Un viaggio tra leggende, superstizioni e realtà storiche: quando il vampiro non era solo un mito, ma il riflesso delle paure più profonde dell’Europa dell’Est

QUANDO I VAMPIRI TERRORIZZAVANO L’EST EUROPA
Riccardo Alberto Quattrini
Nella prima metà del XVIII secolo, un’ondata di paura attraversò i villaggi dell’Europa dell’Est. Si sussurrava che i morti tornassero dalle loro tombe, assetati di vita, pronti a perseguitare i vivi. Le fredde notti erano riempite da racconti agghiaccianti, e bastava un’ombra fuori posto o un respiro sospetto per scatenare il terrore. I contadini, stretti nelle loro capanne di legno, facevano affidamento su antichi rimedi: paletti di frassino, aglio, acqua benedetta e amuleti religiosi. Ma a volte, nemmeno questi bastavano.
La paura del vampiro non era solo folklore: coinvolgeva intere comunità, medici, intellettuali e persino monarchi. Persino Maria Teresa d’Austria, imperatrice del Sacro Romano Impero, si vide costretta a intervenire con leggi per placare quella che oggi potremmo chiamare una vera e propria isteria collettiva. Ma cosa alimentava questa paura? E cosa portò le autorità a prendere provvedimenti tanto drastici?
La paura del vampiro: mito o realtà?
La figura del vampiro si radica profondamente nelle tradizioni popolari dell’Europa dell’Est, dove le credenze sulle creature non morte riflettevano un intreccio complesso di paura, spiritualità e necessità di spiegare l’inspiegabile. In molte culture slave, il vampiro (conosciuto come strigoi in Romania, upir in Ucraina o vrykolakas in Grecia) era una figura temuta, ma anche rispettata per il suo potere oscuro. Questi esseri soprannaturali non erano visti come semplici minacce individuali: rappresentavano la rottura dell’ordine naturale, un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti, carico di pericoli.
Le origini del vampirismo, secondo il folklore, potevano essere molteplici. Si credeva che alcuni morti potessero tornare in vita per vendetta o a causa di particolari circostanze: un funerale svolto in modo scorretto, la mancata benedizione del corpo o persino un cane o un gatto che avesse saltato sopra la bara prima della sepoltura. Altre volte, si pensava che il vampirismo fosse una punizione per peccati commessi in vita, come la profanazione di simboli religiosi o il suicidio, un atto che spesso escludeva il defunto dalle pratiche funerarie tradizionali. In alcuni casi, una maledizione familiare o una morte violenta erano sufficienti a far credere che il morto potesse tornare sotto forma di vampiro.
A differenza dei vampiri affascinanti e aristocratici della letteratura gotica moderna, le creature della tradizione popolare erano grottesche e orripilanti. Immaginate un cadavere rigonfio e pallido, con occhi vitrei, unghie lunghe e affilate, e una bocca che sembrava grondare sangue: queste erano le caratteristiche comunemente associate ai vampiri dell’epoca. Il loro ritorno non avveniva per sedurre, ma per tormentare: si diceva che causassero epidemie, sterminassero il bestiame, portassero sventura alle famiglie e, nei casi più estremi, uccidessero i vivi per nutrirsi del loro sangue o della loro energia vitale.
La paura diventa azione
Quando la paura del vampiro cresceva all’interno di una comunità, il panico spesso sfociava in rituali macabri e violenti. Le cronache storiche e i documenti ufficiali dell’epoca riportano numerosi casi di riesumazioni di cadaveri accusati di vampirismo. Questi eventi coinvolgevano non solo i contadini superstiziosi, ma talvolta anche autorità locali e religiose, che si sentivano obbligate a placare il tumulto sociale.
Una delle pratiche più comuni era conficcare un paletto di legno – spesso di frassino, considerato sacro – nel cuore del presunto vampiro. Si credeva che questo gesto spezzasse il legame tra il corpo e l’anima maledetta. Altre volte, la testa del cadavere veniva separata dal corpo e posta ai piedi dello scheletro, per impedire al vampiro di ritornare alla vita. In alcuni casi, il corpo veniva completamente bruciato, e le ceneri sparse, in un rituale considerato la definitiva purificazione.
