Attualizzare i comportamenti umani e le frequentemente spocchiose sentenze

REVISIONIAMO L’EROISMO


Nella rilettura del datato saggio “Eichmann o la banalità del male. Intervista lettere, documenti”(1)di Hannah Arendt e Joachim Fest, ci sono alcuni spunti che traggo ed attualizzo, specificamente per quanto riguarda i comportamenti umani e le frequentemente spocchiose sentenze.

L’incentivo è sorto a margine della questione pandemica e della equivoca commissione d’inchiesta attuale.

Innanzitutto, la questione della responsabilità. All’imputato, e alle altre migliaia di condannati nei processi ben oltre dopo Norimberga, si addebitava la viltà per non essersi rifiutati di eseguire delle direttive criminali. Gran bella argomentazione, non c’è dubbio. Obbedire ciecamente agli ordini non può essere una scusante, soprattutto se si conosce la realtà delle cose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Peccato, però, che quando un collega mi telefonò per annunciarmi la sospensione dall’attività mi disse testualmente: “lo so che non è un vaccino, non immunizza… anch’io l’ho fatto e ho preso il Covid… certo che posso trasmettere il virus… però dobbiamo eseguire l’ordine di Anelli (Presidente Nazionale dell’Ordine dei Medici), e come me, moltissimi altri sanitari”. Questo il comportamento dei funzionari.

Poi, anche alcuni giornalisti denunciarono l’operazione di ingegneria sociale dietro il Green Pass, il distanziamento, l’uso della mascherina, il coprifuoco ed altre amene iniziative governative, ma la maggior parte si adeguò alle direttive direzionali, accettando benefit governativi e visibilità pubblica.

Emerge, nel saggio citato, l’accondiscendenza dei Consigli ebraici e le delazioni da parte dei correligionari, per non parlare di come personalità ricche comperarono la vita dei propri lasciando morire gli altri. Una simile situazione non ricorda la vile acquiescenza di molte categorie alle deliranti prescrizioni, o gli atti di spionaggio dei vicini di casa contro i festaioli rinchiusi, o le finte iniezioni dei notabili che propagandavano la vaccinazione col tappo sulla siringa?

23 settembre del 1943, data in cui Salvo D’Acquisto si sacrificò in cambio della vita di 22 innocenti rastrellati dalle milizie naziste nella località romana Torre di Palidoro, non lontano da Torrimpietra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti uniti nel mantra “abbiamo eseguito gli ordini” con una differenza storica: a migliaia sono stati condannati a morte, altri continuano a pontificare a fronte delle evidenti azioni criminali che sono state poste in essere nel periodo pandemico.

La situazione perfettamente immobile. L’OMS dava ordini all’Europa, l’Europa a Mattarella, Mattarella al governo, il governo agli apparati sanitari, imprenditoriali, dell’informazione, dell’educazione e via via a scendere. Tutti ubbidienti e devotamente rispettosi delle ingiunzioni superiori.

A questo punto, brevemente, c’è da chiarire la questione dell’onestà personale e storica. Con che criterio si può colpevolizzare coloro i quali rifiutando un ordine sarebbe incorsi nella propria morte, e assolvere chi al massimo avrebbe messo in gioco uno stipendio, uno scatto di carriera, una sanzione lavorativa? Dignità nella miseria, signori! E prima di puntare l’indice sugli altri, cercate di individuare le vostre coscienze, sempre che ci siano e siano attive.

Del resto, l’ipocrisia repubblicana vige sovrana, questa sì sovrana. Carla Capponi venne insignita della Medaglia d’Oro per l’attentato di via Rasella: non si consegnò eseguendo l’ordine del partito. La stessa Medaglia d’Oro a Salvo D’Acquisto, il ventitreenne carabiniere che si sacrificò innocente per salvare gli altri eseguendo l’imperativo della sua coscienza.

Questa è ipocrisia rivoltante. Meglio rivendicare il fatto che chi è al potere ha sempre ragione, e così possiamo mettere una pietra tombale su tutte le retoriche del coraggio, della responsabilità e della verità. Don Abbondio è vivo, e si piega insieme a voi.

Andrea Marcigliano
Adriano Segatori

 

 

 

 

Approfondimenti del Blog

(1)

 

 

 

 

 

Descrizione

Una violenta polemica a livello internazionale avevano scatenato gli articoli sul processo svoltosi a Gerusalemme contro il criminale nazista Adolf Eichmann raccolti da Hannah Arendt nel suo celebre quanto controverso libro “La banalità del male”. Come poteva un semplice burocrate essere responsabile dello sterminio di milioni di persone? Come poteva il “male” essere definito “banale”? Per discutere e chiarire queste e altre inquietanti domande non c’era forse interlocutore più adatto che lo storico Joachim Fest, già noto per i suoi studi sui gerarchi del Terzo Reich e che si fece presto apprezzare come autore delle monumentali biografie su Hitler e Speer. Le complesse questioni storiografiche e filosofiche che s’intrecciavano nel libro su Eichmann le troviamo approfondite in tutta la loro vitalità e attualità anche in questo volume, che oltre ai principali documenti della controversia intorno al libro di Hannah Arendt pubblica l’intervista del 1964 con Joachim Fest, ritrovata solo di recente, e le inedite lettere che i due si sono scambiati fino al 1973.

 

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