Me lo ritrovo lì davanti. Seduto. Con il cappellaccio sformato di sghimbescio in testa, il mezzo toscano…

Don Camillo & Peppone

PEPPONE


Me lo ritrovo lì davanti. Seduto. Con il cappellaccio sformato di sghimbescio in testa, il mezzo toscano… si è anche versato un bicchiere di vino. Mi guarda.

Non ti ho sentito entrare…

Si stringe nelle spalle…

“Noi fantasmi non facciamo rumore. E, poi, tu eri appisolato sul divano. È un po’ che aspetto…”

Ma tu non sei un fantasma… tu sei un personaggio di fantasia… non sei reale.

Sbuffa. Poi, nell’inconfondibile accento della Bassa

“Reale? Io sono più reale di tanti che incontri ogni giorno al bar e per strada. O meglio, reale lo sono stato. E non solo nei libri. Il Giovannino prendeva spunti, e personaggi dal suo mondo. Che era, anche, il mio. Oggi… beh, oggi per me non c’è più posto…”

Avverto una punta di amarezza. E resto in silenzio, aspettando che continui.

“Già… che se ne fanno di uno come me… era cominciata quando ancora lui raccontava le sue storie… con quei giovani hippy, i maoisti e tanti altri… adesso poi… che razza di genia… hanno tolto la falce e martello, che erano simboli di lavoro. Di fatica. E che ti hanno messo al suo posto? Un beneamato niente. Che potevano mettere?  Gladioli? Asparagi? O… (e qui dice una cosa che non posso scrivere…).

E poi nessuno che manco sa cosa sia lavorare in officina. O arare un campo sotto il sole… tutti figli di papà con la puzza sotto il naso. Che sparlano americano. E tutti lì, nei salotti, a mangiare avocadi e salmone, e pontificare sui diritti civili, le minoranze, i migranti e, come li chiamano? I genecosi… quelli là insomma… e dei diritti dei lavoratori? Non gliene frega più niente a nessuno. Anzi, proprio loro glieli hanno tolti in nome di quella boiata, il Libero Mercato lo chiamano… lo so io come dovrebbero chiamarlo. Lo so io…”

Brescello – La statua di Peppone

Si toglie il cappellaccio. Lo sventola. Poi…

“Erano persino meglio i vecchi agrari dei miei tempi. Persino Dario Camoni. Quel boiaccia che mi ha fatto bere l’olio due volte. Ma almeno era un uomo…”

Beh, dai… anche il Camoni di come vanno le cose oggi proprio contento non deve essere…

“Proprio per niente… anzi, me lo diceva l’altro giorno… sai, da quando siamo fantasmi ogni tanto ci facciamo una chiacchierata per rivangare i vecchi tempi… comunque anche lui non si riconosce più nei suoi…

Suoi… bah, che hanno a che fare quelli con i vecchi fascisti proprio non lo so… e quegli altri con noi comunisti? come ‘sta Schlein, Schlain manco si riesce a pronunciare il nome, manco italiana… ricca, viziata, cresciuta all’estero… piace alla grande finanza americana…. e te la fanno segretario… ci pensi? Segretario!

Ah, se ci fosse ancora lui…”

Lui?

“Si, lui. Stalin. Avrà avuto i suoi difetti. Ma era un’altra cosa. E noi eravamo gente seria”.

Su questo preferisco non discutere…

Però adesso non esagerare… sembra quasi che ti dia fastidio che sia donna…

“Donna? Che sono donne quelle? Ma no, poi, io ho sempre avuto rispetto delle donne, delle lavoratrici, che erano anche mogli e madri… ma questa mai ha lavorato un’ora in vita sua…. e poi è una con tre passaporti. Un’Amerikana. E per di più con origini ucraine. E odia la Russia…”

don Camillo e il sindaco Giuseppe Bottazzi nel film: Don Camillo monsignore… ma non troppo 1961

Non è la sola di questi tempi. Sai Peppone, qui ce l’hanno tutti con la Russia…

“Che vuoi che ti dica?” si caccia il cappello in testa. “A me la Russia piaceva. Forse più quella che sognavo, di quella reale…” si alza, e allarga le braccia. “Comunque mi piaceva, ecco… mi dava speranze per il futuro. Un mondo più giusto. Non più sfruttatori e sfruttati… questa America in cui invece oggi tutti credono, anche quelli di sinistra, anzi soprattutto quelli… che cosa ti permette di sognare? Che razza di mondo?”

Accenna ad andarsene.

Aspetta….

Si volta.

Salutami lui… don Camillo…

Sorride sotto i baffi.

“Oh, se è per questo, mi sa che lo vedrai presto… ne ha anche lui cose da dire… sui suoi.”

Sparisce. È l’alba ormai. Le campane della chiesa francescana segnano le sei.

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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