È semplice: la relatività generale si occupa della forza di gravità, quella ristretta no…

RELATIVITÀ

Trovo in una lettera di Albert Einstein una frase che mi colpisce. È una lettera indirizzata a Michele Besso, l’ingegnere svizzero italiano, ebreo sefardita, che fu l’amico di tutta la sua vita. La “cassa di risonanza” delle sue riflessioni, come Einstein ebbe a definirlo. Ed un prezioso collaboratore nel definire la prima teoria della relatività…

Bene, in questa frase dice che “per noi che crediamo nella fisica passato, presente e futuro sono solo una ostinata illusione”.
Beh io non sono un fisico. E neppure un credente nella fisica. Però questa idea, che il tempo sia solo ostinata illusione, mi appare estremamente suggestiva. O meglio mi risuona.

Un altro fisico, Fritijof Capra, molti anni dopo, ha scritto un libro, che continuo, più o meno inutilmente, a consigliare ai miei studenti. “Il Tao della Fisica(L.C.). L’assunto è semplice. Capra, evidentemente uomo anche di buona cultura umanistica – cosa rara tra i, cosiddetti, scienziati – si era reso conto di una cosa. Che tutte, o quasi, le più recenti teorie della Fisica, dalla Relatività ai Quanti, trovavano corrispondenze con antichi, antichissimi miti cosmogonici. Ovvero gli antichi sapevano già. E avevano già capito. Certo non possedevano gli strumenti, matematici e tecnici, per dimostrare queste teorie. Però… sapevano. E noi moderni, con tutta la nostra supponenza, non abbiamo scoperto una beneamata cippa… Capra non dice proprio così…però mi sembra che renda bene l’idea.

Così egli ha descritto la sua intuizione della realtà spirituale: «Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Śiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, pp. 11-12)

Comunque, in quella frase di Einstein mi sembra di riconoscere un’idea che era nella antica Gnosi. Ovvero le diverse, diciamo così, dimensioni del Tempo. Che venivano chiamate una Kronos, l’altra Aiòn. E Kronos è il tempo che scorre, il Corvo – la etimologia è la stessa – che divora i giorni. E che segna, appunto, il passaggio da passato a futuro. Laddove il Presente è solo l’incontro tra un attimo che scorre via, ed un altro che giunge. E questo è il mistero alla base del Faust di Goethe.

Aion, o Eone, è, invece, il Tempo cosmico. Il piano della eternità. Dove tutto è perpetuo presente. E non vi è distinzione fra ciò che già è accaduto e ciò che accadrà. Non è la negazione del tempo che scorre. Semmai lo riassume ad un livello più alto. Come dalla vetta di una montagna è possibile abbracciare con un unico sguardo tutto il panorama sottostante. Quello che, mentre camminavi nella valle, ti lasciavi dietro le spalle. E quello che ancora non potevi vedere con chiarezza, perché davanti a te sulla via, tortuosa, che stavi percorrendo. (Il divenire eleatico, inteso come mutamento, movimento, scorrere senza fine della realtà, perenne nascere e morire delle cose, è stato uno dei concetti filosofici più importanti su cui si sono contrapposte visioni ontologiche di tipo statico e di tipo dinamico. f.d.b.)

E potremmo ripercorrere altri miti. Altre, antiche, tradizioni. Ma non è qui il luogo o il momento. Solo che queste analogie mi portano a pensare che questa sorta di, spesso cieca, fiducia dell’uomo contemporaneo nella “Scienza”, specie da parte di coloro che veramente di scienza poco o nulla sanno, sia solo una forma di arroganza. Di albagia. La pretesa di essere, e soprattutto sentirsi, superiori agli uomini del passato. Pensando che la tecnica sia conoscenza. Mentre è solo strumento. O meglio dovrebbe essere tale. Perché, invece, troppo spesso diventa dipendenza. E ci rende, inconsapevolmente, schiavi.

Gli Antichi (diciamo così) non avevano lavatrice, aspirapolvere, lavapiatti… Non possedevano tablet e smartphone. Ma avevano molta più coscienza di noi del senso della vita. Dello scorrere del tempo. Forse era una coscienza diversa, fatta di (possenti) immagini che si imprimevano nelle profondità del loro animo. E non una conoscenza razionale, riducibile a formula matematica. Astratta. Ma proprio per questo, forse, affrontavano la vita ed il suo corso senza tante fobie. Non che non avessero paure, certo. Ma erano paure legate a cose, minacce concrete. Non angosce senza nome e forma. (I greci dell’antichità usavano la vista dove distinguevano gli ordini che la Natura suggeriva loro, dopo venne usato l’udito. Gli uomini ascoltavano la parola “cristianesimo”. f.d.b.)

Einstein ci dice che, per un fisico, lo scorrere del tempo è solo una ostinata illusione. E che, di fatto, noi viviamo in un perenne presente. La visione di Parmenide e della scuola di Elea. Che Emanuele Severino ha tentato di riprendere come antidoto alla deriva nichilistica del mondo contemporaneo. Tentativo coraggioso, ancorché frustrato dalla nostra incapacità di vivere i concetti. Che rimangono astrazioni e non si fanno vita.
Mentre l’ostinata illusione è parte integrante di noi. Domina il nostro subconscio. Determina il nostro modo di guardare e vivere le cose. Così, prigionieri di una illusione del tempo, ci facciamo divorare da Kronos. Inseguendo una impossibile immortalità meramente fisica. Che nel tempo che scorre è solo impossibile. E diviene negazione della vita.
Infine, il mito di Faust, così come lo ha interpretato Goethe. Un altro che andrebbe letto. È compreso, finalmente.

Andrea Marcigliano

 

Libri Citati

 

 

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  • di Fritjof Capra (Autore)  Giovanni Salio (Traduttore)
  • Adelphi, 1989

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Descrizione

Lo scopo dichiarato del bellissimo libro di Capra è di dimostrare che esiste una sostanziale armonia tra lo spirito della saggezza orientale e le concezioni più recenti della scienza occidentale. La fisica moderna va ben al di là della tecnica, «la via – il Tao – della fisica può essere una via con un cuore, una via rivolta alla conoscenza spirituale e alla realizzazione di sé». Con uno stile piano ma appassionato, l’autore spiega al lettore da una parte i concetti, i paradossi e gli enigmi della teoria della relatività, della meccanica quantistica e del mondo submicroscopico; e, dall’altra, gli fa assaporare il fascino profondo e sconcertante delle filosofie mistiche orientali. (Giuseppe Longo, «Le Scienze»)

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