”Ecco dove ci ha portati la cultura del relativismo. Da Kant fino al “Genocidio italiano” del Covid-19: il relativismo è penetrato talmente in profondità nel nostro orizzonte che non riusciamo nemmeno a vederne “la reale natura”
Ecco dove ci ha portati la cultura del relativismo
Il relativismo è una tendenza filosofica che nega l’esistenza, o la conoscibilità, di una verità assoluta e oggettiva, e ritiene che la conoscenza umana si debba accontentare di verità parziali, o provvisorie, di carattere solamente probabile. (Cfr1-Ndr) Detta così, potrebbe sembrare una posizione tutto sommato ragionevole, ma solo perché vi siamo talmente immersi da non cogliere ciò che vi è in essa di aberrante e, addirittura, di pericoloso. Infatti, la ragione ci è stata data per cogliere il vero e non per fermarci al probabile; e la filosofia, in particolare, se nega la propria vocazione alla verità, nega automaticamente se stessa e si auto-relega fra le cose di modesta importanza, delle quali si può anche fare a meno, perché non hanno attinenza con ciò che è essenziale.
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Quando ci si rassegna a vivere senza la verità, prima o poi si perde anche la voglia di vivere. La relazione fra la cultura del relativismo e l’estrema precarietà della nostra condizione odierna? Oggi viviamo nel “Regno del caos e della paura” perché abbiamo messo fra parentesi il concetto di verità, aprendo la strada a ogni sorta di “verità relativa”![/stextbox]
Viceversa, i grandi filosofi hanno sempre pensato che la filosofia è uno strumento essenziale per giungere alla verità: non ad una verità qualsiasi, ma alla verità certa, o quantomeno per procedere con fiducia in direzione di essa, anziché in una direzione completamente sbagliata. Quanto al cristianesimo, non dovrebbe esserci neanche bisogno di dire che si basa su una radicale certezza, anche se all’uomo ciò che viene chiesto è un atto di fede in una realtà che, nella condizione terrena di esistenza, è invisibile; ma la fede cristiana è fede nella certezza della verità e non una vaga speranza che le cose siano come insegna la Rivelazione. Gesù Cristo ha detto di Sé: Io sono la via, la verità e la vita; e ancora: Chi ha visto me, ha visto il Padre: e tanto dovrebbe bastare e avanzare per fare piazza pulita di qualsiasi lettura del Vangelo che sostituisca alla certezza e alla verità assoluta data da Cristo una mezza verità, una verità debole, ritagliata su misura per coesistere pacificamente, e molto laicamente, con altre “verità” religiose, filosofiche, scientifiche, anche se queste si pongono in conflitto frontale con l’affermazione di verità assoluta rappresentata, o meglio incarnata, da Cristo. Ed è da questo che si riconoscono la vera natura e le vere intenzioni di teologi come Hans Küng, o di personaggi come Bergoglio e Vincenzo Paglia: relativizzando la verità del cristianesimo, dicendo, ad esempio, che la morte di Cristo è un fatto certo perché storico, mentre la sua Resurrezione è solo probabile, perché è un atto di fede, essi capovolgono la giusta prospettiva cristiana e mettono la verità storica, che è sempre una verità di fatto e quindi limitata e provvisoria, al posto della Verità assoluta, che è Dio, immutabile, perfetto ed eterno. (Cfr2-Ndr)
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Dove ci ha portati la cultura del relativismo? Da Kant fino al “Genocidio Italiano” del Covid-19: il relativismo è penetrato talmente in profondità nel nostro orizzonte che non riusciamo nemmeno a vederne “la reale natura”![/stextbox]
La cultura del relativismo si diffonde gradualmente in Occidente a partire al tramonto del Medioevo, ossia dal tramonto della civiltà cristiana, e dopo aver aperto delle brecce e rimosso i capisaldi
