Come e perché occorra spezzare la catena riproduttiva delle emergenze


Illustrazione di copertina: Fabio Consoli

PANDEMIA, GUERRA, ANCORA PANDEMIA


L’emergenza bellica e la sua propaganda, non hanno funzionato. Dopo tre mesi, la maggioranza della popolazione continua a essere contraria alla politica guerrafondaia del governo e, soprattutto, è nauseata dal fatto di essere costretta a vedere la faccia di Zelensky ovunque e a qualsiasi ora. Viene da ipotizzare che se la propaganda atlantista fosse stata più sobria e meno ossessiva, il risultato avrebbe potuto essere diverso.

Come però dimostra la scarsa partecipazione alle manifestazioni di piazza da quando la guerra è cominciata, siamo di fronte a un dissenso ch’è soltanto tacito e passivo. Probabilmente, un dissenso dovuto al fatto che l’argomento Ucraina non ha per ora effetti tangibili sulla quotidianità delle persone.

In altre parole, l’opposizione alla propaganda di guerra non sta indicando un raggiunto grado di autonomia e consapevolezza del popolo rispetto alle narrazioni del potere, ma solo una distanza cognitiva da questo specifico tema emergenziale. Temo che la veridicità di questa tesi, ebbene, sarà presto certificata dalla nuova emergenza pandemica inerente al cosiddetto vaiolo delle scimmie.

Se la paura di un’influenza ch’era mortale solo in una minoranza di casi ha trasformato la maggioranza delle persone in una massa pavida e vigliacca pronta a sacrificare, senza dignità alcuna, la democrazia e il benessere psicologico dei propri figli pur di salvarsi la pelle, figuriamoci allora cosa potrebbe generare la paura del vaiolo.

Il problema che si pone adesso, non è assolutamente quello di generare un movimento contro la nuova pandemia. Così come non era, in questi mesi, quello di dare vita a un movimento che fosse esclusivamente contro la guerra.

Non è in alcun modo pensabile, cioè, il fatto di poter continuare a opporsi soltanto a emergenze specifiche: questo perché, come dimostra la sequenza di fatti di quest’ultimo anno, non appena l’opposizione riesce a elaborare l’analisi d’una specifica emergenza e a generare mobilitazione contro di essa, immediatamente gli apparati di potere passano a un’emergenza nuova.

Questo avviene perché le élite sovranazionali hanno una visione che connette i fatti entro un quadro generale e coerente, mentre l’opposizione stenta a elaborare una visione del mondo unitaria e strutturata.

Il problema, dunque, consta dello spezzare la catena riproduttiva delle emergenze attraverso la creazione d’un movimento latore d’una visione antagonista, ovvero volta a respingere e avversare TUTTI gli aspetti del potere costituito a livello sovranazionale e a smentire TUTTE le declinazioni emergenziali con cui si materializza la sua propaganda.

Per fare questo, è necessario un movimento che abbia una chiara visione del mondo, che esprima un piano d’analisi e di enunciazione che, pur salvaguardando le inevitabili differenze e sensibilità, riesca a risultare unitario.

Il movimento contro il green pass – malgrado l’approssimazione strategica, la carenza di memoria storica e l’assenza di una degna produzione teorica – ha espresso in nuce un insieme di pensieri ed enunciati condivisi e ricorrenti che, se correttamente identificati, potrebbero fungere da base per la generazione di una visione del mondo. Quel movimento ha espresso netta discontinuità con la visione del mondo dei movimenti di sinistra del passato, ma anche con la pretesa dei movimenti populisti recenti di fare a meno di un’analisi generale della realtà e della storia.

Nell’immediato futuro, occorre quindi che una squadra di persone dotate di competenza analitica, di esperienza diretta nelle piazze di questo movimento e soprattutto dotate di onestà intellettuale, metta da parte i propri desiderata e s’impegni nel tentativo di mettere a fuoco quali realmente siano gli elementi condivisi e ricorrenti della nuova opposizione. Una volta definiti questi elementi, essi vanno sistematizzati in una visione del mondo che sia capace di propagarsi a livello di massa.

Un vastissimo programma, dunque, ma inevitabile.

Dobbiamo capire che, fintanto che il signor Klaus Schwab ha una visione organica e strutturata mentre noi no, il nostro destino sarà quello di rincorrere il potere da un’emergenza all’altra, in una condizione re-attivamente difensiva e perciò stesso condannata all’impotenza.

Riccardo Paccosi

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Illustrazione di copertina: Fabio Consoli

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