Quanto può spingersi un critico nel giudicare un’opera teatrale? E quanto può la sua valutazione pregiudicarne l’armonia della compagnia? Ma Mr. Waldon, il critico, non si cura di tutto ciò. Egli seguita nei suoi giudizi tranchant senza curarsi delle ripercussioni.

Un racconto horror/gotico dell’autore Pier Francesco Grazioli.

 

   «Non le pare d’esserci andato giù un po’ troppo pesante Mr. Waldon? D’accordo che lei è uno dei maggiori critici di Londra, ma…», disse Jones perplesso rivolgendosi al suo direttore.
«Mio caro Jones lei ha ancora molto da imparare… deve capire che quando una persona, il quale si ritiene un grande artista con tanto di nome scritto a grandi caratteri fuori dal teatro da dell’ arte una dimostrazione sterile, mediocre, quasi senz’anima, allora beh… va additato per quello che realmente egli è un impostore privo di qualsiasi talento artistico!» disse Mr. Waldon interrompendo con freddezza il suo giovane assistente.
«È lei a decidere Mr. Waldon, certo che quando quell’attore leggerà la sua critica non la prenderà certo bene. Ah, qual è il suo nome a proposito?» chiese Jones amareggiato.
«Edward Fitzpatrick…un nome il quale è doveroso bruciare senza lasciare neanche le ceneri», rispose Walton compiaciuto mentre correggeva la bozza del giornale destinato ad uscire la mattina dopo.
Jones scosse la testa ed uscì dall’ufficio del suo direttore, chiudendosi lentamente la porta alle spalle, lasciando quest’ultimo completamente preso dal delirio d’onnipotenza procurategli dal suo senso “critico”.
Il lento muovere dell’uscio dietro le sue spalle, dette a Jones per un attimo, l’impressione di un sipario il quale andava chiudendosi su di una tragedia quasi annunciata, o…forse era solo la stanchezza che gli stava giocando brutti scherzi? Si! Sicuramente era così.
La mattina dopo, mentre si recava al lavoro, Jones fu attratto da un vociare concitato proveniente da un gruppo di persone ferme vicino all’argine del Tamigi.
Incuriosito si avvicinò per saperne di più, nonostante due poliziotti cercassero di tenere i vari curiosi alla larga.
«Ma cosa è successo?» chiese con curiosità Jones ad una signora ferma li a guardare.
«Sembra che qualcuno si sia gettato nel fiume… poveretto!» rispose tristemente la signora.
In quell’istante Jones notò una figura a lui familiare scendere da una carrozza ed avvicinarsi con passo sicuro verso le scale che conducevano sul marciapiede vicino al bordo del fiume, mentre la piccola folla di curiosi s’apriva al suo passaggio.
«Ispettore, ispettore Cooper! Sono io… sì, da questa parte!» urlò Jones.
Il funzionario si voltò guardando con aria seria, e solo dopo aver riconosciuto Jones, lo salutò sorridendo da dietro i suoi baffoni grigi.
«Ah, il giovane Jones! Come mai da queste parti?» chiese incuriosito l’ispettore.
Jones disse che si stava recando al lavoro, quando delle voci avevano attirato la sua attenzione, venendo così in seguito a sapere di un presunto suicidio.
Approfittando dell’attenzione che l’ispettore gli rivolgeva, Jones chiese cortesemente se poteva accompagnare quest’ultimo sul luogo del ritrovamento.
«Beh, veramente non si potrebbe ma dato si che tuo padre era il mio miglior amico, d’accordo…così sarai tu a dare la notizia per primo», rispose l’ispettore battendo la mano sulla spalla di Jones.
Il corpo era già stato ricoperto con un lenzuolo in attesa che venissero a portarlo via, e mentre l’ispettore chiariva le cause ed i dettagli del decesso con il medico legale, Jones chiese ad un poliziotto di scoprire il cadavere per poter prendere appunti.
«Accidenti! Ma è Edward Fitzpatrick! Quell’attore di teatro», esclamò Jones, richiamando l’attenzione dell’ispettore e del medico legale.
«Mister Waldon colpisce ancora!» si lasciò sfuggire Jones davanti ai due funzionari.
