Se cercate la madre di tutte le violenze alle donne…

QUELLO STUPRO DI MASSA DIMENTICATO


Se cercate la madre di tutte le violenze alle donne, gli stupri e i cosiddetti femminicidi, dovete risalire a 80 anni fa nel centro-sud d’Italia. È il capitolo amaro e atroce delle cosiddette marocchinate. I singoli episodi di violenza e di abusi che si leggono quotidianamente e che suscitano ribrezzo e preoccupazione, impallidiscono di fronte a una vera e propria mattanza di corpi femminili, ragazze, minorenni o sposate, che avvenne nella primavera di ottant’anni fa, in Italia, in un’area che va dalla Toscana alla Campania e alla Sicilia, con particolare accanimento nel basso Lazio. Non fu opera di sciagurati maniaci sessuali, ma fu quasi pianificato e autorizzato come bottino di guerra, ed ebbe come protagonisti soldati in divisa di eserciti di liberatori, come i francesi.

La verità nascosta delle “marocchinate”, saccheggi e stupri delle truppe francesi in mezza Italia. Nella foto Sophia Loren ed Eleonora Brown nel film La ciociara di Vittorio De Sica 1960

Esorto le femministe di lotta e di denuncia, le compagne di piazza e di corteo, le parlamentari progressiste e radicali, le combattenti antifasciste, antisessiste e le attrici impegnate, ad aprire e approfondire quella pagina di storia che risale alla primavera del 1944. E vi suggerisco un insolito punto di partenza. Andate a scoprire chi era Maria Maddalena Rossi. Per aiutarvi nella ricerca vi dirò che aderì al Partito comunista quand’era ancora clandestino, fu arrestata dalla polizia fascista, mandata al confino, espatriata. Poi fu eletta nell’Assemblea Costituente nel gruppo comunista, fece battaglie per la parità dei diritti delle donne; fu parlamentare del PCI, sindaco, presidente dell’Unione Donne Italiane. Morì novantenne nel ’95. Insomma ha i titoli a posto per essere celebrata dalle femministe progressiste.

Perché proprio lei? Perché nel ’52 aprì in un’interrogazione parlamentare quel capitolo scabroso e rimosso della Seconda guerra mondiale nelle vulgate storiografiche sulla liberazione: le marocchinate, ovvero le migliaia di donne italiane stuprate, violentate dalle truppe marocchine venute a “liberare” l’Italia con gli alleati. In Ciociaria, in particolare, fu uno scempio, di cui restò traccia molti anni dopo nel film La ciociara di Vittorio De Sica con Sophia Loren, tratto da un romanzo di Alberto Moravia. Donne stuprate e messe incinta, bambini violentati, più di mille uomini uccisi per aver cercato di difendere le loro donne, madri, mogli, sorelle, fidanzate, figlie.

Nel dibattito parlamentare che seguì all’interrogazione della Rossi, venne fuori che il numero più attendibile era di 25mila vittime, ma se si considera che il campo d’azione dei magrebini si estendeva a mezzo centro-sud, il numero di 50-60mila marocchinate indicato da alcune ricerche è plausibile. Il pudore nel raccontare queste storie ne ha ridotto la portata e coperto con un velo protettivo di omertà le reali dimensioni della tragedia. Si voleva tutelare col silenzio l’onorabilità delle loro donne, e non sottoporle anche a una gogna. La responsabilità, oltre che dei soldati marocchini, fu dei vertici dell’esercito francese che dettero loro sostanziale impunità e carta bianca, come un tribale diritto di preda. Non furono i soli, intendiamoci, nella barbarie di quel tempo. Ma un fenomeno così vasto e quasi pianificato, su donne inermi che non avevano colpe è raccapricciante per la ferocia animalesca. Una pagina rimasta impunita e rimossa.

