”La gente ama festeggiare e godere delle vittorie. La verità è sempre immensamente diversa dalla propaganda dei vincitori della guerra
PERCHÉ IL MURO DI BERLINO
Una pagina poco nota della Storia
(parte prima)
È impossibile scrivere una storia subito dopo una guerra. Il perdente non ha chi possa scriverne. Gli storici della parte vittoriosa sono impediti dagli anni della propaganda di guerra che servì per demonizzare il nemico e, nel contempo, sono obbligati a nascondere i crimini degli orgogliosi vincitori. Una qualunque storia della Seconda guerra mondiale in Europa deve tenere conto che i documenti per raccontarla sono distribuiti dalla nuova Zelanda all’Australia, attraverso il Canada e gli Stati uniti, fino alla Gran Bretagna e infine all’Europa. Uno storico che voglia percorrere la via della verità si troverà di fronte lunghi anni di dure indagini, di affinamento della propria capacità di valutare e di assimilare la sostanza di ciò che scopre e, infine, di formulare un quadro veritiero di ciò che ha saputo raccogliere. La verità è sempre immensamente diversa dalla propaganda dei vincitori della guerra
Paul Craig Roberts
Il Muro costituisce la metafora e la sintesi dell’intera Guerra fredda. È uno dei principali fondamenti della sconfitta definitiva del socialismo reale.
Si potrebbe partire da un luogo comune: chi ha vinto la Seconda guerra mondiale? Sento già un coro di voci dire: l’America. Ecco, il lettore che si appresta a leggere questo articolo si deve munire di coraggio lo stesso che Hegel, in una celebre lezione a Berlino del 22 ottobre 1818, definiva il «coraggio della verità» (Mut der Wahrheit), è il fondamento della filosofia. Esso è fondamentale per capire perché si è costruito il Muro.
Chi volle e realizzò lo smembramento della Germania
I piani per la divisione della Germania ebbero inizio ancor prima della fine della guerra.
Alla Conferenza di Teheran tenutasi il 1°dicembre 1943 dove per la prima volta si riunirono i cosiddetti “Tre Grandi” della Seconda guerra mondiale: Iosif Stalin, per l’Unione Sovietica, Franklin Delano Roosevelt, per gli Stati Uniti d’America, e Winston Churchill per il Regno Unito. Roosevelt presentò un piano per lo smembramento della Germania in 5 stati e altre 2 aree sotto controllo internazionale. Tale proposta fu appoggiata da Churchill. Un altro piano per lo smembramento della Germania fu il Piano Morgenthau, preparato dall’ufficiale americano Henry Morgenthau, Jr su ordine del Presidente USA. Il piano Morgenthau venne messo in atto immediatamente dopo il crollo nazista, senza neppure attendere l’appuntamento cruciale che era già stato concordato e che sarebbe stato ricordato come Conferenza di Potsdam (nome in codice “Terminal”), tra il 17 luglio e il 2 agosto 1945. Il suo inizio porta la data del 10 maggio 1945, fu firmato da Harry Truman subentrato dopo la morte improvvisa di Roosevelt avvenuta il 12 aprile 1945.
Il piano prevedeva tra l’altro:
- la separazione della Germania in due stati, uno al nord e uno al sud.
- l’autonomia dell’area industriale della Ruhr e la sua conversione in una zona internazionale.
- la conversione della Germania da paese industriale a paese agricolo.
Fu anche sottolineato che «sarà più facile trattare con due Germanie che con una».
Questo piano fu la base di discussione di Roosevelt con Churchill alla Conferenza di Québec, tenutasi dal 12 al 16 settembre ’44. In questa conferenza i due leader decisero il distacco della Ruhr e della Saarland dalla Germania e la sua conversione «principalmente in un’area agricola e pastorale».