Questi interventi erano vissuti come atti di protezione collettiva, spesso accompagnati da preghiere, benedizioni e rituali esorcistici. Tuttavia, il processo di riesumazione era spaventoso quanto i racconti che lo precedevano. Si narrava che alcuni corpi riesumati mostrassero segni di decomposizione anomala: pelle ancora intatta, unghie e capelli cresciuti, o sangue fresco che fuoriusciva dalla bocca. Oggi, sappiamo che molti di questi fenomeni possono essere spiegati da processi naturali di decomposizione, ma all’epoca erano interpretati come chiari segnali di vampirismo.
Epidemie e il capro espiatorio vampirico
Un altro aspetto interessante è il legame tra vampirismo e malattie. In un’epoca in cui le conoscenze mediche erano limitate, le epidemie che colpivano le comunità rurali erano spesso attribuite ai vampiri. La tubercolosi, ad esempio, veniva interpretata come un “contagio soprannaturale”: i malati, con la loro pelle pallida, la tosse sanguinolenta e l’apparente deperimento, sembravano vittime di un vampiro che li prosciugava lentamente. Non era raro che, in un villaggio colpito da una serie di morti improvvise, si sospettasse che uno dei defunti fosse tornato per portare via gli altri.
In questi casi, riesumare il corpo sospetto era una sorta di esorcismo comunitario, una risposta a una paura che non poteva essere spiegata con la logica. Anche se il rituale spesso si concludeva con il sacrificio del cadavere, esso aveva una funzione simbolica: restituire il controllo alla comunità e ristabilire l’ordine.

Il ruolo delle istituzioni: Maria Teresa d’Austria contro il vampirismo
Nel 1732, la pubblicazione del famoso Visum et Repertum – un rapporto redatto dal medico militare Johannes Flückinger – portò all’attenzione dell’Europa intera un fenomeno che sembrava appartenere al mondo delle leggende: il vampirismo. Questo documento, commissionato a seguito di una serie di episodi inquietanti in Serbia, descrisse con estrema precisione le riesumazioni di alcuni cadaveri sospettati di essere vampiri. Flückinger riferì che molti dei corpi riesumati presentavano condizioni apparentemente inspiegabili: erano sorprendentemente intatti nonostante la sepoltura fosse avvenuta mesi prima, con sangue fresco che colava dalla bocca, pelle pallida ma non decomposta, e persino un’apparente crescita di capelli e unghie.
Questi fenomeni, oggi spiegabili con conoscenze scientifiche sulla decomposizione, furono interpretati all’epoca come prove inconfutabili di vampirismo. Il rapporto, pubblicato ufficialmente e diffuso in tutta Europa, alimentò il panico e portò ad altre riesumazioni, nonché a una serie di reazioni sia popolari che istituzionali. In un’epoca in cui il confine tra scienza e superstizione era ancora fragile, il caso divenne un tema di dibattito acceso, coinvolgendo non solo i contadini e le autorità locali, ma anche le alte sfere dell’impero asburgico.
Maria Teresa d’Austria e il richiamo alla ragione
Maria Teresa d’Austria, una delle sovrane più illuminate del XVIII secolo, si trovò a dover affrontare questa crisi di isteria collettiva. Sebbene fosse una fervente cattolica e rispettasse le tradizioni religiose e popolari, Maria Teresa credeva fermamente nella razionalità e nel progresso scientifico. Preoccupata dal diffondersi di credenze che riteneva dannose e dal crescente numero di casi di riesumazioni e mutilazioni di cadaveri, la sovrana decise di intervenire.
Per avere un quadro chiaro della situazione, Maria Teresa incaricò Gerard van Swieten, medico olandese e suo consigliere personale, di indagare sui presunti casi di vampirismo. Van Swieten, uno scienziato rigoroso e scettico, si mise subito al lavoro per analizzare i fenomeni che erano stati interpretati come segni di non-morte. Visitò villaggi, esaminò i corpi riesumati e parlò con gli abitanti, cercando di separare fatti da credenze popolari.
