Il masochismo è insito nella natura di ogni donna, è uno scudo protettivo che le permette di accettare il dolore per il piacere dell’uomo. «È pronta, ed è tua», disse l’altro uomo che avrebbe riconosciuto quella voce fra milioni il suo Maestro, la sua Guida.

   Lei si svegliò di colpo non sapeva dove si trovasse ne come fosse arrivata lì forse non lo ricordava, questa era per lei un periodo particolare, si era tuffata a capofitto nella tana del Bianconiglio ed ora viveva i suoi giorni sospesa tra sogno e realtà le ci volle qualche minuto per capire in quale situazione si trovasse ma ora che i suoi sensi si stavano svegliando poteva percepire chiaramente la setosa pressione della benda sugli occhi, la pelle accarezzarle polsi e caviglie, la brezza leggera sfiorarle il corpo nudo, il ruvido lenzuolo di poliestere, sotto la schiena, che ricopriva il materasso sul quale era immobilizzata. Conosceva la posizione in cui era costretta, l’aveva immaginata tante volte non era spaventata ma ansia ed agitazione si stavano impossessando di lei, le mani sudavano, il cuore batteva forte rendendole il respiro corto e affannoso nel tentativo di rilassarsi e dominarsi si lasciò sfuggire un lungo e profondo sospiro in quell’istante udì un movimento in qualche angolo di quella sconosciuta stanza due uomini parlavano tra loro osservandola.

   «Si sta svegliando», disse la prima voce, il suo tono era calmo e rilassato con un velato accento del sud. «Sembra una bambola di porcellana», continuò la voce sconosciuta ma tremendamente familiare un brivido le percorse la schiena, quella voce profonda era per lei come un ricordo, una carezza lontana. «È pronta, ed è tua», disse l’altro uomo che avrebbe riconosciuto quella voce fra milioni, il suo Maestro, la sua Guida. Il suo corpo si rilassò naturalmente e sul suo viso comparve istintivo un sorriso aveva in Lui profonda ed incrollabile fiducia, la sua sola presenza contribuiva ad azzerare istantaneamente i suoi livelli d’ansia lo ascoltava parlare, sereno, quasi divertito, anche se quello che diceva non solo le era incomprensibile ma cominciava a non piacerle affatto. Lui tranquillo e deciso continuò: «È sempre stata tua, io l’ho seguita, preparata», nessuna tristezza o ansia nelle sue parole mentre dentro di lei sentiva montarle la rabbia e la frustrazione e le lacrime cominciavano a pungere cercando di scivolare dall’angolo dei suoi occhi inevitabilmente chiusi, avrebbe voluto urlare ma le poche parole che le uscirono dalla bocca, risultarono tremolanti e rotte dal pianto:

   «Non lo conosco, non voglio seguirlo», si sentiva confusa, sconvolta ed angosciata la sua risposta arrivò fredda e severa, conosceva bene quel tono, non ammetteva repliche:

   «Ti sto cedendo e lo faccio per te», poi continuò, questa volta con dolcezza: «Ora devi solo calmarti, presto capirai, lo conosci e imparerai a fidarti di lui come ti fidi di me, già lo fai», tentò di spiegarle con calma mentre con passi lenti si avvicinava. Ora era in piedi accanto a lei, poteva percepirne il respiro ma non riusciva più ad ascoltarlo, nelle orecchie sentiva solo il fitto ronzio dei suoi pensieri mentre le lacrime solcavano copiose il suo volto ed il cuore le si gonfiava di tristezza nel petto. Era ancora lì eppure già le mancava e si sentiva andare in pezzi. Aveva bisogno di Lui, era come aria per lei. La sua mano calda le sfioro la guancia portandosi via parte di quelle lacrime e di quel dolore. «Smetti di piangere, sai come ti voglio, decisa, forte, consapevole e responsabile non ti sto abbandonando, ci sentiremo ancora», disse deciso, non attese la sua risposta, poté udire chiaramente i suoi passi allontanarsi e la porta aprirsi e rinchiudersi. Non piangeva più, ma sentiva la testa girarle, piena di dubbi e paure e dentro di lei ricominciava a salire la rabbia. Chi era questa persona, cosa si aspettava da lei, cosa voleva. Lo sentiva avvicinarsi piano, in silenzio, ma non lo percepiva minaccioso, la sua presenza era incombente e la intimoriva, ma non era spaventata, quel brivido aveva ricominciato a percorrere la schiena..

