”Ama gli animali più di te stesso? Gesù è venuto nel mondo per insegnare l’essenziale e l’essenziale è la salvezza dell’anima: tutto il resto, amore per gli animali compreso, è bello, è importante ma non fa parte dell’essenziale.
Le città sono sempre più vuote di bambini (italiani, beninteso) ma, in compenso, sempre più affollate di cani e animali domestici. Uomini e donne single se ne vanno a spasso col loro bel cagnolino al guinzaglio, tutti contenti; e la pubblicità è piena di pappe per il cane, di filetti di pesce per il gatto, eccetera; e si spendono somme considerevoli per portare il migliore amico dell’uomo a fare il bagno, a tagliarsi il pelo, a farsi i riccioli, o per comprargli il cappottino o la copertina, o per fare i più sofisticati esami clinici al primo starnuto o al primo colpo di tosse. C’è poi chi lo porta in vacanza, collocandolo in qualche albergo per cani dotato di ogni comfort; e chi lo porta addirittura dallo psicologo, avendo notato in lui dei sintomi allarmanti di nervosismo, o di ansia, o forse – Dio non voglia – di depressione, il male del secolo. Il numero dei vegetariani è in rapido aumento – e questa è una cosa buona, secondo noi – ma non aumenta in misura proporzionale il rispetto, per non dire l’amore, questa parola grossa, nei confronti degli altri uomini, e, spesso, neanche di sé stessi. Amare svisceratamente gli animali è una cosa sana – fino a un certo punto – se si accompagna, quantomeno, a un amore proporzionato di sé stessi e dei propri simili; altrimenti è la spia di un profondo malessere esistenziale. E che dire delle crociate contro la caccia e i cacciatori? Noi, personalmente, siamo sia vegetariani, sia contrari a cacciare gli animali; ma così come non ci sogneremmo mai d’imporre il vegetarianismo agli altri, ci guardiamo bene dal considerare più o meno come dei criminali quelli che hanno la passione per la caccia.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Amare svisceratamente gli animali è una cosa sana, fino a un certo punto: è tipico delle epoche di decadenza il disamore per se stessi e per l’uomo in generale, accompagnato da un amore patologico nei confronti degli animali![/stextbox]
La passione della caccia è fatta di tante cose e non significa, di per sé stessa, crudeltà nei confronti degli animali; forse sono più crudeli i proprietari di certi allevamenti zootecnici nei quali le galline, i conigli o le mucche sono pigliati in uno spazio minuscolo e sottoposti a un trattamento crudele per fare in modo che producano più uova, più carne o più latte. Siamo anche contrari alle pellicce e alle borsette di pelle, che siano di foca o di qualche altro animale; però non riteniamo che uccidere una foca o un visone sia un atto di gravità pari a uccidere un essere umano. Esiste una gerarchia di valori ed esistono delle priorità nella scala degli imperativi morali: uccidere è male, ma uccidere un uomo è assai più grave che uccidere un animale. Gesù ha raccomandato: Ama il tuo prossimo come te stesso, non più di te stesso; meno ancora ha raccomandato di amare gli animali. E questo non perché amare gli animali sia una cosa brutta, un disvalore, tutt’altro; ma perché non è una priorità del cristiano. E non lo è neppure l’ambiente, o il clima, come non lo sono le questioni politiche e sociali. Perciò chi vuol ridurre il Vangelo a un’agenda d’interventi sociali, politici, ambientali, animalisti, è completamente fuori strada. Il Vangelo non è un’agenda di opere buone puramente umane: è la via verso il Cielo. E chi pensa che Gesù vale meno di certi filosofi greci, o moderni, perché non raccomanda l’amore verso gli animali, o non ha capito il Vangelo o, il che è lo stesso, vorrebbe un altro vangelo, un vangelo con la minuscola, fatto sulla propria misura: mentre il Vangelo è quello che è, ed è esigente perché chiede agli uomini di fare la volontà del Padre, non la propria.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Vuoi vedere che, fra le ragioni che hanno indotto Bergoglio ad assumere il nome di Francesco, c’è anche questa: che san Francesco ha parlato molto degli animali, e Gesù no; e quindi che, facendo leva su Francesco, avrebbe potuto scalzare la Parola di Gesù?[/stextbox]
C’è un episodio altamente significativo che testimonia fino a che punto la percezione del giusto sia stata alterata e in qualche caso stravolta dalla filosofia animalista. Lo riportiamo dal libro del giornalista Mario Giordano Senti chi parla. Viaggio nell’Italia di chi predica bene e razzola male (Milano, Mondadori, 2007, p. 106), specializzato nel demistificare i buonismi ipocriti di ogni tipo:
Lo psicologo Vittorino Andreoli ha raccontato di essere rimasto impressionato dalla vicenda di una ragazza piemontese che aveva ucciso il padre, contrario alla sua relazione sentimentale. Andreoli era andato a trovarla in carcere e la ragazza l’aveva accolto in modo irato perché la collaboratrice dello psicologo indossava una pelliccia. Era scandalizzata. Per fare le pellicce si uccidono gli animali, gli diceva. E le sembrava inaccettabile. Inaccettabile, certo. Eppure lei aveva ucciso il padre.
