Ma arriverà il giorno in cui si dovranno guardare allo specchio e ammettere l’errore

QUANDO DIRANNO: ABBIAMO SBAGLIATO?

Il Simplicissimus

Un tempo si parlava di diplomazia, di equilibri fragili da preservare, di negoziati per evitare il peggio. Oggi, invece, sembra che il linguaggio della politica sia diventato quello delle armi, e che ogni tentativo di trattativa venga visto come una minaccia piuttosto che come una via d’uscita. I leader europei, che dovrebbero essere i primi a spingere per una soluzione diplomatica, si comportano come ultras della guerra, applaudendo ogni escalation e sanzionando ogni tentativo di dialogo. Ma arriverà il giorno in cui si dovranno guardare allo specchio e ammettere l’errore. Quando il peso delle macerie e delle vite spezzate sarà troppo grande per essere ignorato, quando il costo economico e sociale diventerà insostenibile, quando gli alleati d’oltreoceano prenderanno altre strade, lasciando l’Europa con il conto da pagare. Quel giorno, forse, qualcuno troverà il coraggio di dire: “Abbiamo sbagliato”. Ma sarà troppo tardi? (f.d.b.)


Per quanti anni abbiamo detto che l’Europa era garante della pace che i singoli Paesi non sarebbero stati in grado di assicurare? E adesso invece i leader del continente fanno il tifo per la guerra e vedono come

fumo negli occhi le trattative dirette tra Russia e Usa, tanto che si sono riuniti a Parigi per sostenere la continuazione del conflitto in Ucraina: si capisce bene che questi leader da operetta stanno in realtà cercando di salvare se stessi dal discredito di un conflitto irrimediabilmente perso al quale si sono dati anima e corpo, degradando la vita stessa dei cittadini. Hanno bisogno della guerra per sopravvivere ai loro stessi errori e sebbene in definitiva siano solo burattini sia degli Usa sia della “nuova normalità”, ci tengono alle loro teste di legno. Non capiscono nemmeno che finché si ostineranno a voler continuare il massacro, nessuno li vorrà a qualsiasi tavolo della pace. La rappresentante estera dell’Ue Kaja Kallas di cui si può leggere qui un ritratto da insulsa voltagabbana, ha affermato che sogna di dividere la Russia in molti piccoli stati. È serio meravigliarsi che Mosca non voglia parlare con questi corrotti dementi? O si vuole partecipare a queste buffonate che dimostrano la totale perdita di credibilità dell’Europa?

“Kaja Kallas, quella che te manna in guera
mentre lei se sta in poltrona a chiacchierà
de battaje, scontri e strategie,
tanto nun ce va lei a morì pe’ ‘sta follia!
Ma vedi d’annattene và…”

“Ma i nostri valori comuni?” ha esclamato Christoph Heusgen, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Quali valori… forse quelli ostentati quotidianamente con l’applauso delle stragi di Gaza? “Come un pollo senza testa”, così il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine ha definito la reazione del cancelliere Olaf Scholz a questa obiezione. Almeno gli Usa che sotto Biden hanno voluto a tutti i costi il conflitto armato pensando di poter facilmente aver ragione della Russia, ora riconoscono che non ci sono abbastanza truppe, soldi o volontà per raggiungere una posizione negoziale migliore per ciò che resta dell’Ucraina. L’élite europea non riesce ancora a capire che ogni prolungamento della guerra porterà a ulteriori perdite di territorio a favore della Russia. Ci vorrà la caduta di Odessa perché gli europei siano finalmente pronti per i colloqui?

Tutte le omissioni di D’Alema sulla guerra del Kosovo

Tutto questo però porta ad altre domande che ci coinvolgono in maniera esistenziale. Per quanti anni questo totem della pace – peraltro già spezzato dalla vicenda jugoslava e dunque truffaldino – è stato il cavallo di troia del neoliberismo più sfrenato? O l’illusorio contrappeso alla palese incongruenza economica e sociale dell’euro? O ancora l’alibi per lo svuotamento concreto della democrazia grazie a meccanismi sovranazionali che prescindono da qualsiasi reale partecipazione popolare? Per quanti anni molti sono stati vittime di ideologismi costruiti a tavolino per spostare il discorso pubblico dalla questione sociale a quelle individuali e per sostituire il concetto di uguaglianza con quello spurio di inclusione? Sì, un mucchio di domande che non sono state fatte e che ora cominciano a emergere prepotentemente visto il disastro a cui ci hanno portato.

Si tratta di questioni ineludibili anche per quelli che continuano a suonare i vecchi dischi ormai rigati e gracchianti, come se nulla fosse. Tanto più che oggi sappiamo da Thomas Fazi quanti soldi l’Ue ha speso direttamente per glorificare se stessa – 1,8 miliardi di euro – attraverso il sistema delle Ong e sappiamo, sia pure parzialmente, quanto ha versato l’Usaid nel mondo dell’informazione perché celebrasse il sistema, la Nato e il servaggio europeo nei confronti degli Stati Uniti. Si tratta comunque di poca cosa rispetto a tutto quello che il sistema finanziario nel suo scomplesso ha impiegato per guidare l’informazione di cui peraltro è gran parte padrona, per cercare di appropriarsi della rete, per corrompere i centri accademici e in definitiva la scienza stessa. È stato il tentativo di una presa di potere in vista di un nuovo feudalesimo che ha sfruttato la paura, compresa quella biologica, per affermarsi. Da questa situazione non si potrà uscire se non cominciando a confessare gli errori commessi, la futilità salottiera. la confusione di pensiero, l’abbandonarsi alla vacuità dell’astrazione, priva di qualsiasi concretezza storica, il voler giustificare ogni cosa, financo la censura, pur di non dover dire: “Abbiamo sbagliato”. cosa che prima dovrebbe confessare la classe “discutidora” del continente, ma anche tutti noi. Questa è l’unica frase sensata che possiamo dire per liberarci dall’incubo.

Redazione

 

 

 

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