Anche la Borsa protesta per le restrizioni cinesi
PUTIN SFIDA LA CORTE DELL’AJA E I MEDIA ITALIANI
E VOLA IN MONGOLIA
Anche la Borsa protesta per le restrizioni cinesi sulle esportazioni di terre rare. Insomma, signora mia, non è accettabile che Xi Jinping metta dei limiti, se non dei divieti, alle vendite di gallio e germanio, che servono per i microchip. Se ne approfitta perché, ad esempio, la Cina vale oltre il 90% della produzione mondiale di gallio ed oltre il 60% del germanio.
E perché questa cattiveria? Solo perché noi buoni, noi dell’Occidente collettivo, abbiamo deciso di non vendere i microchip ai cinesi. Sì, signora mia, lo hanno deciso gli statunitensi e noi abbiamo ubbidito, ma è lo stesso, in fondo.
Invece loro, i cattivi, si comportano come quei bambini dispettosi che, se non li fai giocare, si portano via il pallone solo perché è loro. Non si fa così.
Ed ora è la volta dell’antimonio. Che serve, tra l’altro, anche nei veicoli e nei dispositivi elettronici. È vero che se ne produce anche altrove, però intanto i prezzi sono aumentati.
Ma c’è di peggio. Alcuni giornali italiani (a partire da Money: che simpatico nome prettamente patriottico) hanno intitolato sulla guerra che Mongolia e Cina avrebbero intrapreso contro Gazprom per mettere in ginocchio la Russia. Così, signora mia, il povero Zelensky ci ha creduto ed ha chiesto proprio alla Mongolia di arrestare Putin martedì, quando atterrerà nel Paese.
In teoria potrebbe pure accadere. Perché i mongoli – a differenza dei russi – riconoscono la corte internazionale che ha spiccato il mandato di arresto contro il leader del Cremlino. Dunque, Zelensky può persino sperarci. Ma, signora mia, il detto popolare è molto chiaro: chi di speranza vive, disperato muore. Oddio, ci sarebbe anche una versione meno elegante, ma il senso non cambia.
Dunque, nonostante gli auspici di Zelensky e dei maggiordomi europei, Putin dovrebbe arrivare e ripartire senza problemi. Con un gesto di sfida internazionale ricco di significati.