”Che esista un gender gap all’interno del mondo lavorativo è palese e lo mostrano dati inequivocabili ma è così anche negli scacchi?
La serie televisiva La Regina degli Scacchi (L.C.) che Netflix diffonde in sette episodi ed è tratta dal romanzo dello scrittore Walter Trevis e non da una storia vera, come qualcuno sperava. La realtà, infatti, come dicono molte scacchiste donne, secondo quanto riferisce il New York Times, è molto peggiore della serie. La protagonista Beth Harmon, interpretata da una splendida Anya Taylor Joy, rimasta senza la madre, comincia dal basso, ossia da incontri nello scantinato contro il custode dell’edificio per orfani. Impara gli scacchi ed è talmente brava da diventare una grandmaster della disciplina.
Nella prima partita di Beth in cui Shaibel vuole vedere a quale livello è, si assiste al famoso matto del Barbiere, uno schema semplice fatto di poche mosse che serve per passare direttamente dall’apertura allo scacco matto. Uno schema in cui spesso incappano i giocatori alle prime armi.
Può dunque una serie tv aprire un dibattito su un tema come il sessismo? A quanto pare, sì. Soprattutto negli USA – una nuova discussione sul maschilismo e sul ruolo delle donne nella nostra società, a partire dagli scacchi.
Il mondo degli scacchi, infatti, è uno di quelli dove la presenza e il dominio maschile è fortissima. Esistono addirittura diversi, opinabili studi, che ritengono gli scacchi una disciplina “per maschi”, così come un tempo si riteneva della matematica.
Ma una smentita potrebbe giungere dalla FIDE (Fédération Internationale des Échecs) che nel 1927 promosse il Campionato del mondo femminile. E da allora si sono tenute quarantatré edizioni. Il campionato mondiale femminile non ammette partecipanti uomini, (una discriminazione ante litteram?) anche se non usa pezzi degli scacchi più leggeri, né scacchiere più piccole. Niente di tutto questo, in effetti le regole sono le stesse degli scacchi per tutti (cioè da uomo): non prevede lancio dei pezzi, delle scacchiere, né altra attività che comporti l’uso della forza muscolare. Solo le capacità analitiche e una strategia.
Judit Polgár è una campionessa di scacchi ritiratasi nel 2014, è forse l’unica donna al mondo che potrebbe davvero sentirsi come Beth, l’eroina della fortunata serie di Netflix La regina degli scacchi. Al contrario delle sorelle, Judit non ha mai partecipato ai tornei femminili, non avendo mai nascosto che il suo obiettivo era il titolo di campione del mondo di scacchi.
Secondo i dati registrati dalla FIDE nel novembre 2018, ci sono al mondo 668.785 giocatori competitivi di scacchi, di cui soltanto 99.325 (il 15% circa) sono donne. Tra i migliori cento giocatori del mondo secondo il rating Elo (un sistema di valutazione dei giocatori di scacchi) troviamo soltanto una donna, la cinese Hou Yifan alla posizione 88, quattro volte campionessa del mondo femminile.
Ma gli scacchi sono molto di più che semplici mosse su una scacchiera, e i consulenti hanno lavorato a lungo con gli attori per fargli assimilare il linguaggio del corpo, l’etichetta da torneo, la postura, i vari e peculiari modi di impugnare i pezzi, invitandoli a osservare i professionisti in azione e imitarne le movenze, come in una coreografia. E questo non senza lasciare spazio anche alla creatività degli attori: Anya Taylor Joy, ad esempio, per sviluppare uno stile personale sulla scacchiera, ha detto di essersi ispirata proprio alla danza
La Regina degli Scacchi mostra quanto sarebbe stato difficile, per una ipotetica Beth Harmon, muoversi verso le eccellenze di un sistema così marcatamente patriarcale: avversari e compagni di allenamento la trattano in verità da pari a pari, consapevoli che la passione per gli scacchi non è una questione di genere, ma per la stampa, per la politica americana, per la famiglia e per i coetanei Beth Harmon rimarrà sempre un’anomalia. Lei, che ha un rapporto combattuto con le figure maschili della sua vita, giungerà infine a una laboriosa realizzazione del proprio ruolo nel mondo, rendendosi conto che il vero femminismo – e la serie rappresenta questo tema con eleganza ed efficacia – non è un concetto da forzare sugli altri, ma un modo di essere se stesse senza cedere alle pressioni, senza dover dimostrare nulla a nessuno: «Penso che sia molto più facile giocare a scacchi senza un pomo d’Adamo», risponde con leggera ironia ai giornalisti che la provocavano nella trasferta in Russia.
Come Beth, Polgár, che viene dall’Ungheria, si è distinta durante la sua carriera perché ha battuto regolarmente i migliori giocatori del mondo, tra cui Garry Kasparov nel 2002, quando si era classificato al primo posto. Polgár, l’unica donna ad essere mai stata classificata nella Top 10 per il campionato mondiale generale, si è ritirata dagli scacchi competitivi nel 2014. Guardare la serie, che ha descritto come una “prestazione incredibile”, le ha dato un senso di dejà vu, in particolare negli episodi successivi.
