Il grottesco uno specchio deformante della realtà.

RIDICOLI E INQUIETANTI: IL GROTTESCO NELLA LETTERATURA EUROPEA

  • seconda parte

Redazione Inchiostronero

Dal riso all’angoscia, il grottesco ha attraversato la letteratura europea come uno specchio deformante della realtà. Da Rabelais a Kafka, da Cervantes a Beckett, scopriamo come il non senso sia diventato il modo più efficace per raccontare il mondo


Il Novecento: Kafka, Pirandello e il teatro dell’assurdo

Se nell’Ottocento il grottesco era già diventato uno strumento per raccontare l’alienazione dell’individuo e l’assurdità della società, nel Novecento raggiunge nuove vette di angoscia. L’uomo moderno non è più solo vittima di un potere oppressivo e incomprensibile, ma perde del tutto i suoi punti di riferimento: l’identità si sgretola, il linguaggio si svuota di senso, la realtà stessa diventa instabile. Il grottesco si trasforma in un’esperienza esistenziale: non più un semplice gioco di deformazioni, ma il segno di una crisi profonda, di un mondo che ha perso ogni certezza.

Kafka: l’incubo dell’assurdo

Uno degli autori che più ha saputo esprimere questa condizione è Franz Kafka. Nelle sue opere, il grottesco si manifesta nella totale sproporzione tra l’individuo e le forze che lo circondano: un potere imperscrutabile, una burocrazia labirintica, una società che non ha più alcuna logica comprensibile. L’essere umano diventa un ingranaggio inutile in una macchina che continua a funzionare senza di lui, o addirittura contro di lui.

Ne La metamorfosi (1915), Kafka porta il grottesco a un livello estremo: Gregor Samsa, un giovane impiegato, si sveglia e scopre di essersi trasformato in un insetto gigante. Non c’è alcuna spiegazione, nessun evento scatenante. Il mondo intorno a lui non si interroga su come o perché sia successo: la sua famiglia, invece di cercare di aiutarlo, lo rifiuta con indifferenza crescente, fino a lasciarlo morire di solitudine e disgusto.

“Quando Gregor Samsa si svegliò una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.” (La metamorfosi)

L’elemento grottesco non è tanto la trasformazione in sé, ma la reazione del mondo circostante. Il dramma di Gregor non è essere diventato un insetto, ma il fatto che nessuno provi empatia per lui. Kafka ci mostra un grottesco glaciale, spogliato di ogni elemento comico, un’angoscia silenziosa che nasce dall’incomunicabilità e dall’indifferenza.

Quest’idea torna anche ne Il processo (1925), dove il protagonista Josef K. viene arrestato senza sapere perché, e trascorre l’intero romanzo cercando di comprendere l’accusa che gli è stata mossa. Il grottesco qui sta nell’assurdità della legge: un sistema senza volto, che esiste solo per opprimere, che non offre risposte né vie d’uscita.

Kafka anticipa il senso di estraneità dell’uomo contemporaneo, smarrito in un mondo che non riconosce più. Il suo grottesco è quello dell’incomprensione, della solitudine assoluta, dell’assenza di senso.

Pirandello: l’identità che si frantuma

Se Kafka esplora l’assurdo dell’esistenza, Luigi Pirandello porta il grottesco dentro la psicologia dell’individuo. Nei suoi romanzi e nel suo teatro, il vero enigma non è il mondo esterno, ma l’identità stessa dell’essere umano. Chi siamo? Come ci vedono gli altri? Possiamo mai essere “uno” o siamo destinati a essere “centomila” volti diversi, a seconda di chi ci guarda?

Questa è la domanda centrale di Uno, nessuno e centomila (1926), in cui il protagonista Vitangelo Moscarda scopre per caso che le persone intorno a lui hanno un’immagine completamente diversa di chi lui crede di essere. Questa rivelazione lo porta a una crisi profonda: se ognuno lo vede in modo diverso, allora lui stesso non esiste. La sua identità si sgretola, si moltiplica e si dissolve nello sguardo degli altri.

“Il guaio è che io vedo me con gli occhi miei, e gli altri mi vedono con occhi loro.” (Uno, nessuno e centomila)

Il grottesco pirandelliano sta tutto in questo contrasto tra ciò che crediamo di essere e ciò che gli altri vedono. L’uomo diventa una maschera, un personaggio in una commedia che non ha scelto di recitare. Questa idea è portata all’estremo in Sei personaggi in cerca d’autore (1921), in cui i protagonisti sono personaggi incompiuti, rimasti senza una storia, costretti a vagare alla ricerca di un autore che possa dar loro un senso.