della filosofia perenne e del cristianesimo integrale, che avevano trovato la loro sintesi armoniosa e perfetta nel pensiero di san Tommaso d’Aquino, un po’ alla volta ha finito per dilagare ovunque e per conquistare tutte le posizioni, relegando nella soffitta delle vecchie cose inutili sia la metafisica, sia il vero cristianesimo, e ha sostituito alla prima tutta una varietà di piccole filosofie, dal criticismo allo storicismo all’esistenzialismo allo strutturalismo, e al secondo una versione riveduta, aggiornata e soprattutto mitigata, con abbondanti quantità di dolcificante, trasformandolo in una religione pronto uso, di quelle che si possono trovare in offerta speciale sugli scaffali dei supermercati, come merce in liquidazione perché ormai prossima ad avariarsi. Il primo filosofo moderno a imprimere la svolta in senso relativista è stato Guglielmo di Occam(1), il quale ha affermato che le verità di fede non sono per nulla evidenti e che la ragione naturale non è in grado d’indagarle, ponendo, con ciò stesso, un dualismo inconciliabile tra fede e ragione. Un altro dualismo lo ha posto, tre secoli dopo, Cartesio(2): quello fra res cogitans e res extensa, cioè fra spirito e materia, dualismo foriero di conseguenze particolarmente disastrose nel campo della scienza medica. Esso infatti ha creato l’idea, tuttora prevalente, che si possano curare i mali del corpo in maniera del tutto indipendente dalle condizioni spirituali dell’individuo, come se la salute del corpo e quella dello spirito non avessero alcuna relazione reciproca, quasi appartenessero a due soggetti separati e distinti.(CFR3-Ndr)
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Covid-19? Non si era mai vista una simile invadenza dello Stato, che poi non agisce per conto proprio ma per conto degli interessi delle multinazionali farmaceutiche, ed è resa possibile dal “Virus della paura” che è stato inoculato in dosi massicce nella mente della popolazione, grazie ad un esercito di giornalisti asserviti ai poteri forti, che non svolgono onestamente il loro mestiere, ma puntano esclusivamente a diffondere nel pubblico insicurezza e paura![/stextbox]
Poi è venuto Kant(3), altro campione del relativismo, il quale ha messo fra parentesi tutta la tradizione metafisica, ridicolizzandola e dichiarandola sostanzialmente inutile, e ha detto che oggetto di ricerca della filosofia è il fenomeno, ossia la cosa come appare, e non già il noumeno,(Cfr4Ndr) la cosa come è nella sua essenza. Ciò significa limitare il campo della filosofia a un teatrino delle apparenze, a uno spettacolo delle ombre cinesi, togliendole il suo scopo fondamentale: indagare il vero, andando alla radice dei fenomeni e all’essenza delle cose. È strano che Kant, tutt’oggi venerato come un grande maestro del pensiero occidentale, non sia presentato agli studenti come il massimo campione del relativismo: è la prova del fatto che il relativismo è penetrato talmente in profondità nel nostro orizzonte intellettuale, che non riusciamo nemmeno a vederne la reale natura e l’effettiva portata, avendo completamente smarrito le ragioni originarie del pensare filosofico. Ma a che scopo dilungarci in questa panoramica? Quasi tutti i pensatori moderni, dopo Cartesio e soprattutto dopo Kant, sono dei relativisti, magari sotto mentite spoglie, come Hegel, che in effetti è il padre di tutti gli storicisti e quindi è un relativista all’ennesima potenza, non essendovi nulla di più lontano dalla metafisica (regno dell’essere) della storia (regno del divenire). Non c’è nulla di più assurdo, dal punto di vista della filosofia classica, nonché del cristianesimo, che identificare lo Spirito Assoluto con la storia, in quanto Idea che prende coscienza della propria infinità: insomma, un Dio che non è, ma che diviene tale nel corso di un’evoluzione dialettica e rigorosamente triadica (perché a Hegel piace moltissimo il numero tre, forse una reminiscenza laica e freudiana della Santissima Trinità).
