”Un arcobaleno per nascondere la tinta unita globalista
PALOMBELLA BLUETTE
Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa Valditara si trovò trasformato in un’enorme bandiera arcobaleno LGBT. Ricorriamo alla perifrasi dell’incipit delle Metamorfosi(1) di Franz Kafka immaginando il ministro a decidere la nomina sconcia (i lettori perdonino la modesta battuta) della garante dell’“educazione affettiva” nelle scuole. Scegliendo una militante omosessualista, Anna Paola Concia, antica esponente del PCI-PDS-DS-PD, unita civilmente con una donna, ha esibito a tutti la metamorfosi compiuta dello schieramento a cui appartiene. Senatore di Alleanza Nazionale, poi seguace di Fini (e Monti…) nell’avventura centrista di Futuro e Libertà, riapparso nella Lega, non rieletto ma ripescato nel governo con un dicastero di grande peso, il docente milanese ben rappresenta il completo cambio di pelle della destra italiana.
Dal nero degli ex fascisti al blu dei conservatori sino alla grisaglia liberale, la transizione di genere è completata nella nuova uniforme bluette; partiti transgender al servizio della tecnocrazia economica e finanziaria. Un percorso simmetrico a quello dei vecchi nemici, transitati dal socialismo e dal comunismo al globalismo progressista, dal rosso al fucsia. Da una parte, Walter Veltroni, iscritto al PCI fin da ragazzo, poté affermare di non essere mai stato comunista. Dall’altra, Pinuccio Tatarella, missino di lungo corso, cervello, Richelieu e spin doctor di Fini, disse nella sua ultima intervista di non essere mai stato fascista. Entrambi dicevano la verità. Avanguardisti del tempo in cui tutti sono liberali, liberisti e libertari.
Un arcobaleno per nascondere la tinta unita globalista. Con distinguo e sfumature, ad andamento lento gli uni, rapidi e proattivi gli altri, ma le differenze sono più di forma che di sostanza. United Colors of Globalism, o, come scrive Alain De Benoist, la teatralizzazione dell’opposizione tra destra e sinistra, utile a mascherare la convergenza di campi le cui identità si sono diluite o dissolte. Segnaletiche prive di sostanza, figlie di un passato che non passa per non smobilitare le rispettive curve ultrà. Parole inservibili che puzzano di vecchio: “orribile più di quello delle erbacce è l’odore dei gigli sfioriti” (Shakespeare). Vale la definizione di Jean Paul Michéa: destra del denaro e sinistra dei costumi che si incontrano al centro, teatro degli affari e delle compromissioni.
Valditara e gli altri ministri di centrodestra, per tacere di mille altri esponenti che nei comportamenti personali e negli atti politici hanno del tutto abbandonato i passati ideali, rappresentano le palombelle bluette della destra. Nel film di Nanni Moretti Palombella Rossa, del 1989, annus horribilis del comunismo reale travolto dal crollo del muro di Berlino, protagonista è Michele Apicella, un serissimo funzionario del PCI che, perduta la memoria, cerca faticosamente di far riaffiorare i ricordi e diventa il simbolo della sconfitta esistenziale della sua parte.
Intenta, dopo l’iniziale smarrimento, a ridefinirsi in senso neoliberale, convertita alle ragioni del vecchio nemico di classe, la palombella rossa sfuma temi e colori sino a diventare, con l’uniforme progressista, la guardia fucsia, glamour e semicolta del sistema che intendeva distruggere. Il percorso della destra è uguale, solo più ridicolo. Pure, Valditara ha dovuto ritirare la nomina di Anna Paola Concia e delle altre due “garanti” dello scalcinato progetto di educazione affettiva pensato dopo l’operazione mediatica successiva all’omicidio di Giulia Cecchettin.(2) Il popolo reale – quello che ha portato in trionfo a Palazzo Chigi Giorgia Meloni (quale patriarcato?) – non digerisce proprio tutto.
Prima parlavano di famiglia naturale, di incentivi alla natalità, assicuravano battaglia sui temi civili e antropologici. Poi, rapida calata di calzoni dinanzi alla tempesta “antipatriarcale” scatenata dalle casematte avverse. L’anno di governo è la notte della destra reale, come i decenni passati sono stati la notte della nuova sinistra, passata a difendere stranieri e minoranze strambe anziché i poveri, applaudire privatizzazioni e liberalizzazioni, glorificare e sostenere al governo banchieri e grand commis della finanza, ingoiare la più feroce disuguaglianza economica.