Se in Kafka il grottesco è la prigionia dell’individuo in un sistema assurdo, in Pirandello è la prigionia dell’identità in un gioco di specchi deformanti. L’uomo è frammentato, indefinito, in balia delle percezioni altrui.

Il teatro dell’assurdo: il grottesco come vuoto di senso

Il Novecento, segnato da due guerre mondiali e dalla perdita di ogni certezza filosofica e morale, porta il grottesco a un’ultima, definitiva evoluzione: la totale eliminazione del senso. Con il teatro dell’assurdo, il grottesco non è più solo un riflesso dell’alienazione o dell’instabilità dell’identità: diventa il linguaggio stesso dell’esistenza.

Autori come Eugène Ionesco e Samuel Beckett portano in scena un mondo in cui il linguaggio è svuotato di significato, la comunicazione è impossibile e l’azione è ridotta a una ripetizione senza scopo.

Ne Il rinoceronte (1959) di Ionesco, gli abitanti di un villaggio si trasformano progressivamente in rinoceronti, in una metafora grottesca del conformismo e della massificazione. La trasformazione avviene senza resistenza, senza domande, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ancora una volta, il grottesco non sta nella mutazione in sé, ma nel fatto che nessuno la percepisca come un problema.

Ne Aspettando Godot (1952) di Beckett, due uomini attendono per l’intero spettacolo un certo Godot, che però non arriverà mai. Le loro conversazioni si aggrovigliano in giochi di parole privi di significato, i loro gesti si ripetono all’infinito, la loro esistenza è sospesa in un eterno nulla.

Qui il grottesco si spoglia di ogni orpello narrativo: non c’è più trama, non c’è più trasformazione, non c’è più realtà contro cui ribellarsi. C’è solo il vuoto.

Dal grottesco all’assurdo: l’uomo di fronte al nulla

Nel Novecento, il grottesco raggiunge il suo punto più estremo: non è più un gioco, non è più solo una critica sociale o una distorsione della realtà. Diventa il segno di un’esistenza senza scopo. L’uomo moderno, che sia Gregor Samsa, Vitangelo Moscarda o Vladimir ed Estragone, non ha più un ruolo, un’identità, un destino. È prigioniero di un mondo che non capisce, di un corpo che non riconosce, di parole che non comunicano più nulla.

Da Kafka a Beckett, il grottesco diventa il linguaggio del Novecento: una risata soffocata, una tragedia senza eroi, una farsa senza senso.

Il grottesco oggi: dalla letteratura alla società

Oggi, il grottesco non è più solo un genere letterario: è diventato il filtro attraverso cui guardiamo il mondo. Viviamo in un’epoca in cui la realtà supera la finzione in termini di assurdità: leader politici che parlano come personaggi di un’opera surreale, scandali che sembrano trame di un romanzo di Gogol’, fake news che deformano la percezione del reale fino a renderlo indistinguibile dalla parodia. Il mondo stesso è diventato una farsa tragica, un palcoscenico grottesco su cui tutti recitano ruoli instabili.

Il grottesco nei media e nei social network

I social network hanno amplificato questa percezione: il confine tra serio e ridicolo, tra verità e parodia, si è sgretolato. Meme, video virali, dichiarazioni strampalate di figure pubbliche rimbalzano tra satira e realtà, creando un’iperrealtà in cui il grottesco diventa la norma. Viviamo immersi in una continua deformazione del reale, dove tutto può essere ridicolo e inquietante allo stesso tempo.

Pensiamo al concetto di post-verità, dove le narrazioni diventano più importanti dei fatti, o al fenomeno del deepfake, che rende impossibile distinguere il vero dal falso. È il mondo di Orwell e Huxley, ma anche quello di Ionesco e Beckett, dove si parla senza comunicare, si agisce senza scopo, si vive in una rappresentazione perenne.

Il grottesco nel cinema e nelle serie TV

Anche il cinema contemporaneo ha abbracciato il grottesco come strumento per raccontare l’assurdità del presente. Black Mirror, la serie antologica di Charlie Brooker, è un esempio perfetto di grottesco distopico: ogni episodio mostra una realtà in cui la tecnologia ha esasperato le contraddizioni della società fino al punto di renderla quasi irriconoscibile, eppure perfettamente plausibile. Si ride amaramente, perché quel futuro assurdo è già il nostro presente.

