Boja, che titolo… Mi sembra di sentirlo già, il Direttore

POMPE FUNEBRI


Boja, che titolo… Mi sembra di sentirlo già, il Direttore.
Ma allora è vero che porti sfiga…
E vai con gesti… apotropaici
Io, però, non sono superstizioso. E le pompe funebri non necessariamente mi mettono di umore cupo o infondono tristezza. Anzi… talvolta divengono pretesto di ironia, scherzo. Risa.
Come nel film “Mortacci” di Franco Citti, per intenderci. O come certa, geniale, pubblicità che mi è capitato di vedere in giro. Sul web e per le vie.
Un gigantesco cartellone pubblicitario. Una bara, confezionata con nastro rosso, come un pacco regalo. E la scritta: una proposta che non potrai rifiutare.
Geniale. Assolutamente geniale. In sintesi, il destino, la convenienza economica. L’esorcismo della Grande Paura.

Pompe… in latino, e il corrispondente greco “pompè”, significa “corteo”, ma un corteo, se vogliamo una processione caratterizzata da uno sfoggio di magnificenza. Qualcosa di solenne, certo. Ma assolutamente non tetro. Forse perché vi era la convinzione che il defunto, o meglio come si usava dire un tempo, il trapassato, trapassasse, appunto, in un altro mondo. Migliore o peggiore dipendeva da altri fattori. E, in fondo, non contava davvero.
Ciò che importava era accompagnarlo con tutti gli onori. In gran pompa. E salutarlo come si conviene. Un saluto, a volte, non privo di ironia.

Prendiamo gli imperatori romani. Dopo la morte venivano “divinizzati”. Ovvero assunti nell’Olimpo fra gli Dei. Era una concezione che derivava da quella greca dell’Eroe. O che, per lo meno, aveva con questa molti punti in comune. L’eroe era colui che, per le sue azioni in vita, meritava di divenire oggetto di culto dopo la morte. Di culto e di memoria. Foscolo ha costruito tutta l’architettura de “I Sepolcri” intorno a questo concetto.

Johann Heinrich Schönfeld, Alessandro Magno al sepolcro di Achille( 1694)

Ora, uno che aveva retto l’impero di Roma aveva, sicuramente, compiuto un’impresa non comune. Roba da titani. Roba da far tremare le vene ai polsi. E quindi, vai con le celebrazioni, i cortei, i discorsi. Le pompe, appunto.
Mica tutti gli imperatori erano stati, però, un Ottaviano. Anzi, ben pochi paragonabili al Pater Patriae, degno di essere equiparato al, semi leggendario, Romolo. Il Fondatore. Divenuto, poi, Quirino. Uno dei tre Dei della Triade Capitolina arcaica.
Anzi… molti successori di Augusto erano destinati ad essere ricordati per i loro vizi più che per le loro virtù. E chi abbia avuto occasione di leggere Svetonio lo sa bene. Più che un libro di storia, le Vite dei Dodici Cesari è una raccolta di pettegolezzi. Da fare invidia ai giornali di gossip dei nostri tempi.

Claudio

E resta esemplare il caso di Claudio. Che non era, certo, una tempra d’eroe. Divenuto imperatore solo perché il nipote Caligola – che, per precauzione, aveva fatto ammazzare tutti i parenti – lo aveva graziato. Considerandolo mezzo scemo, in quanto dedito a studi filologici e filosofici. E, quindi, inoffensivo.
Poi, quando i Pretoriani fecero fuori Caligola, non poterono che proclamare lui imperatore. E lo trovarono dietro una tenda. Che tremava come una foglia…
Un eroe no di certo. E neppure un guerriero, anche se gli toccò condurre una campagna in Britannia. Il titolo di “imperator” era strettamente connesso al comando dell’esercito, e quindi…
Comunque era uomo colto, intelligente, abbastanza equilibrato. Un buon amministratore. E avrebbe potuto lasciare un buon ricordo. Ma aveva un difetto. Gli piacevano, troppo, delle gran mignotte, come si dice a Roma. E, soprattutto, aveva lo strano vezzo di sposarle…
Di Messalina inutile parlare. È divenuta addirittura figura… proverbiale. Ma la seconda moglie, Agrippina, era anche peggio. Comunque, gli preparò un piatto di funghi, di cui Claudio era ghiotto, alquanto pesante. E spianò così la strada al suo figlio di primo letto, Domizio Enobarbo. Nerone.

Antica Roma: come e perché Nerone ha fatto assassinare la madre Agrippina

Comunque, Claudio era morto. E, per uso, andava celebrato con gran pompa. E onorato come un Dio. Nerone, che era carogna, diede l’incarico della celebrazione a Seneca. Che detestava il defunto imperatore, in quanto lo aveva esiliato in Corsica per un certo tempo. Per aver detto certe cose sul conto della prima moglie, Messalina. Tutte vere… però avrebbe fatto meglio a tacere. E la Corsica mica era quella di oggi. Così Seneca se l’era legata al dito.

E scrisse l’elogio funebre più feroce, e divertente, di ogni tempo. L’Apolokyntosis Divi Claudii. Ovvero, la trasformazione in zucca del Divino Claudio.
In sintesi, gli Dei si preparano ad accogliere Claudio nell’Olimpo. Ma non sanno che ruolo divino attribuirgli. Dopo un, esilarante, esame dei suoi meriti, decidono che Claudio dovrà essere adorato sotto forma di una, enorme, zucca. Vuota naturalmente.

L’Apolokyntosis Divi Claudii di Seneca sull’imperatore Claudio

Cattivo, Seneca, pur con tutto il suo moralismo storico… però mi piacerebbe che fosse qui, oggi. Chissà cosa si inventerebbe di fronte a tante… pompe funebri per la defunta Elizabeth… Forse, osservando le sue immagini, quei cappellini color pastello, penserebbe ad una metamorfosi in un… Funghetto. Divino, naturalmente. E, altrettanto naturalmente, alquanto velenoso…

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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