A destra sono di bocca buona: si sono disfatti delle ragioni di ieri con gioia disinvolta. Erano patrioti, o almeno sovranisti, e si spellano le mani applaudendo la Nato, gli Usa, l’UE, la Banca Centrale. Credevano in Dio, patria e famiglia e collaborano a distruggere quel che resta dell’identità, delle tradizioni spirituali, delle figure genitoriali. Tuonavano “legge e ordine” e non serve infierire ricordando la realtà. Promettevano il blocco navale contro l’immigrazione, ma gli sbarchi aumentano quanto il numero di stranieri nei decreti sui flussi migratori; gettano miliardi in guerre che gli elettori disapprovano.
Ciò che li esalta è fare affari: nuove privatizzazioni, ultimi scampoli di un’economia saccheggiata, l’entusiasmo per il mercato libero dell’energia che toglierà altro denaro agli italiani a favore di lorsignori. Eppure, parti importanti delle tradizioni della destra- cattoliche, nazionali, conservatrici- non sono liberiste. Cura degli interessi nazionali, non pervenuta. Alcuni – non pochi – sono passati da “Mussolini ha sempre ragione” a “il mercato ha sempre ragione”. La palombella bluette ha raggiunto quella rossa.
Nonostante tutte le giravolte, su un punto avevano sostanzialmente tenuto: l’onda woke, l’attacco alla famiglia, l’esaltazione degli “orientamenti sessuali” non aveva travolto il quadrante destro, in sintonia con il sentimento popolare. Valditara ha rotto la diga, e non solo per le nomine poi ritirate. A che serve l’educazione affettiva nelle scuole, a partire dal nome equivoco, ipocrita? Educazione sessuale gender mascherata che esautora la famiglia e apre le aule a persone che indottrinano a idee che dovrebbe aborrire, ma solo in privato, poiché la neo-destra si vergogna di sé e ha paura della maggiore aggressività della controparte. Cioè ha già perduto: la palombella bluette ha chiuso le ali e si è posata sullo stesso ramo della sorella fucsia.
Perché, ad esempio, dei tre garanti scelti e revocati, nessuno è uomo? Forse i “maschi” non sanno educare, forse sono davvero violenti, stupratori? Alla palombella bluette interessa un’unica cosa, il mercato. Toglietele tutto, non il dolce profumo degli affari. Dobbiamo dare ragione a Norberto Bobbio quando sentenziò che la differenza decisiva tra la destra e sinistra riguarda il concetto di uguaglianza. Il fatto è che i bluettes amano un’unica disuguaglianza, la più ingiusta, legata al denaro. La disuguaglianza che amiamo noi riguarda la qualità delle persone, delle idee, la bellezza caleidoscopica delle differenze, l’essere, non l’avere.
I fucsia hanno smesso di tutelare i poveri, più soli e indifesi che mai. Per tutti, il mercato è la stella polare. È la fine della comunità, il trionfo della forma merce, l’indifferenza morale dei mezzi che prevalgono sui fini, la vittoria dei desideri- anche i più turpi, purché si abbia il denaro per poterli comprare- la sconfitta di ogni valore e principio che contraddice la mercificazione generale.
Patria, famiglia, amore delle distinte identità, apertura al trascendente, giustizia sociale, solidarietà, fratellanza, parole d’ordine spesso nemiche, tutte frullate nell’Unico del mercato misura di tutte le cose. Ogni relazione sociale è a immagine del mercato. Sappiamo quanto tutto ciò fa soffrire molti onesti militanti della sinistra tradizionale. Fa specie l’entusiasmo neofita dei fucsia, fa addirittura infuriare l’accettazione gaia del presente da parte dei bluette.
Da tempo abbiamo rinunciato a definirci in termini di destra e sinistra. Ragioniamo in termini di denuncia del capitalismo, specie nella forma globalista, di difesa dell’identità e degli interessi dei popoli, di rifiuto dell’egemonia della ragione economica e mercantile, di spirito contrapposto a nuda materia. Crediamo ancora in Dio, patria e famiglia. Per questo non potevamo essere rossi, né – assai peggio – fucsia. Con altrettanta forza respingiamo il mondo-mercato, lo show room bluette, o verde dollaro. Crollata la diga – piena di buchi e di crepe- dei valori morali ed etici “naturali”, caro Valditara, caro Tajani che ti vergogni di essere uomo e gridi viva la regina anziché viva il re come facevi da giovane monarchico, caro Sangiuliano che chiudi la porta a chi ha lottato sulla trincea culturale per santificare un film progressista, a che servite?