È tipico delle epoche di decadenza il disamore per sé stessi e per l’uomo in generale, accompagnato da un amore patologico nei confronti degli animali. Forse mai come oggi si sono toccati i vertici di questo duplice fenomeno, con uomini e donne che decidono di “sposare” il proprio cane, il proprio cavallo o il proprio… maiale; tuttavia, eccessi a parte, cose di questo tipo si erano già viste in altre epoche, sulle quali siamo abbastanza ben documentati. Quando Nerone volle sposare il proprio amante maschio, Sporo (nomen omen), perfino la corrotta plebe romana provò un fremito di orrore; e quando l’imperatore Caligola fece proclamare senatore il suo cavallo, non vi fu cittadino di Roma che non percepisse l’offesa e l’intenzione ferocemente derisoria di quel gesto. Oggi, al contrario, si moltiplicano le manifestazioni più aberranti di amore (ma è amore, poi?) verso gli animali, e di amore distorto verso gli altri e verso sé stessi: c’è anche chi si sposa da solo, o da sola, con tanto d’invitati, chicchi di riso e pranzo di nozze. Ecco, la grande novità, probabilmente, è questa: che le persone, al giorno d’oggi, non percepiscono il contrasto stridente, surreale, nella scala delle preferenze, o dei valori, da esse professati, in maniera esplicita o implicita, sicché pare che, per loro, tutto sia egualmente lecito e tutto sia egualmente accettabile, purché nasca da un moto “sincero” dell’animo (và dove ti porta il cuore, diceva l’adagio di una grande pensatrice italiana di qualche anno fa). Con il cuore, dal romanticismo in poi, si fa tutto, si giustifica tutto, si fa passare qualsiasi cosa, anche la più folle o aberrante (fra parentesi, il romanticismo è il movimento culturale in cui questa inversione di valori viene per la prima volta codificata ed eretta a nuovo vangelo dell’umanità, sulla base del fallace ottimismo antropologico di Rousseau). Come quella ragazza piemontese che ha assassinato suo padre per motivi abietti, e poi si scandalizza perché una donna che la va a trovare in carcere indossa una pelliccia, segno che non ama gli animali. Tale è la condizione degli uomini contemporanei, intontiti da una cultura buonista e naturalista che esalta i fiori, le erbe, gli uccellini, i tramonti, ma tratta sempre più da nemici gli esseri umani, cominciando da sé stessi (basti pensare all’aborto). Il punto, infatti, è proprio questo: l’uomo moderno ha smesso di volersi bene, e non da oggi, né da pochi anni. La sua è una malattia che parte da lontano, anche se solo oggi ce ne accorgiamo, perché la vediamo culminare in forme che finiscono per colpire anche i più distratti e superficiali. Ma com’è iniziato tutto ciò, e cosa lo ha provocato? Da parte nostra, non abbiamo alcun dubbio: da quando gli uomini hanno voltato le spalle a Dio e hanno deciso di andare per la loro strada da soli, contando esclusivamente sulle loro forze, per costruire il progresso, la civiltà, la felicità e tante altre belle cose che avrebbero dovuto creare il paradiso in terra.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Filosofia animalista? Nel rapporto uomo animali, vi deve essere per il Cristiano una precisa “gerarchia di valori”: la liberazione di un solo essere umano, dotato di anima immortale, dalla presenza del demonio, vale bene il prezzo di alcune centinaia di porci come nell’episodio dell’indemoniato di Gerasa! [/stextbox]