Migliaia di storie strazianti e interi paesi violentati, quando il sud era “liberato”. Per chi voglia approfondire, rimando ai libri sulle marocchinate di Emiliano Ciotti(1), Stefania Catallo(2) e di una francese d’origine italiana, Eliane Patriarca.(3) Un corposo e documentato dossier uscì sulla rivista ‘Storia in rete’ di Fabio Andriola.

Ma è da sottolineare che una donna comunista, leader delle donne in lotta, antifascista col fascismo imperante – non come i grotteschi militanti postumi dell’Anpi d’oggi – ebbe il coraggio e l’amor di verità di denunciare questo obbrobrio, che per ragioni di antirazzismo e antifascismo ora si preferisce mettere a tacere. Le stesse ragioni che portano a non scendere in piazza se una ragazza oggi è stuprata e uccisa da migranti. O a dimenticare quelle donne violentate, rasate a zero e uccise solo perché ausiliarie della Repubblica sociale; o stuprate in Istria. La stessa omertà che accompagna il vergognoso racket di uteri in affitto, dove la dignità della donna è venduta al capriccio danaroso di benestanti, spesso coppie omosex. Il Pci sessista di quegli anni aveva donne più rappresentative nei suoi ranghi, che provenivano dalla lotta politica, dalla piazza, dalla militanza di base e anche dalla guerra civile.

Probabilmente la Rossi dovette vedersela anche allora con le reticenze dei suoi compagni, lo strisciante maschilismo del vecchio Pci e l’omertà sulle pagine nere dei “liberatori”. Anche perché quelle pagine infami ne avrebbero richiamato delle altre, per esempio gli eccidi nel Triangolo rosso.

Molti autori indicano in circa 4.500 i morti causati dalla ‘giustizia partigiana’ scatenatasi alla fine della seconda guerra mondiale nel Triangolo della morte.

Suggeriamo alle femministe perennemente mobilitate in campagne contro i maschi e i loro soprusi, di ricordarsi di una femminista, comunista e antifascista che non si tirò indietro a raccontare le scomode verità e le pagine nere della Liberazione. Sarebbe il caso che il presidente della repubblica, che non si lascia sfuggire mezzo anniversario di quel che accadde nella storia della Seconda guerra mondiale e della resistenza, si ricordasse anche di questo evento corale, che mortificò la dignità femminile e stuprò i loro corpi, la loro verginità, la loro maternità.

Gli orrori della guerra vanno raccontati e ricordati per intero, senza amnesie (come, ad esempio, il silenzio sugli ottant’anni dello scempio dell’abbazia di Montecassino, bombardata dagli Alleati).

Alle 9 e 30 del 15 febbraio 1944 iniziò il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino. Con ondate successive 230 aerei di vario tipo sganciarono 380 tonnellate di bombe sul loro obbiettivo. Il bersaglio fu centrato in pieno anche se molte bombe caddero fuori zona causando perdite anche alle truppe alleati

Per aiutarlo a ricordare e a ripararsi dietro un’immagine inattaccabile, si ricordi almeno della compagna partigiana comunista Maria Rosaria Rossi, del film di Vittorio de Sica e del libro dello scrittore filocomunista Alberto Moravia. Tre alibi per poter raccontare in modo inattaccabile, compiacendo l’antifascismo dominante, una storia dolorosa di cui furono vittime così tante donne italiane.

(Il Borghese, aprile 2024)

 

 

 

 

Approfondimenti del Blog

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Descrizione

Aspettavano i liberatori ma arrivò l’inferno. Dove passarono le truppe francesi, accaddero cose mai viste in quelle terre: stupri, rapine, saccheggi, omicidi, evirazioni e torture furono all’ordine del giorno…Appena sbarcati in Italia i goumiers fecero subito vedere di che pasta erano fatti, in Sicilia, infatti, essi cominciarono a razziare e sequestrare donne del luogo considerandole “bottino di guerra” e le portarono via come prostitute. Queste violenze non vennero compiute solo in Sicilia ma prosegui poi nel resto della penisola, concentrandosi sopratutto nel centro Italia e si arrestò solo nell’ottobre del ’44 alle porte di Firenze, quando il corpo di spedizione francese fu trasferito in Provenza. Oltre mille omicidi, 60.000 donne stuprate e ben 180.000 violenze carnali.
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Descrizione

Vittime, destinate all’oblio oppure ribelli, sopravvissute condannate al silenzio o resistenti e fiere, sono questi i profili delle “marocchinate” raccolti da Stefania Catallo in brevi e dense interviste che costituiscono il cuore di questo libro. Il vissuto di alcune delle tante donne che subirono le violenze da parte dei goumiers, al seguito del V corpo d’armata francese del Generale Alphonse Juin nel maggio del 1944 in Ciociaria, emerge prepotente in tutta la sua drammatica verità. Il tutto a mostrare come ancora oggi il dolore di quegli accadimenti sia ben persistente nella mente e nelle anime nonostante lo scorrere del tempo e la “ragion di stato”. Sul dramma delle “marocchinate” sopravvissute ad una tragedia che ebbe proporzioni immense, si pensa infatti che furono 20.000 le donne violentate dai goumiers soltanto nel basso Lazio, calo’ un velo di oscurità già all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale. Un velo spesso che nemmeno l’intervento della deputata Maria Maddalena Rossi, i cui atti parlamentari rappresentano sono posti a mo’ di conclusione nelle ultime pagine di questo testo, riuscì a squarciare.
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Descrizione

Un ritorno alle radici e un’indagine storica che, raccogliendo testimonianze terribili e sempre vivide, tocca un nervo ancora scoperto della nostra storia.

“Solo qualche anno fa ho sentito parlare per la prima volta delle sofferenze inflitte dai “liberatori”. Un mio amico italiano mi accennò agli innumerevoli stupri perpetrati dal corpo di spedizione francese, il CEF, che faceva parte della coalizione alleata sotto il comando americano. Era stato nella Ciociaria, la mia zona d’origine, che le truppe coloniali francesi si erano scatenate in modo particolare. Rimasi senza parole. Era tutto vero.”

Ci sono italiani che hanno pagato molto caro il prezzo della Liberazione. Sono le migliaia di donne della Ciociaria e del frosinate violentate, abusate e uccise durante la marcia dei “liberatori”. Tutto iniziò nel luglio del 1943, quando le truppe alleate sbarcarono in Sicilia. Nella risalita, furono molti i soldati che si lasciarono andare a episodi di violenza, mentre i generali e gli ufficiali chiudevano entrambi gli occhi. Come nel caso dei soldati francesi originari di Marocco, Algeria e Tunisia, i goumiers, al comando del generale Alphonse Juin. Abili nei combattimenti in montagna, furono determinanti nell’aggirare la linea nazista addentrandosi sui monti a sud di Roma. Ma seminarono l’orrore nei villaggi che attraversarono. Migliaia di donne di tutte le età, giovani e anziane, furono violentate e abusate con estrema crudeltà, anche da centinaia di soldati. Chi si ribellava veniva ucciso, gli uomini violati a loro volta. Secondo alcune stime furono decine di migliaia le vittime. Due volte vittime, perché alla violenza si unirono la vergogna e il silenzio. Si preferì tacere, le donne per pudore e autodifesa, le istituzioni italiane e francesi per non macchiare l’onore e non urtare la sensibilità dei rispettivi eroi della Liberazione. Eliane Patriarca, giornalista francese, indaga su questi fatti così poco conosciuti sia in Francia che in Italia, anche per scoprire se ai suoi nonni, originari di quelle zone, era toccata quella sorte. Un ritorno alle radici e un’indagine storica che, raccogliendo testimonianze terribili e sempre vivide, tocca un nervo ancora scoperto della nostra storia.

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