”Un tempo il Partito Conformista era d’estrazione clericale e moderata, perché presupponeva l’adesione a rituali e liturgie…
PARTITO CONFORMISTA ITALIANO
Quale partito guida l’Italia? Il Partito Conformista Italiano, in sigla PCI. È il partito che realmente determina l’agenda del Paese, il dibattito quotidiano, le priorità da affrontare, e che orienta chiunque abbia ruoli di potere, gestione e influenza nel nostro Paese. Il Partito Conformista Italiano esprime il Presidente della Repubblica che rappresenta il Pensiero Conforme a cui attenersi. Non esprime direttamente il Presidente del Consiglio, che al momento è un tecnico, ma anch’egli si conforma coi suoi ministri agli indirizzi del Partito Conformista. Il PCI esercita il suo ruolo di guida soprattutto sul piano dell’informazione, della formazione e dell’istruzione degli italiani, con una spiccata propensione pedagogica e una tendenza ad ammaestrare i cittadini o a punirli e deplorarli se non si allineano. Trova terreno fertile in un Paese che da sempre va in soccorso del vincitore, si conforma, colpisce in branco chi esce dal coro.
Un tempo il Partito Conformista era d’estrazione clericale e moderata, perché presupponeva l’adesione a rituali e liturgie, tradizioni e retaggi di consuetudini e luoghi comuni da conservare; oggi, e non da oggi, è d’estrazione progressista e radicale, anche se resta a suo modo clericale, pur separato da ogni fede religiosa. L’egemonia del Partito Conformista, lo aveva intuito negli anni Cinquanta un pensatore libero e non certo di destra come Albert Camus, è nelle mani della sinistra. In uno scritto del 1957, Il socialismo delle potenze, apparso in Italia su Tempo presente, Camus scrive: “Il conformismo oggi è a sinistra, bisogna avere il coraggio di dirlo. È vero che la destra non brilla per perspicacia. Ma la sinistra è in piena decadenza, prigioniera delle parole, invischiata nel suo vocabolario, capace solo di risposte stereotipate, mai all’altezza della verità, dalla quale pure pretendono di trarre le proprie leggi. La sinistra è schizofrenica e deve curarsi, con la critica spietata, l’esercizio del cuore, il ragionamento deciso, e con un po’ di modestia”. Con Camus si scopre l’affiliazione del PC italiano al Partito Conformista Internazionale.
Camus coglie i primi segnali del gergo politicamente corretto, l’irrigidimento della mente e del cuore, l’atrofia delle facoltà intellettuali e critiche e soprattutto la mancanza di modestia, ovvero “la boria antipatriottica e il complesso di superiorità verso il popolo” come li chiamava da noi negli stessi anni Giacomo Noventa: tipica di quella sinistra presuntuosa che si arroga il diritto di stabilire i confini tra il giusto e l’ingiusto, il progressivo e il regressivo, il bene e il male e di decidere i buoni e i cattivi.
Camus notava poi nello stesso scritto che la verità non dipende dalla collocazione di chi sostiene una tesi, come ritiene invece il PCI, ma dall’autenticità nella ricerca del vero: “un giornale, un libro non sono veritieri perché rivoluzionari. Hanno una possibilità di essere rivoluzionari solo se cercano di dire la verità” (In lotta contro il destino, carteggio con Nicola Chiaromonte – Neri Pozza, uscito da poco). Da noi la verità è collocata ai piedi del Partito Conformista, allocata a sinistra e paraggi conformi. E tutto ciò che vi si discosta è considerato erroneo, arretrato, oscurantista. Se non criminale.
Il Partito Conformista Italiano esercita il suo potere all’ingrosso e al dettaglio. Il regime conformista si fa vistoso nell’informazione, nella cultura, nella rappresentazione, celebrazione e titolazione degli eventi. I festival ne sono le feste patronali, basta scorrere i nomi, le compagnie di giro (c’è magari l’eccezione al puro scopo di confermare la regola ferrea). I premi letterati fanno da contorno, sono un po’ le primarie del PCI, sagre delle camorre letterarie.
