”Con l’affermarsi del cristianesimo si verificò una profonda rivoluzione nella sessualità. Dopo la grande libertà erotica dell’epoca greco-romana si arrivò a una severa regolamentazione dei rapporti amorosi.
Parte seconda
Le tentazioni nel deserto
È il grande movimento di “fuga nel deserto”, della ricerca della purezza sessuale più che della solitudine. All’inizio non è privo di insuccessi, soprattutto a causa di pratiche omosessuali con adolescenti che avevano seguito un parente o un maestro, votato alla continenza, nel deserto. Il movimento sarà a lungo accompagnato dalle classiche tentazioni sessuali dovute all’immaginazione (Le tentazioni di sant’Antonio). Vittoria sulla sessualità, vittoria sull’alimentazione. Dai primi padri del deserto fino a tutto il medio evo, la lotta contro la concupiscenza nel mangiare, nel bere, la vittoria sull’ipernutrizione alimentare (crapula, gasrtimargia) e sulla ebrietà, si affiancheranno quasi sempre alla lotta contro la concupiscenza sessuale. Quando nell’ambito del monachesimo del V secolo, si redigerà un elenco di peccati capitali o mortali, la lussuria e la gola (luxurie et gula) saranno molto spesso affiancate. La lussuria nasce sovente dall’incontinenza nel mangiare e nel bere… Secondo Aline Rousselle, questa duplice lotta condurrà l’uomo all’impotenza e la donna alla frigidità, punto d’arrivo e successo ultimo della pratica ascetica.
Questa nuova etica sessuale non è altro che la forma più diffusa di un tema stoico che il cristianesimo ha ripreso per addossarlo “per diciotto secoli” all’occidente: il rifiuto del piacere. È l’epoca della grande repressione del piacere di cui non abbiamo ancora finito di pagare le conseguenze, poiché la tesi di Max Weber(1), secondo cui la continenza sarebbe all’origine dello sviluppo dell’occidente, è invalidata da qualsiasi seria ricerca storica.
[stextbox id=’info’ mode=’undefined’ color=’23e00d’ bgcolor=’1828db’]La lussuria e l’incontinenza nel mangiare e nel bere, questa duplice lotta condurrà l’uomo all’impotenza e la donna alla frigidità
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Nessuno meglio di sant’Agostino nelle Confessioni è il miglior testimone di come il nuovo ideale si sia imposto ai convertiti del medio evo. Egli dapprima rivela che la donna, e più precisamente quella con cui viveva, aveva rappresentato l’ultimo ostacolo alla sua conversione. Sua madre Monica aveva sempre collegato la conversione tanto desiderata del figlio all’abbandono della sua vita sessuale. Poi dedica due grandi “capitoli” ai problemi della carne. Il più interessante si trova nel libro VIII. Qui Agostino, non ancora convertito, esprime l’odio per la carne come oggetto dell’assuefazione, dell’abbandono al desiderio. “La legge del peccato è la forza dell’abitudine che trascina e trattiene l’anima”. Abitudine che ha la sua dimora nel corpo, “la legge del peccato insita nelle mie membra”. (VIII, V, 12). Così la repressione degli impulsi sessuali altro non è che la forma di questo volontarismo che caratterizza l’uomo nuovo, prima pagano e ora cristiano. Nel medio evo, società di guerrieri, questo volontarismo sarà la forma più alta dell’eroismo.
Poi Agostino parla dell’aspirazione alla castità, desiderata ma ancora temuta nell’adolescenza: “Dammi la castità, la continenza, ma non ora” (VIII, VII, 17). Poi la lotta è quasi vinta. “Dalla parte ove avevo rivolto il viso, pur temendo di passarvi, mi si svelava la casta dignità della serena continenza, che mi invitava con modi pieni di nobiltà, con verecondia a raggiungerla senza esitare e di nuovo mi parlava… : Sii sordo alle tentazioni immonde della tua carne sulla terra…” (VIII, II,27). Infine, quando sente la voce che gli dice: “Prendi e leggi!”, apre il libro dell’Apostolo e legge: “Non vivete nelle crapule e nelle ebrezze, non negli amplessi e nelle impurità, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi di nostro Signore Gesù Cristo, e cercate di non essecondare la carne nelle sue tentazioni” (VIII, 12, 29). E l’episodio della conversione termina con la gioia di Monica, “molto più preziosa e pura di quella attesa dai nipoti della mia carne!” (VIII, 12, 30).