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Italiani sveglia, perché vivere è anche accettare dei rischi! Siamo relegati in una condizione di semivita o di semimorte: c’è chi vuole ridurci in schiavitù e per questo ha scoperto l’arma più efficace: la paura! [/stextbox]
Ora si tratta di vedere e riconoscere la relazione che esiste fra la cultura del relativismo e l’estrema precarietà della nostra condizione presente, non solo sotto il profilo strettamente filosofico, o religioso, ma in senso complessivo, sociale, politico, economico, sanitario e giuridico. Abbiamo creduto, per almeno tre o quattro secoli, che si potesse archiviare la philosophia perennis, e più recentemente, mezzo secolo fa, col Concilio Vaticano II, che si potesse storicizzare il cristianesimo, svuotandolo progressivamente della trascendenza e quindi riducendolo a ciò che esso è divenuto al presente, una grossa O.N.G. di tipo massonico, senza dover pagare uno scotto nell’ambio della nostra vita e del funzionamento ordinato e soddisfacente della società in cui viviamo, ma ci siamo clamorosamente sbagliati. Una volta che si è messo fra parentesi il concetto della verità e si è aperta così la strada a ogni sorta di verità relativa, non abbiamo considerato che ciò avrebbe eroso tutti i fondamenti del nostro vivere e ci avrebbe spinti, un poco alla volta, nel regno del caos, della paura e dell’incertezza strutturale e permanente. Il prezzo che si paga all’oblio della verità è sprofondare nel regno della confusione, dell’angoscia e del timore. In questo preciso momento, il timore prevalente, e quasi ossessionante, è quello di morire: è stato indotto in noi da una campagna di terrorismo mediatico senza precedenti, che non ha esitato di fronte ad alcuna falsificazione, perfino a mostrarci dei filmati di camion militari carichi di bare, vecchi di sette anni e che si riferivano a una tragedia del mare, spacciandoli per filmati di questi giorni, girati all’esterno di un ospedale del Nord Italia. I maggiori giornali italiani, Repubblica e Corriere della Sera in testa, dedicano nove articoli su dieci delle prime pagine a parlare sempre e solo del Covid-19; masticano e rimasticano cifre di contagiati, di deceduti, di tamponi effettuati, anche se la verità è che non c’è più nessuno in terapia intensiva e che il virus è scomparso. A questo ci ha portati il disinteresse per il concetto del vero: a credere a qualsiasi verità taroccata, a qualsiasi notizia data dalla televisione, senza fare un minimo di discernimento, un minimo di critica delle fonti. E a temere per una vita che non è più vita, ma solo un sopravvivere in condizioni disumane: perché una vita ridotta alla sopravvivenza fra le quattro pareti di casa, per settimane e mesi; e poi ridotta a brevi e guardinghe sortite per effettuare le spese indispensabili, sempre indossando la mascherina, evitando gli amici e i parenti più cari come se fossero la peste, non è più una vita degna di essere vissuta, ma una cosa triste, avvilente, che ci fa regredire al di sotto del livello delle bestie. Perfino le bestie, infatti, per soddisfare le necessità indispensabili, osano avventurarsi là dove sanno che potrebbero trovare in agguato i predatori, per esempio all’abbeverata; eppure non smettono di vivere, non smettono di procreare e di accudire i piccoli, non smettono di cibarsi, non rinunciano a vivere come sempre hanno vissuto, coscienti che vivere è anche accettare dei rischi.