Fu il risultato della ferrea volontà di Henry Morgenthau Jr. di punire irrevocabilmente la Germania e i tedeschi. Egli stesso nei suoi diari ricordò di aver proposto a Roosevelt, nel 1944, di fucilare sul posto, senza processo, i primi 50 o 100 capi nazisti che fossero stati catturati. La proposta non fu raccolta(1). Negli alti comandi USA si disse che il suo piano sarebbe stato equivalente al combattimento di dieci divisioni tedesche. In effetti il Piano Morgenthau, o una sua parte, entrò in possesso di Joseph Goebbels, ministro della propaganda del Terza Reich, che ne fece materiale per incendiare la furia dei suoi ultimi combattenti. «Impedite» scrisse «che la Germania venga ridotta a un campo di patate»(2)
In realtà stavano maturando, all’interno della coalizione occidentale, idee del tutto diverse da quelle di Henry Morgenthau Jr. sul modo di trattare la Germania sconfitta. Fin dai giorni di Potsdam, a Washington, Londra e Parigi (soprattutto a Londra) si rafforzò l’idea che la Germania avrebbe potuto essere utilizzata come alleato cruciale contro l’Unione Sovietica. Dunque, che non si dovesse affatto ridurla ad un campo di patate.
Quando la delegazione americana partì per partecipare all’incontro di Potsdam, Morgenthau fu escluso senza troppi complimenti dalla squadra negoziale. In qualità di segretario del tesoro egli si rivolse a Truman minacciando le sue dimissioni e il risultato fu che Truman le accettò immediatamente. Ma Morgenthau non si diede per vinto. Nell’ottobre del 1945 egli aveva pubblicato un libro in cui motivava dettagliatamente la sua dottrina, sotto il titolo Germany is Our Problem (3)
Ma in cosa consisteva Il Piano Morgenthau? Era una proposta per eliminare la capacità della Germania di fare la guerra dopo la Seconda guerra mondiale, eliminando la sua industria degli armamenti e rimuovendo o distruggendo altre industrie chiave fondamentali per la forza militare. Ciò includeva la rimozione o la distruzione di tutti gli impianti e le attrezzature industriali nella Ruhr.
L’intera squadra dei “Morgenthau Boys” si dimise solo nel luglio 1947, quando la direttiva Jcs 1067 fu sostituita dalla Jcs 1779. La parola d’ordine che riassumeva la nuova linea era questa:
«Una Europa ordinata e prospera richiede il contributo economico di una Germania stabile e produttiva».
Un completo capovolgimento di fronte che provocò la durissima risposta di Stalin. Sostanzialmente l’alleanza anti-nazista finiva in quel momento. Cominciava quella che sarebbe poi stata definita come Guerra fredda.
Dunque, i patti delle Conferenze di Jalta (nome in codice “Argonaut”). (4-11 febbraio 1945) e quelle di Potsdam (17 luglio 2 agosto 1945) dove le tre potenze, Stati Uniti, Inghilterra e Unione Sovietica – in seguito venne aggiunta la Francia – i patti vennero meno con quel nuovo stravolgimento di fronte. I patti furono rotti dall’America e dall’Inghilterra soggetto servitore. In quel momento finiva l’impero britannico anche se Churchill tentava di tenerlo ancora in piedi. Il nuovo impero era l’America. Tutto quello che è stato costruito prima del Muro di Berlino è stato fatto dall’occidente contro l’Unione Sovietica per rovesciare il risultato della Seconda guerra mondiale. La Seconda guerra mondiale l’ha vinta integralmente l’Unione Sovietica. La battaglia di Stalingrado (17 luglio 1942 – 3 febbraio 1943) è stata la svolta, se non ci fosse stata la battaglia di Stalingrado il mondo sarebbe stato completamente diverso. I Russi che hanno vinto a Stalingrado, hanno vinto la guerra, tant’è vero che le truppe sovietiche sono arrivate a Berlino con un mese di anticipo rispetto alle truppe americane. E Stalin si fermò ad attendere le truppe americane, quest’ultime ancora impegnati a Dunkerque, quando, se avesse voluto, avrebbe potuto arrivare fino a Parigi. Si fermò per onorare i patti siglati a Jalta e poi a Potsdam. Naturalmente non si trattò solo di generosità di Stalin egli non poteva andare avanti perché la Russia era in ginocchio, ci siamo dimenticati che la guerra è stata combattuta in Russia sul territorio russo, ci siamo dimenticati che l’Unione Sovietica in quel momento, pur avendo avuto un’economia in grande sviluppo prima della guerra, c’erano i piani quinquennali che andavano benissimo, la Russia era nel pieno dell’industrializzazione, naturalmente industrializzazione forzata, violenta, repressiva, terrorismo di stato contro il popolo, ma era un paese potente. Dopodiché arriva la guerra in casa sua, e la Russia perde nel corso dei primi mesi di guerra 2, 3 milioni di uomini. Poi, secondo alcune valutazioni, alla fine del conflitto i morti furono 22 milioni di uomini maschi.