[stextbox id=’info’ mode=’undefined’ color=’23e00d’ bgcolor=’1828db’]Uno strano contrapporsi alle parole di Dio. Benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: «Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra». Ge 1:26-29[/stextbox]
Il marito troppo ardente
La più grande vittima della nuova etica sessuale in definitiva è il matrimonio. Infatti, benché fosse il minore dei mali, era malgrado tutto sempre segnato dal peccato, per la concupiscenza che
accompagnava l’atto sessuale. San Gerolamo(2), contemporaneo di sant’Agostino, autore di un violento attacco contro il matrimonio nell’Adversus Jovinianum (che avrà molto successo nel XII secolo, quando servirà persino a giustificare l’amore cortese extraconiugale) riprende un testo si Sesto Empirico, filosofo vissuto due secoli prima, dicendo: “Adultero è anche l’innamorato troppo ardente verso sua moglie”.
Gregorio Magno(3) (590-604), nella sua lettera a sant’Agostino di Canterbury, parla delle impurità del piacere coniugale: la sessualità coniugale può dunque diventare fornicazione. Nella prima metà del XII secolo, il grande teologo parigino Hugues de Saint-Victor(4) dirà ancora: “Poiché l’accoppiamento dei genitori non avviene senza desiderio carnale (libido), il concepimento dei figli non avviene senza peccato”. La condizione del coniugato, al pari di quella del mercante, è nel medio evo una di quelle in cui diventa difficile piacere a Dio.
Il medio evo (vi si deve intravedere un segno di «barbarie»?) condanna sempre di più i peccati della carne, li circoscrive in una rete sempre più fitta di definizioni, di divieti e di sanzioni. Per la remissione dei peccati, alcuni ecclesiastici (spesso monaci irlandesi, fanatici dell’ascetismo) redigono dei “penitenziali”, veri e propri elenchi di peccati e di penitenze, in cui si ritrova lo spirito dei codici barbari. I peccati della carne vi occupano un posto esorbitante, secondo modello degli ideali e dei fantasmi degli adepti del monachesimo. Disprezzo del mondo, umiliazione della carne: il modello monastico ha avuto un peso determinante sui costumi e sulla mentalità dell’occidente. Il modello benedettino di monachesimo equilibrato, non eliminerà del tutto lo spirito e le pratiche del deserto.
Ecco che cosa scriveva a proposito dell’abuso del matrimonio Burcando di Worms(5), erede di questa tradizione e dei divieti del Levitico, canonico tedesco dell’XI secolo, nel suo Decreto che ebbe grande risonanza: “Ti sei accoppiato, da dietro, con la tua sposa o con un’altra donna, come fanno i cani? Se è così, farai penitenza dieci giorni a pane e acqua. Ti sei unito alla tua sposa nel suo periodo mestruale? Se sì, farai penitenza dieci giorni a pane e acqua. Se tua moglie è entrata in chiesa dopo il parto, prima di essere stata purificata del suo sangue, farai penitenza per tutti quei giorni in cui avrebbe dovuto tenersi ancora lontana dalla chiesa. E se ti sei unito a lei in quei giorni, farai penitenza a pane e acqua per venti giorni”.
“Ti sei accoppiato alla tua sposa dopo aver sentito il bimbo muoversi nel suo ventre oppure quaranta giorni prima del parto? Se lo hai fatto, farai penitenza venti giorni a pane e acqua. Ti sei accoppiato alla tua sposa dopo che si è accorta di essere incinta? Farai penitenza dieci giorni a pane e acqua”.