   Si fermò a pochi passi da lei, abbastanza vicino perché potesse udirne il respiro calmo e rilassato senza sentirlo sulla pelle quello che senti fu invece qualcosa di sottile e freddo percorrerle la linea del corpo, rabbrividì, liscio, forse legno, pensò poi, finalmente, Lui parlò:

   «Ascoltami bene, da questo momento io sono il tuo Padrone», il tono era perentorio, deciso, ma anche calmo e profondo, profondamente familiare. Era furiosa e la risposta, non richiesta, che gli diede uscì come un ringhio:

   «No, non sei nessuno, non ti voglio come padrone», non riuscì a terminare la frase, il dolore arrivò improvvido ed inaspettato spezzandole il fiato, un colpo solo, secco e preciso ed ora l’interno della coscia sinistra bruciava. Ammutolì mordendosi le labbra. Il dolore però la colpì ancora, all’altra coscia questa volta.

   «Si ringrazia», precisò, duro e severo ma con un retrogusto quasi gentile.

   «Grazie, Padrone», si ritrovò a dire, stupendosi di come quelle parole fossero uscite dalla sua bocca indipendenti dalla sua volontà mischiandosi ad un sospiro di sollievo e rassegnazione.   

   «Bene. Brava», nessuna durezza nella voce, solo compiacimento mentre si sedeva sul letto. Rabbia e ribellione stavano scemando in lei lasciandole solo la sensazione di sottomissione che ben conosceva e amava. Pian piano cominciò a liberarla, senza dire una parola, prima le caviglie poi i polsi. Lei si rizzò a sedere avvicinando di scatto le ginocchia al petto cingendole con le braccia, la fronte appoggiata alla loro sommità. Lui emise un chiaro sospiro di disappunto e con uno strattone le tolse la benda. Le ci volle qualche minuto per abituarsi alla luce ma quello che vide la lasciò letteralmente scioccata. Oh, sì, ora capiva tutto, pensava tra sé, è vero, lo conosceva, si fidava di lui, di più, gli voleva un gran bene, eppure non riusciva a credere che fosse li accanto a lei e continuava a fissarlo con i suoi grandi attoniti occhi scuri. Lui scoppiò in una fragorosa risata: «Sapevamo saresti stata sorpresa ma sembra tu abbia visto un fantasma», poi tornò improvvisamente serio: «Piccola, sono io», le disse scostandole un ciuffo di capelli ribelli dalla fronte e si alzò porgendole la mano con un grande sorriso. «Vieni», disse, e sul volto ricomparve quell’espressione concentrata ed imperturbabile. Si lasciò guidare intorno al letto tenendo lo sguardo fisso davanti a se, sul petto dell’uomo, sulla sua camicia, tentando di evitare di posare gli occhi sull’oggetto che l’aveva colpita. Non aveva bisogno di vederlo ora sapeva bene cosa fosse. La lasciò ai piedi del letto, in piedi, nuda ed indietreggiò per guardarla. Lei aveva abbassato lo sguardo e teneva le braccia lungo i fianchi con i palmi delle mani aperte appoggiati sulle cosce, i piedi leggermente divaricati, immobile, solo un piccolo tremolio sembrava percorrerle la pelle, come una leggera corrente elettrica.    

   «Sai cosa succederà ora, ne abbiamo parlato spesso», parlò finalmente, con tono serio e deciso, sottilmente maligno, mentre le dava le spalle per afferrare qualcosa. Si, lei sapeva, sarebbe stata inequivocabilmente sua. Forse un tempo l’aveva desiderato. Si inginocchiò spostando di lato i lunghi capelli castani, come Lui si aspettava che facesse, ma non riusciva ad esserne contenta. Li, in attesa, fissando le proprie mani sulle ginocchia decise che l’avrebbe affrontato. Così quando Lui si voltò lei sollevò lo sguardo e lo fissò in quegli imperturbabili occhi nocciola.