Una faccia della stessa moneta globalista, ecco cosa siete, una moneta svalutata che porta all’estinzione della civiltà e dei principi che una volta sostenevate, conduce all’ingiustizia, alla precarietà esistenziale, al trionfo del denaro, al dominio spregevole di pochi ricchi che dominano milioni, miliardi di poveri e sradicati. I fucsia, almeno, possono millantare il sostegno alla causa delle infinite minoranze – specie sessuali ed etniche – in cui hanno diviso il mondo per conto dei padroni.
A voi che resta? Avete perso la memoria e non l’avete cercata, come fece Michele Apicella. Vi siete liberati di idee, principi, valori nei quali giuravate di credere per mettervi al servizio degli stessi padroni dei vostri avversari, o concorrenti sul mercato, accettando il ruolo di attori non protagonisti, figli di un Dio minore, caratteristi nel ruolo del cattivo o dello sciocco. Siete la foglia di fico del sistema, quelli che, con la loro presenza, giustificano il circo pluralista, democratico, illuminato, inclusivo. In anni lontani il defunto Msi veniva sbeffeggiato come “Movimento Senza Importanza”, in quanto irrilevante sulla scena politica. Voi non siete irrilevanti, amministrate città, regioni, siete ministri e sottosegretari. Il prezzo è stato la rinuncia al vostro programma. Avete venduto l’anima a Mefistofele per diventare scialbi amministratori protempore in conto terzi, impauriti non dei condomini, ma dei veri padroni, mercati, lobby, burocrazie transnazionali, governi che contano.
Sovranità monetaria, prevalenza delle norme nazionali sui diktat UE, sostegno ai ceti medi e deboli, al commercio di prossimità, fisco non di rapina, sanità per tutti e non solo per ricchi, difesa delle frontiere, immigrazione controllata, natalità, pari dignità – non diciamo uscita! – nella Nato e nei rapporti con gli Usa, sicurezza civica, giustizia per le vittime e pene per i delinquenti. Passata la festa, gabbato lo santo. Semplice cassetta degli attrezzi elettorali delle pallide palombelle finte nemiche dei fucsia, a loro volta traditori dei ceti popolari.
Antonio Gramsci, comunista nazionalpopolare, chiedeva “connessione sentimentale” tra il ceto politico culturale e il popolo. Avrebbe il crepacuore vedendo ex epigoni e nemici indifferenti o apertamente ostili alla gente comune (sdentati, deplorevoli o peggio) avversi a ogni cambiamento perché “non c’è alternativa”. A che serve allora la politica, palombelle di ogni colore? I bluette sono sconcertati perché il “loro” capitalismo- diventato antiborghese – è nemico dei valori di ieri. Non capiscono che nella sfera della cultura e della politica, da repressivo e autoritario (i “bei” tempi in cui legge e ordine voleva dire polizia) il capitale si è fatto libertario progressista per disfarsi di ogni vincolo etico, valoriale o spirituale, ostacoli alla sua marcia verso l’illimitato e la mercificazione totale.
Diego Fusaro parla di “software di sinistra del neo capitalismo, conforme al nuovo spirito lasco e permissivo, deeticizzante e antiautoritario. Distrugge ogni vincolo comunitario e principio etico perché incompatibile con l’assetto fluido di uomini macchine desideranti, atomi consumatori in movimento perpetuo, fluidi, sciolti da ogni legame e limite in grado di opporre resistenza al consumo e all’erranza”.
Che importa, se si può continuare a fare denaro, e coltivare l’unica diseguaglianza che ci preme, quella del portafogli, replicano i bluette, che detestano pensare perché la vita è semplice: guadagnare e consumare. Il resto, principi, identità, patriarcato, cultura, educazione affettiva, è noiosa fuffa per intellettuali, moralisti, filosofi, rompiscatole. Se ne occupino i fucsia, a loro basta il conto corrente. Offrono gratis la corda per essere impiccati. Almeno, una volta la vendevano.
Roberto PECCHIOLI
Approfondimenti del Blog
(1)
«Gregor Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi.»
(2)