«Cosa?» disse l’ispettore Cooper guardando Jones con aria incuriosita.
«Ah, un’altra critica al vetriolo. Quel Waldon è peggio d’un tiratore scelto!» disse l’ispettore con aria triste
«Già…ed a tempo di record, ma sarà l’ultimo?» chiese il medico accendendosi la pipa.
«Ho proprio paura di no», intervenne deciso Jones.
«Questo l’abbiamo ripescato…ciò ha consentito d’arrivare alla verità sul perché della triste fine di questo poveretto e dei suoi sogni», disse quasi con rassegnazione l’ispettore.
«Ma quanti ce ne saranno ancora qui sotto? Per diversi di loro il Tamigi deve essere diventato una tomba liquida, ultimamente tanti attori teatrali sono scomparsi senza lasciare traccia», asserì il medico legale.
«Io credo che a cercarli ne troveremmo un bel gruppetto qua sotto, e tutti con un biglietto di sola andata fornito da Mr. Walton», disse Jones guardando in faccia l’ispettore ed il medico legale.
Arrivato in ufficio Jones mise subito al corrente dell’accaduto Mr. Waldon, il quale guardando in faccia Jones disse: «Sono sinceramente dispiaciuto, ma non posso cambiare ciò che è stato ne tantomeno sentirmi colpevole. Ora per favore vediamo di mandare tutto in stampa, sempre che a lei non dispiaccia Jones.»
Jones prese la bozza, e senza dire una parola si diresse verso la tipografia per farla pubblicare, quando venne gentilmente fermato da un’elegante sconosciuto, il quale si presentò in veste d’impresario teatrale chiedendo cortesemente di poter parlare a Mr. Waldon.
«Mr. Waldon, scusi ma c’è una visita per lei», disse Jones bussando e aprendo la porta.
«Lo faccia entrare», disse con voce calma Mr. Waldon.
Un elegante e sorridente figura comparve sulla porta dell’ufficio, avanzando con passo deciso verso Mr. Waldon e tendendo la mano a quest’ultimo disse:
«Buon giorno Mr. Waldon, io mi chiamo David Lowell e sono un impresario teatrale… finalmente la conosco! La sua fama di critico è arrivata persino all’estero dove io risiedevo.», disse Lowell.
«Beh… grazie ma non faccio altro che il mio lavoro.» Ribatté compiaciuto Waldon.
«Cosa posso fare per lei?» chiese Waldon sorridendo.
«Dovrebbe concedermi l’onore di assistere ad un nuovo tipo di rappresentazione della quale io sono il creatore e l’organizzatore per poi redarne la critica, onde vedere come viene accolta dal pubblico londinese. Chi meglio del più famoso ed inflessibile critico di Londra per fare ciò? Naturalmente sarà ricompensato per il suo disturbo», asserì Lowell guardando Waldon con complicità.
«Ah, beh… si certo, mi faccia sapere dove e quando; sempre che io sia libero da impegni», disse Waldon con soddisfazione.
«Oh, si…naturalmente», rispose Lowell guardando Waldon seriamente.
Lowell raccontò di aver comperato e rimesso a posto un vecchio teatro, il quale giaceva abbandonato e fatiscente in una piccola piazza interna, la cui via principale s’immetteva direttamente sulla strada fiancheggiante il Tamigi.
Lowell descrisse con malcelato orgoglio tutto l’impegno che aveva messo nel restaurare il vecchio teatro, pur lasciandone intatto l’aspetto originale.
«Si, è come fare un salto indietro di…anni», affermò Lowell compiaciuto.
Mr. Waldon guardò il suo interlocutore sorridendo, ed appoggiandosi con la schiena sulla sua poltrona disse: «Va bene, facciamolo questo salto indietro nel tempo!»
Lowell ringraziò Mr. Waldon della disponibilità, assicurando a quest’ultimo che ne l’ambiente ne lo spettacolo l’avrebbero deluso.
«Che cosa rappresentate?» domandò Mr. Waldon.
«Ah, scusi stavo dimenticando di dirle di cosa si tratta. È una commedia drammatica dal titolo: “La morte dell’arte”», disse Lowell guardando Mr. Waldon seriamente.