Poi la Russia dopo Stalingrado invade tutta l’Europa dell’Est e tutti questi paesi hanno subito la guerra. Varsavia, Bucarest, Budapest, Belgrado tutto è stato travolto dalla guerra e dunque tutta la parte che l’Unione Sovietica aveva conquistato fino a Berlino era distrutta e non c’erano capitali, ecco una delle ragioni per cui Stalin si era fermato a Berlino perché non aveva la forza economica, non militare, ma sapeva che con quel retroterra sarebbe stato molto difficile, combustibili, raffinerie, petrolio, strutture industriali, treni tutto questo non c’era più. E dall’altra parte c’era l’America che aveva avuto in quegli anni un immenso sviluppo industriale. Non dimentichiamoci che la guerra è stata fatta tutta in Europa non in America. L’America finiva la guerra nel ’45 con la sua economia al massimo, con la piena occupazione, un mucchio di crediti perché tutte le spese militari l’America le aveva anticipate, innanzi tutto alla Gran Bretagna, ma anche a tutti i paesi europei. Quindi era ricchissima dal punto di vista finanziario, ricchissima dal punto di vista industriale. Sembrerebbe un paradosso ma le immense risorse costituivano un problema. Ricordiamoci che nel ’29 gli Stati Uniti ebbero quella rovinosa depressione, gli americani erano terrorizzati da quel ricordo, perché se la guerra finiva dove andavano a finire i cantieri dove avevano costruito le navi da guerra e le fabbriche dove avevano costruito tutto l’armamentario militare esportato in Europa. Dunque, gli Americani erano terrorizzati a quel pensiero.
Difatti loro avevano già attuato le loro previsioni dove, alla Conferenza di Bretton Woods (1-22 luglio 1944), data da tenere a mente, quando ancora non c’era stata la battaglia decisiva di Stalingrado ma la guerra comunque aveva preso una piega che nulla lasciava sperare in una vittoria della Germania, l’America in quella Conferenza riunì tutto l’Occidente e anche un po’ di oriente e disse che lì si dovevano stabilire le nuove regole del mercato mondiale e non è un caso se tutta la struttura economica industriale e finanziaria del mondo attuale è stata costituita a Bretton Woods. Il Fondo Monetario Internazionale fu creato da quell’incontro, come la Banca Mondiale. Hanno dunque realizzato un nuovo sistema che prevedeva il dollaro come moneta mondiale, questo prima, molto prima che finisse la guerra.
Il grande stacco avviene quando muore Roosevelt poco dopo Jalta è qui che tutta la storia prende un corso completamente nuovo rispetto a quella scritta dai vincitori dove hanno potuto compilare verità e menzogne raggiungendo vette quasi orwelliane. Quando a Roosevelt gli subentra in tutta fretta Truman la visione della Russia e di Stalin muta.
Per Roosevelt, come lo si vide a Jalta durante la conferenza, il rapporto tra i due era migliore che tra Stalin e Churchill e questo è un fatto reale che in seguito si è saputo dalla memorialistica successiva che Roosevelt aveva una grande stima dei russi e della Russia, e a Stalin in persona, con sincera ammirazione e stima. Non certo perché fosse marxista o socialista, ma perché aveva una visione del futuro in cui era prevista la possibilità di una cooperazione pacifica dei due Paesi. Queste idee, del resto, le aveva manifestate pubblicamente durante la Grande depressione, nel pieno del liberalismo incondizionato dominante negli Stati Uniti, sostenne la possibilità di un’economia mista dove lo Stato potesse svolgere un grande ruolo di orientamento, ingerendosi nelle scelte economiche dove l’iniziativa privata si fosse rivelata carente, o inadeguata. Non c’è dubbio che, se Roosevelt fosse rimasto in vita in quei mesi e anni fatali, il corso degli eventi sarebbe stato sostanzialmente diverso.