Il risultato delle sue ricerche fu un trattato critico in cui spiegò che molti dei segni attribuiti al vampirismo erano in realtà effetti naturali della decomposizione. Per esempio:
- La “crescita” di capelli e unghie era dovuta al ritiro della pelle, un fenomeno naturale che avviene durante la putrefazione.
- Il sangue fresco nella bocca dei cadaveri poteva essere spiegato dal rigonfiamento dei tessuti e dalla fuoriuscita di fluidi corporei.
- L’integrità dei corpi era legata a fattori ambientali, come temperature rigide o terreni che rallentavano il processo di decomposizione.
Van Swieten non si limitò a sfatare il mito del vampiro, ma criticò duramente le pratiche di riesumazione e mutilazione dei cadaveri, definendole barbariche e prive di fondamento. Il suo trattato fu consegnato a Maria Teresa, che lo accolse con favore.
I decreti imperiali contro il vampirismo
Sulla base delle conclusioni di van Swieten, Maria Teresa emanò una serie di decreti volti a proibire le riesumazioni e le mutilazioni dei cadaveri sospettati di vampirismo. Le leggi, applicate su scala imperiale, cercarono di riportare ordine e razionalità in una società fortemente influenzata dalla superstizione. Inoltre, la sovrana ordinò che tutti i casi sospetti di vampirismo fossero sottoposti all’autorità delle istituzioni mediche o ecclesiastiche, escludendo l’intervento diretto delle comunità locali.
Questi decreti rappresentarono un passo importante verso la modernizzazione dell’Impero e l’affermazione della scienza sulla superstizione. Tuttavia, la loro applicazione incontrò notevoli resistenze, specialmente nelle aree rurali, dove le credenze popolari erano radicate da secoli. In molti villaggi, la paura dei vampiri continuò a dominare, e le pratiche tradizionali furono portate avanti di nascosto.
Un confronto tra scienza e tradizione
Nonostante gli sforzi di Maria Teresa e di van Swieten, il conflitto tra scienza e tradizione rimase acceso. Per molte persone, il vampiro non era solo una superstizione, ma una realtà tangibile, un nemico invisibile che poteva distruggere famiglie e comunità. Il fatto che i decreti imperiali non riuscirono a sradicare del tutto queste credenze dimostra quanto profonde fossero le radici del vampirismo nella cultura popolare dell’Europa orientale.
Tuttavia, il lavoro di van Swieten segnò un punto di svolta nella percezione del fenomeno. Grazie al suo approccio scientifico, il vampirismo iniziò a essere visto sempre più come un prodotto dell’ignoranza e della paura collettiva, piuttosto che come una minaccia reale. Non a caso, il razionalismo e l’illuminismo dell’epoca trovarono in questa vicenda un terreno fertile per dimostrare i limiti delle superstizioni.
L’eredità di Maria Teresa nella lotta al vampirismo
L’intervento di Maria Teresa d’Austria ebbe effetti duraturi non solo sull’immagine del vampirismo, ma anche sul rapporto tra istituzioni e cultura popolare. La sua decisione di affrontare il problema con un approccio razionale e scientifico, anziché repressivo, fu un esempio di leadership illuminata.
Anche se la paura dei vampiri continuò a persistere nelle aree più isolate, il lavoro di van Swieten contribuì a gettare le basi per un approccio moderno al folklore e alla medicina legale. La figura del vampiro, pur rimanendo centrale nella tradizione popolare, iniziò a essere relegata al mondo delle leggende, aprendo la strada alla sua trasformazione in un’icona letteraria e culturale.

Tradizioni e folklore: un patrimonio oscuro
I racconti sul vampirismo dell’Europa dell’Est hanno ispirato non solo l’immaginazione popolare, ma anche la letteratura gotica e l’intero immaginario moderno del soprannaturale. Autori come Bram Stoker attinsero a piene mani dalle leggende slave per creare figure immortali come Dracula, il vampiro per eccellenza. Tuttavia, le radici di queste storie affondano in un passato molto più antico, dove il confine tra superstizione e realtà era sottile, e i morti sembravano esercitare un potere inesorabile sul mondo dei vivi.
