Da ragazzino giocavo, talvolta, a Risiko

RISIKO GLOBAL


Da ragazzino giocavo, talvolta, a Risiko. Gioco che era subentrato a quelli più infantili, come il Monopoli. Che in verità, mi aveva sempre ben poco attratto… evidentemente, già allora, non avevo alcun desiderio di diventare un palazzinaro. O un capitalista.

Il Risiko, invece, si coniugava con la mia passione per la storia. E la geografia. Era il periodo in cui trascorrevo ore studiando gli atlanti geografici. Ricostruendo a mente, o con l’ausilio dei soldatini/modelli della Airfix (modellini perfetti, di tutte le epoche) le grandi battaglie di Napoleone, la conquista della Gallia da parte di Cesare, l’avanzata della Wehrmacht in Russia e Stalingrado

Non sarà da vero intellettuale – dovrei accampare ben altre, più nobili, motivazioni – ma il mio interesse, anzi autentica passione per la geopolitica, credo sia nato proprio così. Giocando a Risiko.

E, in fondo, quel gioco mi ha insegnato molto. Perché, guardando la carta geografica del mondo, in planisfero (senza alcuna concessione al terrapiattismo) mi rendo conto che è proprio la, antica ormai, abitudine al Risiko che mi fa capire tante cose della situazione internazionale.

Perché il Risiko è un gioco… cinico. Che ti insegna a non farti illusioni. A non inseguire, vanamente, sogni e utopie. A guardare la realtà per quella che è.

E, soprattutto, a guardarla nel suo complesso. Vedendo le singole mosse, nei diversi scenari del planisfero, per quelli che realmente sono. Un’unica partita.

Cerco di spiegarmi. Guardiamo cosa è avvenuto tra il 1938 e il 1945. Se focalizziamo l’attenzione sui singoli avvenimenti, crediamo di trovarci di fronte ad una sequenza di conflitti. Separati fra loro. L’attacco tedesco alla Cecoslovacchia. Quello alla Polonia e parallelamente, la guerra tra Russia e Polonia. Ancora… la guerra tra Russia e finlandesi, quella dell’Italia contro la Grecia, preceduta dal conflitto in Albania… e avanti così.

Guerre scollegate, spesso caratterizzate da alleanze variabili. Che, però, ad uno sguardo d’insieme, si rivelano essere stati episodi di un unico, immane, conflitto. La Seconda Guerra Mondiale.

Bene… le cose sono così anche adesso.

L’attenzione mediatica è tutta concentrata sull’Ucraina. Ma non è questo l’unico conflitto in corso.

In Siria si combatte da un decennio abbondante. Su un fronte Assad, appoggiato da russi e iraniani. Sull’altro i, cosiddetti, ribelli. Appoggiati da NATO, sauditi, Qatar e Turchia. Ma questa è solo apparenza. Perché il fronte anti-Assad è molto variegato. E diviso al suo interno.

I Curdi – che rappresentano una delle forze principali dei ribelli – sono in guerra con la Turchia. Qatar e Arabia Saudita appoggiano formazioni in concorrenza tra loro. Perché loro stessi sono in tensione. Una rivalità sempre più palese.

Per altro, in Libia, altra guerra civile ormai cronica, russi e francesi si trovano dalla stessa parte. Quella di Haftar, a Bengasi. Mentre il resto della NATO, Washington in testa, spalleggia il governo di Tripoli.

Nell’Africa sub-sahariana la partita è ancora più complicata. Anzi, intricata. La nuova Alleanza del Sahel – Mali, Burkina Faso, Niger – fronteggia l’ECOWAS, longa manus di Parigi. E che gode di un, meno esplicito, appoggio statunitense. Ma dalla parte dei Saheliani vi è l’Algeria. E soprattutto la Russia. Con la Cina che, pur senza esporsi, sta dando il suo appoggio.

Ma il mosaico africano è ancora più variegato. Il conflitto latente tra Marocco e Sahara Occidentale. La guerra civile nel Nord Sudan. I movimenti jihadisti, ora legati all’Isis, ora ad Al Qaeda, operativi in tutta la regione centro-settentrionale. Washington, Mosca e Pechino che ora appoggiano gli uni, ora gli altri.

E mentre in Oriente la questione di Taiwan rende sempre più probabile – anche se, forse, non imminente – il cozzo tra USA e Cina, e minacciano di riaccendersi i fuochi fra le due Coree, è lo scenario europeo orientale a rivelarsi il più pericoloso. Con alcuni punti nevralgici.

Il Caucaso. Dove dietro alle, pluridecennali, tensioni – vera e propria guerra a bassa intensità – tra Armenia e Azerbaijan, si muovono attori di ben altra portata.

Washington, che cerca di sparigliare le carte, e rendere la situazione sempre più tesa.

E Mosca, che, all’opposto, persegue una pacificazione della regione caucasica che rappresenta il suo “giardino di casa”.

Senza dimenticare Teheran, stretto alleato della Russia. E, inevitabilmente sul fronte opposto, Israele. La cui presenza è, soprattutto, “intelligence”. Guerra di ombre. Ma, comunque, guerra.

Poi la tempesta che si annuncia sul Kosovo. Belgrado sul punto di intervenire per sostenere la minoranza serba, che sta subendo una sistematica pulizia etnica. E, ovviamente, la NATO che difenderà Pristina. Un conflitto che potrebbe, soprattutto, costringere Mosca ad aprire un altro fronte.

Così come potrebbe accadere con la Moldova, per la questione della Transnistria.

Nuovi fronti che, ovviamente, renderebbero difficile a Putin risolvere definitivamente la guerra in Ucraina.

Ridando respiro a un’esausta Kiev.

Basta così… anche se potrei continuare. Ora, però, guardate il nostro planisfero. Cerchiate in rosso i conflitti in corso. In blu quelli sul punto di esplodere.

Abbracciate tutto con uno sguardo d’insieme.

Non siamo di fronte a guerre e guerriciole locali.

Questa è una, grande, partita a Risiko.

Globale.

Andrea Marcigliano
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

 

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