Il regista Yorgos Lanthimos, con film come The Lobster (2015) e The Killing of a Sacred Deer (2017), porta il grottesco al paradosso assoluto. I suoi personaggi si muovono in un mondo rigido, con regole insensate che tutti accettano senza metterle in discussione, proprio come accade nei racconti di Kafka. In The Lobster, per esempio, il matrimonio è un obbligo di Stato: chi resta single per troppo tempo viene trasformato in un animale a sua scelta. Un’idea assurda, eppure incredibilmente efficace per riflettere sulle convenzioni sociali e sulle dinamiche di controllo.

Lo stesso accade nel cinema di Ruben Östlund, che nei suoi film (The Square, Triangle of Sadness) utilizza il grottesco per smascherare l’ipocrisia delle élite culturali ed economiche. Il suo è un grottesco sociale, che mette in scena il ridicolo delle gerarchie e del potere, con una satira che oscilla tra il comico e il disturbante.

E poi c’è Michel Houellebecq, che nella letteratura contemporanea porta il grottesco nel quotidiano, con protagonisti cinici e disillusi, immersi in una società in cui l’umanità sembra essersi spenta, sostituita da un vuoto emotivo e consumistico. In romanzi come Sottomissione o Le particelle elementari, il grottesco diventa quasi una condizione esistenziale: non c’è più tragedia né eroismo, solo una lenta, assurda disintegrazione dell’uomo moderno.

Il grottesco nell’arte moderna e contemporanea

Ma il grottesco non si limita alla letteratura o al cinema. Anche l’arte visiva ha fatto del grottesco una delle sue espressioni più potenti, trasformandolo in un linguaggio per rappresentare il caos del mondo contemporaneo.

Pensiamo alle opere di Francis Bacon, con le sue figure deformate, corpi sfatti e volti urlanti, in cui l’identità umana sembra dissolversi in un incubo di carne e ossa. I suoi ritratti non sono più riconoscibili, ma diventano un urlo muto, un’angoscia grottesca che si imprime sulla tela.

O alle sculture di Ron Mueck, che riproduce il corpo umano con un realismo ossessivo, ma giocando con le proporzioni: giganti iper-realistici o corpi minuscoli, che sfidano la percezione e rendono l’umano qualcosa di alieno. Il risultato è un effetto perturbante: troppo realistico per essere astratto, troppo sproporzionato per essere naturale.

Anche artisti come Cindy Sherman hanno utilizzato il grottesco per decostruire l’identità e l’immagine di sé. Nei suoi autoritratti fotografici, Sherman si trasforma in personaggi deformati, truccati in modo esagerato, grotteschi nella loro artificiosità. Qui il grottesco diventa uno strumento di riflessione sulla società dello spettacolo, sulla costruzione dell’immagine e sulla fluidità dell’identità.

E poi c’è il mondo del fumetto e dell’illustrazione, dove il grottesco ha trovato una casa perfetta. Robert Crumb, maestro dell’underground americano, ha creato figure esagerate, cariche di dettagli osceni e grotteschi, per smascherare l’ipocrisia della società. Il suo tratto è disturbante, volutamente eccessivo, perché il grottesco non è mai neutrale: ci obbliga a guardare ciò che preferiremmo ignorare.

Il grottesco come strumento per svelare l’assurdità della nostra epoca

Oggi il grottesco non è solo intrattenimento, né solo un genere artistico. È il linguaggio stesso della realtà contemporanea. L’arte, la letteratura, il cinema, i media e la politica lo usano per raccontare un mondo che sembra sempre più privo di senso, dove il confine tra il comico e il tragico si è dissolto.

Se in passato il grottesco serviva a rivelare le contraddizioni della società, oggi è diventato la nostra condizione quotidiana: viviamo in un universo sempre più assurdo, in cui il potere parla per slogan privi di logica, la tecnologia ci trasforma in avatar di noi stessi e la comunicazione si riduce a un gioco di specchi deformanti.

Forse è per questo che, più che mai, continuiamo a ridere. Ma è una risata che assomiglia sempre più a un grido soffocato.

Conclusione: Il grottesco come specchio della condizione umana

Il grottesco è il linguaggio della crisi, dell’inquietudine, della società che non sa più distinguere il reale dall’assurdo. È il filtro attraverso cui, da secoli, osserviamo il mondo ogni volta che questo smette di avere una logica rassicurante e si trasforma in un labirinto senza uscita. Da Rabelais a Kafka, da Cervantes a Beckett, il grottesco ha sempre raccontato l’uomo smarrito nella sua stessa creazione, incapace di dare un senso al caos che lo circonda.