I premi importanti sono presidiati da editori, politici, intellettuali rigorosamente di parrocchia… che premiano esponenti e propagandisti del Partito Conformista Italiano. Sono divertenti le varianti periferiche e secondarie. Ve ne cito una pittoresca, a mo’ d’esempio, un piccolo espediente furbo del conformismo provinciale: premi letterari davvero minori vengono assegnati a firme del Corriere della sera e della Repubblica per ricevere in cambio la notizia del premio in bella evidenza. È la notizia a dare prestigio al premio, un circolo vizioso. La qualità del premiato? Non conta. Lo stesso criterio è esteso ai festival e alle rassegne: è d’uopo invitare un esponente del Pci per trovarsi citati dalla sua casa-madre…
Gli affiliati del PCI si riconoscono tra loro come i cani, si odorano il posteriore, luogo elettivo dove esercitano la loro disponibilità, occupano le poltrone ed esprimono la loro attitudine: il cosiddetto paraculismo…
Effetto diretto della dominazione del Partito Conformista Italiano è l’incapacità di selezionare una classe dirigente e l’assenza di meritocrazia nella vita pubblica, nella scuola, nei concorsi, ovunque.
Insomma, il PCI impregna il totalitarismo mellifluo che avvolge il nostro Paese. L’esempio primo e pessimo lo dà proprio la cultura, con annessi l’arte e lo spettacolo, che pure dovrebbe essere il terreno per gli spiriti liberi. Tra maneggioni e conventicole, cosche spontanee e famiglie organizzate, grazie al PCI prevalgono le mafie del passaparola o del passasilenzio, del riconoscimento e dell’esclusione.
Può sopravvivere uno scrittore o un artista, senza premi né riconoscimenti d’altro tipo, senza recensioni e senza accademia? La cattedra è il suo pane, l’attenzione della critica è il suo companatico, il riconoscimento è la sua acqua. Cosa resta di lui in mancanza di tutto questo? Resta solo quel che vale davvero.
Libri Citati
- In lotta contro il destino. Lettere (1945-1959)
- di Albert Camus (Autore)
- Nicola Chiaromonte (Autore)
- Alberto Folin (Traduttore)
- Neri Pozza, 2021
Descrizione
Testimonianza, talvolta commossa e commovente, dell’«amicizia tanto intensa e pudica» che uní per due decenni due giganti del secolo scorso, la corrispondenza tra Albert Camus e Nicola Chiaromonte svela, attraverso la «dura fraternità degli uomini in lotta contro il destino», i segni di una stessa condizione umana e di un comune atteggiamento dello spirito nei confronti della barbarie e della violenza, che farà dire a Camus nel 1954: «Io l’avevo riconosciuta e lei era tra le decine di esseri con i quali avevo sempre vissuto, anche in loro assenza». «Il carteggio di Nicola Chiaromonte con Albert Camus conferma la finezza e l’umanità, lo scrupolo, i rovelli, la passione mai gridata dell’intellettuale lucano; e riserva piú di una sorpresa». – il manifesto. «Bisogna essere stati soli e randagi per sapere il valore dell’ospitalità». Nella primavera del 1941, prostrato dalla perdita di Annie Pohl, la sua prima moglie, e dalla sensazione di non avere piú speranze, Nicola Chiaromonte decide di partire per Marsiglia, facendo poi rotta per l’Africa. Fugge da un’Europa devastata dalla guerra, fugge soprattutto dalla Francia, da «tutto ciò che poteva essere dolcezza, compagnia, consolazione»: la cerchia degli amici, innanzi tutto, e poi Parigi, la città raggiunta nel 1934 da esule antifascista, dove ha conosciuto Annie e stabilito un intenso sodalizio spirituale con l’intellettuale libertario italo-russo Andrea Caffi. Giunto ad Algeri, viene introdotto nel gruppo dei giovani artisti, scrittori e giornalisti che, riuniti attorno ad Albert Camus e alla Maison Fichu, cercano di ricreare, grazie all’attività teatrale, un’esperienza fraterna ed egualitaria, ispirata alla bellezza e alla libertà. All’epoca del loro primo incontro, Albert Camus ha appena terminato i suoi tre «Assurdi» – un romanzo, Lo Straniero, un saggio, Il mito di Sisifo, e una tragedia, Caligola – che esaminano il problema della società e del nichilismo contemporanei. Per Chiaromonte, tuttavia, la frequentazione di Camus e della sua cerchia, non è che l’occasione per ritrovare, in terra africana, «la Francia amata, il calore puro e netto dell’amicizia francese». Soltanto qualche anno dopo, leggendo le opere dello scrittore francese a New York, Chiaromonte comprende che una profonda affinità spirituale lo unisce all’autore dello Straniero. Dall’esilio americano, durante i drammatici anni di guerra che condussero alla disfatta di Hitler e alla bomba atomica, dà allora avvio a un intenso scambio epistolare con Camus che dura fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel 1960.