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Bill Gates e il presidente dell’Oms? Oggi, nel mondo, due sole persone potrebbero decidere che la pandemia è finita: Anthony Fauci e Bill Gates! Due sole persone, oltretutto due soggetti privati, hanno l’autorità per decidere se il mondo può o non può ritornare a condurre una vita normale: non c’è qualcosa di profondamente sbagliato, in questo?[/stextbox]
Ogni anno muoiono in Italia 50.000 persone a causa d’infezioni contratte in ospedale, ma di queste nessuno parla; ogni giorno muoiono persone di cancro, perché fumavano troppo, o di cirrosi epatica, perché bevevano, o d’infarto, perché mangiavano cibi fritti nell’olio, e conducevano una vita totalmente sedentaria. Nessuno giornale, però, e nessuna televisione, parlano di queste morti, che sono fisiologiche, come pure di quelle dovute alle normali influenze stagionali, che sommano i loro effetti ad altre patologie preesistenti, specie in soggetti molto anziani: morti che sempre ci sono state e sempre ci saranno, anche se, almeno in teoria, sarebbero evitabili. Se tutte le persone obese si mettessero rigorosamente a dieta; se tutti i fumatori smettessero di fumare, dall’oggi al domani; se tutti gli amanti della bottiglia smettessero di bere e si disintossicassero dall’alcool che hanno assunto nel loro organismo, tre quarti di quelle morti si potrebbero evitare. E tuttavia nessuno si sogna di imporre tali limitazioni per legge, nessuno si sogna di mobilitare le forze dell’ordine per sorvegliare il fumatore, l’etilista o il mangione, affinché impedisca loro di assumere sostanze dannose: ciascuno infatti ha il diritto di gestire la propria vita come ritiene giusto, e anche di andare incontro a gravi malattie, se non è disposto a rinunciare ai suoi vizi riguardo al fumo, alla bottiglia e alla tavola ricca di grassi. È normale: lo Stato non deve intervenire in simili cose. Per la stessa ragione, lo Stato non dovrebbe imporre vaccinazioni massicce alla popolazione, con la motivazione di voler tutelare la salute pubblica; non dovrebbe stabilire che, se un bambino non si sottopone a una decina di vaccinazioni, non ha il diritto a frequentare l’asilo o la scuola.
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Non dobbiamo lasciarci spaventare. La morte fa parte della vita e si muore una volta sola. Vivere nella paura è come morire ogni giorno, ogni minuto, infinite volte. E voi cristiani, dov’è la vostra fede nella vita dopo la morte?[/stextbox]
Si sa che ogni vaccinazione comporta una certa dose di rischio, tanto è vero che chi la effettua pretende dai genitori del bambino che firmino una dichiarazione, in cui sollevano anticipatamente i
sanitari da qualsiasi responsabilità legale per quanto potrebbe accadere al piccolo. Troppo comodo: la vaccinazione è obbligatoria, però le famiglie devono assumersene la responsabilità come se fossero il frutto di una libera scelta. Del resto, eventuali azioni legali possono essere intraprese solo nei confronti delle autorità sanitarie: le multinazionali farmaceutiche non possono essere chiamate in tribunale per gli effetti disastrosi che possono avere i vaccini da esse prodotti. Già da questo si capisce chi comanda, oggi, nel mondo: perché il potere, disse un filosofo, si riconosce in chi non può essere criticato. Oggi, nel mondo, due sole persone potrebbero decidere che la pandemia è finita: Anthony Fauci(4) e Bill Gates. Il primo è però solo un funzionario, e sia pure di lusso, al servizio di Big Pharma; il secondo rappresenta il potere vero, il potere allo stato puro. Due sole persone, oltretutto due soggetti privati, hanno l’autorità per decidere se il mondo può o non può ritornare a condurre una vita normale: non c’è qualcosa di profondamente sbagliato, in questo? Senza contare che ogni vaccinazione indebolisce il sistema immunitario e quindi, soprattutto negli anziani, diviene essa stessa un fattore di grave rischio per la salute. Le famiglie e le persone, pertanto, non dovrebbero essere sottoposte ad un ricatto di quel genere. Invece accade, e una simile invadenza dello Stato, che poi non agisce per conto proprio ma per conto degli interessi delle multinazionali farmaceutiche, è resa possibile dal virus della paura, che è stato inoculato in dosi massicce nella mente della popolazione, grazie ad un esercito di giornalisti asserviti ai poteri forti, che non svolgono onestamente il loro mestiere, ma puntano esclusivamente a diffondere nel pubblico insicurezza e paura.