“Ti sei accoppiato alla tua sposa nel giorno del Signore? Devi fare penitenza quattro giorni a pane e acqua. Hai peccato con lei in tempo di Quaresima? Devi fare penitenza quaranta giorni a pane e acqua, o dare ventisei soldi in elemosina. Se questo è accaduto mentre eri ubriaco, farai penitenza venti giorni a pane e acqua”.
“Devi praticare l’astinenza venti giorni prima di Natale, e tutte le domeniche, e durante tutti i digiuni fissati alla legge, e per la natività degli apostoli e durante le feste principali, e nei luoghi pubblici. Se non hai praticato l’astinenza farai penitenza quaranta giorni a pane e acqua”.
Questo controllo della vita sessuale delle coppie sposate ha influito sulla vita di tutti i giorni della maggior parte degli uomini e delle donne e ha sottoposto la sessualità a un ritmo che ha provocato diverse conseguenze (sulla demografia, sui rapporti tra i sessi, sulla mentalità), secondo un calendario del tutto “contro natura, che Jean-Louis Flandrin(6) ha meticolosamente analizzato, nel suo libro Il sesso e l’Occidente. (L.C.)
[stextbox id=’info’ mode=’undefined’ color=’23e00d’ bgcolor=’1828db’]C’era una sessualità delle élites e una sessualità del basso popolo. Gli analfabeti, i poveri e i contadini incapaci dell’astinenza, considerando che la carne trasmette il peccato originale, i figli pagano gli errori dei genitori. Non è un caso se la schiavitù è vista come conseguenza del peccato originale nella società cristiana medievale.[/stextbox]
Nell’VIII secolo, i divieti sessuali avrebbero portato le “coppie devote” a potersi accoppiare solo da 91 a 93 giorni in un anno, senza contare i periodi di impurità della donna (mestruazioni, gravidanza, periodo post partum).
J.L. Flandrin crede più plausibile la continenza solo durante il fine settimana, cosa che avrebbe portato il tempo da dedicare alla sessualità coniugale a 184 -185 giorni l’anno. Flandrin ha rielaborato anche un regolamento progressivo del tempo di continenza. Il totale dei divieti resta pressappoco lo stesso, ma la ripartizione cambia: ai lunghi periodi delle tre quaresime annuali (Natale, Pasqua, Pentecoste) segue una frammentazione di brevi periodi di digiuno, di astinenza e continenza.
Dai divieti alla pratica il salto è stato senza alcun dubbio grande. Dal modo in cui il confessore di san Luigi insiste – come prova di santità – sul totale (è perfino esagerato) il rispetto che Luigi IX aveva per le regole della continenza coniugale, si deduce che questo rispetto fosse raro. J.L. Flandrin è invece dell’opinione che i divieti della chiesa abbiano incontrato certe tendenze radicate nella cultura e nella mentalità delle masse: concetto del tempo sacro (documentato dai calendari contadini), senso dell’impurità; rispetto delle restrizioni. Dunque etica colta e cultura “popolare” sembrano convergere.
Tuttavia anche nel campo sessuale vediamo sorgere – almeno agli occhi della chiesa feudale – una barriera sociale e culturale fra chierici e laici (nobiltà inclusa) da un lato, e tra i due ordini dei chierici e dei cavalieri e quello dei lavoratori (soprattutto contadini) dall’altro.
Il peccato porta la lebbra?
Questa divisione si ritrova nell’interpretazione data più volte nel medio evo per giustificare la lebbra. Infatti alcuni teologi del medio evo hanno legato l’origine peccaminosa dei lebbrosi all’idea di
un comportamento sessuale diverso nelle classi sociali dominanti e nelle classi subalterne. C’era dunque una sessualità delle élites e una sessualità del basso popolo? In ogni
caso, il disprezzo per il contadiname trovava terreno fertile anche nel sesso. Fin dalla prima metà del VI secolo, il vescovo Césaire d’Arles dice ai suoi fedeli: “Gli sposi incontinenti avranno figli lebbrosi o epilettici, o addirittura indemoniati”. In poche parole, “tutti i lebbrosi nascono in genere non da uomini saggi che conservano la loro castità nei giorni indicati e nelle festività, ma soprattutto da gente rozza che non sa contenersi”.
