C’è tanta solitudine in quell’oro. La luna delle notti non è la luna che vide il primo Adamo. I lunghi secoli della veglia umana l’hanno colmata di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio.”

Jorge Luis Borges

   Lo specchio, da sempre considerato uno degli oggetti più affascinanti e controversi, ha suscitato nei secoli una grandissima quantità di leggende sulle sue presunte qualità. Lo troviamo tra gli dei egizi simbolo di riflessione fisica e spirituale, essi venivano raffigurati con uno specchio in mano. Erano in grado di vedere le conseguenze degli eventi che quelle figure che vi vedevano, erano in grado “innescare”. Sarebbe importante utilizzare il nostro “specchio spirituale” allo stesso modo, per osservare i nostri pensieri e azioni.

   Ma cosa serve affinché uno specchio funzioni correttamente? 

   La luce.

   Simbolicamente la Luce rappresenta l’illuminazione, la consapevolezza e la saggezza. Possiamo allora dedurre che l’introspezione è un esercizio sterile se non si affronta con mente illuminata. Il simbolismo dello specchio è legato alla credenza che l’immagine riflessa riveli e contenga l’anima della persona. La rottura di questo oggetto è di cattivo augurio poiché è recepita alla frattura dell’anima. In numerosi paesi si crede che lasciare che un bambino si guardi allo specchio sia una pratica da evitare, in quanto abbrevierebbe la sua vita. Questo perché lo specchio è concepito come qualcosa che cattura l’anima, capace di imprigionare l’energia spirituale del soggetto, per cui una persona vulnerabile, specialmente un bambino, può trovarsi svuotato della propria anima.

Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi a noi, induce a due differenti comportamenti: ritirarci o restare. Così penso abbia fatto anche il primo uomo che si sia imbattuto nell’acqua e vi abbia guardato sopra, scorgendo il proprio volto: paura della visione, con conseguente ritiro del sé; comprensione della visione; seconda occhiata alla visione e superamento della paura iniziale. Comprensione del sé. 

   Cè uno spazio diverso, sul fondo dello specchio: una superficie che tanto assomiglia all’acqua ed all’anima umana e si risolve in un gioco di riflessi, le cui regole sono quelle del doppio. Così lo specchio diviene strumento di conoscenza o di punizione, oggetto-ponte fra realtà e fantasia, mezzo magico d’indagine nell’oltre e metafora della nostra vita, se è vero che uno specchio in frantumi riflette tra le proprie schegge un’immagine simile a quel che siamo diventati oggi, piccole luci di un insieme perduto, lievi bagliori di arcobaleni immaginati, irrisolti residui di tempi non spesi.

Specchiarsi comunque mette paura, rivelarsi a se stessi anche: sono in gioco, di fronte allo specchio, tutti i timori umani e gli umani difetti, difetti che lo specchio svela indifferente, oggettivamente ed imparzialmente, direi con crudele malvagità.

Riflettiamo dunque, e mai parola fu tanto pertinente in tema di specchi. L’etimologia della parola specchio, precisando che nel mondo speculare si può anche giocare con le immagini e rovesciarle. Qual è la verità? Siamo noi, nello specchio, ove quel che è destra diviene sinistra? O siamo altro da noi, in una simmetria rovesciata? Per specchio intendiamo la superficie levigata che riflette i raggi luminosi che la colpiscono e dunque riflette anche l’immagine che essi formano. Specchio deriva da speculum, dal latino specere (guardare, osservare), e dal greco spektomai (io vedo).

   Ma allora lo specchio riflette solo ciò che appare o permette invece di andare oltre, alla ricerca di senso? L’etimologia consentirebbe l’una e l’altra ipotesi. La letteratura, la tradizione, l’esoterismo, le religioni, i miti, le civiltà come hanno interpretato la funzione dello specchio?

Gli specchi, secondo varie tradizioni, sarebbero in grado di imprigionare l’interiorità umana, l’anima.

   Anticamente era infatti in uso, nella stanza in cui veniva composto un defunto, coprire gli specchi, per permettere un trapasso sereno nell’aldilà. Da questo deriva certamente anche il tradizionale riconoscimento di “colui che vaga senz’anima”, il vampiro, il non-riflesso per eccellenza ed anche il modo più sicuro per uccidere un basilisco (rettile che secondo le credenze medievali dava la morte con lo sguardo), istantaneamente folgorato dalla propria immagine allo specchio o comunque riflessa.

     Lo specchio è anche usato per comunicare con degli spiriti, e a esso, per la divinazione, sono attribuite capacità simili a quelle della sfera di cristallo.

   Le incarnazioni diaboliche evitano gli specchi poiché la loro anima apparirebbe in tutta la sua bruttura, come in una radiografia. Lo specchio è anche simbolo di vanità e orgoglio, come ricorda il mito di Narciso (che riprenderemo più avanti). Nel cristianesimo è la Maddalena ad essere spesso rappresentata con lo specchio, la peccatrice che lava ed unge con olio profumato i piedi al Cristo. Nell’antica Grecia, le streghe di Tessalya scrivevano le loro predizioni, con il sangue umano, su degli specchi. Pitagora insegnava che le Tessalie, presunte streghe, riuscivano a fare delle meraviglie con lo specchio magico, e creavano perfino la luna. I Romani sapevano leggere sugli specchi, che chiamavano “speculum”. Già dall’era delle primitive società si credeva, come si crede ancora oggi, che gli specchi riflettano l’anima e devono essere protetti, altrimenti l’anima muore.

Secondo una leggenda cinese di Jorge Luis Borges: un tempo, il mondo degli specchi e il mondo degli uomini non erano, come adesso, cioè non comunicanti. I due mondi erano molto diversi: non coincidevano né gli esseri, né i colori, né le forme. I due regni, lo speculare e l’umano, vivevano in pace e attraverso gli specchi si entrava e si usciva. Una notte gli appartenenti allo specchio invasero la terra, irrompendo su quest’ultima con ingenti forze. Dopo sanguinose battaglie, le arti magiche dell’Imperatore Giallo prevalsero. Egli ricacciò gli invasori, l’imprigionò negli specchi, e impose loro il compito di ripetere, come in una specie di sogno, tutti gli atti degli uomini. Li privò della forza e della propria figura, riducendoli a meri servili riflessi. Un giorno, tuttavia, essi si scuoteranno da questo letargo magico: “loro usciranno dalla prigione e inonderanno la terra”.

   Lo specchio è anche legato al senso della vista, strumento umano di indagine del sensibile, ma adatto anche a scrutare l’oltre. Ecco che lo sguardo ha una duplice funzione: vedere con gli occhi non è tutto. Gli occhi sono infatti anche: “specchio dell’anima”, e quindi tramite fra esteriorità ed interiorità.

Nelle molteplici tradizioni il nesso mistico è tra l’immagine speculare e l’oggetto fonte dell’immagine.

La tematica della specularità è tema ricorrente nelle letterature, legando romanzi come: “Cuore di tenebra” di Conrad oppure: “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello al concetto della conoscenza di sé e del doppio, caro alla psicologia ed alla psicanalisi ed anche – come abbiamo visto – ad autori quali Borges: lo specchio è una delle più ossessive costanti tematiche del grande scrittore argentino, sempre attratto dal fantastico (ossia da quelle «ombre» che si rendono disponibili alla vista «oltre» o «attraverso» lo specchio) e sostenitore di un’idea di letteratura intesa come menzogna.

  Lo specchio è deformante per definizione: restituisce un’immagine inversa a quella del reale. Ma anche per questo è un mefistofelico tentatore: seduce perché soddisfa il nostro faustiano bisogno di conoscere. Ci consente di gettare lo sguardo sul nostro volto (almeno per similitudine), quel volto che altrimenti ci sarebbe il più straniero di tutti, e soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo capovolto, il mondo degli opposti. Nello specchio l’immagine appare meravigliosamente perfetta, sia per somiglianza, sia per mobilità, sia per fedele obbedienza a ogni nostro gesto; immagine di un’immagine, l’alter ego, il fantasma, il doppio del soggetto, essa ha però spesso ispirato anche sensazioni oscure.

Nel folklore di vari paesi europei è da questa credenza del doppio che provengono il divieto di guardarsi di notte allo specchio, nel quale l’alter ego può perdersi, il divieto di mostrare un cadavere in uno specchio, l’usanza di velare gli specchi nella casa di un morto, il timore di rompere lo specchio, poiché la persona viva subirebbe la stessa sorte della sua immagine.  A volte è visto come la porta di un altro mondo, l’aldilà.

   Anche le fiabe hanno utilizzato gli specchi come varco o porta fra mondo reale e mondo fantastico, ove non valgono le comuni leggi fisiche, come per Alice, nell’aldilà dello specchio o dove un protagonista si misura con il proprio antagonista, in un gioco di chiaroscuri la cui apparente idoneità alla comprensione dei bambini cela spesso significati ben più complessi. Quello secondo me più famoso è quello della Regina cattiva della fiaba di Biancaneve. Quello che viene interpellato con le parole: “Specchio delle mie Brame chi è la più bella del Reame?” Esso invia alla Regina Nera la sua immagine speculare, che è ovviamente Biancaneve-bianca, figliastra ma non figlia della donna nera. Dunque due potenti elementi femminili si sfidano, dal diritto e dal rovescio di uno specchio, ma la Regina Nera della fiaba, non accetta la condivisione del potere con una Regina Bianca.

   Secondo il mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi Narciso era un bellissimo giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano alla follia. Tuttavia Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando, non curandosi delle e degli spasimanti; tra questi era la ninfa Eco. Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall’amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un’eco lontana. Non solo Eco, ma tutte le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti da Eco. Resosi conto dell’impossibilità del suo amore Narciso si lasciò morire.

   Lo specchio dunque: piccolo dolore quotidiano del quale non possiamo fare a meno. Del concetto del doppio che cela l’ aspirazione dell’ uomo ad autoperpetuarsi, e a un intenso rapporto emotivo di amore e odio, la vista della propria immagine riflessa nello specchio, non è soltanto una prova irrefutabile della propria esistenza: come in un interminabile gioco di specchi, essa continua a proporre vecchi e nuovi motivi allegorici e di introspezione, anche se l’immagine di noi stessi sempre ci inquieta.

 

BIBLIOGRAFIA

Jurgis Baltrusaitis: Lo specchio. Rivelazioni, inganni e science-fiction (1979), Adelphi, Milano 1981

Umberto Eco, Sugli specchi, Bompiani, Milano 1995

Ju.I. Levin, Lo specchio come potenziale oggetto semiotico

 Jurgis Baltrušaitis, Lo specchio rivelazioni, inganni e science-fiction. Traduzione di Claudio Pizzorusso. (1981). 

Andrea Tagliapietra, La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica. Editore: Bollati Boringhieri.

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