[stextbox id=’download’ mode=’undefined’ color=’eb1313′]Ci hanno portati al disinteresse per il concetto del vero: a credere a qualsiasi verità taroccata, a qualsiasi notizia data dalla televisione. A temere per una vita che non è più vita, ma solo un sopravvivere in condizioni disumane: sempre indossando la mascherina, evitando gli amici e i parenti più cari come se fossero la peste, non è più una vita degna di essere vissuta, ma una cosa triste, avvilente, che ci fa regredire al di sotto del livello delle bestie![/stextbox]
Concludendo. Se vogliamo invertire la tendenza in atto, che ci vede sempre più relegati in una condizione di semivita e semimorte, sempre più mortificati nel nostro sano slancio esistenziale, sempre più scoraggiati, avviliti e impauriti da un potere che, con la scusa di proteggere la nostra salute, di fatto di riduce allo stato di larve, senza speranze e senza motivazioni per affrontare i ragionevoli e naturali rischi che comporta qualsiasi esistenza per il fatto stesso di esserci, dobbiamo spezzare il muro del relativismo e far entrare il vento fresco della verità nell’atmosfera chiusa e stantia della nostra rassegnazione e della nostra stanchezza. Quando ci si rassegna a vivere senza la verità, prima o poi si perde anche la voglia di vivere: ed è quello che ci sta accadendo ora, e non per effetto di dinamiche spontanee, ma quale risultato di una vastissima e capillare congiura orchestrata a nostro danno, sia come singoli individui, sia come società e civiltà. C’è chi vuole ridurci in schiavitù, costringerci a lavorare per quattro euro l’ora, senza previdenza, né pensione, senza nessuna tutela, e per questo ha scoperto l’arma più efficace: la paura. Non dobbiamo lasciarci spaventare. La morte fa parte della vita e si muore una volta sola. Vivere nella paura è come morire ogni giorno, ogni minuto, infinite volte. E voi cristiani, dov’è la vostra fede nella vita dopo la morte?
Francesco Lamendola
Note:
- (1) Guglielmo di Occam, (Ockham 1288 – Monaco di Baviera, 1347), è stato un teologo, filosofo e religioso francescano inglese. Guglielmo, nella disputa tra papa, imperatore e i nuovi poteri delle monarchie nazionali e delle città, che si ponevano spesso allo stesso livello dei poteri “universalistici” di papa e imperatore, si oppose sia alle tesi ierocratiche di Bonifacio VIII, sia a quelle della laicità dello Stato di Marsilio da Padova. Secondo lui autorità religiosa e civile dovevano essere nettamente separate perché finalizzate a scopi diversi, così come diversi erano i campi della fede e della ragione.
- Occam è convinto dell’indipendenza di fede e ragione e porta alle estreme conseguenze quella linea di pensiero che aveva già perseguito Duns Scoto; ovvero le verità di fede non sono per nulla evidenti e la ragione non le può indagare; solo la fede, dono gratuito di Dio, può illuminarle; ma se tra Dio ed il mondo non possiamo porre alcun legame, se non la pura volontà di Dio, ne consegue che l’unica conoscenza è la conoscenza dell’individuo. Se la conoscenza non è universale ma dell’individuo, ne consegue:crollano i sistemi aristotelici e tomisti;
-
-
- si negano i concetti di sostanza;
- non ha senso parlare di “potenza” e “atto”;
- la conoscenza è solo empirica;
- svolta nominalista nella disputa sugli universali;
- la Scolastica volge davvero al tramonto: uno dei pilastri era infatti l’indagine razionale della fede, istanza che Occam nega.
- Al suo nome si è ispirato Umberto Eco per il personaggio Guglielmo da Baskerville, protagonista del romanzo Il nome della rosa.