Quando Truman viene fatto presidente gli eventi mutano. Non dimentichiamo che Truman rappresenta un’altra parte dell’America, quell’America che è stata uno dei finanziatori del nazismo, ci sono i documenti. Subito dopo la guerra quando Roosevelt era ancora presidente, la magistratura americana individuò addirittura 1200 banche americane che avevano finanziato l’industria militare tedesca e furono messe sotto processo, poi naturalmente il processo non ci fu. Quindi ci sono possenti responsabilità politiche degli Stati Uniti d’America nella nascita e crescita del nazismo. Se non ci fosse stato l’aiuto americano Hitler non sarebbe stato finanziato nei momenti cruciali, per esempio quando il 4 gennaio 1933 Hitler, in grave difficoltà, venne salvato dalla Banca Schroeder, patrocinata da un gruppo di industriali tedeschi, c’erano due americani ad assistere e guidare l’operazione: i fratelli John Foster Dulles e Allen Dulles. Andando a ritroso lo troviamo già direttore del OSS in Svizzera, con il nome in codice di “Agente 110”, sotto la copertura di assistente dell’ambasciatore americano. Vi restò dal 1942 a 1945. Luogo ideale per un avvocato, per un banchiere e per un intermediario della compravendita di armi quale era stato nel decennio precedente.
Ma la sua dimestichezza con i nazisti risale parecchi anni prima del suo servizio in Svizzera. Per esempio quando il 4 gennaio 1933 Hitler, in grave difficoltà, venne salvato dalla Banca Schroeder, patrocinata da un gruppo di industriali tedeschi, c’erano due americani ad assistere e guidare l’operazione: i fratelli John Foster Dulles e Allen Dulles. Il secondo, nel 1934 entra nel consiglio di amministrazione della Banca Schroeder e il primo ne diventa consigliere legale. E, colpo di scena degno di un romanziere di spionaggio, due anni dopo la Banca Schroeder si unisce alla Rockefeller & Co. La quale, a sua volta incorpora la Brown Brothers Harriman e Rock (sta per Rockefeller), dove Dulles fa convergere tutte le sue attività finanziarie con quelle di Prescott Bush.
Numerose operazioni di spionaggio di Allen Dulles furono portate a compimento proprio grazie alle sue vaste amicizie e conoscenze degli ambienti nazisti. Mediante le quali egli riuscì a conoscere in profondità metodi, strutture e uomini dei servizi segreti del Terzo Reich. Infatti, è lui il protagonista – a partire dal novembre del 1945, fino ai primi anni Sessanta – dell’Operazione Paperclip (graffetta) con cui gli Stati Uniti “importarono” circa 20.000 tra scienziati tedeschi e le loro famiglie. L’operazione fu autorizzata dal presidente Truman e fu mantenuta rigorosamente top secret. Certo, avrebbero dovuto essere puniti, ma si usò la foglia di fico per distinguere quelli che erano “molto nazisti” da quelli che lo erano un po’ meno. Alcuni di loro erano però troppo importanti per essere resi visibili e, dunque, il servizio segreto americano ritoccò le loro biografie, fornì documenti falsi, apponendovi una graffetta per poterli rintracciare all’occorrenza. E procurò loro case, rifugi, uffici, laboratori in altri Paesi, molti dei quali le “quasi colonie” latino-americane degli Stati Uniti.
Il significato e l’importanza di questa operazione furono cruciali. Gli Usa presero in un sol colpo diversi piccioni. Acquisirono, da un lato, parti cruciali dei progressi scientifici della Germania nazista, sottraendoli al rischio che cadessero in mano sovietica. Dall’altro poterono utilizzare i nazisti tedeschi, naturalizzati americani, come spie da infiltrare in territorio sovietico.(4)
I due fratelli capirono che la Russia aveva vinto la guerra e che bisognava sconfiggerla. Decisero così che bisognava usare i nazisti contro la Russia che li cercavano nella Germania e loro li presero li nascosero li portarono in America.