«Che titolo originale, alquanto insolito per un lavoro teatrale», disse Mr. Walton mentre sentiva corrergli un brivido lungo la schiena che lui attribuì alla finestra semi aperta del suo studio.
«Domani sera ci sarà uno spettacolo, crede di poter venire?» chiese Lowell mentre si infilava il soprabito.
Mr. Walton restò un attimo esitante e poi disse: «Si…si, certo non è un problema.»
«Allora alle nove di domani sera mi raggiunga presso questo indirizzo: Raven Teathre 23 Witchcraft Street, veda di non mancare, anche perché… quella sarà la prima ed ultima rappresentazione di quella commedia», disse Lowell con fare misterioso.
Mr. Walton rimase colpito dall’ultima frase di Lowell e chiese:« Vuol dire che verrà messa in scena solo una volta? Come mai?» « Non ci faccia caso… io rappresento sempre e solo una volta il primo spettacolo, noi artisti siamo scaramantici, ma se la sua critica fosse benevola chissà…la morte dell’arte potrebbe anche essere replicata in…eterno solo per lei», disse Lowell sorridendo.
«Ah, si certo… infatti starà alla mia penna decidere», rispose compiaciuto Mr. Walton.
«Allora a domani sera», disse Lowell salutando Mr. Walton.
L’indomani sera verso le otto e mezza Walton si preparava per uscire, quando si rese conto di non aver mai
sentito l’indirizzo fornitogli da Lowell.
«Jones, lei per caso sa dove si trova questa Witchcraft Street?» Chiese Walton mentre indossava il soprabito.
«No, mai sentita… forse è una di quelle vecchie vie nascoste», rispose Jones.
«Si… deve essere così, in ogni caso la troverò. Coraggio Jones, domani ci sarà una nuova critica da scrivere», disse Walton infilando la porta.
Era appena uscito, quando una carrozza gli si fermò di fianco, ed il cocchiere disse: «Mr. Walton? Salga prego, ho l’ordine di condurla al Raven Theatre.»
«Accidenti che servizio, ma ciò non influenzerà la mia critica», disse Walton tra se mentre prendeva posto nella carrozza, la quale andava sparendo sempre di più nella nebbia.

Il viaggio durò all’incirca dieci minuti, dopo di che un sempre più infreddolito Mr. Walton scese dal veicolo per recarsi alla suddetta destinazione.
«Ecco, siete arrivato. Il teatro si trova poco più avanti.», disse il cocchiere. Mr. Walton si girò per chiedere qualche altra informazione, ma la carrozza era già partita; Walton la seguì con lo sguardo sino a quando di quest’ultima non rimase altro che lo scalpitio del cavallo e poi… il silenzio più totale.
«Bene, ed ora vediamo di trovare questa “Witchcraft Street”», disse Walton stringendosi nel suo cappotto.
La trovò subito… una targa posta su di un muro rischiarato dalla luce di un lampione. Wichtcraft Street… sì, era proprio quella.
Walton iniziò a percorrerla e man mano che proseguiva, una strana sensazione quasi d’angoscia si andava impadronendo di lui.
La via era invasa da una coltre di nebbia fitta ed impenetrabile, solo le luci dei lampioni a gas si ergevano al di fuori di quel muro grigio, donando così un po’ di luce all’ambiente circostante.
Il senso di di inquietudine andava sempre più accrescendo per Maurizio Walton e, raggiunse l’apice quando ebbe l’impressione di camminare non per una via, ma per il viale di un cimitero.
Al passaggio di Walton la nebbia, complice la luce dei lampioni a gas, sembrava dar vita a delle edicole funerarie illuminate da fioche lampade votive fluttuanti in quell’atmosfera surreale.
Improvvisamente come per magia, il velo grigio si aprì rivelando l’inquietante figura del Raven Theatre, emerso come un vascello fantasma dal mare dell’oblio.
Walton si fermò quasi impaurito davanti a quel vecchio edificio che sembrava provenire da un tempo ormai dimenticato, ma quel timore durò ben poco. Infatti il suo raziocinio prese presto il sopravvento, ed egli tornò ad essere il freddo e distaccato “critico” che era.