Il vampiro dell’antica tradizione non era solo un essere malvagio: era il riflesso delle paure collettive di un tempo in cui la morte era onnipresente e difficilmente spiegabile. Epidemie, carestie e misteriose morti improvvise spingevano le comunità a cercare una spiegazione tangibile, e il vampiro diveniva un capro espiatorio ideale, incarnazione di forze oscure e incomprensibili.
Rituali macabri e protezioni magiche
Le tradizioni locali offrivano una varietà di rituali e rimedi per prevenire il ritorno dei morti sospetti. Tra le pratiche più comuni c’erano quelle legate alla sepoltura, che miravano a “neutralizzare” il defunto e a impedirne il ritorno. Ad esempio:
- Moneta in bocca: In alcune comunità si metteva una moneta nella bocca del defunto, simbolo del pagamento per il viaggio nell’aldilà. Questo gesto serviva anche a “sigillare” il corpo, impedendogli di parlare o nutrirsi.
- Seppellire il corpo a testa in giù: Questa pratica diffusa in alcune aree slave si basava sulla convinzione che un vampiro, svegliandosi, avrebbe scavato verso il basso invece che verso la superficie.
- Oggetti sacri nella bara: Croci, aglio, semi di papavero o chicchi di miglio erano collocati all’interno o vicino al corpo. Si credeva che i vampiri fossero costretti a contare i semi, ritardando così il loro ritorno.
Oltre alle pratiche funerarie, esistevano strumenti di protezione quotidiana. L’aglio era particolarmente popolare: appeso alle finestre, sfregato sui davanzali o portato addosso, era considerato un potente repellente contro i vampiri. Anche l’acqua benedetta, le preghiere e gli amuleti sacri erano parte integrante del folklore protettivo.
In alcune regioni, si riteneva che il vampiro fosse attratto dalle sue stesse ossa. Per questo, si raccoglievano frammenti delle ossa del defunto sospetto e si conservavano in luoghi sicuri, lontani dalla tomba.
Miti e trattati: il vampiro nella cultura erudita
Un esempio affascinante di come queste credenze popolari siano penetrate anche nel pensiero erudito è il trattato De Masticatione Mortuorum in Tumulis di Michael Ranft. In questa opera del 1728, il teologo e studioso tedesco analizzò in modo critico la credenza secondo cui i morti avrebbero continuato a “masticare” nei loro sepolcri, consumando sudari e attirando la vita dei vivi. Secondo alcune tradizioni, il suono di questi masticamenti poteva essere udito nelle notti silenziose, e ciò era considerato un segnale inequivocabile della presenza di un vampiro.
Ranft, pur cercando di smontare queste credenze, registrò in dettaglio i rituali eseguiti per scongiurare il vampirismo, fornendoci oggi una preziosa testimonianza delle paure e delle pratiche dell’epoca. Il testo rappresenta una fusione interessante tra indagine razionale e trascrizione del folklore popolare, rivelando quanto profondamente radicate fossero queste credenze anche tra le classi istruite.
Il vampiro e la paura del contagio
Un elemento cruciale del folklore vampirico è il suo legame con la paura del contagio. In molte comunità, il vampiro non era solo un morto che tornava in vita, ma una figura capace di diffondere morte e malattie tra i vivi. Si diceva che una singola vittima di un vampiro potesse trasformarsi a sua volta in una creatura non morta, creando così una catena di eventi devastante per l’intera comunità.
Questo aspetto del vampirismo è strettamente connesso alle epidemie che colpivano frequentemente l’Europa orientale. La tubercolosi, ad esempio, veniva spesso associata ai vampiri: il progressivo deperimento, la tosse sanguinolenta e la perdita di energia delle vittime erano interpretati come il risultato di un attacco vampirico. Anche le morti inspiegabili di animali domestici o il deterioramento improvviso dei raccolti potevano essere attribuiti all’influenza maligna di un vampiro.