La storia muta
Che ne è della denazificazione della Germania che era scritta negli accordi di Jalta e in quelli di Potsdam:
«il regno Unito, gli Stati Uniti d’America, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, assumeranno il potere supremo sulla Germania. Nell’esercitarlo essi prenderanno quelle misure di completo disarmo, di smilitarizzazione e smembramento della Germania che riterranno necessarie per il futuro della pace e della sicurezza» (5)
Di quel cambio c’erano tutte le premesse, che solo la presenza di Roosevelt era riuscita fino a quel momento a frenare. Ad esempio, solo pochi mesi dopo, la vittoria finale, il «Wall Street Journal» Avanzava l’ipotesi di un’alleanza militare dei Paesi occidentali, nella quale inserire uno Stato tedesco dell’Ovest(6). E il «Times» di Londra, quasi in contemporanea, proponeva di dichiarare decaduto l’appena firmato accordo di Potsdam.
Qui si deve aprire una parentesi, per descrivere gli stati d’animo che albergavano in quel momento all’interno dell’URSS. La vittoria contro il nazismo era vissuta in Unione Sovietica di gran lunga non solo come un respiro di sollievo dopo tante sofferenze, morti e distruzioni. Basterebbe leggere lo splendido romanzo di Vasilij Grossman, Vita e Destino (7) per comprendere quale fosse la speranza, in milioni di russi, di uscire da quell’incubo – che era stato non soltanto quello della guerra, ma aveva caratterizzato l’intero periodo successivo all Rivoluzione d’ottobre, alla guerra civile, alla dekulakizzazione, alle repressioni staliniane – e di cominciare una nuova vita, senza violenze, repressioni, morte. Non certo soddisfare vendette ed estendere conquiste. Questi erano sentimenti diffusi tra le popolazioni sovietiche. Ma certo, George Kennan(8) non poté leggere quel libro, né, se l’avesse letto, avrebbe probabilmente potuto comprendere questo aspetto della questione. Per un americano, per un occidentale, convinto della supremazia di cui era espressione, sarebbe stato molto difficile. Egli nella sua qualità di “rappresentante speciale” Usa a Mosca (non di ambasciatore), inviò al Dipartimento di Stato il 22 febbraio 1946, un inconsueto dispaccio. Un documento che ebbe una straordinaria importanza storica e politica e influenzò gran parte degli eventi successivi. Già la sua lunghezza appare inconsueta: 8000 parole in un solo dispaccio dicono tutto della drammaticità del momento. E dicono tutto anche dell’ambizione di chi lo scrisse. Kennan godeva di grande prestigio a Washington anche prima di scrivere quel saggio ed era stato il motivo della sua nomina a Mosca con un incarico “speciale” distinto da quello di ambasciatore. Si rendeva conto che esso avrebbe avuto grande influenza sulle scelte future che l’amministrazione americana si accingeva a fare. Le idee che espresse in quel documento erano assai diverse da quelle di Roosevelt. Da esse emergeva un ritratto complesso della Russia, di cui era parte sia l’analisi delle idee e dei comportamenti dei leader sovietici del momento, sia la descrizione minuziosa, acuta, spesso ferocemente realistica, dei sentimenti del popolo russo nel suo complesso. Va detto che queste tesi – che servivano a definire i motivi dell’aggressività della Russia – ebbero una influenza talmente determinante nella cultura politica americana da essere vive ancora oggi, dopo tre quarti si secolo, dopo il crollo del comunismo sovietico e il passaggio della Russia al capitalismo. Gli Stati Uniti, a loro volta, già sapevano e pregustavano che sarebbero stati loro a prendere in mano le sorti dell’intero pianeta. E non avrebbero potuto farlo senza delimitare brutalmente le pretese dell’Unione Sovietica.
La riflessione di George Kennan giungeva dunque direttamente al centro del problema che dilaniava le classi dirigenti occidentali. Egli diede la risposta che l’Occidente desiderava. Secondo lo storico britannico Eric J. Hobsbawn, egli vide:
«Nella Russia zarista o bolscevica che fosse, una società barbarica e arretrata, governata da uomini mossi dal “tradizionale e istintivo senso d’insicurezza che è proprio dei russi”, sempre pronti a isolarsi dal mondo esterno, sempre assoggettati agli autocrati, sempre alla ricerca della “sicurezza”, con il solo metodo di una lotta tenace e mortale condotta per la distruzione della potenza rivale, senza mai venire a patti o a compromessi con essa, di conseguenza come uno Stato che risponde soltanto alla “logica della forza”, mai quello della ragione» (9)
Per Kennan il comunismo non aveva sostanzialmente cambiato lo spirito della Russia. Lo aveva solo rafforzato, rendendolo più brutale e coniugandolo con la più spietata delle ideologie utopiste. La sua interpretazione fu così acutamente in sintonia con lo spirito “strategico” dell’Occidente da influenzare le idee di uno dei più geniali intellettuali americani della fine del “secolo breve”: il polacco Zbigniew Brzezinski. Il quale, quarant’anni dopo quel telegramma, ribadì che il problema dell’America, e dell’Occidente in generale, sarebbe stato quello non solo di abbattere il comunismo, ma di eliminare la Russia, soggiogandola, colonizzandola, rendendola definitivamente impotente. Il progetto di Hitler era stato appena più radicale: eliminare la Russia, occupandone il territorio e distruggendone il popolo. Da notare, nella descrizione della Russi da parte di Kennan, la prevalenza dell’istinto, barbarico, ancestrale, violento.
«La Russia (sentenziò) è sempre stata così e sempre così sarà. Non è questione di politica o di circostanze variabili: è caratteristica profonda dello spirito russo, quali che ne siano i suoi reggenti provvisori».
La proposta di George Kennan, ben meditata, fu dunque netta: occorrerà tenerli a distanza, contenerli. Il “contenimento” della Russia, che egli propose, diventò la politica dell’Occidente nel suo insieme durante tutta la Guerra fredda. Kennan assegnò alla Russia una “storica aggressività” verso l’esterno, dimenticandosi la quantità d’invasioni di eserciti occidentali, via terra, che la Russia dovette subire e da cui fu costretta a difendersi. Una ogni secolo all’incirca, due nel XX secolo: 1605-1618 (polacchi), 1709 (svedesi), 1812 (francesi), 1915 (tedeschi), 1941 (tedeschi). Anche queste, si dovrebbe riconoscerlo, hanno lasciato i loro segni, indelebili con il passare dei decenni e dei secoli. George Kennan fu alfiere, al tempo stesso creatore ed esegeta di quel marchio di fabbrica nelle teste dei loro sudditi. E il dogma è divenuto la base del “pensiero unico” che nutre, anzi avvelena, la cultura dell’Occidente. La nutre, nel senso che la tiene unita e le consente di prolungare il proprio dominio. L’avvelena nel senso che le impedisce di vedere l’approssimarsi del cambiamento inevitabile. Il fatto che per vedere il reale, occorre saperlo guardare anche “dal di fuori”.
Credo che abbia senso, proprio in questo contesto, citare la riflessione del poeta filosofo indiano Rabindranath Tagore. Parole che furono scritte nel 1925, tra le due guerre mondiali, appena prima di quella di cui stiamo descrivendo la conclusione.
«Qual è il racconto della vostra civiltà? Voi non lo potete vedere dall’esterno. Non vi rendete conto che siete diventati una terribile minaccia per l’uomo. Noi abbiamo paura di voi. Ovunque le genti vi guardano con sospetto. Tutte le grandi nazioni dell’occidente si stanno preparando alla guerra, a una grande opera di devastazione che spargerà veleno in tutto il mondo. Questo veleno si trova dentro loro stesse. Tentano e ritentano di trovare delle soluzioni ma non ci riescono, perché hanno perso la fede nell’essere umano» (10)
Con queste parole fece a brandelli «l’enorme vanità dell’Europa» che, infatti, da quel momento perse la sua supremazia sul mondo e fu sostituita dagli Stati Uniti d’America. Tagore, con impressionante vigore profetico descrive in realtà anche il momento presente, di quasi un secolo dopo. L’Europa, «fino a quel momento», nell’intervallo tra le due guerre mondiali,
«era stata all’apice del suo potere e della sua genialità: sembrava avere conquistato un tempo infinito per la sua illimitata prosperità, mentre aveva plasmato, con uno spietato trionfo, il destino di milioni di genti straniere, approntandosi un piedistallo e conservandolo per sempre al sicuro».
Ventisette anni dopo Tagore, nel pieno degli eventi che stiamo raccontando, lo storico inglese Arnold Toynbee metteva in discussione i due capisaldi del pensiero occidentale che avevano ispirato George Kennan.