Ci sia consentito un ricordo personale. Moltissimi anni fa, durante il servizio militare, un commilitone incontrato casualmente sul treno che ci portava a casa con un permesso di 36 ore, ci rivelò la propria omosessualità e poi contraddisse la nostra affermazione, che nel Vangelo c’è la risposta a tutte le domande essenziali, dicendo che nel Vangelo Gesù non parla di due argomenti “decisivi”: il rispetto per gli animali e il rispetto per gli omosessuali. Non sappiamo se quella persona, che abbiamo perso di vista da quasi quarant’anni, ma che nel frattempo si è fatta un nome nell’ambito degli studi filosofici, abbia conservato quella sua opinione giovanile. In effetti, nel Vangelo si parla degli omosessuali, là dove Cristo dice testualmente (Luca, 120, 10-12):
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città.[/stextbox]
Dunque, se non vogliamo fare di Gesù una persona confusa e illogica, dobbiamo ammettere che la sodomia, per Lui, è un peccato, e anche molto grave, visto che la sceglie come pietra di paragone per dire che quanti rifiutano il suo Vangelo riceveranno un trattamento ancora più severo dei sodomiti, i quali, evidentemente, sono i peggiori peccatori dopo gli increduli. È inutile, bisogna che i vari James Martin se ne facciano una ragione:il Vangelo è omofobo, se per “omofobia” s’intende la posizione di chi ritiene che l’attrazione verso il proprio sesso sia una cosa innaturale, sbagliata e intrinsecamente disordinata. Anche se il signor Bergoglio si chiede, enfaticamente e con simulata umiltà: Chi sono io per giudicare?, confondendo volutamente la propria umanità e la propria funzione sacerdotale e gerarchica. Come uomo il papa, al pari di chiunque altro, non ha il diritto di giudicare le persone, perché quel giudizio spetta solamente a Dio; ma come papa, cioè come vicario di Cristo, ha non solo il diritto, ma il preciso e ineludibile dovere di giudicare il peccato, e di chiamarlo con il suo nome, senza giocare con le parole e senza edulcorare i concetti: il male è male, il disordine è disordine, e il peccato è peccato. Punto. Altrimenti, che ci sta a fare il papa? Se scansa le sue responsabilità e se, per non dispiacere agli uomini, manipola la Parola di Dio, dicendo e non dicendo, eludendo i problemi scottanti e schermandosi dietro un velo di finta modestia, a che serve avere un supremo pastore per custodire le pecorelle del gregge di Cristo? Troppo comodo fare il papa per ricevere solamente applausi; per rispondere solo alle domande addomesticate di uno stuolo di giornalisti servili e farisei; e intanto commissariare i francescani dell’Immacolata, scomunicare i don Minutella, rifiutarsi di rispondere ai Caffarra, ignorare le correzioni filiali, snobbare i Viganò, dribblare su tutto ciò che potrebbe incrinare la sua popolarità: troppo comodo giocare sempre sul sicuro e, intanto, accanirsi contro i più miti, i più obbedienti, i più disciplinati, sapendo che non reagiranno e che non solleveranno scandali. Questo non è fare il pastore del gregge, non è fare il papa, ma è fare il bullo, il bravaccio e il demagogo. E a chi ci obiettasse che bisogna comunque avere rispetto per il vicario di Cristo, noi rispondiamo: primo, che il rispetto bisogna guadagnarselo, e più alta è la funzione, maggiore deve essere la fedeltà ad essa; secondo, che bisogna vedere se costui è davvero il vicario di Cristo, o non piuttosto un vile impostore, piazzato indegnamente sulla cattedra di san Pietro dalla mafia di San Gallo per il male e la rovina della Chiesa, secondo i perversi disegni della massoneria.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Il Verbo si è incarnato per insegnare agli uomini la via della salvezza; non per insegnar loro l’animalismo, la giustizia sociale o il rispetto dei diritti delle minoranze. Se ne facciano una ragione i preti di strada e di sinistra![/stextbox]