   «Non posso, sono Sua, appartengo a Lui, non ci riesco», gli disse decisa, alzandosi in piedi. Lui sorrise, ancora, sorrideva sempre, nessuna espressione di delusione o rabbia passò sul suo viso, la voce pacata e gentile: 

   «Sei sicura? Hai fatto la tua scelta ora?» 

   «Si sono sicura», gli disse con fermezza continuando a fissarlo negli occhi, nessun dubbio o paura si agitava in lei, solo consapevolezza. 

   «Va bene, brava», le disse quasi divertito poggiando, finalmente, ciò che stringeva in mano lei ne sentì il suono e ne fu sollevata. «Vestiti, ti porto da Lui», fece porgendole solo il cappotto, lei non fece domande, si infilò velocemente il proprio vecchio abito e Lo raggiunse in corridoio e poi nell’ascensore le porte si chiusero e lei cominciò a canticchiare, si sentiva gioiosa e cominciava a capire non riusciva a pensare ad altro che al suo Maestro a quando e se sarebbe stata di nuovo Sua. Lui la guardò dolce, 

   «Sei contenta ora?» le disse chiamandola per nome, il suo nome completo. Lo faceva sempre quando voleva che lo sentisse vicino, lei si sciolse come neve al sole e si tuffo verso di lui in un abbraccio, la loro amicizia era intatta e questo la confortava, si sollevò sulle punte per guardarlo negli occhi, anche in quel momento le era impossibile capire quali emozioni si occultassero in quell’uomo che amava e rispettava come una sorta di fratello maggiore. Ora ricordava la battuta gettata là al suo Maestro che gli aveva detto scherzando che non aveva scelto, si era affidata a lui dal primo momento e avrebbe anche potuto rivolgere lo sguardo altrove, non diceva seriamente, ma aveva voluto provocarlo buttando lì il primo nome che le era passato in testa, qualcuno tanto innocuo quanto solo in quel momento, qualcuno di legato ad entrambi, non aveva dato peso alla cosa, non vi erano state conseguenze immediate e se ne era completamente scordata fino ad oggi.

   «Cosa sarebbe successo se non mi fossi opposta?» gli chiese dolcemente, doveva sapere. Lui la guardò duramente e con voce seria le rispose:

   «Ci avresti  delusi, entrambi, gli avresti dato un dolore, saresti stata MIA e non ti sarebbe piaciuto, le stringeva forte le spalle e sembrava cercasse di trattenere la rabbia al pensiero lei gli sorrise dolce, non avrebbe avuto importanza, non avrebbe pianto, non avrebbe urlato, non per mano sua e non al suo cospetto, sarebbe andato tutto bene, tutto avrebbe riacquistato il proprio equilibrio. Il caratteristico rumore delle porte che si aprivano la distolse dai suoi pensieri e con lo sguardo cominciò a cercare il suo Maestro sperava fosse lì. Infatti c’era, seduto su una delle poltroncine della hall, sembrava tranquillo, tra le mani aveva un bicchiere e roteandone il liquido bruno lo osservava pareva non l’avesse neppure notata. Il suo cuore cominciò a battere forte mentre con passo svelto camminava per raggiungerlo era come in trance, qualsiasi cosa intorno a lei era sparita, camminava per la hall gremita di clienti, a piedi nudi coperta solo di un cappottino logoro e la sua mente percepiva soltanto Lui che in quel momento si era voltato, la guardava e sorrideva non si accorse neppure che l’uomo che l’aveva accompagnata fin lì le era passato accanto ed era uscito dalla porta principale. Pochi passi e fu al suo cospetto, istintivamente si inginocchio, pose le mani sulle sue gambe, incapace di guardarlo e parlare: attendeva. Lui posò il bicchiere sul tavolino di vetro con un tintinnio e la fece alzare, alzandosi a sua volta con voce calma e rilassata ma ferma le sussurrò:

