando di smembrare la consistenza militare del movimento Sciita. E, poi, in Cisgiordania, attaccando le posizioni controllate dai palestinesi, a fronte di un’Autorità palestinese attonita. Incapace non solo di reagire, ma anche semplicemente di rendersi conto di quanto stia succedendo.

E, poi, più lontano. Molto lontano. Colpisce, con raid aerei di estrema durezza, le zone dello Yemen controllate dagli Houthi.

Non parliamo, poi, di quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza.

Dove, ormai, parlare di, sistematica, pulizia etnica, è dire la, semplice e spietata, verità.

Netanyahu ha deciso. E sta perseguendo il suo obiettivo con estrema decisione. E durezza.

Eliminare tutti, proprio tutti, i nemici di Israele dalla scena. O, per lo meno, metterli in condizione di non nuocere.

Per molto, moltissimo tempo.

Per questo ha mobilitato numerose – sembra più di sei – brigate di riservisti. E le ha concentrate sul confine libanese, pronte all’intervento.

L’attacco diretto al Libano è solo questione di tempo. E, anzi, proprio in queste ore le operazioni in territorio libanese sono già iniziate.

Bibi ha, ormai, avuto ragione delle perplessità dei militari, che avrebbero preferito limitarsi ad un attacco aereo. E non entrare in forze nel Libano meridionale.

Ma è prevalsa, evidentemente, la sua visione politica. Il ferro va battuto ora, finché è caldo.

Netanyahu sa bene che entrare in forze nel Libano meridionale significa, soprattutto, prepararsi ad affrontare gli iraniani. Che sembra stiano spostando in territorio libanese contingenti delle loro truppe speciali.

Uno scontro che significa guerra aperta – e non velata e mediata come fino ad oggi – con Teheran.

Lo sa, ed è ciò che vuole. Mettendo l’alleato statunitense di fronte al fatto compiuto.

Non a caso ha parlato, in televisione, proprio agli iraniani. A tutti quegli iraniani che, per diverse ragioni, non vogliono lo scontro con Israele. Soprattutto a quelli che non sopportano più il regime degli ayatollah. Che esistono, anche se nessuno può, al momento, davvero ipotizzare quanti siano. E, soprattutto, se abbiano un peso politico.

Ma la scommessa di Netanyahu è, appunto, questa. Scuotere, e possibilmente fare crollare il regime iraniano. Portando Teheran lontano dalle attuali posizioni. E mettendola, comunque, in condizione di non rappresentare più una minaccia per Israele.

La scommessa è rischiosa. Entrare in forze in Libano potrebbe mettere a rischio la sicurezza di Israele. Che possiede, certo, una netta superiorità militare, ma che è dubbio abbia la forza di condurre una, lunga e sanguinosa, campagna militare contro l’Iran.

Perché la demografia è, parliamoci chiaro, tutta a suo sfavore. E Bibi lo sa bene. Ma rischia lo stesso.

Un rischio che implica l’appoggio americano. Senza il quale le forze israeliane sarebbero insufficienti.

L’attuale Amministrazione Biden ha, naturalmente, dichiarato la sua solidarietà ad Israele. Ma resta dubbio che questa sia disponibile ad impegnarsi, ora, in un diretto conflitto con l’Iran.

Anche perché è a rapida scadenza. E, certo, Bibi fa conto di mettere la futura presidenza statunitense di fronte al fatto compiuto. Sia che si tratti, come spera, dell’amico Trump. Sia se dovesse prevalere la, per lui meno sicura, Harris.

Il resto del mondo arabo, quello sunnita, sta a guardare. I vertici sauditi e giordani sono, sicuramente, contenti della decisione israeliana. E sperano che questa porti ad una completa disfatta dell’Iran. Tuttavia, nessuno può dire che questo stato d’animo sia condiviso pienamente dalle popolazioni arabe. Dove in molti guardano a Teheran con simpatia politica. Al di là della, storica, differenza, confessionale.

I prossimi due giorni saranno, comunque, determinanti. E si capirà se prevarrà la pressione americana, che vorrebbe contenere l’offensiva israeliana al solo Libano. E limitarne gli obiettivi.

O se Netanyahu tirerà dritto. Puntando decisamente a destabilizzare Teheran. E, addirittura, a provocarvi un, radicale, cambio di regime.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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