E adesso veniamo agli animali. Gesù non ha insegnato una specifica dottrina, non ha un preciso insegnamento riguardo a come gli uomini si devono condurre nei loro confronti? Sì, è vero: non si trova nulla di simile in tutti e quattro i Vangeli, e neppure nella Tradizione. Ciò non significa che Gesù non abbia parlato degli animali. Lo ha fatto in diverse occasioni, e sempre con tenerezza, specie parlando degli animali domestici. La parabola del Buon Pastore, che è pronto a sacrificare la sua vita per le pecorelle del gregge, e l’esplicita affermazione di essere, Lui, il Buon Pastore venuto a raccogliere le pecorelle smarrite, sono dichiarazioni eloquenti. D’altra parte, in altre occasioni Egli sembra mostrare un atteggiamento diverso. Nell’episodio dell’indemoniato di Gerasa (cfr. Luca, 8, 26-39), vediamo un’intera legione di diavoli, che Egli ha scacciato da un povero indemoniato, chiedergli il permesso di trasferirsi in un numeroso branco di porci che pascolava lì vicino; il permesso viene loro accordato, e tutte quelle bestie, furiose perché possedute dagli spiriti immondi, si precipitano dal monte giù nelle acque del lago, e periscono miseramente. In quel caso, si direbbe che Gesù non si sia preoccupato della vita degli animali. Tuttavia, è evidente che non si tratta di una forma di disprezzo nei loro confronti, bensì di una scelta precisa, dettata da una gerarchia di valori: la liberazione di un solo essere umano, dotato di anima immortale, dalla presenza del demonio, vale bene il prezzo di alcune centinaia di porci. È un atteggiamento di scarsa sensibilità verso gli animali, questo? Non più di quanto lo sia dichiarare che quanti praticano il vizio di Sodoma saranno severamente giudicati.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Il Vangelo è omofobo? Se non vogliamo fare di Gesù una persona confusa e illogica, dobbiamo ammettere che la sodomia, per Lui, è un peccato, e anche molto grave, visto che la sceglie come pietra di paragone per dire che quanti rifiutano il suo Vangelo riceveranno un trattamento ancora più severo dei sodomiti, i quali, evidentemente, sono i peggiori peccatori dopo gli increduli![/stextbox]
Il Verbo si è incarnato per insegnare agli uomini la via della salvezza; non per insegnar loro l’animalismo, la giustizia sociale o il rispetto dei diritti delle minoranze. Se ne facciano una ragione i preti di strada e di sinistra, i don Ciotti e i don Mazzi, che sputano veleno contro il Congresso mondiale della Famiglia di Verona di fine marzo 2019. Essi hanno sempre in bocca il signor Bergoglio (papa Francesco ci ha indicato la strada, ha detto don Ciotti, a sostegno della sua affermazione che il Congresso della Famiglia è una vergogna), ma raramente citano Gesù Cristo; e allora perché non si fanno protestanti e fondano la loro bella chiesa eretica e scismatica? Gesù è venuto nel mondo per insegnare l’essenziale, e l’essenziale è la salvezza dell’anima: tutto il resto, amore per gli animali compreso, è bello, è importante, ma non fa parte dell’essenziale. Quando la casa brucia ci si preoccupa di spegnere le fiamme, non di potare le rose del giardino. Ma vuoi vedere che, fra le ragioni che hanno indotto Bergoglio ad assumere il nome di Francesco, c’è anche questa: che san Francesco ha parlato molto degli animali, e Gesù no; e quindi che, facendo leva (abusivamente) su Francesco, avrebbe potuto scalzare la Parola di Gesù?
Francesco Lamendola.
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Francesca Rita Rombolà
25 Aprile 2019 a 11:58
Mi dispiace, ma il Romanticismo è stato un movimento di rinnovamento essenzialmente e primariamente letterario e di esaltazione della poesia.
Francesca Rita Rombolà
24 Aprile 2019 a 16:18
Il Romanticismo è un movimento che ha a che vedere essenzialmente con la Poesia e con la letteratura in generale, è fazioso e “pericoloso” volerlo inserire in ambiti che non lo riguardano affatto.