Per chi non conoscesse questo strumento di morte

La mattina del 16 ottobre 1793, la regina di Francia Maria Antonietta viene ghigliottinata a Parigi.

… capisci che se mettete in primo piano la ghigliottina e con tanto entusiasmo è semplicemente perché tagliar teste è la cosa più facile, mentre avere un’idea è la più difficile!  Fëdor Dostoevskij

STORIA DELLA GHIGLIOTTINA, UN CONGEGNO DIABOLICO


Il penalista Franco Cordero, ha scritto un libro: “Gli osservanti” (Aragno), dice che: “Vivere nel vuoto normativo, rinunciando a regole e castighi, è impossibile quanto vivere nel vuoto atmosferico”. Per poi continuare, “Tutti i sistemi penali, da quello di Caino in poi, sono una infaticabile e stravagante ricerca di tecniche e strutture per mantenere il potere e assicurare l’ordine”.

La ghigliottina.

Per chi non conoscesse questo strumento di morte, basta descriverlo come una lama di metallo che viene fatta cadere da una determinata altezza sul collo del condannato, comportandone la fulminea decapitazione.

Joseph-Ignace Guillotin

Ecco, fu la convinzione che uno strumento simile non avrebbe fatto soffrire il condannato e reso le esecuzioni egualitarie, tra il ceto popolare e quello nobile, che spinse Joseph Ignace Guillotin medico e politico francese, a proporre il 9 ottobre 1789 all’Assemblea Nazionale, un progetto di legge in sei articoli con il quale all’articolo uno, si stabiliva che le pene avrebbero dovuto essere identiche per tutti, senza distinzione di rango del condannato. L’articolo due, poi, prevedeva che nel caso di applicazione della pena di morte, il supplizio avrebbe dovuto essere il medesimo, indipendentemente dal crimine commesso, e che il condannato sarebbe stato decapitato per mezzo di un semplice meccanismo, quasi indolore.

A tal proposito Guillotin, il primo dicembre 1791 usò per illustrare alla stampa la propria proposta queste malaugurate frasi riportate da “Le Moniteur” e dal “Journal des États généraux”.

“Con la mia macchina, vi faccio saltare la testa in un batter d’occhio, e voi non soffrite”. E rincarò: “La lama cade, la testa è tagliata in un batter d’occhio, l’uomo non è più. Appena percepisce un rapido soffio d’aria fresca sulla nuca”.

Progettazione francese e tecnologia tedesca

La prima delibera in merito viene adottata il 3 giugno 1791, la seconda il 20 marzo 1792, corredata da un parere dell’illustre chirurgo Antonine Louis, di Metz, segretario principale dell’Académie de Chirurgie. Proprio dal suo nome lo strumento verrà inizialmente chiamato “Louison” e poi femminilizzato in “Louisette”. Per costruire la macchina seguendo le indicazioni progettuali di Guillotin viene interessato il falegname Guédon, fornitore ufficiale delle forche utilizzate sino a quel momento. Il suo preventivo di 5660 livres per ciascun modello appare eccessivo e si preferì bandire un asta pubblica. Dopo lunghe trattative l’offerta più conveniente è quella del tedesco Tobias Schmidt, conosciuto per la sua rinomata fabbrica di clavicembali, che si dice disposto a fabbricare le macchine al prezzo di 329 franchi l’una. Il frutto di questa commistione tra progettazione francese e tecnologia tedesca debutta in pubblico, dopo alcune prove su animali e cadaveri, per la prima volta il 25 aprile 1792. Le cronache narrano che il primo condannato a morte decapitato meccanicamente sia stato un grassatore di nome Nicolas-Jacques Pelletier. L’esperimento ha successo e la macchina inizia a funzionare con regolarità. I primi condannati politici ghigliottinati sono L.D. Collonet d’Aigremont, decapitato il 21 agosto 1792, seguito il 24 agosto dall’intendente della lista civile La Porte e, il 25 agosto, dal redattore della “Gazette de Paris” Farmain de Rosoi. Il nome dello strumento diviene definitivamente “Ghigliottina” dopo la pubblicazione, da parte del foglio realista “Les Actes des Apôtres” di una canzonetta satirica che ironizza sui meriti del “cittadino” Guillotin. Proprio quest’ultimo, divenuto segretario della Costituente, rischierà essere sottoposto a una personale esperienza della macchina da lui inventata. Arrestato come sospetto durante il periodo Terrore, viene poi salvato dallo scoppio della reazione termidoriana e muore di morte naturale a Parigi il 26 marzo 1814.

Modello di ghigliottina tedesca

Prima di quella rivoluzionaria invenzione, le tecniche di morte erano varie. I nobili appoggiavano la testa su un ceppo e il boia con una scure la decapitava, ma non sempre al primo colpo. La forca era per i plebei, sarebbe stato volgare vedere un nobile ciondolare dopo lo strappo della corda. La chiesa s’inventò il rogo. Poi c’era la ruota, un uso barbaro, dove gambe e braccia si spezzavano tra le urla strazianti dei condannati. Per non farsi mancare nulla, inventarono lo “spettacolare” squartamento, riservato ai recidivi o agli stessi attentatori del re o dei suoi successori.
Si legavano gli arti del condannato a quattro cavalli, poi si spronavano a farli  galoppare in quattro direzioni diverse e il condannato era squartato in quattro pezzi, in una scena rivoltante.

La proposta che fece Guillotin, quindi, fu quella di trasformare le esecuzioni, non in uno spettacolo pubblico incivile ma in qualcosa di più privato per la vittima.

Ma quali erano le procedure prima dell’esecuzione capitale. Dopo la sentenza, spogliazione della persona, esclusi pantaloni e camicia, legatura dei polsi dietro la schiena, taglio dei capelli per coloro che li avevano lunghi, taglio del colletto della camicia, caricamento sulla carretta e percorso verso il patibolo, in mezzo alla folla vociante. Giunto a destinazione, il condannato veniva rapidamente issato sul palco e legato, pancia in giù, sulla slitta. Il capo veniva immobilizzato con un traversino appositamente sagomato e scanalato, il boia rilascia la mannaia. Il boia, o un suo aiutante, prendeva la testa che era finita in un cesto, e la esibiva al pubblico, reggendola per i capelli. Nel caso il giustiziato sia calvo, la testa doveva essere esibita reggendola per le orecchie. I corpi dei condannati finivano in una carretta e portati al cimitero.

Il 25 aprile 1792 è la data in cui per la prima volta apparve in pubblico, sollevando la curiosità del popolo, abituato ad assistere alle condanne. Era la famiglia intera ad andare in piazza per tempo, richiamata da uno spettacolo che avrebbe garantito adrenalina e tensione. Il primo condannato “à épouser la veuve”, letteralmente: “A sposare la vedova”, fu Nicolas Pelletier, accusato di avere accoltellato, per furto un passante nella rue Bourbon-Villeneuve, oggi rue d’Aboukir, nel secondo arrondissement. Le cronache narrano però la delusione del popolo nei confronti di questo nuovo mezzo troppo veloce, troppo meccanico, troppo efficace. A differenza delle esecuzioni precedenti, dove le agonie dei condannati potevano protrarsi per ore, la ghigliottina svolgeva il suo compito troppo in fretta, e alla folla non bastava l’esibizione della testa tagliata, tenuta per i capelli dal boia.

Ritratto immaginario di Charles-Henri Sanson

Questione di mesi e a quella prima esecuzione ne fecero seguito molte altre, alcune delle quali hanno fatto la storia. Il re Luigi XVI, la regina Maria Antonietta, oltre ai protagonisti della Rivoluzione, fra cui Georges Jacques Danton, Louis de Saint-Just e Maximillien Robespierre. Esecutore materiale di queste e di altre 2.912 decapitazioni è il boia Charles-Henri Sanson, “figlio d’arte”, giacché boia era stato il suo bisnonno, poi il nonno, il padre e lo furono pure i figli. Come se tagliare teste fosse un macrabo artigianato che si tramanda in famiglia, di generazione in generazione. La sua biografia è sconvolgente, pure se la sua attività era considerata ovviamente del tutto legale.

La ghigliottina operò per ben due secoli, fino all’ultima esecuzione capitale in Francia che avvenne il 10 settembre 1977 a Marsiglia. Due secoli di quotidiana presenza nelle piazze di Parigi dove svettava coperta da un drappo nero.

Mastro Titta mostra alla folla una testa femminile recisa

La ghigliottina, dopo la rivoluzione francese, divenne un prodotto da esportazione. Molti, infatti, furono i paesi che adottarono quella macchina per la pena di morte. Cina, Algeria, Madagascar e quasi tutta l’Europa, incluso lo Stato Pontificio, la cui figura di Mastro Titta al secolo Giovanni Battista Bugatti fu al servizio del Papa. La Germania nazista ne fece un buon uso arrivando alla ragguardevole cifra di diecimila sentenze. Dopo la divisione, la Repubblica federale tedesca la abolirà negli anni cinquanta, la DDR negli anni ottanta.

Il mito della testa cosciente di sé percorse tutto il periodo rivoluzionario e il XIX secolo, alimentato da questo e da altri aneddoti, come quello che pretendeva che la testa di Maria Stuart avesse parlato dopo la decapitazione. Di dibattiti, come sempre, ce ne furono molti e piuttosto divergenti, si andava da quello morale, a quello filosofico e scientifico. La tesi di alcuni medici era che, il cervello anche se decapitato, per la forte emozione, continui a vivere e pensare per qualche minuto. C’era chi diceva per due, tre minuti, altri addirittura per quindici. Ma ciò che moralmente ci si chiedeva era: che pensieri può generare un cervello staccato dal proprio corpo, che ha la consapevolezza di essere morto? Angoscia, terrore, disperazione, rabbia oppure rassegnazione? In effetti, alcune teste, quando cadevano, per alcuni istanti, gli occhi seguitavano a roteare intorno con uno sguardo terrorizzato.

Victor Hugo ha scritto: “Possiamo avere una certa indifferenza verso la pena di morte, non pronunciarci né a favore, né contro, fino al momento in cui non vediamo con i nostri occhi, la ghigliottina”.

Dovremmo dunque mostrarla a tutti i governanti, nel cui ordinamento giuridico, vige ancora la pena capitale affinché la aboliscano?

Riccardo Alberto Quattrini

 

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