«il primo punto è che l’Occidente non è mai stato l’unica parte importante del mondo […]. Il secondo punto è questo: nell’incontro tra mondo e Occidente a essere colpito dal mondo; è stato il mondo che è rimasto colpito – e duramente colpito – dall’Occidente» (11)
E, alla fine del “secolo breve”, troveremo la descrizione di un vero e proprio scontro di civiltà, solo a parti invertite rispetto a quello descritto da Kennan, in pieno vigore ancora oggi all’interno dell’Impero, che attribuisce alle orde incolte del resto del mondo (Russia inclusa) l’invidia, l’aggressività, la volontà di conquista delle bellezze e della ricchezza materiale di un Occidente, che di tutto ciò sarebbe la vittima incolpevole:
«L’Occidente ha conquistato il mondo non per la superiorità di idee, valori, religione, ma per la superiore applicazione della violenza organizzata. Gli occidentali se ne scordano spesso, i non occidentali mai» (12)
Così pensarono che la Russia, che aveva vinto la guerra, dovesse essere distrutta, la tanto propagandata denazificazione finisce. In che modo possiamo distruggere la Russia, si domandarono, ma con l’aiuto della Wehrmacht che venne costruita dopo con l’aiuto di Konrad Adenauer. I comandi militari della Germania Federale sono nazisti. I servizi segreti degli Stati Uniti d’America, costruiti come abbiamo visto da Dulles, sono pieni di nazisti.
Riccardo Alberto Quattrini
Continua…
NOTE
- (1) M. Blum, From the Morgenthau Diares, Years of War 1941-1945, Houghton Mifflin Company, 1967, p.227
- (2) Office of Strategic Services-Official Dispach Ref. No 250, Franklin D. Roosevelt Presidential Library Museum, Marist College.
- (3) H Morgenthau Jr, Germany is Our Problem, Harper & Brother, 1945
- (4) “La Cia: così usammo i criminali nazisti per la Guerra fredda. Svelati i dossier americani sugli accordi segreti con le Ss. per la resa tedesca nel Nord Italia”, E Caretto, «Corriere della sera» archivio storico, 28 aprile 2001, p. 31. “Cia, la guerra sporca e quei mille nazisti arruolati contro i sovietici”, M. Gaggi, «Corriere della sera», Storia, 28 ottobre 2014.
- (5) La fonte da cui sono tratte queste note è la Raccolta di documenti, tomo IV, della Conferenza di Crimea contenuta nell’edizione L’Unione Sovietica nelle Conferenze Internazionali del periodo della Grande Guerra Patriottica, 1941-1945. Edizioni di Letteratura Politica, 1979
- (6) «Wall Sreet Journal», 30 ottobre 1946.
- (7) Grossman, Vita e Destino, Jaca Book, 1984 Milano.
- (8) George Kennan fu incaricato speciale degli Stati Uniti a Mosca negli anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale.
- (9) J. Hobsbawm, Il secolo breve, BUR, 2004 Milano p. 276.
- (10) Tagore, L’anima dell’Occidente. Un giudizio, Castelvecchi, 2013 Roma pp. 38-39.
- (11) Toynbee, Il Mondo e l’Occidente, Sellerio, 1992 Palermo, pp. 11-12.
- (12) P. Huntington, Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, 2005 Milano.
- (13) Boffa, Storia dell’Unione Sovietica, vol. II, L’Unità Roma p. 286.
- (14) Quando, dopo Hiroshima e Nagasaki, in Occidente si valutò la possibilità che l’URSS riuscisse a raggiungere la “parità” atomica, la valutazione più frequente fu che Mosca non avrebbe raggiunto l’obiettivo prima del 1955-1960.
- (15) Ivestija, 8 dicembre 1992
- (16) Molte delle fonti citate sono contenute in un opuscolo del Partito Comunista Italiano: Trattare subito per Berlino e il disarmo riconoscimento della RDT. Nessun impegno militare per l’Italia. (IX-1961)
- (17) Sed, Partito Socialista Unificato di Germania
Uno speciale ringraziamento va a Giulietto Chiesa che mi concesse una intervista dove gli annunciai che volevo pubblicare questa nuova e inedita storia sul Muro che avevo appreso dal suo libro “Chi ha costruito il muro di Berlino?”. Che ora pubblico per gentile concessione dell’Editore Uno Editori.