«Bello, meraviglioso… Lowell non solo ha restaurato il teatro, ma ha pure curato i dettagli estetici ridandogli l’aspetto originale di un secolo fa; per ora sono favorevolmente impressionato… speriamo che pure lo spettacolo sia all’altezza di tutto ciò», disse Mr. Walton con un sorriso compiaciuto.
La locandina della rappresentazione attirò subito l’attenzione di Walton… un senso di inquietudine si sprigionava da essa, ma allo stesso tempo Walton se ne sentì attratto.
Raffigurava due maschere del teatro greco aventi un’espressione triste, le quali guardavano su di un cimitero sulle cui lapidi erano riportati i nomi degli attori ed i personaggi da loro interpretati, mentre sopra di tutto spiccava il titolo della commedia: La morte dell’arte.
«Bella, bellissima… però non riesco a leggere i nomi degli attori, è come se fossero sbiaditi; strano davvero», disse tra se Mr. Walton.
In quel momento arrivò un ragazzino che tirando il lembo del cappotto di Walton disse: «Mr. Walton? Questo biglietto è da parte di Mr. Lowell.»
Walton lesse il piccolo foglio di carta sul quale era scritto: “Affari urgenti mi costringeranno a fare tardi, scusatemi ed entrate pure vi raggiungerò a breve. Firmato David Lowell”.
«Ecco… cominciamo bene, ci mancava l’impresario in ritardo. Magnifico!» disse Mr. Walton con tono infastidito.
Walton cercò con lo sguardo il ragazzo per chiedergli spiegazioni, ma non trovandolo si decise ad entrare nell’edificio spingendone la porta con il suo bastone da passeggio.
L’interno del teatro era avvolto nella penombra, solo le luci del palcoscenico permisero a Walton di vedere oltre la ribalta, e qui la visione della coreografia facente da sfondo gli regalò nuovamente quello stesso senso di inquietudine
ed ammirazione provato prima.
Vi era raffigurato lo stesso soggetto della locandina, solo che era più… grande; quel cimitero, quelle lapidi sembravano quasi autentiche di un realismo impressionante.
«Prego signore mi segua», disse una maschera rivolgendosi a Walton, illuminando i posti con una lampada ad olio.
«Ah, non l’avevo neanche sentita», disse Walton sorpreso.
«Sono avvezzo a non far rumore, altrimenti si disturbano gli spettatori», disse l’uomo mentre conduceva Walton al posto assegnatogli.
Il tempo passava e non succedeva nulla, ben presto Walton si stancò di starsene seduto e decise di andare via credendo d’essere stato vittima d’una burla.
«Questo è troppo! Mi sentiranno… sì! Vedrà il caro Mr. Lowell cosa succede a prendersi gioco di un critico!» disse Mr. Walton alzandosi nervosamente dalla poltrona.
Fece per andarsene, ma la scenografia sullo sfondo sembrava ipnotizzarlo. Restò per un attimo a guardarla e poi si diresse lentamente verso il palcoscenico, indi vi salì sopra come se qualcosa lo attirasse verso quella scena.
Lo sfondo sembrava essere un gigantesco quadro, realistico in ogni suo dettaglio che Walton si mise ad esaminare affascinato; solo una cosa gli sembrava strana… non riusciva a leggere i nomi sulle lapidi.
«Strano… anche qui le scritte sono come sbiadite», disse tra sé Walton.
Improvvisamente un… odore come di acqua salmastra fece voltare Walton verso il pubblico e, nello stesso istante alcune luci della ribalta si spensero, lasciando intravedere una scena surreale.

Un fiume di nebbia stava dilagando per il teatro avvolgendo tutto ciò che incontrava, e mentre il lezzo si faceva sempre più forte, Walton ebbe un sussulto di paura.
Da quel tetro grigiore emersero delle figure le quali avanzavano lentamente verso il palcoscenico, le cui luci rivelarono a Walton tutto l’orrore che stava vivendo.
«No! Non è possibile! Tutto questo è assurdo… ci deve essere una spiegazione!» urlò Mr. Walton indietreggiando.