Ecco quindi due credenze che attraversarono il medio evo. Prima la malattia ossessiva e colpevolizzante, la malattia terrificante di cui la peste prenderà il posto nella metà del XIV secolo, e cioè la lebbra, trae origine dalla sessualità colpevole (compresa quella degli sposi, soprattutto, forse, quella degli sposi) e la macchia della fornicazione commessa nella carne riaffiora sulla superficie del corpo. E dato che la carne trasmette il peccato originale, i figli pagano gli errori dei genitori. Poi, c’è questa fissazione sull’eccessivo malcostume sessuale degli “illetterati”, dei poveri, dei contadini. Non è un caso se la schiavitù è vista come conseguenza del peccato originale nella società cristiana medievale.
Schiavi della carne più di tutti gli altri, i servi meritano di essere anche schiavi dei signori. In questa deformazione dell’ideale di volontarismo, di resisitenza, di lotta spirituale della tarda antichità, la parte sottomessa della società è vista come quella dei deboli, degli abulici, senza ideali, ma anche senza volontà. In questo mondo di guerrieri, i contadini sono esseri quasi animali, giocattoli del desiderio impuro.
Questa nuova etica sessuale si è imposta all’occidente per secoli. Scossa solo dall’introduzione dell’amore-passione nei rapporti sessuali e nel matrimonio, comincia lentamente a cambiare solo nella nostra epoca. Ha regnato durante tutto il medio evo, ma non è rimasta immobile. Nel grande mutamento verificatosi in occidente tra il X e il XIV secolo, questa etica, è stata segnata da tre grandi eventi: la riforma gregoriana(7) e la divisione sessuale fra chierici e laici, il trionfo di un modello monogamico indissolubile ed esogamico nel matrimonio, l’unificazione concettuale dei peccati della carne nell’ambito del peccato di (luxuria), nel quadro dei sette peccati capitali.
[stextbox id=’info’ mode=’undefined’ color=’23e00d’ bgcolor=’1828db’]La chiesa diventa una società di scapoli. Per contro, imprigiona la società laica al matrimonio[/stextbox]
Nei manuali di storia medievale, normalmente, la riforma gregoriana viene vista in maniera positiva, poiché con essa – si dice – Gregorio VII seppe “por fine” all’anarchia ecclesiastica dei due secoli precedenti. E, altrettanto naturalmente, si fa capire che questo era l’unico modo per risolvere il problema dell’anarchia. Che un problema di anarchia effettivamente esistesse, nessuno può metterlo in dubbio. La chiesa romana era in balìa delle famiglie nobiliari più potenti della capitale. Tuttavia, gli storici raramente si chiedono le motivazioni socio-culturali di tale anarchia. Ragionando in termini esclusivamente politici, essi ne addebitano le cause allo scarso prestigio, alla indebolita autorevolezza della chiesa istituzionale: di qui il giudizio positivo nei confronti della svolta autoritaria di Gregorio VII. Gli storici ritengono che la chiesa cattolica, a livello istituzionale (cioè a prescindere dai suoi singoli esponenti) si sia sempre posta nella storia solo in maniera politica. Rebus sic stantibus essi non possono che avere, nei confronti dell’anarchia, un giudizio analogo a quello della stessa chiesa. Gli storici (solo italiani?) fanno molta fatica ad accettare le due seguenti idee: 1) che la religione debba restare separata dalla politica (questa, per loro, è stata un’acquisizione del secolarismo, che la chiesa romana ha dovuto accettare obtorto collo); 2) che nell’ambito della religione sia possibile vivere un’esperienza democratica, cioè non anarchica (come in effetti avviene nel protestantesimo) né autoritaria (come appunto nel cattolicesimo). Ora, quali furono le cause dell’anarchia ecclesiastica italiana? Esse vanno cercate nel desiderio anticristiano, espresso quasi sin dalle origini, da parte della chiesa romana, di poter disporre di un certo potere patrimoniale da considerarsi come fondamento del proprio potere politico. Non a caso la chiesa romana s’è trasformata, con la svolta costantiniana, da chiesa perseguitata a chiesa privilegiata, sino a diventare, già con Teodosio, chiesa persecutrice. Ufficialmente la chiesa romana come istituzione non s’è mai opposta a questo ruolo di potenza economico-politica: chi ha provato a farlo è stato emarginato o perseguitato o addirittura giustiziato.
