La persona della porta accanto…

PNEUMATICI SALATI

di Silvia Shawcross


La persona della porta accanto a me ha costruito una casa mostruosa. Incombe su di me come un mostro viola scuro, beh… proprio accanto a me, non a un prato di metri di distanza, ma proprio accanto a me.

I ponti che hanno costruito sono alti sopra la mia baracca e mi guardano dall’alto e anche se dovessi costruire un muro, dovrebbe essere alto due piani per evitare il loro sguardo inaspettato. Semplicemente non è fattibile. La pacifica vita privata che ho lottato così duramente per mantenere e preservare è stata violata. Nessuno sa i sacrifici che ho fatto in tutti questi anni per essere “a casa”. Per essere qui.

Non ne parlo. Potrei, ma non lo faccio. Che senso avrebbe?

Non posso biasimare quell’uomo. Era di sua proprietà e poteva farne ciò che riteneva opportuno. Non odio lui e la sua famiglia. Non li conosco. Purtroppo non voglio conoscerli. Sono sicuro che sono persone adorabili. Stiamo tutti per conto nostro. Comunque, è così che vanno le cose adesso.

Mi hanno spezzato il cuore e non lo sanno nemmeno. Come fai a parlare con qualcuno che ti spezza il cuore come se fosse solo una conversazione passeggera? Quando tu stai lì a sanguinare e loro stanno lì orgogliosi e possessivi e forse piuttosto ansiosi di mostrare la casa dei loro sogni? Come potresti spiegare che la tua baracca per cui hai lottato così duramente era anche la casa dei tuoi sogni?

Che guastafeste sarebbe. Che scortesia da parte mia non celebrare la loro felicità. Mi impegno ad accettare. Cerco di non essere amareggiato. Non c’è modo, in lutto come sono, di fare limonata della situazione attuale.

Oh, sapevo che un giorno qualcuno avrebbe potuto costruire lì. Era un terreno vuoto. Piccolo, però, ripido e pieno di riempimento. In primavera e in estate andavo lì e raccoglievo fiori selvatici per il vaso o i semi di sommacco per la limonata, stranamente. In quei giorni in cui ero felice. Quando facevo davvero limonata. Anche dalle brutte situazioni.

Avrei potuto accettare un bungalow. Si vociferava che fosse questo il piano. Avrei dovuto saperlo meglio, qui, in questa città benestante in divenire a 15 minuti di distanza. Credo la chiamino in-fill. Poi è diventata una casa a due piani e poi, in realtà, a tre piani, se si conta la parte posteriore che si apre sul cortile. Poi avrebbe dovuto avere una suite per la nonna per i genitori.

Ora ha un Air B&B. E un sacco di auto, camion e attrezzature. Non è un mondo che capisco. Ma poi so che tutti stanno facendo del loro meglio e questo è il loro modo.

Sono sicuro che ci sono persone a cui non piaccio e che sono felici dell’intrusione della mia pace in questa casa mostruosa. Passano e forse ridacchiano. Non importa. In questa vita non sei stato qualcuno se non hai nemici. Ero un reporter. I reporter non hanno una vita facile. A volte sarai odiato a morte.

Be’, a quei tempi. Oggigiorno un vero reporter è una cosa difficile da trovare. Oggigiorno sembra che i reporter si nutrano di fuffa, pettegolezzi e sole per piacere, non necessariamente per essere rispettati. Per essere comprati e pagati, per lo più.

Qui, vicino alla casa dei mostri, nella mia baracca, mi mancano i rami degli alberi vicino alla finestra della camera da letto dove il gufo cornuto si sedeva, ululando nelle prime ore del mattino come un conforto, come un abbraccio. Tutti questi anni. Mi manca la luce che avevo lì perché ora tengo sempre la tenda chiusa perché non è una bella vista guardare il lato di una casa. Mi mancano i tacchini selvatici che si radunavano lì di routine con la loro sciocca bruttezza.

Mi mancano solo i tacchini selvatici. I tacchini non sono belli. Non sono davvero uccelli belli. Non sono fringuelli o pavoni. D’altronde, non sono esattamente avvoltoi, ma potrebbero esserlo. Per qualche motivo gli piaceva il sale sulle gomme della mia auto e li sorprendevo a beccarli.

Non si vedono più molto da quando è stato costruito l’edificio. Spero che siano sopravvissuti alla stagione di caccia prima del Ringraziamento. Tutti quanti. Forse si sono tutti diretti verso un bosco selvaggio e sicuro. Poverini.

In un certo senso vorrei che tutti potessimo ritirarci nel bosco selvaggio e sicuro. In questo mondo che stanno creando. Continuano a lastricare il paradiso, ma lo chiamano in modi diversi.

Ecco un fottuto tormentone per quelli di noi che si commiserano. Come me. Oggi.

 

 

Sylvia Shawcross

 

 

 

 

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