-
- (2) Renato Cartesio, in francese René Descartes (Descartes 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650), è stato un filosofo e matematico francese, ritenuto fondatore della matematica e della filosofia moderna. Cartesio estese la concezione razionalistica di una conoscenza ispirata alla precisione e certezza delle scienze matematiche a ogni aspetto del sapere, dando vita a quello che oggi è conosciuto con il nome di razionalismo continentale, una posizione filosofica dominante in Europa tra il XVII e il XVIII secolo. «Volendo seriamente ricercare la verità delle cose, non si deve scegliere una scienza particolare, infatti esse sono tutte connesse tra loro e dipendenti l’una dall’altra. Si deve piuttosto pensare soltanto ad aumentare il lume naturale della ragione, non per risolvere questa o quella difficoltà di scuola, ma perché in ogni circostanza della vita l’intelletto indichi alla volontà ciò che si debba scegliere; e ben presto ci si meraviglierà di aver fatto progressi di gran lunga maggiori di coloro che si interessano alle cose particolari e di aver ottenuto non soltanto le stesse cose da altri desiderate, ma anche più profonde di quanto essi stessi possano attendersi» (Cartesio dal “Discorso sul metodo”)
- (3) Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) è stato un filosofo tedesco. È considerato uno dei più importanti filosofi del pensiero occidentale. Fu il più significativo esponente dell’Illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi basilari della filosofia idealistica e di gran parte di quella successiva. Kant concepì la propria filosofia come una rivoluzione filosofica (o “rivoluzione copernicana”), volta a superare il dogmatismo metafisico del pensiero precedente e ad assumere i caratteri di una ricerca critica sulle condizioni del conoscere. «L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da un difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.» La Critica della ragion pura, pubblicata in prima edizione nel 1781, e in una seconda edizione, fortemente rielaborata in alcune parti nel 1787, produsse un’importante critica della tradizione metafisica aristotelico-tomistica e una contro-argomentazione delle famose Cinque Vie di san Tommaso d’Aquino: la ragione che pretende di parlare dell’incondizionato (Dio), cade in contraddizione. Tuttavia Kant muove le proprie argomentazioni in modo contrario all’avviso dell’intera tradizione tomistica: egli infatti considera le ‘Cinque vie’ come argomenti a priori, e quindi dimostra che esse non possono guidare ad una conoscenza razionale di Dio. In effetti nessuna delle dimostrazioni tomistiche dell’esistenza di Dio possono essere prese come prove a priori, ma, secondo l’avviso dello stesso Tomaso esse sono prove a posteriori che possono mostrare l’esigenza di un principio assoluto, date alcune pre-condizioni.
- (4) Anthony Stephen Fauci (New York, 24 dicembre 1940) è un immunologo statunitense che ha fornito contributi fondamentali nel campo della ricerca sull’AIDS e altre immunodeficienze, sia come scienziato che come capo dell’istituto statunitense National Institute of Allergy and Infectious Diseases. Nel 2020, durante la pandemia di COVID-19, Fauci è divenuto uno dei volti più importanti nella lotta al virus Sars-CoV-2, tanto da essere stato chiamato, dal presidente Donald Trump, a far parte della task force dedicata ad affrontare l’emergenza. In tale veste, ha spesso contraddetto o rettificato affermazioni pronunciate dal presidente durante la gestione della crisi sanitaria, tra cui la fiducia da questi manifestata nei confronti dell’efficacia dell’idrossiclorochina nel combattere la COVID-19.
Fonte
(Cfr1-Ndr) Il relativismo di Joseph Ratzinger
Sarebbe interessante capire se Benedetto XVI non sia di fatto uno dei più intelligenti interpreti di quel relativismo culturale da lui a più riprese condannato come anticamera del nichilismo, che a sua volta apre le porte alla dissoluzione di tutti i valori. Faccio questa riflessione a partire dall’attenuazione delle colpe della Chiesa, ammesse dal suo predecessore Giovanni Paolo II in ordine al sacco di Costantinopoli, al massacro degli Ugonotti, all’Inquisizione, alle guerre di religione, al caso Galileo e più recentemente all’antisemitismo. Per attenuare queste colpe Benedetto XVI, nella sua visita in Polonia al campo di concentramento di Auschwitz del 25-28 maggio 2006, ha usato l’argomento cardine del relativismo che è la “pre-comprensione”. In quell’occasione, infatti, il papa ha detto: «Conviene guardarsi dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità nel non negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora.»