Nel passato, il grottesco era spesso un’arma sovversiva, un modo per ridere del potere, per ribaltare le gerarchie, per smascherare l’assurdità delle convenzioni sociali. Il riso di Rabelais era liberatorio, il Don Chisciotte di Cervantes trasformava l’illusione in una parodia dell’eroismo, il naso di Gogol’ e il cappotto di Akakij Akakievič ridicolizzavano la macchina burocratica e la vuota ossessione per lo status sociale. Ma a poco a poco, quel riso si è trasformato in angoscia.

Nel Novecento, con Kafka e Pirandello, il grottesco è diventato un’esperienza interiore: non è più solo il mondo a essere assurdo, ma l’uomo stesso, intrappolato in un’identità sfuggente, in una realtà che non comprende e che lo annienta. Il grottesco non è più una distorsione della normalità, ma l’unico modo per raccontarla.

E oggi? Il XXI secolo ha trasformato il grottesco nella nostra condizione quotidiana. Non è più solo un genere artistico, ma il linguaggio stesso della contemporaneità. La politica, l’informazione, i social media, il capitalismo spinto all’estremo: tutto sembra uscito da un’opera di Ionesco o da un episodio di Black Mirror. Viviamo in una società dove il potere parla per slogan senza senso, le fake news riscrivono la realtà con una logica farsesca, la tecnologia ci avvicina e ci aliena allo stesso tempo. L’assurdo non è più confinato ai romanzi o al teatro: è diventato il nostro quotidiano.

Ecco perché il grottesco è più attuale che mai. Ci aiuta a vedere il mondo per quello che è: un meccanismo che spesso funziona senza senso, una narrazione che oscilla tra il comico e il tragico, una messinscena di cui siamo attori e spettatori allo stesso tempo. In un’epoca in cui tutto è spettacolarizzato, dove il potere si traveste da intrattenimento e l’intrattenimento si fa sempre più inquietante, il grottesco è l’unico strumento che ci resta per decifrare la realtà.

Forse è per questo che, di fronte all’assurdità del mondo, continuiamo a ridere. Ma è una risata amara, che ci lascia sempre un senso di inquietudine. Perché, come ci hanno insegnato Kafka, Pirandello e Beckett, dietro ogni farsa si nasconde una tragedia. E dietro ogni tragedia, il sospetto che tutto sia solo una farsa.

Riccardo Alberto Quattrini

qui trovi la prima parte https://wp.me/p8sOeY-lk0

 

 

Bibliografia Letteraria

  • François Rabelais, Gargantua e Pantagruel (1532-1564)
  • Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia (1605-1615)
  • Nikolaj Gogol’, Il naso (1836), Il cappotto (1842)
  • Franz Kafka, La metamorfosi (1915), Il processo (1925)
  • Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila (1926), Sei personaggi in cerca d’autore (1921)
  • Eugène Ionesco, Il rinoceronte (1959)
  • Samuel Beckett, Aspettando Godot (1952)
  • Michel Houellebecq, Sottomissione (2015), Le particelle elementari (1998)

Bibliografia sulle arti visive e il grottesco

  • Wolfgang Kayser, Il grottesco. Il suo sviluppo nella letteratura e nelle arti figurative (1957) → Uno studio fondamentale sul concetto di grottesco, dal Rinascimento all’arte moderna.
  • Mikhail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare (1965) → Analizza il grottesco carnevalesco in Rabelais e il suo impatto sulle arti e sulla cultura.
  • Umberto Eco, Storia della bruttezza (2007) → Esplora come il brutto e il grottesco siano stati rappresentati nell’arte e nella letteratura occidentale.
  • Francis Bacon, Interviste e scritti → Riflessioni del pittore sull’uso della deformazione e del grottesco nelle sue opere.
  • Robert Crumb, The Complete Crumb Comics → Raccolta delle opere del maestro del fumetto underground, con uno stile grottesco e satirico.
  • Cindy Sherman, The Complete Untitled Film Stills → Analisi della sua fotografia grottesca e della decostruzione dell’identità.
  • Ron Mueck, Sculture iperrealistiche → Cataloghi di mostre e studi sulla sua opera, incentrata sulla distorsione delle proporzioni umane in chiave grottesca.

 Cinema e cultura pop (per approfondire il grottesco oggi)

  • Charlie Brooker, Black Mirror: Inside the Making → Approfondisce la distopia grottesca della serie.
  • Yorgos Lanthimos, The Lobster & The Favourite: Analysis and Interviews → Studio sul cinema grottesco del regista greco.
  • Ruben Östlund, The Square & Triangle of Sadness: The Grotesque in Social Satire → Un saggio su come il grottesco venga usato per smascherare le ipocrisie della società contemporanea.

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