Dietro il personaggio di Beth Harmon ci sono storie sconosciute e poco raccontate oltre a quella di Judit Polgár c’è quella di Maria Teresa Mora Iturralde, una ragazza cubana che a 20 anni – nel 1922 – sbaragliò tutti i rivali maschi e si laureò campionessa di scacchi cubana e iberoamericana. Leggenda vuole che sia stata l’unica donna ad aver mai battuto José Raúl Capablanca, considerato uno dei più importanti Grandi Maestri della storia degli scacchi (citato peraltro nella serie Netflix). Nel mondo ideale delle serie TV, la scacchista cubana avrebbe continuato la sua fulgida ascesa delle classifiche. mondiali, battendo uno dopo l’altro tutti i colleghi maschi, fino ad arrivare alla sfida finale con il grande campione dell’Unione Sovietica.
Proprio come Beth Harmon, o come Bobby Fisher (nella vita vera).
Oggi Judith Polgár dirige una fondazione molto attiva nella promozione degli scacchi come strumento di crescita psicologica.
Gli scacchi per Harmon la protagonista, rappresentano tutto. “C’è il mondo intero in quelle 64 caselle”, dice Beth, che nella miseria nell’orfanotrofio del Kentucky trova tra torri, alfieri e pedoni il suo rifugio e la sua ossessione, il suo strumento di rabbia e riscatto. Spesso, la sera, quando si corica, grazie a dei tranquillanti propinati, che finiscono per divenire una dipendenza, la Harmon fissa il soffitto della sua camera e vede una scacchiera con i pezzi muoversi.
La notte non dorme ma immagina infinite partite, sposta i pezzi con la mente, realizza storie fatte di numeri, di probabilità. Vede le cose per quello che sono: la loro essenza binaria di 1 e di 0. In breve tempo, diventa una delle più brave ed entra in un mondo pieno di uomini repressi, che prima la guardano con sospetto, e che poi se ne innamorano, la seguono, la ammirano.
Come sottolinea uno dei giornalisti europei che più si intendono di scacchi, lo spagnolo Leontxo Garcia per El Pais, la verità è che ne La Regina degli Scacchi nessuno (o quasi) discrimina la protagonista. Tutto molto strano, per uno dei “submondos más machistas”.
Tra la fine degli anni ’50, con Harmon bimbetta chiusa e solitaria, e la fine degli anni ’60, con l’approdo al supremo torneo dei Grandi Maestri mondiali da campionessa strepitosamente abbigliata “d’epoca” dal costumista Gabriele Binder, si può assistere a una metamorfosi sbalorditiva. È il periodo della guerra fredda. I russi sono gli scacchisti più bravi e Beth rappresenta l’unica speranza per gli Stati Uniti di vincere qualcosa e ci riesce sconfiggendo tutti i migliori giocatori.
A un certo punto della serie televisiva, la Harmon, che è già diventata famosa, viene intervistata da una giornalista. La reporter, più che interessarsi alle capacità della scacchista, pone l’intervista sul piano delle differenze di genere. Quando legge l’articolo, Beth ci pensa e lo dice: “Per me, essere una donna non è un problema. E perché dovrebbe esserlo?”.
I pregiudizi nel mondo degli scacchi
Dunque, alla luce di tutto ciò, questo pregiudizio che gli scacchi sono un retaggio prettamente maschilista può avere un fondamento pur avendo visto che la FIDE (Fédération Internationale des Échecs) istituì nel lontano 1927 un Campionato del mondo solo al femminile. Si sono ipotizzati, in passato, le motivazioni per le quali non sarebbero molte le giocatrici di alto livello in questa disciplina. Kasparov, una volta affermò che gli scacchi non sono nella natura delle donne.
E ora una breve panoramica di opere d’arte in cui vedremo donne impegnate a giocare a scacchi.
Il gioco degli scacchi visto al femminile attraverso l’arte pittorica
Guardando, invece, al lato femminile, la ragione sembrerebbe più avvicinarsi al pregiudizio che si ha nei confronti del gentil sesso. Nel corso dell’approfondimento da parte del New York Times a Judit Polgár, l’ex giocatrice ha affermato che non solo la società, quanto anche i genitori possono essere da ostacolo alle loro figlie. Per sua fortuna, invece, è stato il padre ad insegnarle questo sport già da quando andava all’asilo. La Polgár ha anche due sorelle maggiori: Susan, che è diventata gran maestro e campionessa del mondo femminile, e Sofia, che è diventata una maestra internazionale.
Dunque, il mondo scacchistico al femminile esiste o ancora ci sono dubbi e pregiudiziali?
Riccardo Alberto Quattrini
Slide show nell’arte scacchistica al femminile
Libri Citati
- La regina degli scacchi
- Walter Tevis
- Traduttore: Angelica Cecchi
- Editore: Mondadori
- Collana: Oscar absolute
- Anno edizione: 2021
- Formato: Tascabile
- In commercio dal: 26 gennaio 2021
- Pagine: 324 p., Brossura
- EAN: 9788804740537. Acquista € 13,30
Descrizione
Perdere, vincere, cedere, resistere: imparare, grazie al gioco più solitario che ci sia, a chiedere aiuto, e a lasciarselo dare. Finita in orfanotrofio all’età di otto anni, Beth Harmon sembra destinata a una vita grigia come le sottane che è costretta a indossare. Ma scopre presto due vie di fuga: le pillole verdi, distribuite a lei e alle altre ragazzine dell’orfanotrofio, e gli scacchi. Il suo talento prodigioso è subito lampante; una nuova famiglia e tornei sempre più glamour e avvincenti le permettono di intravedere una nuova vita. Se solo riuscisse a resistere alla tentazione di autodistruggersi…