   «Torniamo di sopra, penso che però tu abbia bisogno di fare le scale», disse sollevandole il mento per fissarla in viso, continuò: «Con calma, senza voltarti, senza alzare lo sguardo, io sarò in cima ad aspettarti», disse serio, mentre tenendola sotto braccio la guidava verso il primo gradino lei non osava guardarlo, fissava i suoi piedi posarsi lentamente sui morbidi tappeti che ricoprivano i pavimenti, solo quando sentì la Sua presa lasciarla, e il freddo gradino sotto il piede nudo, si accorse, veramente, di dove si trovasse e cosa stesse facendo. Percorse una scalinata di concezione moderna, che permetteva ai frequentatori dell’albergo di osservare chi vi saliva e chi vi discendeva i larghi gradini di marmo, il vociare delle persone intorno a lei e l’imbarazzo che queste le suscitavano le fece leggermente girare la testa. Appoggiò la mano sulla balaustra facendo scorrere piano le unghie laccate sulla superficie liscia e fredda, il rumore l’aiutava a concentrarsi sul suo compito, sorrideva guardando i propri piedini poggiarsi sugli scalini senza posare i talloni, li saliva lentamente, con eleganza, modulava il respiro, concentrandosi sui muscoli che si tendevano, cercando di non permettere all’agitazione di impossessarsi di lei e farla correre su per quelle scale per mettere fine a quell’attesa infinita. Tutto il suo corpo era in tensione percorso da quella particolare corrente carica di aspettativa. Il tessuto ruvido del cappotto strofinava e stimolava i suoi capezzoli, già tesi, temeva che le persone che la circondavano, potessero percepire la sua eccitazione aumentare il calore che si stava diffondendo dal centro del suo tesoro, che qualcuno potesse vedere la leggera umidità bagnarle le gambe, il pensiero non fece altro che aumentare quell’eccitazione e profonda agitazione, accorciandole il respiro, aumentando i battiti temeva di implodere prima di arrivare in cima, non sapeva più quanti scalini avesse salito o quanti ne avesse ancora da salire e cerva in ogni modo di trattenersi. La Sua mano calda la riportò improvvisamente alla realtà e lei dovette attingere a tutto l’autocontrollo rimastole per non esplodere a quel contatto, lì, su quelle scale, davanti a tutti lo desiderava moltissimo l’unica cosa che voleva era essere Sua. Lo guardò, i suoi occhi vibravano di quella luce indecifrabile, non sarebbe mai riuscita a capire cosa pensasse o cosa lo muovesse ma sentiva di essere al suo posto, al posto giusto e non le importava ne aveva bisogno di altro. Sorrise leggermente maligno dicendole:

   «Andiamo a vedere cosa ha dimenticato il nostro amico, magari troviamo qualcosa di utile», sembrava ridesse ma lei sapeva che era serio, la sua mente aveva registrato solo cane e collare benché avesse tentato di non vederli e pensarci, non si figurò li usasse o che avessero significato per Lui, e si chiedeva curiosa cos’altro potesse esserci in quella stanza. Non poteva sapere cosa sarebbe accaduto, niente era impossibile e sorprenderla era la sua specialità non stava a lei prendere decisioni, si fidava e le andava bene così. Apparteneva a Lui senza dubbi o paure aveva scelto, confermato e sottoscritto, mai più avrebbe pensato il contrario lezione imparata, errore superato, il futuro non le importava se poteva seguirlo sarebbe andato tutto bene ovunque l’avrebbe condotta, punto e capo, pensò, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle e si apriva al domani…

Immagine: Giovanni BoldiniNudo di donna. 

Carica ulteriori articoli correlati
Carica altro Desiree Zitelli
  • «UN APOCALITTICO RITORNO»

    ”Il tempo dell’attesa è finito. Eccola, una piccola fonte luminosa nello spazio nascosta t…
  • L’undicesima ora.

     ” L’uomo veramente libero è colui che rifiuta un invito a pranzo senza sentire il b…
  • La scommessa.

    ”Quello dove si era risvegliato Peter Faversham doveva essere stato un tempio o un palazzo…
Carica altro I Racconti di primavera

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *