Novità dalla Grande barriera corallina australiana

“SALVIAMO I DESERTI” IL NUOVO DOGMA CLIMATICO


Probabilmente se seguite l’informazione mainstream non avrete letto che sono stati segnalati massicci aumenti di corallo nella Grande barriera corallina australiana che fanno della stagione 2023 -2024 il terzo anno consecutivo di crescita record: sebbene i coralli costituiscano una parte importante della litania funebre sul riscaldamento globale, vengono messi in castigo quando non ubbidiscono agli ordini dei sacerdoti del clima. Maledetti coralli, con quale diritto spazzano via almeno trent’anni di allarmi, di documentari e documentaristi, di ricerche e ricercatori, di carriere e carrierine tutte costruite sul loro prematuro epitaffio naturalmente dovuto al solito riscaldamento globale di origine antropica?

Ma questo è niente, insieme al sempre più elevato numero di orsi polari che dovrebbero essere già scomparsi e al recupero ciclico del ghiaccio marino artico, una nuova terribile batosta sta colpendo un altro dogma centrale della gaia scienza della CO2, ovvero la desertificazione. Cosa faranno gli immaginifici narratori della progressiva avanzata dei deserti e delle zone aride che, come scrivono spesso i chierici di un occidente ipocrita fino al midollo, lascia spazio alle carestie? In realtà da anni le ricerche hanno notato un aumento deciso della superficie fogliare complessiva del mondo vegetale sul pianeta. Un lavoro rivoluzionario del 2016 ha visto un team di 33 scienziati di otto paesi studiare le immagini satellitari della Nasa e scoprire che dal 1980 tra un quarto e la metà delle aree vegetate del pianeta avevano mostrato un aumento del loro indice di area fogliare (Lai), una misura standard dell’abbondanza di vita vegetale. La ricerca suggeriva un aumento del 14% della vegetazione. Uno studio del 2021 presso l’Università della California ha concluso che c’era stato un aumento del 12% nella fotosintesi, grazie alla fertilizzazione con CO2 vista come causa primaria. Più recentemente un altro gruppo di scienziati cinesi ha scoperto che negli ultimi due decenni circa il 55% della massa terrestre globale ha rivelato un” tasso accelerato ” di crescita della vegetazione. “L’inverdimento globale è un fatto indiscutibile”, affermano. E adesso un  articolo su Yale Environment 360 afferma che anziché avvizzire e morire, la vegetazione sta crescendo più velocemente e i deserti si stanno ritirando.

Con l’aumento dei livelli di CO2, le zone aride del mondo stanno diventando verdi

La ragione è semplice ed è stata già spiegata persino su questo blog: mentre non abbiamo alcuna prova che la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera sia responsabile dell’aumento delle temperature e anzi abbiamo ricerche non di climatologia, ma di fisica che contestano questa teoria, siamo invece certi che la concentrazione di CO2 acceleri la fotosintesi (1)nelle piante, consentendo loro di utilizzare l’acqua scarsa in modo più efficiente, così che gli organismi vegetali possano crescere anche nei luoghi più aridi. Nessuna di queste scoperte dovrebbe sorprendere perché i livelli di anidride carbonica sono stati molto più alti in passato. Le piante prosperano a livelli tre volte superiori all’attuale concentrazione di CO2 atmosferica, come sanno bene i vivaisti: durante l’ultimo periodo glaciale, fino a circa 12.000 anni fa, i livelli di anidride carbonica sono scesi a livelli così pericolosamente bassi che la vita delle piante (e degli esseri umani) è stata gravemente minacciata. Naturalmente tutto questo viene ignorato dai promotori di Net Zero, notoriamente negazionisti delle realtà che non si adattano alle loro visioni, che per altro non riguardano il clima, ma la speculazione finanziaria.

La cosa importante di questa nuova ricerca di  Yale Environment 360, che fa parte della Yale University School of the Environment, è che si tratta di un gruppo impegnato nella narrazione climatica di tipo escatologico e riceve anche un forte sostegno finanziario diretto e indiretto da gruppi di attivisti tra cui ClimateWorks insieme alle fondazioni Hewlett e Ford. Dunque, l’articolo è significativo poiché rappresenta una svolta “mainstream” nella discussione sull’inverdimento globale che è stato ovvio per un po’ di tempo nei circoli scientifici specializzati, anche se ovviamente al grande pubblico non è arrivata alcuna eco di tutto questo. Tuttavia, c’è da segnalare anche una curiosità che fa toccare con mano lo stato attuale di una scienza gestita dal denaro: gli autori, per non essere accusati di eresia hanno scritto l’articolo alla luce di un nuovo e inedito allarme legato alla CO2: “salviamo i deserti”, “gli ambienti aridi sono importanti”. Un modo davvero singolare di salvare capre e cavoli.

Redazione

 

 

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