Il passaggio dalla superstizione al mito letterario
Con il passare del tempo, le storie sul vampirismo si allontanarono sempre più dalle pratiche superstiziose delle comunità rurali, trasformandosi in miti e leggende che catturarono l’attenzione di scrittori e studiosi. La figura del vampiro divenne un simbolo universale di paura e desiderio, incarnando non solo la minaccia della morte, ma anche temi come l’immortalità, il peccato e la trasgressione.
Bram Stoker, nel suo celebre romanzo Dracula (1897), raccolse molte delle caratteristiche del vampiro tradizionale dell’Europa orientale, ma le trasformò in qualcosa di più sofisticato e universale. Dracula, il nobile decaduto che si nutre di sangue per mantenersi in vita, porta con sé l’eco delle antiche credenze slave, ma incarna anche le ansie dell’epoca vittoriana: il timore del diverso, la paura del decadimento morale e fisico, e il conflitto tra scienza e superstizione.
Tuttavia, le storie popolari del vampirismo rimasero vive nelle tradizioni locali, continuando a essere raccontate e reinterpretate nelle generazioni successive. Ancora oggi, in alcune regioni dell’Europa dell’Est, il vampiro non è solo un personaggio letterario, ma una figura radicata nel patrimonio culturale, simbolo di un passato oscuro ma affascinante.

Conclusione: dai miti antichi alla modernità
Il vampiro dell’Europa dell’Est non è solo una figura folklorica, ma un simbolo delle paure collettive di un’epoca in cui il confine tra scienza e superstizione era ancora labile. Le storie nate da questa terra di mistero hanno attraversato i secoli, trasformandosi e adattandosi, fino a diventare parte integrante della cultura popolare.
Oggi, i vampiri sono protagonisti di romanzi, film e serie TV, ma le loro origini restano radicate in un passato oscuro e affascinante. Dietro ogni mito si nasconde una storia, e quelle dei vampiri ci ricordano quanto profonda sia la connessione tra credenze, paura e realtà.

Film iconici sul vampirismo
Classici
- Nosferatu (1922) – Un capolavoro del cinema muto diretto da F.W. Murnau.
- Dracula (1931) – L’adattamento cinematografico del famoso romanzo di Bram Stoker, con Bela Lugosi.
Film degli anni ’80 e ’90
- The Hunger (1983) – Un film che mescola horror e romanticismo con David Bowie e Catherine Deneuve.
- Near Dark (1987) – Un film di vampiri che sfida le convenzioni del genere.
- Interview with the Vampire (1994) – Basato sul romanzo di Anne Rice, con Tom Cruise e Brad Pitt.
Film degli anni 2000 e oltre
- Blade (1998) – Un film d’azione che combina vampiri e supereroi, interpretato da Wesley Snipes.
- Twilight (2008) – Una saga romantica tra vampiri e umani, che ha conquistato un vasto pubblico.
- What We Do in the Shadows (2014) – Una commedia mockumentary che segue le vite di vampiri contemporanei.
- Only Lovers Left Alive (2013) – Un film d’atmosfera diretto da Jim Jarmusch, che esplora l’immortalità.
- A Girl Walks Home Alone at Night (2014) – Un film iraniano che presenta una vampira solitaria in una città desolata.
Recenti
- The Sisters Brothers (2018) – Benché non sia un film di vampiri convenzionale, ha elementi sovrannaturali.
- Renfield (2023) – Una commedia horror che esplora la relazione tra Renfield e il conte Dracula.
Bibliografia
- Paul Barber, Vampires, Burial, and Death: Folklore and Reality.
- Michael Ranft, De Masticatione Mortuorum in Tumulis.
- Nancy Garden, Legends of Vampires.
- Johannes Flückinger, Visum et Repertum (1732).
Pinuccia
25 Gennaio 2025 a 13:38
Affascinante articolo forse perché io sono molto appassionata di libri/film/serie su vampiri 👍🏻👍🏻
Riccardo Alberto Quattrini
25 Gennaio 2025 a 14:22
Allora mi permetto di invitarla a leggere: “Tra demoni e vampiri psichici” https://www.inchiostronero.it/tra-demoni-e-vampiri-psichici/