(Cfr2-Ndr) Nell’indagare la verità e la sua storia, bisogna risalire anzitutto alla prima fonte della nostra cultura, ai greci, che ci hanno tramandato una verità legata alla visibilità, anche se non immediatamente sensibile, com’è indicato da Platone col termine “idea”. Ma qui inizia anche la sciagura del corpo nel mondo occidentale e la scissione, sempre più pronunciata, tra ciò che è inteso come anima e il corpo. Nell’età della tecnica la verità cambia ancora: vero è ciò che ha successo, che produce risultati, perché a contare sono gli effetti di realtà, non la redenzione o il sapere, ma unicamente quel che funziona. Anche il Cristianesimo avendo liberato Dio dalla responsabilità del male attribuendolo al suo nemico, ha perso il senso del sacro, che consiste nella contaminazione del bene e del male, della verità e della falsità. Al giorno d’oggi non abbiamo però nemmeno più la capacità di prevedere gli effetti delle nostre azioni e la tecnica (che non è la tecnologia) è diventata la visione e il mondo stesso in cui l’uomo vive. Un mondo in cui il concetto di verità non è ciò che fonda l’agire ma una sua imprevedibile conseguenza.
(Cfr3-Ndr). In Occidente il corpo è stato di volta in volta organismo da sanare, forza lavoro da impiegare, carne da redimere, inconscio da liberare, supporto di segni da trasmettere, password per la ricognizione della nostra identità. Questo è successo perché nella cultura occidentale è prevalsa una concezione dualistica, che, accanto al corpo, ha collocato l’anima come luogo della verità, fino ad arrivare, nell’età moderna, alla riduzione scientifica del corpo a materia organica. Questa rappresentazione oggi ci conduce a una vita separata dal corpo che noi siamo. Per far esistere la scienza bisognava introdurre la nozione di anima in grado di produrre concetti astratti. La scienza così gradatamente si separa dalla vita. Da qui in poi il corpo ha una storia di follia o mortificazione: non può essere attivo nelle idee perché porta emozioni che offuscano le idee stesse. Il corpo diventa la tomba dell’anima: più l’anima si libera da esso più si eleva. Da qui il dualismo anima e corpo.
(Cfr4-Ndr) Fenomeno e Noumeno
La conoscenza avviene tra soggetto e oggetto un soggetto che conosce è un oggetto che viene conosciuto. L’oggetto si dà al soggetto, si manifesta al soggetto nella sua parte fenomenica il fenomeno è ciò che si dà al soggetto ciò che si lascia conoscere, il noumeno è la sua parte misteriosa, è l’aldilà, è l’intrinseco. Kant lo chiama la cosa in sé. Che significa tutto questo? Kant sostiene che l’uomo così come è fatto, cioè con i cinque sensi: l’intelletto, la ragione, così com’è è in grado di conoscere soltanto una parte della realtà, soltanto ciò che si manifesta, ciò che è conforme ai sensi. Immaginiamo un alieno un altro essere in grado di possedere più dei cinque sensi. Sei, sette, otto. Egli comprenderebbe il reale in modo più profondo, vedrebbe altro che a noi non è dato, allora a noi è dato di conoscere soltanto la parte fenomenica, il noumeno è ciò che sta al di là, è un po’ il mistero delle cose che c’è ma non ci è dato conoscere, l’uomo non può andare oltre il fenomeno. Cosa sta dicendo Kant? Che cos’è il noumeno, il noumeno è il limite della conoscenza a cui l’uomo può arrivare, allora l’uomo così come è fatto, nella sua forma, nel suo modo d’essere è in grado di giungere fino a un punto della conoscenza. Il noumeno è la X ignota, è l’aldilà, potremmo immaginare un dio, allora dio sarebbe capace di comprendere tutto. Mentre all’uomo è dato comprendere solo la realtà fenomenica, cioè la realtà naturale, la realtà che ha delle leggi scientifiche, la realtà di Newton, ma c’è un di là, un mistero un senso che all’uomo non è dato, la filosofia del limite ecco, il noumeno è quel limite.
[btn btnlink=”http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/filosofia/9359-incoltura-del-relativismo” btnsize=”small” bgcolor=”#59d600″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Fonte Accademia Nuova Italia del 2 agosto 2020[/btn]