«E infatti c’è! Buona sera Mr. Walton, mi scusi per il ritardo», disse una voce proveniente da uno dei palchi superiori.
«Lowell! Ma che succede? Se è uno scherzo non mi piace!» disse Walton guardando verso l’alto.
«Scherzo? No, no… qui è tutto vero, anche se per una persona raziocinante come lei è difficile da mandare giù. No Walton, le assicuro che qui nessuno scherza più da un pezzo», disse Lowell con voce calma e seria.
«Lowell! Mi dica cosa succede e chi sono questi figuri», disse Walton spazientito.
«Le ho promesso una spiegazione e l’avrà, in quanto a quegli individui… beh, se proprio non si ricorda può leggere i loro nomi sulle lapidi della scenografia», disse Lowell guardando seriamente Mr. Walton.
«I nomi non si leggono, sono come sbiaditi», ribadì Walton infastidito.
«Legga e… capirà», asserì Lowell.
Waldon guardò nuovamente la scena, e fu allora che la sorpresa si fuse con la paura. Ora erano comparsi dei nomi sulle lapidi, e man mano che Walton li leggeva… ricordava.
Immagini e fatti ormai dimenticati riaffiorarono alla sua mente, mentre le lapidi sullo scenario iniziarono a grondare sangue.
«Rammenti ora Walton? John Hastings, William Cedrick, Chester Bright, Elizabeth Stanford, Emily Russel e tanti altri… tutti promettenti attori stroncati dalla tua critica senza un briciolo d’umanità!» disse Lowell con fare accusatorio.
Assalito dai ricordi e da ciò che stava accadendogli, Waldon era in preda ad un terrore cieco.
«Li vedi Waldon? Sì, proprio tra la nebbia che avvolge la platea. Oh, di certo non li riconoscerai, sono un po’ cambiati in effetti; anche se del resto non ti sei mai curato di chi fossero. Firmasti le loro condanne a morte e… pure la mia con le tue critiche taglienti come lame», disse Lowell con odio.
Waldon riuscì a scuotersi da quel panico che lo attanagliava e disse: «Ma chi sei veramente? Perché fai tutto questo?»
«Io sono… o meglio ero il proprietario di questo teatro e loro erano i miei attori, la mia compagnia. Noi tutti insieme davamo forma e vita all’arte: drammi, commedie, tragedie, si materializzavano su questo palcoscenico. Purtroppo, un giorno tutto questo mondo crollò investito da una marea di fango scritto su carta, del quale tu Maurizio Waldon fosti l’autore! Nessuno di noi resse all’impatto e uno dopo l’altro trovammo rifugio solo nell’oblio concessoci dalla morte… dopo di che furono le acque scure del Tamigi ad accoglierci pietosamente», disse Lowell con tristezza.
«No! Non potete accusarmi della vostra rovina! Io… io ho fatto solo il mio dovere di critico», rispose Waldon mentre cercava disperatamente una via di fuga con lo sguardo.
«Waldon! Tu uccidesti noi e la nostra arte, lasciando dietro di te una scia d’odio, ed è stato proprio questo sentimento così a buon mercato a consentirci di realizzare la nostra vendetta!» disse Lowell puntando l’indice con fare accusatorio.
La stessa cosa fecero le figure che avanzavano lentamente nella nebbia, mentre Waldon invaso da un terrore cieco, saltò giù dal palcoscenico dirigendosi verso l’uscita senza che le sagome spettrali facessero nulla per fermarlo.
Corse come un forsennato, si catapultò letteralmente fuori dal teatro… fuori da quell’orrore risorto dal passato.
All’esterno la nebbia era diventata ancora più fitta togliendo così a Waldon ogni speranza d’intravedere una via di fuga.
«No! Non è possibile… ci deve pur essere un modo d’andarsene di qua!» disse Waldon nuovamente in preda alla paura.
Fu allora che sentì in lontananza l’eco dello scalpitio frenetico di un cavallo lanciato al galoppo il quale sembrava avvicinarsi sempre di più, sino a quando una carrozza spuntò, squarciando quel velo grigio, davanti ad un sempre più meravigliato Maurizio Waldon.
«Credo che lei abbia bisogno di me signore», disse il cocchiere tirando con energia le redini.
Waldon salì senza esitare, e mentre chiudeva lo sportello il suo sguardo incrociò quello di Mister Lowell e degli altri appena usciti dal teatro. Nonostante la nebbia li avvolgesse, Waldon sentì quegli sguardi carichi d’odio riversarsi su di lui.
«Forza! Via di qui! Cosa stiamo aspettando?!» urlò Waldon al cocchiere sporgendosi dal finestrino.
Uno schiocco di frusta ed un nitrito fecero da eco alle sue parole, e la carrozza partì muovendosi sempre più rapidamente, mentre un ancora incredulo Mr. Waldon andava rilassandosi sempre di più a causa dello scampato pericolo.
«Fiuuu! Da non credere… se lo raccontassi mi prenderebbero per pazzo. Ehi puoi rallentare tanto quell’orrore ormai è rimasto in quella maledetta nebbia», disse Waldon battendo il manico del suo bastone contro il soffitto della carrozza.
Vedendo il mezzo proseguire nella sua corsa, Waldon si sporse dal finestrino e disse: «Allora? Non ci senti? Rallenta questo trabiccolo! Finiremo con l’ammazzarci!»
«Non se la prenda con me signore, io non sono un vero cocchiere ma ne recitavo la parte al Raven Theatre quando ero… vivo. Comunque non posso fermarmi perché altrimenti lei arriverebbe in ritardo, ed è molto che la stanno… aspettando!» disse il cocchiere girandosi verso Mr. Waldon.
Nel vedere quel volto pallido, scavato dagli occhi fissi, vitrei e senza luce, Waldon si sentì attanagliare nuovamente dalla paura; provò ad aprire lo sportello per fuggire ma fu in quel momento che la carrozza finì la sua corsa nel Tamigi, venendo rapidamente ingoiata da quelle acque scure.
La carrozza puntava lentamente verso il fondo con all’interno un Mr. Waldon sempre più terrorizzato ed agitato. Batteva contro i vetri, dava calci alle pareti ma poi… si calmò.
Ciò che vide lo fece immobilizzare dall’orrore, e forse fu allora che Maurizio Waldon si rassegnò.
Vide tanti corpi in posizione verticale trattenuti da delle pietre posate sul fondo, muoversi ondeggiando come in una danza macabra eseguita in suo onore.
La corrente sembrava quasi accarezzare con delicatezza quei poveri resti ciondolanti, ma Waldon ebbe la netta impressione che quella surreale processione si avvicinasse sempre di più a ciò che sembrava ormai divenuto il suo loculo sommerso.
Sì, avevano circondato la carrozza ormai adagiata sul fondo del fiume, e quando Waldon vide le loro mani imputridite battere lentamente sui vetri di quest’ultima, realizzò con orrore che non vi sarebbe stata alcuna via d’uscita per lui… non stavolta!
Infatti il volto consumato ma diabolicamente sorridente allo stesso tempo, di Mr. Lowell comparso improvvisamente al finestrino, gli confermò d’aver assistito al suo ultimo spettacolo.
Allo stesso tempo sulla locandina de “La Morte dell’Arte” su di una lapide priva di scritte, comparve il nome di Maurizio Waldon con i caratteri grondanti sangue.
«Bene… finalmente ora coloro che furono la mia vera famiglia e soprattutto il mio vero padre, possono riposare in pace. Sì, Mr. Waldon! Questa non se l’aspettava vero? Quell’antico trattato di Magia Nera da lei cedutomi con tanta sufficienza e scherno, si è invece rivelato molto utile nell’evocare gli scomparsi interpreti de “La Morte dell’Arte”, dando loro la possibilità di vendicarsi su colui che distrusse i loro sogni e le loro vite. Naturalmente bisogna esserci… “portati” per questo genere di cose», disse una misteriosa figura avvolta in un cappotto dal bavero alzato, mentre accendeva delle candele alla base di un cippo funebre dedicato alla memoria di artisti scomparsi.
«Ah… a proposito, il mio cognome è Lowell non Jones. Lowell come mio padre», disse l’uomo girandosi come per salutare.

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