Scopro che anche la pastasciutta può essere… antifascista
PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA?
Scopro che anche la pastasciutta può essere… antifascista. E lo scopro con grande sorpresa. Anzi, con profondo disdoro. Perché io, lo confesso, sono sempre stato un, convinto e praticante, pastasciuttaro. Ma antifascista no. Proprio no.
E adesso come faccio? Mi toccano brodi e minestrone? Che, a quanto sembra, non sono anti… o, per lo meno non schierati politicamente. Però, per quanto apprezzi zuppe e paste e fagioli, risotti e gnocchi, io alla pastasciutta non intendo rinunciare. Ma neppure voglio irregimentarmi con la Boldrini, la Salis, Soumahoro e Fratoianni…
Un bel dilemma… cornuto. Perché se mangio la pastasciutta devo diventare antifascista. E se non la mangio… beh, la mia vita si intristisce. Di molto.
Però… mi viene in mente Aldo Fabrizi. Grandissimo attore romano e pastasciuttaro convinto e pervicace. Che alla Pastasciutta aveva dedicato uno dei suoi libri più felici. Un intrico di ricette e sonetti nel suo, sonoro, romanesco.
Che ne penserebbe, oggi, di ‘sta moda della pastasciutta antifascista che inonda il web?
Lui, che al funerale di Giorgio Almirante era in prima fila. E piangeva come un vitello… (Ma piangono davvero, poi, i vitelli?)
Accanto aveva un altro pezzo di cultura popolare romana. Lando Fiorini. La voce più calda di Trastevere e degli altri rioni popolari (almeno un tempo).
Fiorini lo vidi e lo sentii cantare al “Puff”, il suo cabaret nel cuore di Trastevere.
Straordinario quando intonava la sigla de “Il segno del comando”.
Din don, din don, Amore…
E feroce nelle sue battute contro i politici di sinistra…
E mentre parlava e cantava, ai tavoli ti servivano una pasta alla gricia da paura…
Perché, a quei tempi, la pastasciutta era roba da fasci. Popolare, populista… i sinistri, i democratici andavano a mangiare il Sushi. O, al massimo, il kebab. Per dimostrarsi multietnici.
Carbonare, gricia, amatriciane, cacio e pepe… per non parlare, poi, degli spaghetti in camicia nera. Col nero di seppia. E magari serviti in un locale che si chiamava “Il federale”. Ispirato al film con Ugo Tognazzi. Altro appassionato di pastasciutta. E, in gioventù, milite della RSI, come il suo amico Raimondo Vianello.
Perché i fasci di un tempo amavano la vita, l’allegria, fare cagnara e cantare in compagnia. Erano, a ben vedere, vivente prova di quella “autobiografia della nazione” di cui aveva parlato Piero Gobetti. Che era, sicuramente, antifascista, quando questo significava rischiare. Ma non mi risulta che si sia mai sognato una qualche classificazione ideologica di piatti e pietanze.
E la Pastasciutta è l’emblema di quell’Italia, diciamo così, nazional-popolare, un po’ becera forse, ma spontanea. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. La mangiava Peppone, il sindaco comunista. La mangiava Don Camillo. E la mangiava anche Dario Camoni, il fascista irriducibile di uno dei, tanti, racconti di Guareschi.
La si mangiava alle Feste dell’Unità. Quando i comunisti erano ancora operai e contadini.
E alle Feste de Il Secolo d’Italia. Quando i fascisti erano ancora orgogliosi del loro passato. E non inseguivano, improbabili, legittimazioni democratiche.
Insomma, univa gli italiani, al di là delle ideologie.
Adesso, però, ne vogliono fare un simbolo antifascista…
Però mi chiedo che cosa possa aver a che fare la buona, saporosa, fumante pastasciutta con Capalbio, gli armocromisti, la cultura woke, il pride Lgbtq+…
Credo che farebbero meglio a dedicarsi ad un regime rigorosamente vegano.
Approfondimenti del Blog
Rivi Lionello
3 Agosto 2024 a 16:27
Al solito piatto alternativo alla pastasciutta antifascista, vale a dire pasta al nero di seppia, proporrei un piatto educativo, forse un pochino indigesto se preso in eccesso, ma nella giusta misura buono e salutare: i manganelli all’olio.