Come abbiamo visto, la riforma gregoriana è stato un grande “aggiornamento” della società medievale, portata avanti dalla chiesa, partendo proprio dal suo interno, dal 1050 fino al 1215 (quarto consiglio lateranense). La riforma istituisce innanzitutto l’indipendenza della chiesa dai laici. Quale barriera migliore della sessualità da porre tra chierici e laici? A questi ultimi il matrimonio, ai primi la verginità, il celibato e la continenza. Un muro divide la purezza dall’impurità. Da un lato i liquidi impuri sono messi al bando (i chierici non devono spargere né sperma né sangue, e non devono trasmettere il peccato originale procreando) e dall’altro sono semplicemente canalizzati. La chiesa diventa una società di scapoli. Per contro, imprigiona la società laica al matrimonio. Come ha chiaramente dimostrato George Duby(8), la chiesa del XII secolo fa trionfare il suo modello matrimoniale, quello del Vangelo, monogamico e indissolubile.
La chiesa estende questo modello a tutti i laici. Nei manuali dei confessori, che sostituiscono i vecchi penitenziali del XIII secolo e che esprimono la nuova concezione del peccato e della confessione basata sulla ricerca delle intenzioni del peccatore, i peccati matrimoniali appaiono, in genere, in un trattato a parte, Sul matrimonio.
Se la casistica chiarisce il campo teorico e pratico del matrimonio, quest’ultimo resta il gran parte escluso dal processo di diversificazione e dal relativo adattamento della vita religiosa all’evoluzione generale della società. E ciò si spiega. Come ha dimostrato Michel Sot, il matrimonio cristiano è un fatto nuovo nel XIII secolo.
La repressione sessuale non riguarda comunque solo il matrimonio. James Boswell(9) ha dimostrato che la chiesa, fino al XII secolo, aveva manifestato, almeno in pratica, grande indulgenza verso l’omosessualità. Una “cultura gay” aveva persino potuto fiorire all’ombra della chiesa e sovente al suo interno. A partire da queto momento l’indulgenza, in linea di massima, finisce. Si lotta contro la sodomia, assimilata all’eresia in un pericoloso amalgama. Così, in questa grande operazione di esclusione del XIII secolo, i peccatori sessuali fanno parte di un mondo di reprobi. I reprobi sessuali difficilmente e raramente beneficiano del nuovo aldilà che offre uno spazio e un tempo supplementari di purificazione nell’altro mondo: il purgatorio. Il sesso resta preda dell’inferno.
La lussuria è una prostituta
Infine il sistema dei sette peccati capitali instaura questa unificazione rimasta a lungo irrealizzata dei peccati della carne; il peccato della carne ha un nome generico: la lussuria. Certo, la lussuria è
raramente in testa all’elenco dei peccati mortali contrariamente all’orgoglio (superbia) e alla cupidigia (avaritia) che si contendono questo primo posto. Ma ha un’altra supremazia. Nelle storielle sulle figlie del diavolo, che altro non sono che personificazioni dei peccati che Satana sposa agli uomini accoppiando ciascuna figlia a una data categoria sociale, la lussuria rimane una prostituta che Satana «offre a tutti». Forse essa potrà beneficiare della tolleranza, che la chiesa e le autorità pubbliche concedono ormai alle prostitute. Il giogo matrimoniale provoca la diffusione dei bordelli e il successo delle case d’appuntamento. Il peccato della carne ha il suo posto sulla terra come l’inferno.
La raffigurazione sul timpano dell’abbazia di Moissac della lussuria (una donna nuda, cui i serpenti mordono il seno e il sesso) ossessionerà a lungo la fantasia sessuale dell’occidente.
Note
- (1) Karl Emil Maximilian Weber (21 aprile 1864 – Monaco di Baviera, 14 giugno 1920) è stato un sociologo, filosofo, economista e storico tedesco. È considerato uno dei padri fondatori dello studio moderno della sociologia e della pubblica amministrazione. Cominciò la sua carriera accademica all’Università Humboldt di Berlino. Personaggio influente nella politica tedesca del suo tempo, fu consigliere dei negoziatori tedeschi durante il trattato di Versailles (1919) e della commissione incaricata di redigere la Costituzione di Weimar. Larga parte del suo lavoro di pensatore e studioso riguardò la razionalizzazione nell’ambito della sociologia della religione e della sociologia politica, ma i suoi studi diedero un contributo importante anche nel campo dell’economia. La sua opera più famosa è il saggio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, con il quale cominciò le sue riflessioni sulla sociologia della religione. Weber sosteneva che la religione fosse una delle ragioni non esclusive per cui le culture dell’Occidente e dell’Oriente si sono sviluppate in maniera diversa. Weber definì lo Stato come “un’entità che reclama il monopolio sull’uso legittimo della forza fisica”: una definizione divenuta centrale nello studio delle moderne scienze politiche in Occidente.
- (2) Sofronio Eusebio Girolamo, noto come san Girolamo, (Stridone, 347 – Betlemme, 30 settembre 419/420) è stato un biblista, traduttore, teologo e monaco cristiano romano. Padre e dottore della Chiesa, tradusse in latino parte dell’Antico Testamento greco (ci sono giunti, integri o frammentari, Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste e Cantico, dalla versione dei Settanta) e, successivamente, l’intera Scrittura ebraica.
- (3) Papa Gregorio I, detto papa Gregorio Magno ovvero il Grande (Roma, 540 circa – Roma, 12 marzo 604), è stato il 64º vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica, dal 3 settembre 590 fino alla sua morte. La Chiesa cattolica lo venera come santo e dottore della Chiesa. Anche le Chiese ortodosse lo venerano come santo. Sebbene il suo pontificato si sia svolto in uno dei periodi più bui della storia italiana, conservò una incrollabile fiducia nella forza del Cristianesimo; anima tra le più luminose del Medioevo europeo, svolse il suo ministero racchiuso in un corpo minuto e sempre malato, ma dotato di una grandissima forza morale.
- (4) Hugues de Saint-Victor (Ducato di Sassonia, 1096 circa – Parigi, 11 febbraio 1141), è stato un teologo, filosofo, cardinale e vescovo cattolico francese, tra i principali teorici della scolastica, venerato come beato dalla Chiesa cattolica. «Mi hai dato perfezione di sensibilità, prontezza di intelligenza, forza di memoria; mi hai dato la possibilità di esprimermi con scioltezza, di esporre piacevolmente i miei pensieri, di insegnare in modo convincente, di attuare i miei propositi, di comportarmi gradevolmente, di progredire negli studi, di raggiungere i miei progetti; mi hai dato conforto nelle avversità, cautela nelle circostanze felici.» (Ugo di San Vittore, Soliloquium de arrha animae)
- (5) Burcardo di Worms, (950 – 20 agosto 1025), è stato vescovo di Worms, nonché famoso autore dei 20 volumi delle Regulæ Ecclesiasticaæ (collezione di locuzioni latine a carattere giuridico ordinate alfabeticamente, entrate nell’uso comune grazie alla scuola dei glossatori di Bologna) note anche come Brocardica, Regulaeæ Burchardicæ, Collectarium canonum, Decretum. È venerato come beato dalla Chiesa cattolica.
- (6) Jean-Louis Flandrin (4 luglio 1931 – 8 agosto 2001) era uno storico francese. I suoi campi di studio erano la famiglia, la sessualità e, in particolare, il cibo. Ha introdotto nuovi metodi analitici ed esaminato una serie di fonti tra cui penitenziali della chiesa, libri di cucina e persino proverbi tradizionali in un ampio arco storico, dall’Alto Medioevo al XX secolo. Al momento della sua morte, Flandrin era professore emerito all’Università di Parigi VIII e capo della ricerca presso l’École des hautes études en sciences sociales .
