”Disperatamente attuale o perdutamente inattuale, Pasolini è il Santo patrono degli Intellettuali italiani e di tutti i profeti scontenti.
PASOLINI NON HA EREDI: VA DI TRAVERSO A TUTTI

Pasolini è il Santo patrono degli Intellettuali italiani e di tutti i profeti scontenti. Disperatamente attuale o perdutamente inattuale, su di lui si accaniscono infinite autopsie, sul corpo, sui libri, sulle idee politiche.
A lui sono ora dedicati due libri freschi di stampa: uno, assai citato prima di uscire, di Marco Belpoliti, Pasolini in salsa piccante, edito da Guanda; l’altro, di Gianni Borgna, intellettuale di sinistra, e di Adalberto Baldoni, giornalista missino, Una lunga incomprensione. Pasolini tra destra e sinistra, edito da Vallecchi, con prefazione di Giacomo Marramao. Lasciamo stare il solito giochino se Pasolini era di destra o di sinistra.
Pasolini era Pasolini, marxista eretico e reazionario, comunista antimoderno, populista rurale e spirito religioso ma blasfemo; esteta decadente, parallelo in senso inverso a D’Annunzio. Oggi è scomodo a sinistra come al centro e a destra, inadattabile all’epoca delle passioni spente e delle ideologie cadaveri. Politicamente inattuale, se non per qualche traccia lasciata su Nichi Vendola, anch’egli comunista e religioso, con aspirazione a diventare omo della provvidenza.
Ve lo vedete Pasolini nella tv a colori o commerciale, nelle prime e terze pagine di oggi, a dialogare, fare opinione e gossip? Più facile vederlo in una caricatura di Crozza, Marcorè e Guzzanti che da Vespa, a Ballarò o da Santoro o in piazza con Moretti o Benigni, Di Pietro o Bersani. Oggi sarebbe contro Berlusconi ma anche contro il berlusconismo di sinistra e il vuoto spinto generale. In una cosa Pasolini fu profeta ascoltato: nelle Lettere luterane auspicò che la Rai fosse appaltata ai partiti. Purtroppo fu accontentato.
Di Pasolini è celebrato il lato più detestabile: il blasfemo regista de La ricotta e del sadico Salò, l’omosessuale che ama i ragazzini, l’intellettuale marxista da salotto e da tv che pure auspica la morte dei salotti e della tv. Oggi domina quel ceto neoborghese che Pasolini criticò ferocemente: «Il conformismo presentato come indignazione, cameratismo, coro, gazzarra, ricatto morale, creazione di false tensioni e attese precostituite, demagogia, linciaggio, razzismo, moralismo, disumanità». Mi pare di vederli ancora…
Hanno sostituito la vecchia borghesia, cristiana e perbenista, con la nuova borghesia, cinica, gaudente e progressiva. Pasolini criticava il sesso ridotto a obbligo e consumo, nell’onda permissiva vide il nuovo oppio dei popoli.
Lottando contro i valori tradizionali e religiosi, notava Pasolini, i giovani estremisti rendevano un servizio al nemico che dicevano di combattere: sgombrando il terreno da religione e valori, lasciavano campo libero al dominio del neocapitalismo, con il suo laicismo, le sue merci e la sua tecnocrazia. Secondo Pasolini «l’unica contestazione globale del presente è il passato», e «solo nella Tradizione è il mio amore». Non c’è male per uno «de sinistra».
«La destra divina è dentro di noi nel sonno» scrive PPP. Nota un critico su Pasolini: «La nostalgia per un modo di essere che appartiene al passato (e che talvolta dà a Pasolini quasi un timido e sgraziato furore reazionario) e non si restaurerà più per una definitiva vittoria del male… e dei valori nuovi che a Pasolini sembrano intollerabili». Un po’ esagerato questo critico, chi è? Pier Paolo Pasolini medesimo…
La differenza tra i conservatori e Pasolini era che i primi lo erano nel nome del padre (da qui il loro paternalismo autoritario), lui lo era nel nome della madre (da qui il suo legame ombelicale col passato). In quella differenza c’è la sua eresia e la sua omosessualità. All’amor patrio Pasolini preferì l’amor matrio. Più che le radici amava le matrici, la madre terra, la madre chiesa e la madre lingua. «Assisto dall’orlo estremo di qualche età sepolta».
Poi però penso che per Pasolini le macerie spirituali presenti non erano paragonabili con quelle del passato; che la tv con i suoi modelli pervertiva l’anima del Paese; che la libertà sessuale e omosessuale è una forma ossessiva di conformismo e di consumismo; che i giovani di oggi sono morti che camminano, omologati e spenti, artificiali e contro natura (parole sue)…
E allora mi frulla un dubbio: ma Pasolini parla del suo tempo o del nostro? Se l’Italia era così già nei primi anni Settanta, che c’entra Berlusconi che non era al governo e nemmeno si occupava di tv? E il clerico-fascismo di cui lui parlava, che ci azzeccava con questa Italia nichilista e consumista che è proprio il contrario dell’Italia voluta dai preti e dai fascisti?
Insomma, di questo cortocircuito pasoliniano nessuno scrive; ma i ribelli e i dubbiosi non sono più ammessi. Vi cito un esempio diretto. Scrissi di Pasolini «da destra» già nel 1987, lo paragonai tanti anni fa a Mishima, sottolineai le sue poesie friulane e tradizionaliste, scovai la sua ultima poesia dedicata a un giovane fascista, portai alla luce il suo richiamo alla destra divina. Oggi c’è chi riutilizza tutto ciò per legittimare piccole porcherie della politica presente.
Ma la cosa più interessante è che scrissi del Pasolini populista e reazionario nel paginone centrale della Repubblica, nel 1995, come ricorda il libro di Borgna e Baldoni. Dopo non fu più possibile, grossi giornali mi censurarono su Pasolini, furono troncate collaborazioni libere e trasversali…
Insomma c’era più circolazione delle idee quindici anni fa che oggi; domina uno spirito di caserma intellettuale, i giornali vanno alla guerra. Pensavamo con Pasolini che il peggio fosse l’omologazione. E invece, nel cuore dell’omologazione è spuntato un livore becero e manicheo. Anche nella decadenza c’è sempre la possibilità di progredire…
Perciò aveva torto Pasolini quando scriveva che «la nuova generazione è infinitamente più debole, brutta, triste, pallida, malata di tutte le precedenti generazioni ». O aveva ragione, ieri come oggi…
MV, Il Giornale, 10 novembre 2010
Pasolini ora è buono ma censurato è meglio
Ma volete dirlo che Pasolini era contro la modernità, il ’68, la borghesia radical chic, la società permissiva e irreligiosa, l’aborto e la manipolazione genetica, i figli di papà che attaccano i poliziotti ma risparmiano i magistrati, la pornocrazia e la droga?
Volete ricordare che fu cacciato dal Pci perché omosessuale, osceno e corruttore di minori, che ebbe un fratello partigiano ucciso dai partigiani comunisti, che criticò il moralismo e la voglia di potere di Lotta Continua, che fu attaccato a sinistra da numerosi critici e militanti perché ritenuto reazionario, decadente, esteta, populista, passatista, nostalgico della
società contadina?
Volete dirlo che il primo articolo di Pasolini fu il resoconto entusiasta di un viaggio con gli universitari fascisti a Weimar per incontrare in piena guerra mondiale i camerati nazisti e franchisti, e l’ultima sua poesia è dedicata ad un giovane fascista a cui suggerisce di amare la Tradizione e di compiere tre atti significativi: difendi, conserva, prega?
Volete dirlo che Pasolini rifiutò di entrare nel movimento omosessuale, il Fuori, e che oggi sarebbe contro la pagliacciata dei gay pride e il matrimonio gay perché, lui omosessuale, aveva un’idea tragica e intimamente cattolica dell’omosessualità che viveva come scandalo e trasgressione e non pretendeva il certificato del sindaco e l’elogio dei mass media?
Volete dirlo che criticò la tv perché involgarisce e dissacra, assai prima che spuntasse Berlusconi, a dimostrazione che non è stato il Cavaliere a produrre la malativù, semmai ne è stato il prodotto? Volete ricordare che girò un film in due episodi con il “reazionario” Guareschi ma, dopo il pressing intellettuale e politico perché si era sporcato con un “fascista” (quando Guareschi, poverino, era finito in un campo di concentramento tedesco), fece ritirare il film, La Rabbia?
Volete ricordare che PPP criticava il fascismo non perché fosse il braccio armato della reazione ma perché aveva concorso a distruggere i valori tradizionali e amava il comunismo perché a suo dire era una forma di resistenza all’irreligione e alla modernità neocapitalista?
Volete aggiungere che Pasolini odiava la Dc non perché fosse un partito conservatore e confessionale ma perché la riteneva agente della scristianizzazione e del nuovo capitalismo, anzi la definiva «il nulla ideologico mafioso»? Volete rammentare che preferiva il mondo contadino e la castità femminile, i valori religiosi e le lucciole all’industria, al
femminismo, al laicismo?
Volete riconoscere che criticava il razzismo perché riteneva che nascesse da un’intolleranza dei moderni verso gli antichi, degli industrializzati verso gli arretrati, di coloro che vivono nella luce artificiale dello sviluppo verso coloro che hanno «facce bruciate dal sole di epoche andate», e amava il terzo Mondo più per antimodernità alla Guenon che per filantropia alla Veltroni?
Certo, Pasolini era comunista, era anzi marxista eretico come si definiva; ha fatto film indigeribili, era ossessionato dal sesso, ha scritto in anticipo il processo delle Br ad Aldo Moro e a Carlo Casalegno; ha criticato la tv e la stampa borghese ma troneggiava su entrambi. Ed è stato avversato dai conservatori benpensanti non perché fosse omosessuale, come oggi si ripete, ma perché ritenuto pedofilo, corruttore di minori, di cui si dichiarava appassionato. Quando vedo gli attacchi a Pasolini della stampa di destra di quegli anni, un po’ inorridisco per il linciaggio triviale, anche se il clima era violento e quel mondo era assediato anche fisicamente (persino comprare un giornale di destra nei primi anni settanta metteva a rischio l’incolumità); ma un po’ capisco l’invettiva e la difesa contro un modello che ritenevano degenere e corruttore. Certo, era gente che si fermava alla vita di Pasolini, alla sua immagine pubblica e ai suoi vizi privati, e non leggeva i suoi scritti e le sue poesie; lo coglieva solo a metà, ma quella metà era vera come l’altra. Difendevano in modo rozzo la famiglia e i loro valori. Oggi leggo untuose articolesse celebrative per i trent’anni dalla sua morte, mentre finiscono nel silenzio tentativi di rappresentare l’altra verità. Non c’è spazio per nessun’altra lettura della sua opera e della sua vita: si veda il silenzio sulla tre giorni pasoliniana organizzata a Salò da una giunta di centro-destra.
È poi indecente l’uso della morte di Pasolini per rilanciare la matrice politica e fascista del suo assassinio, con il Comune di Roma che si costituisce parte civile. Trovo indegne le strumentalizzazioni e perfino la credibilità riconosciuta ad uno come Pelosi, mentre è praticamente proibito sostenere – come sta tentando di fare qualcuno – la tesi, altrettanto ipotetica, ma almeno suggestiva sotto il profilo letterario, che Pasolini avesse organizzato la sua morte e previsto i suoi atti in numerosi suoi scritti. Ma questa tesi, che innalza
lo scrittore Pasolini ma sprofonda l’uso politico della sua morte, non si può dire, anche solo a livello di ipotesi scenica, teatrale o filmica.
Infine, se oggi Pasolini non accettasse di celentanizzarsi, di farsi testimonial di Prodi e della borghesia radical, di Zapatero e dei gay, ma continuasse a scrivere le cose di ieri, magari criticando il berlusconismo di destra e di sinistra, non sarebbe in vetrina e in tv, ma scriverebbe su giornali marginali, sarebbe scansato come petulante, moralista e catastrofista, quasi iettatore. Perciò non dite: ah, come ci vorrebbe oggi un Pasolini: se ci fosse davvero, finirebbe chiuso in un cesso. La sinistra ne ha fatto un suo eroe ma per anni l’ha emarginato e persino espulso dal Partito comunista perché omosessuale.
Marcello Veneziani
LIBRI CITATI
Una lunga incomprensione.
Pasolini fra destra e sinistra
di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna
Ed. Vallecchi, 2010.
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Pasolini in salsa piccante Copertina flessibile – 4 nov 2010
di Marco Belpoliti (Autore)
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Immagine: Pier Paolo Pasolini ritratto da Tullio Pericoli.
Articolo apparso su Libero il 6 novembre 2005.