- (7) La riforma papale vera e propria può essere suddivisa in quattro periodi:1046-1057: inizi della riforma sotto i papi tedeschi,1057-1073: intensificarsi della riforma sotto i papi tosco-lorenesi,1073-1085: azione di papa Gregorio VII (“riforma gregoriana” propriamente detta, con il conseguente inizio della lotta per le investiture),1085-1122: attuazione e adattamento della riforma da papa Vittore III a papa Callisto II.
- (8) Georges Duby (Parigi, 7 ottobre 1919 – Aix-en-Provence, 3 dicembre 1996) è stato uno storico francese specializzato nel Medioevo. Fu uno specialista in particolare dei secoli X, XI, XII, e XIII nell’Europa occidentale. È stato associato alla École des Annales, fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, a cui Fernand Braudel si associò in seguito. «L’eccedenza agricola serviva solo a permettere a un numero maggiore di individui di sopravvivere.» (Georges Duby)
- (9) James Boswell, 9th Laird of Auchinleck (Edimburgo, 29 ottobre 1740 – Londra, 19 maggio 1795), è stato uno scrittore, giurista e aforista scozzese. Nei manuali di storia medievale, normalmente, la riforma gregoriana viene vista in maniera positiva, poiché con essa – si dice – Gregorio VII seppe “por fine” all’anarchia ecclesiastica dei due secoli precedenti. E, altrettanto naturalmente, si fa capire che questo era l’unico modo per risolvere il problema dell’anarchia. Che un problema di anarchia effettivamente esistesse, nessuno può metterlo in dubbio. La chiesa romana era in balìa delle famiglie nobiliari più potenti della capitale. Tuttavia, gli storici raramente si chiedono le motivazioni socio-culturali di tale anarchia. Ragionando in termini esclusivamente politici, essi ne addebitano le cause allo scarso prestigio, alla indebolita autorevolezza della chiesa istituzionale: di qui il giudizio positivo nei confronti della svolta autoritaria di Gregorio VII. Gli storici ritengono che la chiesa cattolica, a livello istituzionale (cioè a prescindere dai suoi singoli esponenti) si sia sempre posta nella storia solo in maniera politica. Rebus sic stantibus essi non possono che avere, nei confronti dell’anarchia, un giudizio analogo a quello della stessa chiesa. Gli storici (solo italiani?) fanno molta fatica ad accettare le due seguenti idee: 1) che la religione debba restare separata dalla politica (questa, per loro, è stata un’acquisizione del secolarismo, che la chiesa romana ha dovuto accettare obtorto collo); 2) che nell’ambito della religione sia possibile vivere un’esperienza democratica, cioè non anarchica (come in effetti avviene nel protestantesimo) né autoritaria (come appunto nel cattolicesimo). Ora, quali furono le cause dell’anarchia ecclesiastica italiana? Esse vanno cercate nel desiderio anticristiano, espresso quasi sin dalle origini, da parte della chiesa romana, di poter disporre di un certo potere patrimoniale da considerarsi come fondamento del proprio potere politico. Non a caso la chiesa romana s’è trasformata, con la svolta costantiniana, da chiesa perseguitata a chiesa privilegiata, sino a diventare, già con Teodosio, chiesa persecutrice. Ufficialmente la chiesa romana come istituzione non s’è mai opposta a questo ruolo di potenza economico-politica: chi ha provato a farlo è stato emarginato o perseguitato o addirittura giustiziato.
Fonte Wikipedia
L.C.
Libri Citati
- Il sesso e l’Occidente. L’evoluzione del comportamento e degli atteggiamenti
- Jean-Louis Flandrin
- Editore: CdE
- Tipologia: Libro usato vintage
- Copertina: con sovraccoperta
- Anno edizione: 1983
- Pagine: 325 p.
- Prodotto usato
- Condizioni: Usato – In buone condizioni
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Immagine: Le tentazioni di Sant’Antonio Domenico Morelli (1826-1901)
Vedi anche: